martedì 29 dicembre 2009

Strictly Rhythm - 20 years, remixed

E' facile fare i segaioli intellettuali ed entusiasmarsi per la compilation del ventennale della Warp che racchiude il meglio delle masturbazioni indiesnob della storia dell'elettronica, come è altrettanto facile fare quelli così avanti a tutti i costi da sembrare indietro ed emozionarsi per quella dei cinque anni di Hyperdub che propone le solite loffate in salsa berlingiamaicana; qui su queste paggine invece la snobberia non è di casa (almeno, non quella indie) e ci si emoziona per questo:



La figlia figa della Defected compie 20 anni e per festeggiare fa remixare tutti i suoi hittoni storici a gente tipo Michel Cleis, Henrik Schwarz, Mark Knight e Jesse Rose, che se a noi ggiòvani possono sembrare produttori ormai di lungo corso per la lunga storia della Strictly Rhythm sono gli ultimi pischelli appena arrivati.

La verabbomba, però, è che nella tracklist (gentilmente offerta dal solito RA) ci sono un sacco di tracce che fanno parte della mia infanzia&adolescenza molto più di quelle del catalogo Warp e che, all'epoca, non sapevo assolutamente fossero uscite su Strictly Rhythm, avendole conosciute attraverso licenze stratificate che le portavano all'uscita diretta sul mercato italiano: per dire, io penso Strictly Rhythm e mi viene in mente "Higher state of consciousness", o "The cure and the cause" di Fish go deep (che probabilmente nella compilation non c'è perchè il remix di Dennis Ferrer è insuperabile), non "I like to move it move it" o "King of my castle", e invece Strictly Rhythm è anche questo, è coniugare la classe con la semplicità spesso sottovalutata della megahit.

01. River Ocean feat. India - Love & Happiness (Yemaya Y Ochùn) (Michel Cleis 'Floreo' Remix)
02. Photon Inc. feat. Paula Brion - Generate Power (Jimpster Main Mix)
03. Armand Van Helden - Witch Doktor (Eddie Thoneick Remix)
04. Hardrive - Deep Inside (Jesse Rose Play Prime Mix)
05. Reel 2 Real feat. The Mad Stuntman - I Like to Move It (Klaas Remix)
06. Aly-Us - Follow Me (Fred Everything & Olivier Desmet SF Vocal)
07. Sir James - Special (Bingo Players Remix)
08. The Believers - Who Dares to Believe in Me? (Martijn ten Velden Remix)
09. Wamdue Project - King of My Castle (Nicola Fasano & Steve Forest Mix)
10. Lil' Mo' Yin Yang - Reach (Mark Knight Remix)

CD2
01. South Street Player - (Who?) Keeps Changing Your Mind (Daniel Bovie & Roy Remix)
02. Ultra Nate - Free (Bob Sinclar Remix)
03. Wink - Higher State of Consciousness (Dirty South & TV Rock Club Mix)
04. Da Mongoloids - Spark Da Meth (ATFC's Wildstyle Remix)
05. Mass Syndicate feat. Su Su Bobien - You Don't Know (MuthaFunkaz 2009 Tribute Mix)
06. Phuture - Rise from Your Grave (Tiefschwarz Remix)
07. Barbara Tucker - I Get Lifted (David Tort Remix)
08. Underground Solution feat. Jasmine - Luv Dancin (Harry Choo Choo Romero's Bambossa Remix)
09. Logic - The Warning (Claude Monnet & Torre Bros Main Mix)
10. Code 718 - Equinox (Henrik Schwarz Remix)

(Tra l'altro, esce giusto il giorno prima del mio compleanno, quindi se qualcuno non avesse idee regalo....)

domenica 27 dicembre 2009

Gli album del decennio, parte 5: Richie Hawtin - DE9: Transitions

E' inutile che stiamo qui a raccontarcela, dai: nel bene e nel male, l'uomo che ha iniziato il decennio come Plastikman e l'ha finito come "lo zio Rici" è stato una delle persone che in assoluto hanno definito maggiormente il suono degli anni '00.

Sia musicalmente in senso stretto, con la Minus e la Plus8, che soprattutto dal punto di vista tecnologico, molte delle profonde trasformazioni che la musica elettronica e la figura del dj hanno subito nei primi anni del nuovo millennio le ha inventate Richie, a partire dal Final scratch per arrivare a Beatport passando per lo x:one 3D.

Nel corso del decennio, l'ex ciuffobiondo ha reso sempre più sfumati i confini tra il dj, il produttore e il live artist, eliminando progressivamente l'aspetto fisico e meccanico della performance del dj e trasformandola in uno show digital-only che non è più un dj set ma non è ancora, del tutto, un live set.

L'idea, a ben vedere, il ragazzo l'ha sempre avuta: il DE9 originario, quello intitolato appunto "Decks, Efx & 909", è di fine 1999 ed è la prima testimonianza del desiderio di trascendere le possibilità del dj set "convenzionale" fatto con una coppia di Technics creando una miscela unica ogni volta in cui il valore del risultato finale sia maggiore di quello delle parti che lo compongono grazie all'aggiunta dell'estro del dj; lungo il decennio che si va chiudendo Richie ha spinto la musica e, soprattutto, la tecnologia, su questa strada per poter evitare di perdere tempo con attività noiose come il beatmatch, le puntine che saltano e le altre noie del djing "tradizionale" e potersi concentrare sul lato artistico.

Se "Closer to the edit" è quindi, visibilmente, un disco di transizione tra il vecchio e il nuovo dj secondo il signor Hawtin, col terzo dei DE9 finalmente Richie realizza quello che aveva in mente da quasi dieci anni e non era ancora riuscito a realizzare per limiti tecnologici: 90 minuti di mixato in cui ci sono praticamente sempre almeno due dischi contemporaneamente, quando non ce ne sono cinque-sei-sette tutti assieme.




Sicuramente la selezione dei dischi lo facilita, visto che tra Sleeparchive, Pansonic, Mika Vainio e cose così lo zio Rici ha buon gioco a usare le atmosfere rarefattissime e ridotte all'osso dei pezzi del puzzle come se fossero delle pennellate per costruire un disegno articolatissimo a partire da componenti microscopici: a furia di taglia, cuci, incolla, loopa, effetta e blablablah il risultato finale è quello a cui Richie aspirava da anni, "uso le tracce altrui come tool per costruire qualcosa in cui a predominare è la mia impronta".

Ma "Transitions" non è rivoluzionario solo per come cambia l'idea di dj: oltre a essere anche, banalmente, un bellissimo mixcd che rappresenta perfettamente la minimale "alla Hawtin", è un progetto integrato curatissimo come solo la Minus è riuscita a fare in questi anni, che coniuga il lato acustico a quello visivo con un packaging perfetto e un dvd contenente la versione extended del mixato coi titoli delle tracce che appaiono e scompaiono sullo schermo come fanno nelle casse e, soprattutto, l'mp3 free dell'intero set.

Nonostante sia stato estratto anche un singolo dal mixcd, operazione mai vista che evidenzia come "Transitions" non sia un mixcd nè un album ma una via di mezzo tra i due, come molti altri dopo di lui, estrarre un highlight è praticamente impossibile, visto che il set andrebbe sentito tutto intero per capirlo a dovere: morale, pesco da youtube una traccia a caso e chi s'è visto s'è visto.

mercoledì 23 dicembre 2009

Cosa fai a capodanno?

Come quello di ogni persona di buon senso, il mio capodanno è pianificato rigorosamente non prima di Sant'Ambrogio, con la dovuta calma per evitare scompensi psichici da pianificazione troppo anticipata: alla faccia di quei forzati che cominciano a organizzare capodanno verso gennaio-febbraio, tra i quali compaiono anche molti miei carissimi amici che purtroppo pacco ogni anno, i miei capodanni organizzati all'ultimo sono sempre stati più che validissimi.

Quello del 2009 è stato così valido che in buona sostanza lo replico praticamente uguale: l'anno scorso dopo l'ottima cena con gli amici in quel di Genova ho fatto uno dei migliori set che mi ricordi nello splendido e ormai chiuso 010, mentre quest'anno...



Che teoricamente dovrebbe essere una sorta di episodio zero di un progetto più articolato gestito da Fede e Melkio di cui sicuramente tornerò a parlare nei prossimi giorni, visto che sarò coinvolto anch'io.

Morale, se anche tu affezionato lettore che passi da queste pagine ora sei una persona di buon senso e non hai ancora organizzato niente per capodanno, vieni a fare un salto alle 2 porte a Genova, che c'è un dj molto bravo e molto bello, e si sa cosa succede a chi sente dj molto bravi e molto belli a capodanno...

martedì 22 dicembre 2009

Il mio nuovo setup

E' già da un po' che ne parlo, e ora che Babbo natale mi ha portato l'ultimo pezzo mancante finalmente posso scrivere il post più atteso del 2009, quello sul mio nuovo setup casalingo.

La premessa è che per coincidenze fortuite che non starò a spiegare mi sono trovato con un laptop che avanzava e ho deciso di unire la fortuità con la spinta ecologista e la pigrizia che mi impediscono di masterizzare tutte quelle tracce che ho solo in mp3 e che vorrei suonare durante il mio radio show settimanale, tipo i promi degli Exprezoo, i bootleg bislacchi e queste cose così.

Morale, l'idea è "installo Traktor sul portatile avanzato e ci suono assieme ai piatti", dove la parte difficile è ovviamente quell'"assieme", visto che di rinunciare alla plastica nera ovviamente non se ne parla.

Il passo zero quindi è stato l'acquisto di una scheda audio adeguata per l'uso in combo coi piatti:



Visibile nella foto quissù assieme al mixerino che uso per attaccare console e desktop alle stesse casse, una splendida Audio 4 della Native Instruments, che è stata la parte facile del setup; da lì in poi, iniziano i problemi.

Il primo problema è stato di tipo tecnologico: serviva uno strumento che, per dirla in informatichese, consentisse l'integrazione seamless tra il sistema legacy di plastica nera e la nuova soluzione basata sulla digitalizzazione dei contenuti...e qui è venuto in aiuto il buon Naph, che aveva un Soundbite micro inutilizzato:



Permutato per uno dei miei due vecchi cdj, di mestiere fa esattamente quello di cui ho bisogno: prende in ingresso l'uscita send del mixer e manda in uscita un clock midi sincronizzato con le battute del mixer stesso, grazie al bpm engine uguale a quello dell'altro Soundbite, di provata efficacia.

Morale, il beatmatch dai piatti a Traktor è presto fatto, quello da Traktor ai piatti è a carico del mio orecchio e del mio (smisurato) talento...tutto a posto con la tecnologia?

Ovviamente no.

