mercoledì 29 luglio 2009

Pianificare il proprio futuro

Causa sbattimenti lavorativi pre-ferie devo ancora prenotare il pacchetto aereo/hotel/biglietto per il Green & Blue, che non mi perderò anche quest'anno nonostante la lineup senza infamia e senza lode, più che altro perchè spero che grazie al contesto particolarmente favorevole ci sia il vero Marco Carola anzichè il perfido impostore che ne ha preso il posto negli ultimi anni (mi aspetto da un mese all'altro una copertina di Wired sulla leggenda metropolitana che vorrebbe Carola come Paul McCartney), comunque la lineup definitiva dice così:

Line-up /
Green Floor:
Sven Vath
Jacek Sienkiewicz live
Radio Slave
Matt Tolfrey

Blue Floor:
Ricardo Villalobos
Reboot live
Marco Carola
Swayzak live
Cassy

Third Floor:
Tobi Neumann & Onur Özer aka Sensitiva
SIS live
Chris Tietjen
Motorcitysoul
Alex Azary

Più che altro, c'è da sperare che l'ordinamento delle lineup sia favorevole onde evitare sovrapposizioni di set validi tipo Radio Slave/Ricardo/Sensitiva e, soprattutto, sovrapposizioni pallose: dover decidere tra papa Sven prima dell'ultima ora, il noiosissimo live degli Swayzak e Chris Tietjen sarebbe troppo difficile e credo che l'unica soluzione possibile sarebbe tornare a casa.

Ad ogni modo, visto che oggi è giornata di sguardi avanti verso il proprio futuro musicale, ho appreso anche che per il mese di novembre mi servirà una gran quantità di denaro da devolvere interamente ai signori Ticketone, visto che nel giro di tre settimane ci sono i Massive attack, che ancora non ho mai visto, gli Spandau ballet riuniti in formazione originale dopo vent'anni, ma soprattutto...i Backstreet boys!

Il revival anni 90 sembra giunto al momento che molti temevano come la peste, con la riabilitazione delle boybands, ma io devo dire che nella mia formazione musicale adolescenziale i BSB, come pure i 5ive e gli East 17 (i Take that meno perchè piacevano a tutte le mie compagne delle medie e un po' li rigettavo per elitarismo) e pure le Spaisgherls hanno contato quasi quanto i Prodigy,  i Chemical brothers e Fatboy slim, quindi è inutile fare i verginelli a posteriori e me li vado a vedere con orgoglio :)

Infine, giro qui la segnalazione che mi è arrivata del party di lancio della nuova 500c a L'azienda a Sabaudia, al quale suoneranno Layo & Bushwacka!; nulla di che, li si vede in Italia abbastanza spesso, ma hanno comunque un loro perchè, per cui se si è in zona val la pena fare un salto, anche solo per vedere com'è la console, che da comunicato stampa dovrebbe essere direttamente dentro la 500, una cosa così:


Il pensiero di "come ci stanno due dj di mezz'età, quindi con la panzetta, e due borse dei dischi in una cinquecento" è inevitabile, e ovviamente la risposta è "uno davanti e uno dietro, con le rispettive borse dei dischi", ma a me sembra poco pratico comunque :)

martedì 21 luglio 2009

This is how i do it

L'orchestra sarà pure in vacanza, ma esistono documenti, finora rimasti nascosti, che mostrano la genesi degli splendidi mixati che ci hanno accompagnati per tutto l'inverno e che sono troppo scottanti per restare nascosti:

(Attenzione: immagini non adatte ai bambini causa presenza di adipe in quantità smodate)





Grazie al coraggio di Silvia che si è avventurata nell'antro/studio/camera da letto, quindi, possiamo rendere pubblico il processo di produzione delle puntate dell'orchestrina, di cui si notano gli ingredienti principali: in primis tanta panza, ma anche dischi sparsi ovunque e un cretino che balla da solo in costume da bagno.

Rinnovando le scuse per la crudezza delle immagini, ricordiamo che il dovere di cronaca ci ha imposto di pubblicarle comunque.

lunedì 20 luglio 2009

Placebo @ Castello scaligero, Villafranca di Verona - il report

I Placebo han cambiato batterista.