Attualmente, come in ogni casa nerd che si rispetti, tutti i pc di casa Raibaz sono connessi via wifi, che significa che la banda libera per il traffico wireless non è praticamente mai disponibile al 100%, tantomeno quando è occupata dal pc che trasmette in streaming su Radio Nation, ma copiare tutto l'archivione di mp3 sul notebook nuovo non mi pareva il caso, per cui presto risolto! il desktop che custodisce tutto il mio scibile musicale digitale è connesso al nuovo notebook trattorizzato con un cavo cross, in modo da avere 1GB/s su cavo interamente dedicato al trasferimento di mp3 su Traktor alla bisogna.

E con la tecnologia siamo a posto...ma non è finita: Traktor consente di fare un sacco di giochini divertenti con le tracce, ma farli usando solo touchpad e tastiera è assolutamente improponibile, per cui avevo bisogno di un controller midi per gestire il trattore a dovere (oltre al fatto che il midi clock del Soundbite micro esce, appunto, da una porta midi che ovviamente il notebook non ha).

Uno pseudo controller midi ce l'avevo già in casa, nella forma della tastiera muta Edirol Pcr-300 che uso per giocherellare con Ableton, e che in effetti si prestava alla bisogna, ma non era perfetta per almeno due motivi: la penuria di tasti, rotelle e cursori, insufficienti a soddisfare il mio bisogno di schiacciare tasti e fare cose, e soprattutto l'ingombro incompatibile con l'angolo console della mia scrivania.

Ecco quindi che per completare il tutto ho dovuto aspettare Babbo natale per un controller midi sufficientemente compatto, con un form factor compatibile con la mia console casalinga e con un numero adeguato di tasti rotelle e cursori....rullo di tamburi...il mio regalo di natale:




Et voila!

Riesco a controllare a dovere anche Traktor con un impatto minimo sul posizionamento dei pezzi della console preesistenti.

Morale, ecco qui la foto di gruppo della mia nuova console casalinga:



Se mi gira, qualche giorno scrivo un post in cui racconto come ho configurato il controller, per la serie "cose che interessano sicuramente a tutti" :)

Best. Literal. Video. Ever.



(via Kekkoz)

lunedì 21 dicembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #36 - Best of 2009

Et voila, la "best of the year edition" dell'orchestrina! L'attesissima puntata (soprattutto per le due settimane consecutive di stop) che raccoglie il meglio del 2009 in via di conclusione e lo frulla assieme in un'oretta e poco più di mixato, rigorosamente ordinato in base al solito crescendo e col cuore in lagrime per quei dischi che forse se lo meritavano ma non ce l'hanno fatta in questo ambitissimo novero.

Come l'ascoltatore attento sicuramente saprà già, nel mixato di oggi c'è tanta Romania, soprattutto nella persona di Mihai Popoviciu che si contende con Alex Celler (altro pluripresente) il titolo di miglior produttore dell'anno, ma c'è anche una buona quantità d'Olanda e svariata Inghilterra; in linea con la progressiva ibizificazione di Berlino, che si candida a soffiare a Sharm el Sheikh il posto di destinazione turistica preferita dalle pettineuse (senza offesa per la categoria) entro il 2010, c'è ovviamente poca Germania, ma chissene.

C'è anche dell'Itaglia, o meglio della Ciociaria, nella persona del buonissimo Santos che ha avuto un'annata davvero da incorniciare, culminata in estate con uno dei migliori dischi dell'anno: volendo a tutti i costi estrarre una classifica, il suo "Hold home" si piazza di certo in top 3 assieme ai già citati Celler su Remote area e all'Hermanstadt collective quando ancora non si chiamava così che ha regalato uno dei migliori Diynamic di sempre, per quanto sia difficile anche solo mantenere la linea di assoluta eccellenza dell'etichetta.

Ma l'Itaglia non è solo Santos: c'è una label emergente che mi sta particolarmente a cuore, e che giusto a fine 2009 ha avuto un gran colpo di coda con la chicca di Rio Padice che dovrebbe arrivare nei negozi proprio in questi giorni, quindi chi non ha ancora scritto la letterina al vecchio ciccione fa ancora a tempo a comprarselo e dovrebbe farlo, visto che "Don Dragone ep" è il miglior disco italiano dell'anno, e non lo dico perchè la press release l'ho scritta io :)

Senza porre altro tempo in mezzo, la tracklist dice così:

Mihai Popoviciu - Hold (Plastic city)
Anthony Collins & Tolga Fidan - Wonder where i would be without you (Curle)
Alex Niggemann & Superlounge - Fortuna ep (Strictly Chosen)
Cally - Nashu (Fear of flying)
Dan Andrei - Saint omar ep (Be chosen)
Devilfish - LS01 (Alex Celler rmx) (Unfokused music)
Ethyl & Huxley - Mother tongue(Tsuba)
Mihai Popoviciu, Jay Bliss & Pagal - Bis co (Diynamic)
Pitto - The feelin' (District one rmx) (Rejected)
Santos - Hold home (Moon harbour)
Alex Celler - La palma (Remote area)
Rio Padice - Leviatano (Exprezoo)
Matt Tolfrey & D. Ramirez - Bounce to me (Phonica)
Mesuma - Perc machine (Fizzy duck)
Unknown artist - Unfinished symphony (Kamouflage rmx) (Kamouflage)

Qui c'è il link per scaricare tutto sto ben di dio, mentre qui c'è il feed RSS dell'orchestra per avere tutte le puntate comodamente a casa vostra, senza spese di spedizione e con in omaggio un set di pentole in acciaio inox 18/10 con fondo fuso alto un centimetro.

Ricordi di un clubber quasi anziano: Sven Vath e la neve

Non ricordo bene l'anno, forse fine 2003 o 2004, cose così, non avevo ancora mai messo piede all'estero per motivi musicali e per la prima volta avevo l'occasione di vedere Sven Vath nella mia ridente cittadina

All'epoca nessuno aveva ancora neanche lontanamente iniziato a pensare che papa Sven potessere essere bollito, invecchiato o anche solo all'inizio del viale del tramonto: era ancora il dj che trasformava in hit tutto quello che toccava, quello a cui tutti guardavano per sapere cos'avrebbero suonato tra sei mesi anche quando sembrava completamente fuori da ogni logica, perchè sapevano che tra sei mesi avrebbe avuto senso.

Per capirci, quello Sven Vath è quello che è riuscito a far diventare una hit una porcata come questa:



Che suonata da un dj normale causerebbe all'istante una pioggia di pomodori e che invece, passata per le sue mani (allora) fatate è finita in un sacco di borse dei dischi.

In quel set ai magazzini, lungo come tutti i set di papa Sven e coi dischi lasciati suonare quasi fino alla fine, come in tutti i set di papa Sven, oltre a quel buffissimo terzinato di T Raumschmiere trovarono posto Rocker degli Alter ego, che sentivo per la prima volta e non sapevo che avrei sentito (e suonato) fino allo sfinimento per tutto l'anno successivo e tanta altra electro bella sostenuta; mi ricordo una "Feed the flame" di Richard Bartz, su Gigolo, un devastante Sontec (aka Robert Babicz) su Par, ma soprattutto mi ricordo questo remix di Dave Clarke, che era nel mio primissimo ordine di dischi, appena arrivato fresco fresco:



Mi ricordo anche un sacco di addetti ai lavori presenti e lo stupore per aver preso dentro un tipo che saltava come un indemoniato, per poi scoprire che era Tony H, ma il ricordo più vivido della serata, che mi porto dentro come uno dei più belli della (breve) storia dei party che ho visto è Sven che suona questo disco:



Guardo fuori dalla finestra dei magazzini e incomincia a nevicare, proprio come ora fuori dalla finestra mentre risento Ingo Boss, che per me ora e per sempre sarà "il disco con cui Sven Vath ha fatto nevicare".

Quella è stata la prima volta di una lunga serie di episodi in cui mi è venuto il groppone in gola e mi si sono riempiti gli occhi di lacrime a un party o a un concerto (lo stesso papa Sven è responsabile di un altra, quando ha suonato "Music sounds better with you" alla fine di un Green&Blue) e tuttora, risentendo "Little eternity" vado un po' in difficoltà.

Coincidenza ha voluto che oltre al miracolo della neve, quella notte per un giro strano di perturbazioni incrociate dal freddo nord e dal sabbioso deserto a sud, finita la tempesta di neve il cielo apparisse tinto di un inusualissimo giallo (ne parlarono anche i tg, il giorno dopo) e ricordo chiaramente di aver pensato, tornando a casa, "io non ho preso niente, quindi Sven Vath è veramente allucinogeno di suo".

Morale, bollito o no, c'è stato un periodo in cui papa Sven faceva letteralmente i miracoli coi dischi, facendo nevicare e tingendo il cielo di giallo.

giovedì 17 dicembre 2009

I canali di peoplesound

Scenario 1: hai un blò o un sito di notizie e vorresti ampliare il tuo parco di lettori, magari pure su dispositivi mobile, ma costruirti tutta l'infrastruttura per farlo è troppo sbattimento.

Scenario 2: sei un brand e vorresti comunicare coi tuoi (futuri) clienti adesso che c'è questa cosa del web duepuntozzèro che bisogna diventare amici di quelle armi di distruzione di massa che sono i social netuorcs, per cui hai chiesto al tuo cuggino informatizzato di farti la fan page su Facebook e magari pure l'account su Friendfeed su cui riversare automagicamente tutte le novità che ti riguardano, ma lo stesso cuggino ti ha detto che il futuro della rete sono i dispositivi mobàil, per cui stai per affrettarti a pagare milioni di miliardi di consulenza per "andare su mobàil" prima che lo faccia la concorrenza.

In entrambi i casi esiste una risposta rapida e indolore, che consente nel giro di un pimpumpam di avere i propri contenuti pubblicati su un sacco di dispositivi mobile (anche diversi tra loro, che nonostante l'aifòn il mondo mobile è ancora un po' tipo Babele) oltre che di allargare il bacino d'utenza sul web: basta creare un canale su peoplesound.

Per farlo, è necessario avere un account registrato su peoplesound e andare alla pagina del tool di gestione dei canali, a cui ci si può loggare con lo stesso account e da lì, nel giro di qualche click più il tempo di approvazione del canale, voila! si va su mobàil.


Tanto per fare un esempio a caso, questo blò ovviamente ha già un canale su peoplesound, ma per gli utenti ce ne sono già un sacco e ciascun utente può scegliere se ricevere ogni nuovo post dei canali che segue via sms, via mail, o anche solo averli aggregati nella propria home page, à la Friendfeed.

E' tutto? Ovvio che no.