Il cambiamento non era tanto evidente sentendo l'album, eclissato dal ritorno alle origini dovuto alla sparizione quasi totale degli echi elettronici di "Meds" e "Sleeping with ghosts", ma live si è sentito eccome, fin da prima del concerto, quando il nuovo Steve (omonimo del batterista precedente) sale sul palco da solo, munito di chitarrino classico e dice "buongiorno a tutti, siccome oggi non abbiamo una band di supporto Brian mi ha chiesto di venire qua e cantarvi qualcosa" e per tre quarti d'ora buoni intrattiene tutti gli astanti da solo col suddetto chitarrino pur suonando roba completamente ignota: vedere uno che di solito sta in fondo al palco dietro il resto del gruppo trasformarsi in frontman e reggere tutto solo 45 minuti di show mi pare sufficiente come indizio per capire che il ragazzo ci sa fare.

E come batterista, il ragazzo ci sa fare eccome: senza voler nulla togliere allo Steve precedente, che non era malaccio ma che tutto sommato faceva il compitino, il nuovo Steve ha visibilmente il groove nel sangue quando si siede alla batteria, rigorosamente a petto nudo: ok, gli occhi del pubblico sono ovviamente tutti per Brian e in sporadici momenti per Stefan, ma il mood generale del concerto è molto meno "rock-punk-pogo" e molto più musicale e, fatto inaspettato, danzabile, proprio per merito dell'andamento più movimentato e meno scolastico delle percussioni, che rispetto all'altra volta non sono più un mero accompagnamento ritmico ma una vera e propria terza forza in grado di completare la voce di Brian e le chitarre di Stefan.

Il nuovo Steve comunque non è l'unico cambiamento rispetto al tour precedente: se il concerto di Milano durante il tour era, fondamentalmente, tre pischelli di grandissimo talento che salgono sul palco e tirano due schitarrate (memorabile, prima di "Without you i'm nothing", Brian che dice tipo "some years ago, we were here with David Bowie shitting our pants...it's good to be here shitting our pants again"), questo invece, con tre musicisti extra-band sul palco che portano il totale di presenti a sei, è stato il concerto di una band probabilmente all'apice della maturità artistica, consapevole dei propri mezzi al punto da permettersi di non suonare proprio "Without you i'm nothing", da sempre uno dei cavalli di battaglia, e limitare le megahit in scaletta a "Special K" e "Every you every me" puntando per quasi tutto il concerto sui pezzi dell'album nuovo.

Che poi, ok, l'album nuovo, strafigo (anche se non han fatto "Breathe underwater", maladizion), però vuoi mettere "Special K"?



Morale, io da questo concerto sono molto molto molto soddisfatto, più del precedente, ma forse è anche perchè a sto giro non avevo 38 di febbre :)

venerdì 17 luglio 2009

Italohouse story

Per la serie "non tutti i pacchi delle partite di calcio vengono per nuocere", finalmente ieri ho trovato l'occasione per guardare questo dvd che mi attendeva da mesi ancora nello scatolone di ibs:


L'idea è praticamente quella di fare una versione italiana di Maestro, raccontando gli albori della scena house italiana con contributi di tutti quelli che c'erano all'inizio e che, col tempo, sono diventati famosi in alcuni casi e sono un po' spariti, pur rimanendo in attività, in altri.

Senza che stia a dilungarmi troppo, andiamo al punto della questione: riesce nell'intento di dare alla scena italiana una sua dignità e a elevarla al rango di vera avanguardia musicale come Maestro ha fatto con Chicago o High tech soul con Detroit?

No.

La colpa non è della produzione del dvd, che è effettivamente fatto bene e mostra, pur con una realizzazione tecnica non sempre professionale, che c'è della passione genuina dietro; il motivo per cui l'impressione che si ricava alla fine della visione è l'ennesima conferma della pochezza dell'Itaglia rispetto al resto è legato ai contenuti.

Dove Maestro parla dell'innovazione portata dal gusto musicale di Larry Levan raccontando che al Paradise garage la gente andava per imballarsi di pastiglie ed esprimere la propria omosessualità ballando fino a non reggersi più in piedi e High tech soul racconta la forza dirompente della techno nel contesto sociale disagiato della Detroit di fine anni '80....questo Italohouse story parla di vestiti, stilisti, cubiste e vocalist.