Si sa che quando si va su mobàil è necessario creare dei contenuti appropriati, e peoplesound permette di farlo usando il tool di cui sopra...ma e se fossi un blogger pigro, o lo svogliato brand dello scenario 2, o semplicemente avessi già un feed RSS coi contenuti che voglio mobàilizzare?

peoplesound consente pure questo: è sufficiente passargli l'url del proprio feed RSS e a ogni nuovo post apparirà uno status update su peoplesound, contenente anche gli elementi multimediali del post originario, siano essi foto, videi o emmepitrè.

Morale, visto che ovviamente è tutto aggratise e che il tempo richiesto è dell'ordine dei tre-quattro-cinque minuti, val la pena di provare e magari, già che si è lì, di farsi un giro su peoplesound, che val la pena.

(disclaimer: peoplesound non mi ha pagato per scrivere questo post, anche se mi paga per svilupparlo...in realtà il parser dei feed RSS l'ho scritto io e ne sono discretamente fiero, per cui avevo voglia di parlarne :))

martedì 15 dicembre 2009

Nonsolocassa: Eric and Poul

Di solito sono contrario ai post sponsorizzati, che infatti su questo blò si contano sulle dita di una mano monca, ma quando mi arrivano segnalazioni valide dagli amici non posso proprio tirarmi indietro.

L'amico in questione, Gjergj, mi ha segnalato due suoi amici che suonano assieme già da tempo ma che per farsi conoscere in giro si son messi a coverizzare canzoni fuffa in maniera molto più degna: si chiamano Eric and Poul e rifanno in versione acustica e molto più stylish le maranzate, roba così per capirci:





Le versioni originali sono fuffaccia, è vero, ma queste hanno un loro ottimo perchè.

domenica 13 dicembre 2009

Gli album del decennio, parte 4: Unkle - Never never land

Ci avevo già scritto un post retrospettiva qualche tempo fa, e quando ho iniziato il brainstorming su quali album avrei voluto includere nel novero dei miei album del decennio questo è stato, se non il primo, sicuramente uno dei primi tre a venirmi in mente.



Se è difficile valutarlo a livello di influenze sui successori, perchè artisti come Lavelle sono così trasversali da poter essere considerati come influenti su quasi chiunque, la valutazione sull'album in sè per sè è fin troppo semplice: tante tracce belle ordinate con la massima cura e affiancate a interludi molto ben studiati che rendono l'album nella sua totalità bilanciato alla perfezione e una gioia assoluta da ascoltare dall'inizio alla fine...capolavoro.

A fargli da complemento ideale, poi, la Global Underground numero 26 dello stesso Lavelle, una delle migliori compilation della serie, che include molte delle tracce dell'album remixate in chiave più clubbeggiante e affiancate a chicche non da poco tipo il remix di Ewan Pearson di "The golden path" dei Chemical brothers, che rendono il risultato finale una miscela di breaks, progressive, house e quant'altro con la solita, stupefacente, linea perfetta che caratterizza i set di Lavelle.



Morale, a distanza di sette anni sia "Never never land" che la GU #26 sono ancora tra le presenze più assidue nell'autoradio della Raibazmobile, e se non è da "migliori album del decennio" questo, allora non so cos'altro lo sia.

Questi due album sono perfetti quasi per ogni occasione, e tanto mi basta.

Come consuetudine per il post seriale, highlights: parlare di "In a state", che tutti conoscono sicuramente nella versione originale o nel remix capolavoro di Sasha, sarebbe troppo facile, quindi il primo dei due highlights è l'altra traccia famosa, "Reign":



Il secondo highlight invece arriva diretto dal nutrito parco di remix oltre che dalla Global Underground, ed è il raffinatissimo remix di Medway ed Eva di "Invasion", che è una di quelle tracce che ti salvano il culo quando a metà di un set non sai cosa suonare perchè si incastra perfettamente quasi con tutto:

sabato 12 dicembre 2009

Liveblogging: Whymca barcamp

La dura vita dello sviluppatore prevede, tra le altre cose, che ci si svegli alle sette un sabato mattina, si prenda la propria macchinina e si facciano sessanta km nella bruma padana per andare fino a Cremona e lo si trovi pure divertente.

Perchè farsi tutto sto sbattimento?

Ma per venire al Whymca barcamp, il barcamp sulle mobile applications, of course :)

In questo preciso istante sono nell'aula magna della sede di Cremona del Politecnico di Milano che seguo il primo speech, e l'idea è che aggiornerò periodicamente questo post nel corso della giornata per rendere partecipe il resto del mondo di ciò che accade qua.

Il primo speech parla di open source (zzzzz....) in ambito mobile applications, e dopo un'introduzione abbastanza noiosa e per lo più non condivisibile sull'open source in sè per sè finalmente racconta cose interessanti, parlando di Kannel e Mbuni, che non conoscevo, e che sono due framework rispettivamente per la gestione degli sms e degli mms: non so che utilità reale abbiano nel 2010, vista la trasformazione dei cellulari in "pc da tasca" in grado di gestire contenuti più strutturati e consegnati in maniera più simile a quella "solita" di internet, ma almeno è roba che non sapevo :)

10.45, speech #2, Fabrizio Renga di osservatori.net del Polimi: l'argomento mi pare molto interessante, visto che dal titolo pare una discussione sulla differenza tra mobile applications e mobile sites, su cui devo ancora farmi un'idea e che quindi come tema mi ispira molto. Inizio con una panoramica sullo stato del mercato delle applicazioni mobile, molto molto interessante, a cavallo tra l'aspetto gestionale e quello sociologico del marketing delle applicazioni, con punti di vista diversi: contenuto delle applicazioni, modelli di business, etc.

Domanda: perchè le aziende decidono di "andare mobile", e come lo fanno? La risposta non è incoraggiante, ed è "perchè lo fanno tutti" e "riciclando quello che hanno già".

Lo speech però è molto molto interessante e Renga si vede che sa quello di cui parla...riflessione molto interessante: "internet è basata sull'advertising, il mobile (pare) è più orientato al modello freemium"

Speech #3, è il momento del tifo, visto che a parlare è il mio collega di Buongiorno! Fabrizio Giordano, che parla della sua creatura, HelloTxt.

Mi viene un po' difficile giudicare il contenuto dello speech, visto che conosco già il contenuto...in compenso Fabri ha un po' di sbattimenti col proiettore (polemica sterile e gratuita: è sicuramente perchè è un mac user :D)

Comunque: lo speech di Fabri è molto orientato ai dati, con grafici che mostrano i dati di utilizzo di Htxt in lungo e in largo. In realtà pur essendo ferrato sullo sviluppo di Htxt (anche se non ci lavoro direttamente) i dati di utilizzo mi mancavano, quindi mi ha fatto piacere vedere lo speech :)

Domande: "ma i social networks si svilupperanno di più su web o su mobile?" secondo Fabrizio visto che l'attività sociale è pervasiva della vita degli utenti serve un modo per seguirla in giro con gli utenti stessi, quindi su mobile c'è un sacco di spazio per i social networks.

11.40, speech #4, il tifo ora è sfegatato perchè a parlare è il "mio" grafico, Giovanni Di maggio, che presenta il "mio" social network: peoplesound. (e qui si capisce il vero motivo per cui mi son fatto lo sbattimento di venire fin qui :))

La presentazione di Gio parla principalmente di quella che attualmente è la vera bomba di peoplesound (ma solo perchè il mio nuovo parser RSS non è ancora stato lanciato ufficialmente :)), l'algoritmo del phonebook, che capisce quali sono i tuoi contatti realmente importanti e che quindi potresti volere come amici su peoplesound sfarfugliando nel tuo telefono.

Riflessione interessante: peoplesound punta sulla qualità degli amici anzichè sulla quantità come fanno Facebook e Linkedin, e quindi l'asticella della privacy è molto più alta e consente di mantenere conversazioni più intime.

12.00, speech #5: Italo Vignoli parla della demografia dei social media dopo un'introduzione molto divertente sull'evoluzione dell'hardware necessario per i social media, a partire dal modem gigante in cui infilare la cornetta del telefono per arrivare al Macbook Air.

Il discorso di "quali utenti fanno cosa in rete" è interessantissimo, anche se i dati non sono nulla che non avessi già almeno intrasentito qualche volta, e Vignoli è un gran speaker...intanto però in aula magna la temperatura non è delle migliori, forse anche perchè non c'è moltissima gente (purtroppo), e quasi batto i denti.

12.30, ultimo speech della mattina, Vodafone presenta il progetto 360, serie di SDK che almeno idealmente dovrebbero fare da piattaforma comune per tutti i telefoni che lo supportano (come se già non ci fosse una pletora di piattaforme per sviluppare su cellulare e non avessero già provato in tanti a unificarle).

L'idea di un sdk fornito dai carrier mi sembra una bestemmia in termini di net neutrality, vediamo se lo speech riesce a convincermi del contrario :)

Wow, Vodafone 360 ha anche il suo app store proprietario...altra cosa di cui il mercato mobile non sentiva il bisogno.

All'inizio dello speech ero confuso sull'utilità della cosa, adesso so che a essere confusa è Vodafone: non è chiaro se 360 è un'applicazione, un sdk, un application store, tutte e tre le cose o nessuna, fondamentalmente mi sembra un'iniziativa tipo "saltiamo sul carro delle applicazioni mobile perchè mi hanno detto che ci si fa i soldi senza capire veramente cosa noi come Vodafone possiamo offrire al mercato" (hint: la risposta è "niente", sei un carrier e devi solo fornire l'accesso)

Edit postumo: visto che loro non lo dicono, gliel'ho chiesto io anche se pareva ovvio: 360 è un walled garden, perchè è accessibile solo da sim Vodafone, quindi è l'ennesima isola blindata nell'oceano mobile ancora alla disperata ricerca di uno standard condiviso...completamente inutile quindi, se non dannoso.

Adesso vado a mangiare :)

Finito di pranzare sono tornato a casa, visto che oggi pomeriggio ho un impegno e quindi mi perdo gli speech pomeridiani...morale, è tempo di considerazioni finali: l'iniziativa è stata senz'altro molto positiva, più che altro perchè per come è lo stato attuale del mercato del software su dispositivi mobile le occasioni di confronto e scambio con altri attori del settore sono sempre troppo poche...non sono mancate le pecche, su tutte che c'era un po' poca gente, ma visto che era la prima edizione sono molto fiducioso che saranno risolte nelle prossime :)

mercoledì 9 dicembre 2009

Gli album del decennio, parte 3: Eminem - Curtain call: the hits

Non sono un esperto di hip hop, anzi visto che non mi piace non l'ho mai studiato a dovere, ma che piaccia o no è stato ed è tuttora, uno dei generi che la fanno da padrone sulla scena musicale mainstream e ha pure un gran sottobosco underground di gente che ci crede veramente.