Se uno come Coccoluto, che quando parla di musica c'è solo da levarsi il cappello e ascoltare con attenzione, racconta di come si vestiva la gente per andare ai primi party degli Angels of love già si capisce che c'è qualcosa che non va, se il grosso dei racconti parla di selezione all'ingresso e bella gente comincia a sentirsi puzza, ma l'apice è quando una tipa che penso sia una famosa pr ma che, non essendo pratico del settore, ignoro completamente, dopo essersi bullata di aver inventato le cubiste e i vocalist (invenzioni per cui le saremo per sempre grati, pensavo di proporla per il nobel), ha un dialogo tipo questo con una sua equivalente:

"Se i dj sono diventati famosi, è solo merito nostro"
"Si, ma i dischi li suonavano loro"
"Ma siamo stati noi a dar loro l'immagine e poi loro si sono presi tutto il merito"

Si capisce che il fenomeno per cui qui da noi in Itaglia il dj è solo un po' più costoso di un barista o di una guardarobiera ma importante uguale mentre a comandare sono i pr non è segno dell'impoverimento culturale degli ultimi tempi, è qualcosa di molto più radicato e che, di fatto, ha sempre caratterizzato la scena del nostro ridente paese del sole, del cielo e del mare.

Apprezzo il tentativo di nobilitazione, l'intenzione era davvero lodevole e la realizzazione tutto sommato non è male, visto che bene o male i dj house importanti del periodo compaiono tutti; il problema è che il peso dei loro contributi rispecchia il reale peso delle figure all'interno della scena, per cui a parlare sono per lo più pr, direttori artistici e figure dalla job description bislacca simili, più Ralf che vabbè, è Ralf, (nel bene e nel male :)).

Non si può fare una colpa al povero Maurizio Clemente, autore del dvd, se la scena italiana è questa, anzi c'è da essergli grati per aver esposto, ancora una volta, il male che la affligge; purtroppo il dvd temo se lo cagheranno in 3 e gli altri 2 diranno "che figata, una volta si che si vestivano bene, mica come adesso che c'è gente che va nei club solo per la musica", ma la cosa tutto sommato non mi tange più di tanto.

mercoledì 15 luglio 2009

OrchestRaibaz, puntata #24

Con un po' di ritardo dovuto a qualche casino tecnico con la connessione di casa, finalmente l'ultima puntata dell'orchestrina prima delle vacanze, eccezionalmente più electreggiante del solito ma con un sacco di classe: c'è molta Get physical, magari non quella più nota delle megahittone tipo 'Body language' ma quella un po' misconosciuta, c'è tanto piano midtempo gentilmente offerto dalla Rekids di Radioslave, soprattutto nella prima metà per poi ingranare col capolavoro di Matew Johnson e un po' di italodisco che non fa mai male.

Passando per un altro piano, stavolta made in Ibadan, si torna a parlare di Get physical per poi chiudere con una perla di un artista di cui si sono perse le tracce e, soprattutto, con la versione originale di 'Nightfalls' che aveva aperto il set nella versione 'senza-cassa-solo-violinoni'.

La tracklist dice così:

Booka Shade - Nightfalls (Larry Gold’s ’Night Falls Over Philly’ String Version) (Get physical)
John Tejada & Arjan Leviste - Language barrier (Moods & grooves)
Osborne - Outta sight (Spectral)
Toby Tobias - In your eyes (James Teej's Ey ex am) (Rekids)
Runaway - Brooklyn club jam (Lsb rmx) (Rekids)
Radioslave - Tantakatan (The drunken Shed rmx) (Rekids)
Matew Johnson - Typerope (Itiswhatitis)
Mr. Cisco - Culo (Pigna)
Dave DK - Rave your minx (Dirt crew rmx) (Television)
Mandy - Jah (Jona rmx) (Get physical)
Nagano kitchen - Destination Nagano (Jerome Sydenham's shinkansen rmx) (Ibadan)
Jjustin Martin - My angelic demons (Buzzin' fly)
Jona - Smart cats vs. dumb dogs (Get physical)
Booka Shade - In white rooms (Mexico rmx) (Get physical)
Britney Spears - Breathe on me (Holden dub) (Not on label)
Booka Shade - Nightfalls (Get physical)

Il link per scaricare il set è questo, mentre questo è, as always, il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati con le nuove uscite.

martedì 14 luglio 2009

Che fine hai fatto, James?

Oggi non è che abbia chissà che da dire: dovrei pubblicare l'episodio di ieri dell'orchestra ma ieri sera la connessione non andava e oggi ho dimenticato a casa il file, per cui prima di sera non riesco a farlo.

Potrei non scrivere niente, come buon senso suggerirebbe, ma.

Ma oggi pare ci sia uno sciopero dei blogger di cui a me onestamente non frega nulla, per cui se non scrivo niente va a finire che faccio la figura di quello che aderisce, quindi tocca assolutamente scrivere qualcosa e colgo l'occasione per sollevare un tema che mi frulla in testa da un po'.