Di recente ha perso un po' delle sue caratteristiche originarie che in effetti cominciavano a puzzare di stantio visto che tra una storia e l'altra il genere ha i suoi 20-30 anni sulle spalle (almeno, sul versante mainstream: l'underground è "true" e fedele alle radici quasi per definizione), fatto sta che nella prima metà del decennio che va spegnendosi c'era questo ragazzo che ha fatto un po' da anello di congiunzione tra le due generazioni, mischiando a dovere tradizione e rottura sia musicalmente che come immagine, visto che tolti i Beastie boys (sempre siano lodati) nessun rapper bianco era mai riuscito a farsi prendere sul serio.

Morale, prima metà degli anni '00, Raibaz è ancora ggiòvane e sta ancora forgiando il proprio gusto musicale: devo ancora riprendermi dalla sbandata colossale per il big beat e quella che all'epoca si chiamava "electronica", che mi ha segnato in maniera irrimediabile a fine '90s a colpi di pattern irregolari di percussioni, insegnandomi che c'è altro nella vita oltre al "four-to-the-floor", per cui sono quanto mai vulnerabile al "tun tun pa, pa-tun tun pa" e Slim Shady mi prende in piena faccia usandolo in combo con uno splendido sample di una cantante meteora che conoscevo solo come "la sorella di Sister Bliss dei Faithless":



(Non ci ho perso troppo tempo, ma pare che la versione "non-MTV" del video, quello che non ha una parola si e una no censurata, sia stata sottoposta a damnatio memoriae, visto che non l'ho mica trovata)

Morale, visto che Marshall Mathers ha pubblicato una discreta quantità di album nell'arco della prima metà decennio prima di perdere definitivamente la verve creativa e trasformarsi in produttore, perchè proprio il greatest hits e non tipo "The Marshall Mathers LP", o "The Eminem show"?




La realtà è che la produzione discografica di Eminem incarna alla perfezione uno dei fenomeni che hanno caratterizzato tutto il mercato musicale mondiale dalla comparsa dell'iTunes store in poi: l'album, inteso come serie ordinata di canzoni da comprare in blocco, è praticamente morto (per la gioia di quelli che scrivono i post sui migliori album del decennio), salvo rare eccezioni l'unità standard del mercato musicale è la singola traccia, acquistabile d'impulso a 0.99 su iTunes piuttosto che su Beatport o simili, e la prova ne è che gli album di Eminem hanno giusto tre-quattro tracce da salvare nei casi migliori e un sacco di fuffa riempitiva, e questo "Curtain call" è quello col miglior rapporto tracce buone-tracce inutili, come ovvio per un greatest hits.

Morale, all'epoca era hittissimo e stra-mainstream, al punto che ha pure vinto un Oscar, non so quantificare con precisione quanto sia stato innovativo nè influente sui successori visto che di Kanye, 50 cent e gli altri papponi con le catene al collo e i video con i troioni truccatissimi non me ne frega niente, però che cazzo, dai:



Niente da dire, chapeau.

(qui la parte 1 e la parte 2)

lunedì 7 dicembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #35 - Holiday special!

Dicembre è mese di cene natalizie e altri eventi non ordinari che scombinano il planning della settimana: il lunedì sera, quindi, capita spesso e volentieri che non sia a casa per il mio show settimanale su RadioNation.

Per evitare che i miei affezionati ascoltatori si strappino i capelli e si riducano come me per l'astinenza da Orchestra, però, ho sfruttato degnamente una domenica sera festiva in cui poter infastidire i vicini fino a tardi ed esercitarmi un po' col setup nuovo in via di completamento (a giorni dovrebbe arrivare l'ultimo pezzo mancante, così posso sfoderare il post descrittivo che ho già pronto), per cui voila un extended set da due ore al posto dei canonici 60 minuti!

Devo ancora padroneggiare al 101% il nuovo setup, soprattutto nella gestione dei guadagni (capita spesso che ci siano dischi che entrano altissimi a gamba tesa e altri che invece non escano dalle casse risultando un po' troppo in background) e ogni tanto nel beatmatch, visto che ci sono almeno un paio di errori grossolani, ma comincia già ad avvicinarsi all'idea di set che ho in mente, soprattutto tenendo conto che il setup è ancora incompleto e gli manca un pezzo importante.

Data la lunghezza del set e dato che l'ho registrato in maniera estemporanea per decidere di renderlo pubblico solo dopo, non ho scritto la tracklist e ovviamente sono troppo pigro per ricostruirla, per cui non mi resta che aggiungere il link da cui scaricare il set e ricordare l'URL del feed RSS del podcast, per avere pronti subito così pimpumpam tutti gli episodi appena ne pubblico di nuovi.

Enjoy!

mercoledì 2 dicembre 2009

Gli album del decennio, parte 2: Soulwax - Any minute now / Nite versions

Secondo episodio del post seriale in cui racconto gli album che sono stati più importanti per me nell'arco del decennio che si va concludendo (qui la prima puntata), stavolta dedicato a due album che in realtà valgono per uno solo, visto che il secondo contiene le versioni "notturne" delle tracce del primo.

Conoscevo già i due fratelli Dewaele come 2manydjs da tempo, all'epoca dell'uscita dell'album, ed ero già innamorato della loro maniera di intendere il mashup, sulla linea di confine tra il genio e il demenziale, con tanta di quell'ironia che oggi i loro epigoni usano come alibi per spacciare al pubblico lapeggiommerda, per cui ho comprato al volo prima il primo singolo, che poi è la title track dell'album, poi l'album stesso e poi sia il cd che il doppio 12'' delle più suonabili Nite versions.



All'epoca (siamo nel 2004), in pieno boom minimal, l'idea delle schitarrate in un dancefloor techno, detta così, sembrava un'eresia: la cosa più simile alla forma della canzone e agli strumenti analogici che veniva in mente ai Minus kids era l'electro, la moda immediatamente precedente e quindi schifatissima ma ciononostante, facendo presa un po' sui nostalgici dell'electro rimasti e un po' sugli indieboys che finalmente potevano entrare nei club senza essere additati come tamarri dagli amici, l'album ha avuto un successo della madonna, al punto che i belgi campano di rendita tuttora senza aver ancora prodotto granchè dopo.




Perchè mai tutto ciò?

E' presto detto: perchè i due album sono effettivamente capolavori, in grado di rientrare con precisione assoluta nei canoni del genere a cui appartengono ma innovandolo al punto che da lì in poi l'electro non è più stata la stessa, trasformandosi da "il lato poppeggiante della techno" a "il lato techneggiante del pop".

La distinzione sembra sottile ma è importante: se Kid A (in un modo o nell'altro compare sempre, ci sarà un motivo) ha sdoganato l'elettronica presso i rocker inventando gli indiesnob "mi piace la techno, ascolto i Radiohead", i Soulwax hanno fatto la stessa cosa con i club e i festival, inventando di fatto gli hipster "vado all'I love techno perchè voglio sentire i Crookers, i Simian mobile disco e tutti gli altri figli dei Soulwax".

La citazione dell'I love techno, tra l'altro, non è casuale: se il più-che-decennale festival belga è com'è oggi, nel bene e nel male, deve molto ai due fratelli Dewaele, che sono proprio di Gent.

Morale, non sono così convinto che l'influenza dei Soulwax sia stata positiva, visto quello che penso della scena dei loro discendenti, ma ciò non toglie che l'influenza ci sia stata eccome e che nonostante tutto il seguito "Any minute now" e le Nite versions siano due album coi controcoglioni, in bilico tra riferimenti immediatamente riconoscibili (Funkytown) per tirare in mezzo il pubblico di massa e altri più difficili (c'è un sample di "Your love" di Frankie Knuckles) per i clubber di vecchia data che lo rendono un album rivoluzionario ma comunque di transizione.

Se tutto ciò che è venuto dopo ha portato all'estremo la novità delle schitarrate sul dancefloor, emozionando gli indiesnob e allontanando definitivamente chi arrivava dalla techno (me compreso), ciò che eleva i due "Any minute now" al rango di capolavoro è la sua capacità di essere trasversale e soddisfare tanto l'ascoltatore raffinato quanto quello caciarone, tanto il rocker quanto il raver e, grazie anche a delle performances live tra le migliori mai viste in cui spesso e volentieri l'anima 2manydjs prende il sopravvento su quella Soulwax, tanto l'ascolto casalingo che quello sul dancefloor.

Ancora una volta scegliere la traccia più rappresentativa dell'album è un'impresa ostica, per cui opto per la doppietta di nuovo:



"Another excuse" è la traccia che più ho suonato delle Nite versions, anche perchè è quella un po' meno grattona e più facile da incastrare, mentre "E talking" in versione originale si merita la citazione sia perchè meno famosa di quella "Nite" anche se ugualmente valida, sia perchè il video è ottimo:

martedì 1 dicembre 2009

I Placebo per la seconda volta in un anno

Dopo il soddisfacentissimo concerto di quest'estate al castello scaligero di Villafranca di Verona mi è parso giusto tornare a vedere Brian e soci, visto anche che il tour invernale passava nella mia ridente cittadina.

Il mood generale del concerto è stato all'incirca lo stesso dell'ultima volta, col nuovo Steven alla batteria che dà una smossa in più al groove del tutto rendendolo meno muraglioni di chitarre e più danzabile, ma con una serie di differenze non da poco, in primis in termini di setlist: se il repertorio delle tracce vecchie è rimasto lo stesso, quindi senza il capolavoro scritto con Bowie ma ovviamente con quella "parappappapparara", quella "ogni me ed ogni te", quella "ero da solo in caduta libera, provando al mio meglio per non dimenticare" etc., quello tratto dall'ultimo album è cambiato sostanzialmente.

Tra le gradite novità che non comparivano nella setlist di Verona, infatti, quella in cui è difficile riconciliare quello che sono diventato col bambino ferito che si nasconde dentro e quella in cui Brian prende atto che il diavolo nei dettagli è lì per restare e ci danza insieme e pure, ovvio, il prossimo singolo già annunciato, quella col cuore che fa male che è un cuore che funziona e che a me non piace mica troppo.

Morale, il concerto è un po' dalla doppia anima, diviso in maniera abbastanza equa tra le bombeammano da pogo e headbanging feroce, tipo quella del perchè che non finisce mai o quella in cui finiscono le alibi il due maggio e gli ricorda dell'estate in questo giorno invernale, e le ballad strappalacrime (in senso letterale) tipo quella dei compagni d'anima che non muoiono mai o, soprattutto, la perla del concerto: da sempre i Placebo live regalano versioni alternative delle proprie canzoni più famose, ma la versione "Placebo lounge" (Brian dixit) di quella in cui lui ha paura di restare da solo e questa casa non è più una casa mi ha fatto piangere come un bambino:



Se dovessi scegliere la traccia più rappresentativa dell'intero show, quindi, direi senza dubbio la versione live di quella in cui i passanti lo guardano come se potessero cancellarlo e lui è confuso dagli uccelli e dalle api, che fa la prima strofa lenta, appena appena sussurrata e poi parte direttissima come un pugno in faccia:



Son sempre splendidi dal vivo, non c'è niente da fare.

lunedì 30 novembre 2009

La morte dei Technics (ma anche no)

Da quando si è sparsa la notizia che la Panasonic, proprietaria del marchio Technics, ha intenzione di cessare la produzione degli SL-1200 e dei 1210 la rete pullula di gente che si straccia le vesti piagnucolando per la fine di un'epoca romantica e di geniacci che si precipitano a comprarli convinti di rivenderli a prezzi assassini quando diventeranno rari.