C'era una volta un giovinetto, classe '81, che all'apice della carriera ha regalato al mondo cose come queste:









Ha inventato uno stile riconoscibilissimo e così personale che gli artisti in grado di avvicinarglisi si contano sulle dita di una mano, creando di fatto una sottoscena e un sottogenere, a cavallo tra techno, trance e IDM, ha stampato un album capolavoro (il cui titolo, "The idiots are winning", non era forse scelto a caso)....e poi più niente.

E' praticamente sparito nel nulla.

Le ultime sue notizie che mi ricordi stanno in un'intervista di qualche anno fa in cui sosteneva di aver un po' perso di vista il versante produttivo perchè lui e il suo socio Nathan Fake si drogavano troppo, ma che si sarebbero rimessi all'opera a breve....tipo tre anni fa.

La sua Border community nel frattempo ha rilasciato qualcosina, ma niente di valido come le prime uscite...per favore James, ripigliati!

Torna da noi!

Ci manchi!

lunedì 13 luglio 2009

Essere nintendari di ritorno

La mia relazione con Nintendo è una storia di vecchia data: la mia prima macchina da gioco, un NES, è arrivata in casa che io avevo tipo 5-6 anni ed ero già un nerd, avendo alle spalle un'esperienza pluriennale (seeee) col Commodore 64.

Tra il bundle con la doppia cartuccia Super Mario Bros./Duck hunt, i primi Zelda, il gioco delle tartarughe ninja e poi gli altri Mario Bros e una lunga serie di capolavori propinati in sequenza alla mia ggiovine mente di sei-settenne, il passo verso il fanboysmo è stato breve, col risultato che l'arrivo in casa del Gameboy e poi del Super Nintendo è stato scontato, e giu un'altra sfilza di capolavori, tra F-zero, Secret of mana e - chettelodicoaffare - Super Mario world prima, ma anche l'età dell'oro dei picchiaduro 2D a incontri poi, tra Street Fighter, Mortal Kombat e Killer instinct.

A un certo punto, però, qualcosa si è rotto: l'entrata sul mercato di un competitor grosso come Sony e il ritardo insostenibile nell'uscita del successore del Super Nes mi hanno fatto compiere un salto che ai tempi sembrava quasi peggio che cambiare squadra del cuore, con l'idea di prendere la Playstation come palliativo per ingannare l'attesa di quello che all'epoca si chiamava ancora Ultra 64.

Quando ho visto il primo Wipeout ho vacillato, ma poi ho resistito e da bambino diligente, quando finalmente ho potuto mettere mano all'orrido controller triforcuto del Nintendo 64 ho venduto la mia Playstation, convinto di tornare all'ovile e ritrovare ore e ore di capolavori...ma poi ho finito Mario 64 e Wave race e mi sono trovato in mezzo al deserto del nulla più totale, con Final Fantasy VII che mi guardava dalle pagine di Game power che lo descrivevano come il gioco più figo di tutti i tempi (e col senno di poi erano pure riduttive): ci avevo provato a restare fedele a mamma Nintendo, ma la superiorità di Sony all'epoca era troppa per restare ancorati a un passato ormai di una noia mortale.

Tre generazioni di Playstation passano a casa Raibaz, col risultato che cambio definitivamente squadra del cuore anche grazie alla combo di pacchi N64 - Gamecube che avrebbero allontanato anche il più convinto dei fanboy.

Poi però dopo anni di supremazia si è riaperta la console war e ho cambiato sponda di nuovo.

Sarà trendfollowing, sarà che ormai non ho più l'età nè la voglia di essere un hardcore gamer per cui non me ne frega quasi niente di poter giocare online, visto che col tempo che ho da dedicarci sarei asfaltato dal primo cinese 12enne, nè mi interessano (più) quei giochi da segaioli giapponesi in cui devi far accoppiare gli struzzi per poter avere lo struzzo dorato con cui andare a prendere la summon più figa di tutte: morale, sto lentamente diventando un casual gamer.

Non sono ancora arrivato all'ultimo stadio della casualità, che sono i vari brain training o i giochi per aifòn, ma ho comprato una Wii, sono diventato pro al tennis di Wii Sports e ogni mattina mi peso con Wii fit.

Peggio ancora: un collega mi ha convinto a comprare un Nintendo DS e sono arrivato quasi alla fine di New Super Mario Bros. in un paio di giorni scarsi.