Forse però non è chiaro un dettaglio non da poco: si tratta solo di un rumor, che oltretutto è già circolato in passato, e che non è ancora stato confermato ufficialmente dalla Panasonic e che quindi gira in più versioni diverse.

C'è chi dice che saranno discontinuati solo i 1200 e 1210 "vanilla" e che la produzione degli MK2 e degli MK5, incluso il pacchianissimo MK5G continuerà, c'è chi dice che a morire saranno gli MK2 e resteranno solo la versione base e quella di fascia alta, ma non c'è ancora una versione definitiva, anche se dato che tutte danno per morta solo una versione del piatto migliore del mondo e ancora in vita le altre due non mi pare il caso di preoccuparsi troppo.

Anzi, diciamoci la verità: se dovesse cessare la produzione della versione base e gli MK2 dovessero prenderne il posto, magari con una riduzione del prezzo, il mondo sarebbe senza dubbio un posto migliore, senza quell'aberrante buco sullo zero del pitch che è l'unica imperfezione dei piatti perfetti.

Di certo, finora gli unici che gioiscono della notizia virale degli ultimi giorni sono i rivenditori, che con ogni probabilità vedranno le vendite impennarsi per via degli investitori geniali sopracitati, i quali forse hanno perso di vista il fatto che chi potrebbe volere un Technics nel 2010 molto probabilmente ce l'ha già e non ha nessun bisogno di sostituirlo, vista la proverbiale indistruttibilità dei piatti perfetti che non smettono di funzionare neanche se gli passa sopra un tir.

Morale, a me non sembra una notizia così trascendentale: dovessero sparire gli SL-1200 base sarebbe un'ottima notizia, dovessero sparire gli MK2 potrei farmene una ragione senza problemi e se dovesse alla fine rivelarsi solo un rumor mi farei due risate alle spalle di quelli che si trovano cinque-sei piatti in casa inutilizzati :)

Comunicazione di servizio

Stasera vado a vedere i Placebo, quindi l'orchestra non andrà in onda.

Sono molto dispiaciuto per tutti i miei affezionati ascoltatori (tutti e due), ma spero riusciranno a farsene una ragione.

Lunedì prossimo l'orchestra torna in versione festiva :)

giovedì 26 novembre 2009

Gli album del decennio, parte 1: Ricardo Villalobos - Alcachofa

Inauguro oggi un post seriale che da qui al 31 dicembre (si spera) mi porterà a ripercorrere il decennio che va concludendosi attraverso gli album che l'hanno caratterizzato, un po' come fanno i veri brog musicali dei professionisti.

First of all, premessa: gli album di cui parlo in questa serie di post sono quelli che hanno caratterizzato il mio decennio musicale, quindi niente "Kid A", che è stato effettivamente molto importante per il decennio degli indiesnob ma che a me non ha dato granchè e sono inseriti in questa ambitissimo novero in base a criteri variabili e soggettivissimi che vanno dal gusto personale puro e semplice all'influenza su quello che mi piace o che reputo importante; va da sè, quindi, che se il tuo album preferito del decennio non c'è o se credi che uno dei miei album preferiti del decennio sia una cagata, non hai che da dirlo nei commenti, e magari mi convinci anche (è risaputo, infatti, che sono molto aperto alle opinioni musicali diverse dalla mia, ma vale comunque la pena di fare un tentativo :))

Morale, andiamo senz'altro a incominciare con l'album che ha sancito il boom della minimale, uno dei generi che hanno dominato il decennio:


Ok, la minimale esisteva anche (molto) prima di Alcachofa e Ricardo era Ricardo anche prima di Alcachofa, ma è stato quando Sven Vath e a ruota tutti i dj del mondo hanno iniziato a suonare Easy lee e soprattutto Dexter che il grande pubblico si è accorto che si poteva creare una situazione da party anche con due-tre suoni in croce.

Tra l'altro, momento aneddoto: ai tempi, si parla del 2003, io ero ancora in pieno innamoramento dell'hardgroove e della techno napoletana (e non posso dire di aver ancora superato questa fase) e iniziavo faticosamente ad ammettere l'electro alla Blackstrobe, Tiefschwarz e Tiga che spadroneggiava, per cui la svolta verso la minimale era troppo per le mie giovani orecchie...morale che mi ci è voluto un anno buono per metabolizzare Alcachofa e realizzare che non si trattava di una cagata, poi a distanza di sette anni mi guardo indietro e realizzo che Ricardo era semplicemente molto, molto più avanti di me.

Forse un giorno mi capiterà la stessa cosa col dubstep, anche se non ci spero mica troppo :)

Ma Alcachofa non è solo la testa di ponte che ha portato il filone minimale a sparare le sue migliori cartucce e poi, anni dopo, all'involuzione di Plastikman nello zio Rici, Alcachofa è anche un capolavoro di per sè: non è solo Dexter e Easy lee, ma è anche l'apoteosi del Villalobos produttore, per certi versi l'opposto del Villalobos dj: tanto partyboy sgarrupato e squagliatissimo quest'ultimo, quanto maniacalmente preciso e perfezionista nell'applicazione del genio il primo.

Il tocco personale di Ricardo in studio è rappresentata alla perfezione in Alcachofa, nelle sue tracce più lunghe del normale che si evolvono lentamente al punto da far dire alla mamma che stai ascoltando musica tutta uguale ma inesorabilmente in modo che dopo otto minuti di I try to live (Can I live) è successo di tutto senza che tu abbia mai percepito interruzioni dello stream of consciousness: l'andamento delle percussioni e dei synth blippeggianti sembra sbilenco e zoppicante, ma in realtà ogni suono è accuratamente cesellato per incastrarsi alla perfezione con gli altri.

Il risultato di tanta cura è che Alcachofa non è assolutamente un album immediato: non si può valutarlo dai prelisten sul sito del negozio di dischi, nè si può ascoltarlo di fretta, ma richiede un po' di attenzione per cogliere le sfumature sottili a cui Ricardo ha dedicato tutto il suo talento e offre in cambio tanta soddisfazione, oppure può essere ascoltato per intero ma con l'attenzione completamente spenta, per lasciarsi colpire dalle strutture intricatissime sotto il livello della coscienza e incassare in pieno lo schiaffo morale della superiorità di Villalobos rispetto ai produttori "normali".

E' difficile indicare una traccia che brilli più delle altre (oltre alle già citate Easy Lee e Dexter, ma anche What you say is more than i can say, che però sono arcinote), per cui anzichè una ne scelgo due, entrambe presenti solo nella versione su cd:



La prima, Y.G.H., rappresenta alla perfezione l'idea di traccia "alla Villalobos", in cui sembra non succedere niente eppure succede di tutto, sembra un loop da 8 minuti e invece non ci sono quattro battute uguali alle successive e il turbinio di pause, ripartenze, blip e tappeti è così accennato da essere appena percettibile



La seconda, invece, Waiworinao, è l'apoteosi della combo improvvisazione-labor limae del Ricardo produttore: sentita così sembra l'improvvisazione di un chitarrista jazz, ma contestualizzata a dovere con una bassline e una cassa appropriate si trasforma in un tool di distruzione di massa.

Morale conclusiva: se tra 20 anni dovessi raccontare a mio figlio com'era la minimale che suonavo daggiovane, di sicuro gli farei sentire Alcachofa per come riesce ad esplorare tutto lo spettro delle minimali possibili mantenendo una coerenza interna perfetta, oltre ad aver avuto un'importanza storica mica da ridere.

mercoledì 25 novembre 2009

Peoplesound candidato ai Mashable Open Web awards!

Mashable è uno dei siti più autorevoli al mondo in tema di social media; annualmente, da un paio d'anni, indice gli  Open Web Awards, che sono un po' tipo quelli della blogosfera italiana ma meno provinciali e più technology-oriented, del tipo che di solito tra i vincitori al posto di Beppe Grillo c'è Facebook e Google ma anche Last.fm, Netvibes e cose così.

La notizia bomba del giorno è che agli OWA di quest'anno c'è una sola realtà europea in nomination, ed è il progetto con cui attualmente mi guadagno la pagnotta :)


mashable 300x250

Ok che è nominato come "Best social network Iphone app" e io con l'Iphone app, almeno per ora, c'entro pochino perchè faccio altre cose, ma faccio comunque parte del team di sviluppo, per cui peoplesound è comunque roba (anche) mia.

Quindi, cortesemente, votate tutti una volta al giorno (solo perchè di più non si può) da qui al 15 dicembre, basta cliccare sull'immaginina quissù o andare a questo link, e magari diffondete pure il verbo della nomination agli award usando questa magnifica paginina made by me coi widget da embeddare :)

lunedì 23 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #34

Ok, sto iniziando a prendere confidenza col giochino nuovo, in attesa di avere il setup completo che dovrebbe arrivare settimana prossima e che probabilmente mi richiederà un allenamento un po' più lungo: oggi tanto per provare e vedere l'effetto che faceva ho fatto un set comepiaceammè, con tanti rumeni e tanti olandesi.

A farla da padrone sono la compilation della 100% Pure, che raccoglie praticamente tutta la scena olandese e che è un serbatoio quasi inesauribile di chicche, tra dischi protagonisti come quello di Sandy Huner e tool come quello di Bart Skils, e la cricca dell'Hermanstadt collective formata da Markus Homm, Mihai Popoviciu, Jay Bliss e Pagal, già autori di molti dei migliori dischi dell'anno: l'highgrade digital di Markus Homm, in particolare, è composto da tre tracce che avrebbero potuto tranquillamente essere stampate da sole e fare la loro porchissima figura, visto che sono tutte e tre suonabilissime.

C'è spazio anche per un po' di spocchia da diggèi-coi-promi, tra la traccia di Mass Prod su Ral che probabilmente sentita all'estero ha un sapore esotico tutto suo e qua invece ha il sapore trash e ridicolo della pubblicità del Monte dei paschi di Siena e il remix unreleased dei NoiDoi (altri rumeni!) su uno dei dischi più malati dell'immensa discografia di Ricardo, ma c'è anche un lato un po' più poppeggiante col remix di Felix da Housecat rispolverato dal nuovo spot Samsung e un Tiga d'annata che ha sempre il suo perchè.

A chiudere, la splendida traccia di Mark Broom e CJ Baker aka Kingpin Cartel su Pure plastic che è vera techno di classe.

Tracklist:

Zwicker - Who you are (Junior boys rmx) (Compost black)
Markus Homm - Bricks (Highgrade digital)
Unknown - Yam yam 02.1 (Yam yam)
Ethyl & Huxley - Mother tongue (Tsuba coloured)
Johnny D - Point of no return (Oslo)
Bart Skils - Catwalk (100% Pure)
Anton Pieete - Encore (100% Pure)
Ricardo Villalobos - Fizheuer Zieheuer (Noidoi rmx) (Not on label)
Unknown - Pao (Ral)
Christian Burkhardt - Rocket (Bvdub)
Markus Homm - Wipes (Highgrade digital)
Radioslave - Orchestrating manoeuvres in the dark (Mike Monday rmx)
Nina Simone - Sinnerman (Felix da housecat heavenly mix) (Verve)
Sandy Huner - Rare tap (2000 and one edit) (100% Pure)
Miss Kittin - Madame Hollywood (Tiga's Mr. Hollywood rmx) (Emperor norton)
Mihai Popoviciu, Jay Bliss & Pagal - Set you up (Level non zero)
Kingpin Cartel - Ghetto (Pure plastic)

As usual, il link per scaricare il set è questo, mentre qui c'è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce un episodio nuovo.

Da oggi l'orchestra è anche su soundcloud:
Orchestraibaz, episode #34 by Raibaz

sabato 21 novembre 2009

La ricerca musicale nel nuovo millennio

Il titolo altisonante del post di oggi introduce l'ennesima grave masturbazione mentale musicale del sottoscritto.

Il punto di partenza è l'episodio di settimana scorsa del mio podcast, quello col French touch, realizzato con in mente uno dei miei ascoltatori abituali che di French touch è un fan sfegatato: il martedì, giornata della settimana in cui raccolgo commenti e insulti da tutti i miei ascoltatori abituali (tutti e due) sui vari IM, il suddetto ascoltatore abituale mi ha fatto notare che non ho inserito nulla del cosiddetto French touch 3.0, linkandomi via Hype machine un sacco di roba che non conoscevo se non al massimo di nome e che tutto sommato non era male, tipo Le knight club che poi alla fine è sempre Guy-Manuel de Homem-Christo quindi vabbè.

La riflessione è la seguente: all'epoca del primo, vero, French touch, il fenomeno ha avuto la risonanza che ha avuto perchè dischi come "Homework" e "Moon Safari" e tracce come "Lady" dei Modjo o "Am i wrong" di Etienne de Crecy erano in heavy rotation su MTV e sulle radio mainstream, trasformando un fenomeno in fin dei conti molto limitato sia temporalmente che geograficamente in una cosa globale e in grado di influenzare altri artisti anche a distanza di una decina d'anni...sarebbe possibile, nel 2009-ormai-quasi-2010, avere un altro fenomeno del genere?

La risposta, ovviamente, è no e non lo dico io ma Chris Anderson: se è vero che i blockbuster esistono ancora, è anche vero che l'avanguardia sta da un altra parte, mi pare scontato che qualsiasi sia la "next big thing" sarà più facile che annoveri tra le proprie influenze qualche gruppo oscuro di Novosibirsk piuttosto che gli U2 o i Coldplay.

Per sentire qualcosa di nuovo, quindi, bisogna scavare nei meandri della coda lunga, e fin qui siamo ancora nell'ambito delle scoperte dell'acqua calda.

Il fatto è che la rivoluzione culturale che ha subito la musica (e non solo) negli ultimi tempi, quella che ha definitivamente abbattuto le barriere d'ingresso del mercato musicale trasformando in produttore chiunque lo voglia ha reso la coda lunga una coda lunghissima, quasi infinita: il numero sterminato di nicchie e di produttori misconosciuti fa sì non solo che sia praticamente impossibile un'influenza estesa e massiccia come quella che ha avuto a suo tempo Discovery e il French touch tutto, ma, soprattutto, che chi è in cerca di influenze e di suoni interessanti faccia sempre più fatica a scovarli.

Ok, la promozione musicale si è evoluta a dovere seguendo la rivoluzione, portando alla luce fenomeni come gli Arctic monkeys che diventano blockbuster prima su myspace che nei negozi, ma come si può fare a scovare tutte quelle perle nascoste che sicuramente affollano i vari myspace, beatport, soundcloud e simili senza dannarsi a spammare tutta la rete con le proprie tracce ma, semplicemente, producendo buona musica?

Non è sicuramente una questione di tempo da dedicare alla ricerca, perchè anche avendo tutto il tempo del mondo, la quantità di materiale attualmente disponibile in rete è tale che nessun essere umano potrebbe avere tempo a sufficienza da ascoltare e giudicare a dovere tutto e non è neanche solo una questione di autorevolezza delle fonti, perchè le fonti autorevoli ci sono anche ora e anche per le nicchie (chessò, Pitchfork per gli indiesnob ha sostituito MTV, mentre "noi" abbiamo le chart dei dj famosi sparse per la rete), c'è anche il fattore "unicità".

Da sempre, quello che provoca in un dj l'orgasmo più grande di tutti è suonare un disco fighissimo che hai solo tu, per cui anche le suddette fonti autorevoli lasciano il tempo che trovano, visto che sono a disposizione di tutti e che comunque suonare i dischi trovati nelle chart altrui fa n00b.

Morale, sono in cerca di un modo per scovare qualcosa di interessante senza dover ascoltare tonnellate di merda ma solo al massimo qualche quintale...esiste ancora, in tempi di coda lunghissima?

Boh.

C'era Last.fm prima che chiudesse, ma aveva comunque grossissimi problemi, su tutti il fatto che le tracce erano taggate in maniera completamente casuale e quindi il sistema di associazioni non era affidabile; di Hypemachine non mi piace l'interfaccia grafica, nè mi fa impazzire quella di Beatport che comunque attualmente è un gigantesco suk in cui separare la roba valida dallapeggiommerda è un'impresa improba.

Altre idee?

martedì 17 novembre 2009

Ingegneria della spesa

Da tempo sono uno di quei malati di mente che leggono i libri e i blog su quelle tecniche garantite per migliorare la produttività: conosco acronimi come GTD, ZTD e cose come "inbox zero" come le mie tasche e, coi dovuti adattamenti, riesco anche a mettere in pratica le teorie.

Da prima ancora (c'è chi dice che lo si è dalla nascita) sono un ingegnere: il controllo e l'ottimizzazione dei processi sono il mio vangelo.

Da poco meno di un anno vivo da solo e quindi faccio la spesa regolarmente (ovviamente facendo la lista della spesa su http://www.rememberthemilk.com/), ma poco prima di trasferirmi qui ho visto questa puntata di The big bang theory in cui Sheldon prova a convincere Penny a comprare in una volta sola tutti gli assorbenti che le serviranno per il resto della vita, per risparmiare:



Morale, compro in quantità smodate tutto quello che si può stivare e non scade: saponi, detersivi, cibi a lunga conservazione, bevande et similia.

In realtà il risparmio economico c'è più no che si, visto che la rotazione delle scorte fa sì che ci sia sempre qualcosa da comprare in bulk e che quindi la il costo totale medio della spesa sia sempre uguale, ma il vero vantaggio è che una volta fatta la scorta di un determinato articolo lo si può eliminare completamente dai pensieri di acquisto per un lungo periodo, con in più il comodissimo segnale mnemonico del punto di riordino all'ultima unità (bottiglia di shampoo, confezione di lamette, rotolo di carta da cucina, etc.) (si, ho insegnato anche roba di logistica agli ingegneri gestionali).

Ora, il motivo per cui ho fatto coming out e raccontato questo lato oscuro del mio carattere e della mia vita quotidiana è che oggi, facendo la spesa, ho trovato quello che per un bulk shopper come me è una chiara manifestazione terrena del paradiso, uno di quegli acquisti che per la modica cifra di sei euro e venticinque ti riempiono il cuore di soddisfazione e ti rendono fiero di te.

Oggi, facendo la spesa, ho comprato una confezione da QUARANTOTTO rotoli di carta igienica.

lunedì 16 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #33 - French touch

Set sperimentale oggi, con un giocattolino nuovo che costituisce il primo passo verso il nuovo setup che ho in mente e che dovrebbe, almeno teoricamente, garantirmi una libertà d'espressione prossima all'infinito :)

Come era ovvio che fosse, dato che devo ancora acclimatarmi a dovere col giochino nuovo, la tecnica di oggi non è impeccabile (tipo, l'ultimo passaggio mi è completamente scappato di mano), ma in compenso la selezione è ad altissimi livelli: l'idea iniziale era "faccio un set french touch prima maniera", e le premesse c'erano tutte come pure i primi dischi...se non fosse che poi mi son lasciato prendere dall'entusiasmo e di fatto tolti giusto un paio di dischi è più un live dei Daft Punk, con particolare attenzione a Homework :D

Morale, le tracce "suonabili" di Homework ci sono quasi tutte, salvo forse giusto "Revolution 909" e "Indo silver club" che pure sono tra le mie preferite: particolare attenzione al passaggio verso la fine che raccoglie contemporaneamente le tre sassate peggiori dell'album, ma anche la combo vecchio-nuovo "Phoenix"-"Technologic" ha un suo perchè.

Purtroppo c'è una piccola imperfezione a metà: non ero convintissimo di proseguire per un'ora col french touch e mi son lasciato scappare due dischi che francesi non sono, ma comunque non stonano col resto della linea, anche se rendono il set non esclusivamente french touch...ma c'è da dire comunque che, con così tanto Daft Punk e così poco altro, non sarebbe comunque stato valido come showcase della prima ondata di techno francese.

La tracklist è così composta:

Phoenix - If i ever feel better (Source)
Daft Punk - Musique (Virgin)
Alan Braxe & Fred Falke - Intro (Vulture)
Daft Punk - High fidelity (Virgin)
Daft Punk - Crescendolls (Virgin)
Cassius - Feeling for you (Virgin)
Mr. Oizo - Flat beat (F communications)
Daft Punk - Phoenix (Virgin)
Daft Punk - Technologic (Virgin)
Bamboo - Bamboogie (VC)
Tim Deluxe - It just won't do (Underwater)
Daft Punk - Around the world (Virgin)
Daft Punk - Burnin' (Virgin)
Daft Punk - Rollin'&Scratchin' (Virgin)
Daft Punk - Rock&Roll (Virgin)
Daft Punk - Alive (Virgin)
Daft Punk - Human after all (Virgin)
Cosmos vs. Daft Punk - Take me harder (LHB Bootleg mix) (Not on label)

Il link per scaricare il mixato è questo, mentre questo è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando pubblico una nuova puntata.

Ora l'orchestra è anche su soundcloud:
Orchestraibaz #33 by Raibaz

Secret Mood pres. Theo Parrish @ The beach, 20/11/09

Non so se è perchè ho perso un po' contatto con la scena o perchè davvero l'offerta di recente non propone granchè di interessante, ma era un po' che non scrivevo di party interessanti qui; ci voleva l'amico Gandalf che dopo un sacco di collaborazioni di successo decide di fare le cose completamente da sè e le fa in grande, chiamando nientepopodimeno che Theo Parrish:



Io non sono ancora sicuro al 101% di andare, ma credo che cercherò di annullare tutti gli altri impegni per esserci, non solo perchè Theo Parrish val bene la trasferta ma anche perchè di tante situazioni italiane raffazzonate, tirate su solo per guadagnare facile (come se coi party si facessero i soldi, poi) o perchè è cool fare i party nelle location alternative con la genteggiusta, le cose organizzate da Gandalf si sono sempre contraddistinte per un'impostazione con la musica al centro del party e un clima più che amichevole.

Certo, di Gandalf si possono dire un sacco di cose negative, tipo che spamma un sacco su Facebook e suona con Traktor, ma sul fatto che sia un gran bravo ragazzo, che si sia sempre dimostrato disponibilissimo e che capisca di musica e ci creda un sacco in quello che fa non ci piove assolutamente, per cui lui e il suo staff da parte mia hanno fiducia incondizionata e assoluta.

Ci vediamo al The beach quindi, spero!

domenica 15 novembre 2009

Ho visto l'haka

E quindi è arrivato uno degli eventi più attesi del 2009, il test match di San Siro contro gli All blacks.

In realtà non sono un fan sfegatato dello sport dal vivo, senza telecronaca, senza replay e soprattutto senza divano, tant'è che prima di oggi avevo visto lo stadio della mia ridente cittadina dall'interno solo due volte in ventisei anni, ma la nazionale di rugby a due passi da casa contro una delle nazionali più forti al mondo (e sicuramente la più carismatica) imponeva a ogni costo la mia presenza.

Morale, arrivo allo stadio appena in tempo per beccare qualche amico, previsto e non, tra cui Effemmeffe - piacere di averti conosciuto! - che mi ha fatto il grossissimo favore di liberarmi dal peso di un biglietto che mi avanzava oltre all'ottima compagnia durante la partita, mangiare un panino lurido, bere una birra e fare un rapido giro souvenir, e raggiungo il mio posto in tempo per vedere la fine del riscaldamento.

Ok, non c'è la telecronaca, non ci sono i replay e i sedili plasticosi sono comodi come un calcio nei denti, ma il colpo d'occhio di entrare in uno stadio da ottantamila persone e vedere Parisse & soci che si scaldano è veramente emozionante, come pure emozionante è cantare l'inno assieme ad altri settantanovemilanovecentonovantanove: il Flaminio è storicamente casa della nazionale di rugby, ma rispetto al Meazza sembra un campetto di periferia, per cui speriamo che il movimento continui a crescere come ha fatto negli ultimi tempi per vedere sempre più spesso l'Italia in stadi come questo.

Dopo gli inni e prima della partita, è il momento per cui molti degli ottantamila non rugbistici sono venuti allo stadio: già di suo San Siro soldout e in silenzio assoluto è da pelle d'oca, se poi in tutto lo stadio rimbombano le urla belluine dell'haka il momento è proprio potente; purtroppo da dov'ero seduto l'ho vista di profilo e non di fronte, ma posso capire che l'ultima volta gli azzurri si siano girati di spalle pur di non vederla, visto che incute timore reverenziale anche dalla tribuna.

La partita in sè non è stata una bella partita, ma d'altronde non mi aspettavo certo di vedere del bel gioco: tolti gli angoscianti ultimi 15 minuti di mischie ripetute a oltranza per continui falli dei kiwi senza che l'arbitro concedesse la meta tecnica, in generale l'Italia ha fatto l'Italia, con tanto cuore, una gran bella mischia e tanti errori stupidi ma soprattutto dei calci scandalosi (il dilemma allucinante del numero 10 sembra quello dei terzini sinistri dell'inter negli ultimi dieci anni, Mallett ne cambia uno a partita senza mai trovarne uno valido, e il mediano d'apertura non è esattamente un ruolo ininfluente), mentre gli All blacks hanno fatto le riserve degli All blacks, anche loro con diversi errori anche banali e giusto un paio di giocate degne della fama che li accompagna, ma soprattutto con un atteggiamento assolutamente non all'altezza, visti tutti i calci diretti verso i pali a cercare dei punti facili anzichè in touche per cercare magari di mostrare del gioco.

Chissenefrega, d'altronde: probabilmente il bel gioco lo si vedrà nel prossimo test match dei tuttineri contro la Francia, a sto giro per lo spettacolo bastava la cornice, e la cornice ha reso al massimo.

giovedì 12 novembre 2009

Serie tv: il punto della situazione

La malaugurata notizia della chiusura di Dollhouse, ultima perla in ordine di tempo del maestro Joss Whedon (quello di Dr. Horrible ma soprattutto il signor "Buffy the vampire slayer") offre un'ottima occasione per fare un po' di punto sulla situazione delle serie tv che periodicamente finiscono sul mio hd:

  • Heroes: ufficialmente smollata all'inizio della stagione in corso, mi sono perso la scena lesbo ma ormai era veramente troppo troppo piena di buchi nella sceneggiatura, tra personaggi che crepano una puntata si e una no e altri che sono i più buoni dei buoni o i più infami dei villains a intervalli regolari.
  • Dexter: la quarta stagione finora è molto meglio della terza, un po' loffa, e al livello delle prime due, ormai comunque è una certezza.
  • Dollhouse: come si diceva è stata piallata, anche se le rimanenti puntate della seconda stagione dovrebbero essere trasmesse lo stesso a dicembre, ed è veramente un male perchè dopo un inizio così così (che probabilmente è quello che ha allontanato le masse di telespettatori) aveva ingranato ottimamente.
  • Fringe: è praticamente nella stessa situazione di Dollhouse: inizio mah boh che gli dai fiducia solo perchè c'è dietro Abrams, da metà della prima stagione in poi sfodera i botti di capodanno e attualmente, a seconda stagione in corso, è eccellente; ormai non è più solo "X-files coi ruoli uomo-donna invertiti e il dottor Bishop che da solo vale il prezzo del biglietto", ha fatto il salto di qualità.
  • The big bang theory: che te lo dico a fare, ogni puntata fa più ridere della precedente e finalmente gli autori stanno approfondendo anche gli altri personaggi evitando l'effetto "Sheldon show" (la pseudorelazione gay tra Koothrappally e Wallowitz è esilarante).
E fin qui ci siamo per le returning series, come dicono oltreoceano (con in aggiunta ovviamente Lost per cui sto già sbavando), ma quest'anno ci sono anche diverse nuove entrate:
  • House: è una nuova entrata solo sul mio hd, prima la seguivo su mediaset facendo lo slalom tra gli spostamenti di palinsesto, poi la scimmia di vedere il season finale della quinta mi ha fatto fare il salto verso il torrente e ora sono in pari con le puntate USA...a parte questo, non credo ci sia niente da dire sul dottore zoppo che non si sappia già, è fighissimo e basta.
  • Flashforward: pubblicizzato come "il nuovo Lost", per ora è un buon thriller, un po' lento forse e non sempre recitato benissimo, soprattutto dal protagonista Shakespeare in love, ma gli dò ancora credito un po' per lo stesso motivo di Fringe un po' perchè comunque mi pare ben scritto, a patto che il grande disegno dietro sia valido e non sia una cazzata (e in questo si, assomiglia a Lost).
  • V: ho visto solo il pilota, per ora, e sembra veramente veramente valida, soprattutto perchè la serie originale '80s non l'ho vista perchè ero piccolo...e poi c'è Juliet che fa l'agente FBI e l'agente di 4400 che fa il prete :)
In più, sono a metà di Studio 60, che mi ero perso ed è ca-po-la-vo-ro, e ho Battlestar galactica in attesa per i momenti morti (quali momenti morti?).

Mi sono perso qualcos'altro di interessante?

martedì 10 novembre 2009

Lusine - A certain distance (Ghostly)

Ho conosciuto Lusine per un album di remix, "Podgelism", che aveva catturato la mia attenzione per via dei nomi altisonanti che comparivano tra i remixer, da Matthew Dear padrone dell'etichetta, a Dimbiman&Cabanne, Lawrence, Apparat, Tejada fino a uno splendido Robag Wruhme che suono tuttora ogni tanto, passando per qualche altro sconosciuto: non sapevo che in realtà il buon Jeff McIlwain ha alle spalle una lunga carriera di produttore IDM/Leftfield/Pop elettronico/comecazzolovuoichiamare.

Poi mi è capitato in mano il suo nuovo album, "A certain distance", a cui ho deciso di dare fiducia proprio in virtù dell'ottimo ricordo di "Podgelism"...e bam! sono diventato un fan.



Vediamo di capire di cosa si sta parlando, innanzitutto: tanto per inquadrare un po' il genere, i nomi che gli si avvicinano sono probabilmente i Royksopp e i Frost dal lato più poppeggiante e easy-listening, ma prende molto anche da Nathan Fake e la Border Community tutta (almeno, dal loro lato meno danzereccio e più sperimentale) e da Kieran Hebden.

In maniera molto simile ai Frost, gruppo purtroppo poco conosciuto e con all'attivo solo due album (il primo dei quali, "Melodica", è un piccolo capolavoro), le tracce di questo "A certain distance" che rimangono in mente per prime giocano su vocal femminili leggeri e melodici chiaramente influenzati da Roisin Murphy e il suo ommo Matthew sempresialodato Herbert che si appoggiano gentilmente su synth tappetosi e ninnananneggianti: il primo singolo estratto dall'album, "Two dots", ha pure il ritornello con l'hook che rimane in mente facile facile senza che tu te ne accorga.

E proprio come i Frost, ma anche come i Royksopp e volendo anche come i Border Community, la chiave di volta è proprio quel "senza che tu te ne accorga": Lusine rende al 101% se ascoltato facendo altro, se "sentito" come sottofondo anzichè "ascoltato", perchè le tracce non hanno nulla di protagonista, nessun colpo di scena drammatico, ma anzi evolvono lentamente e inesorabilmente in modo che lo svolgimento delle singole tracce e dell'intero album passi liscio come l'olio, mantenendo una sua organicità quasi perfetta che fa in modo che ti accorgi che avevi gli auricolari nelle orecchie solo quando l'album è finito e rimani da solo col silenzio.

Morale, l'album rende al meglio se ascoltato tutto in una volta, anche perchè è fatto in modo da non avere particolari highlights: forse le uniche tracce che si scostano un po' dalle altre e che meritano l'ascolto separato sono "Every disguise", la più danzabile per via della cassa in quattro più accentuata e che è un po' "Windowlicker goes Border Community", col lead evidentemente citazione dell'unica traccia che apprezzo di Aphex Twin e i synth attorno sottocampionati e la traccia di apertura, "Operation costs", che ricorda molto gli Air di "Talkie walkie", anche se in realtà secondo me l'ascolto delle tracce separate o anche solo con lo shuffle acceso non rende giustizia all'ottima coerenza impressa da Lusine all'intero album, che di fatto si ascolta come se fosse un unico traccione.

Morale, non è niente di devastantemente innovativo, anzi è facile da ricondurre ad altri artisti più rivoluzionari, ma si ascolta con un sacco di soddisfazione e anzi è il sottofondo ideale per un pomeriggio lavorativo autunnale.

Promosso a pieni voti.

lunedì 9 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #32 - Banging minimal techno

Stasera missili terra aria!

La premessa era che ho comprato l'ultimo Pan pot su Mobilee, che è bellissimo ma non c'entra nulla di nulla con quello che suono di solito, ma era troppo bello per non suonarlo in radio...per cui ho deciso di costruirgli un episodio attorno :)
Morale, "Face to face" è circa a metà set e a circondarlo c'è una serie di dischi che gli preparano la strada prima e continuano il discorso dopo, assieme a tanto Soundbite e a dei passaggi belli lunghi, anche a tre piatti quando necessario.

C'è tanto Adam Beyer sia come produttore che come label manager con la Drumcode e la Truesoul (ovviamente del periodo in cui era ancora un vero produttore e label manager e non stampava solo merda su Drumcode), non solo perchè fitta molto bene il mood del Pan pot su Mobilee, ma anche perchè era da un po' che avevo voglia di rispolverare AWC e soprattutto Stereotypes, che di quei quattro-cinque dischi suoi temporalmente vicini e molto simili per me è il migliore.

Ci sono anche un sacco di altri nomi noti a queste pagine, come la Cadenza, la Ovum e Robag Wruhme e Josh Wink, ma ci sono anche nomi che non mettevo sui piatti da un po', tipo Trentemoller o Guido Schneider, ma soprattutto ci sono dei bpm belli sostenuti, sempre oltre i 130, chè qua non si scherza un cazzo.

Morale, tracklista:

Adam Beyer - AWC part 3 (Truesoul)
Trentemoller - Polar shift (Pokerflat)
Robert Hood - Who taught you math? (Freak'n'chic)
Andre Galluzzi & Guido Schneider - Albertino (Cadenza)
Ryan Crosson - Gotham road (Trapez LTD)
Alter ego - Daktari (Robag Wruhme rmx) (Klang)
Pan pot - Face to face (Mobilee)
Barem - Suki (Phonocult)
Nihad Tule & Lassemann - Loco motion (Truesoul)
Adam Beyer - AWC part 2 (Plus 8)
Dub kult - Bip (Guido Schneider rmx) (Raum)
Raudive - Resistor (Drumcode)
Adam Beyer - Stereotypes (Cocoon)
Josh Wink - Sprung minimism (Ovum)
Lemon8 - Model8 (Lemon8 rmx) (Plus 8)

Il link per scaricare il set è questo, mentre questo, as always, è il feed RSS del podcast.

Adesso l'Orchestra è anche su Soundcloud!
Orchestraibaz #32 by Raibaz

sabato 7 novembre 2009

Francesco Tristano, Carl Craig & Moritz Von Oswald @ Club to club 2009: il report

Ci sono degli eventi in cui hai una fiducia quasi cieca, che senti crescere man mano che l'inizio si avvicina e che poi, alla fine, ti lasciano comunque estasiato indipendentemente dai piccoli glitch che succedono sempre.

Mi è successo così al primo Movement al Palaisozaki, al decimo I love techno, all'Awakenings e al Green&blue, ma mi è successo anche ieri sera.

Sarà stato quel video allucinante che avevo già postato qui, o forse i commenti estasiati di chi li aveva visti a Milano in settembre, fatto sta che avevo le prevendite da un sacco, quindici euro spesi volentierissimo, e non mi è costata alcuna fatica la megacorsa per arrivare a Torino in tempo, partendo alle 18.50 dopo l'allenamento da casa e arrivando alle 20.25 con trenta euro di benzina in meno.

O forse è stato incontrare già in fila prima di entrare tutti quegli amici che vedo raramente ma che sono una garanzia di evento di qualità: Fede, Melkio, Gandalf, Simone KK più qualche altro e anche qualche nuova conoscenza (Maxcar, piacere!), o fare - eccezionale, in itaglia! - una fila con poca gente, tranquilla e ordinata, o ancora mettere piede nella sfarzosa lochèscion dell'evento, il teatro Carignano:


Insomma, sarà stata tutta questa serie di fattori nel pre a bendispormi, non lo so, fatto sta che ero in un mood per cui anche un concerto di Califano non mi sarebbe dispiaciuto.

In realtà il mood non serviva.

Non serviva perchè quando i tre moschettieri cominciano a giostrare è l'emozione a prendere il sopravvento e il mood va a farsi fottere: l'inizio è molto intellettuale, ma suona così caldo che colpisce più il cuore che la mente.

Si capisce da subito che il lead artist è il riccioluto pianista e Carlo si occupa di supportarlo a colpi di cassa, bassate ma soprattutto di clap e ride, per cui i due hanno ampiamente modo di sfogare i rispettivi talenti (Maurizio più che fare presenza e gestire un po' il sound design non fa, ma nella sua condizione basta e avanza così e comunque un Maurizio a una mano sola è in grado di dare la pista a tanti pischelli con Ableton) anche se forse Carlo risulta un po' limitato dalla necessità di seguire Francesco, ma c'è comunque da dire che i due hanno una gran bella sintonia e si seguono a vicenda molto bene.

L'inizio del set, forse per un omaggio al moschettiere malato o forse per via del contesto molto più intellettuale che clubber, è decisamente Maurizio-style, fatto di atmosfere rarefatte, tappeti appena accennati e tanto tanto dubbettone per cui una volta tanto la classificazione di "intelligent dance music" non sembra una cazzata per vender dischi ma ci sta tutta.

Il primo quarto d'ora abbondante passa praticamente senza che ce ne accorgiamo (ma d'altronde sarà così per tutto il concerto) e ancora non s'è sentito un colpo di cassa, nè un clap, nè praticamente nulla di familiare: siamo in un territorio ancora largamente inesplorato ma accoglientissimo, in cui i ruoli previsti si invertono e Francesco con pochi accordi appena accennati fa quello algido mentre Carlo (o Maurizio, non s'è capito) ci culla a con tappeti di synth in lontananza, ma è quando finalmente Carlo decide di prendere in mano la situazione ritmica che finalmente il pubblico esce dall'impasse, con un boato contenuto per via della situazione non adatta a espressioni di fomento troppo espansive ma comunque liberatorio.

In fondo, anche se siamo più cresciuti (o più invecchiati) della media attuale, siamo sempre tutti clubber nell'animo, per cui si splendido il piano, belli i tappeti dubboni, ma un clap e un kick della 808 ci emozionano tutti come il profumo di una torta della mamma e appena Carlo ci scuote l'applauso sale senza che nemmeno ce ne accorgiamo.

Da lì in poi Francesco fa sfoggio di tutta la roba che ha a disposizione, che non è solo il piano ma è anche Ableton per effettarlo, un Minimoog e qualche altro giochino interessante che da lontano non ho riconosciuto e lo fa anche Carlo, anche se il suo arsenale appare un po' più limitato rispetto alla versatilità del genio del riccioluto che probabilmente col piano riesce anche a fare il caffè e leggere le mail oltre a tirar fuori accordi allucinanti, ma col senno di poi sembra tutto una preparazione al momento culminante del set, quella "The melody" che il pubblico riconosce fin dalle prime note e che sentita live vale il prezzo del biglietto, della trasferta, lo sbattimento, le ore di sonno perse, i km in macchina da solo, la cena saltata e avanza pure qualcosina.

Sentendola, si capisce il vero motivo per cui un'esibizione del genere ci colpisce tutti così tanto, che è che Francesco non è un pianista che suona techno, ma un artista techno che suona il piano: in lui non c'è traccia dell'ampollosità e della spocchia che hanno i pianisti di estrazione classica anche quando sono buoni solo per le colonne sonore degli spot (Allevi, anyone?), ma nelle sue vene scorre forte il sacro fuoco del groove technone in cui tutti noi ci identifichiamo e che cerchiamo continuamente dappertutto, ed è questo che porta Carl Craig e i suoi problemi col midi sync ancora più in secondo piano, visto che Francesco potrebbe reggere la scena quasi da solo o con chiunque altro a fargli da supporto, forse.

Forse.

La realtà è che per stare dietro a cotanto genio, secondo me, serve un altro genio e il fatto che Carl Craig si riduca a un appoggio che esalti le caratteristiche delle melodie di Tristano non è un limite ma anzi, probabilmente è proprio frutto della sua bravura: dove forse altri avrebbero cercato il protagonismo a costo di rovinare l'alchimia, Carlo sa che questa volta non tocca a lui comandare e si accontenta (si fa per dire) di sottolineare il ritmo dettato da Francesco a colpi di clap, senza sovrastarlo ma incorniciandolo alla perfezione.

In fondo Tristano non ne avrebbe neanche troppo bisogno, visto che con le bassate del Minimoog riesce a farci scuotere la testa come dimostra nella parte finale del set, in cui per un attimo si invertono i ruoli e Francesco si occupa del groove con le succitate bassate e accordi corti e schiaffeggianti che prendono il posto dei clap e dei piattini mentre Carlo costruisce lead minimali ed efficaci.

Ho sentito da più parti, dopo, commenti negativi legati agli sbattimenti col midi sync di Carlo, a qualche gestione dei volumi non sempre ottimale da parte dei due, a scelte troppo semplici e poco intellettualoidi di Francesco...cazzate.

E' vero, gli errori e le sbavature ci sono stati, ma forse chi si è lamentato non aveva chiaro che non ci si trovava di fronte al solito live da 50 minuti con Ableton che mette in fila tracce già pronte, ma a un concerto suonato con strumenti analogici e con una buona dose di improvvisazione, che è uno dei tanti valori aggiunti dell'esibizione di Carlo, Francesco e Maurizio, oltre alla goduria musicale, alla soddisfazione di aver visto che Maurizio, pur conciato malissimo, è in lentissima ripresa e alla meraviglia per aver scoperto un artista techno coi controcoglioni e la formazione classica come Francesco Tristano.