La sensazione di ritorno a casa riprendendo in mano un gioco di Mario (NSMB, ma anche Mario Galaxy - capolavoro!) è fortissima, è come quando non vai in bici per un sacco di tempo ma non ti dimentichi come si fa, sapere che puoi cambiare la direzione dei salti in aria o che se spari una palla di fuoco a un Lakitu poi puoi rubargli la nuvoletta sono nozioni che avevo sepolto da qualche parte nella memoria ma che sono riaffiorate al volo al momento opportuno.

Morale, Nintendo è tornata dopo una serie di passi falsi tra i quali non avevo citato il Virtual boy e io ho smesso di schifarla e di sostenere che comprare console Nintendo significa giocare sempre solo a Mario-Zelda-Metroid: è ancora vero, ma dopo un periodo di disintossicazione almeno un pochino ne sentivo la mancanza.

Vediamo quanto dura e, soprattutto, vediamo se stavolta esistono delle alternative valide, intanto la mia PS3 ormai fa praticamente solo da media center e Littlebigplanet è inutilizzato da un po', complice anche la connessione fuffissima che non mi consente di usufruire della pletora di nuovi contenuti che Media molecule rilascia periodicamente.

martedì 7 luglio 2009

Global underground #37: James Lavelle

C'è stato un periodo, neanche troppo breve, in cui le compilation della serie Global underground erano il top del top: per i 3-4 anni a cavallo del millennio il catalogo delle GU ha visto una splendida serie di doppi cd mixati da superstar djs del calibro di Sasha&Digweed, Paul Oakenfold e Danny Tenaglia e marcando la consacrazione  nel firmamento di grandissimi nomi come Danny Howells, Nick Warren, Darren Emerson e soprattutto i Deep Dish, le cui due compilation in coppia rappresentano tuttora il punto più alto della carriera.

Non solo i mixati di livello stratosferico, ma anche la geolocalizzazione delle compilation prima che il termine diventasse di moda unita ai booklet curatissimi con foto anch'esse geolocalizzate e le bellissime sleeve notes di uno scrittore coi controcoglioni come Dom Phillips fanno di ogni GU soldi ben spesi, al punto che su 30 uscite valide almeno una dozzina compaiono sul mio scaffale dei cd, un paio delle quali in pregiatissima edizione limitata con tanto di scatolone gigantesco.

Negli ultimi tempi, purtroppo, la serie ha perso il grosso dello smalto, includendo nel roster artisti che non c'entrano niente nè col concetto di "superstar dj" nè, soprattutto, con l'impronta marcatamente progressive che le GU hanno sempre avuto (Adam Freeland? Felix da Housecat?), per cui, grazie anche alla sequenza di perle infilate una dopo l'altra dalle compilation del Fabric il titolo di "miglior serie di compilation" ha ufficialmente cambiato proprietario, ma c'è una minima speranza che le sorti si risollevino per merito di un artista anch'egli in fase nerissima, quel James Lavelle il cui ultimo album con gli Unkle ha ridefinito il concetto di "deludente".

La tracklist dei due cd, a detta del solito ResidentAdvisor, dice così:

CD1
01. Intro - Look Inside Yourself (Intro)
02. UNKLE - Trouble In Paradise (Edit)
03. Doves - Jetstream
04. Animal Collective - Summertime Clothes
05. Nathan Fake - You Are Here (Four Tet Mix)
06. James Holden - 10101
07. Radiohead - Reckoner (James Holden Mix)
08. Layo & Bushwacka! - Life2Live (UNKLE Surrender Sounds Session #1)
09. The Big Pink - Too Young To Love (UNKLE Surrender Sounds Session #14)
10. UNKLE - Heavy Drug (Surrender Sounds Mix)
11. Evil Nine - Icicles (UNKLE Surrender Sounds Session #12)
12. Silicone Soul - The Call Of The Wild (Mi Animo Goes Disco Mix)
13. Jesse Somfay - Lying In A Bed Of Myst
14. Mutant Clan - A Perfect Place
15. Henrik Shwarz, Ame, Dixon f. Derrick Carter - Where We At - Part 2
16. School Of Seven Bells - Sempiternal/Amaranth

CD2
01. UNKLE - Heaven (King Unique Acapella)
02. UNKLE - Trouble In Paradise (Variation On A Theme) (C2 Version 1)
03. UNKLE - Trouble In Paradise (Variation On A Theme) (UNKLE Surrender Sounds Session #11)
04. System 7 - Space Bird (Dubfire Deep Space Remix)
05. Radio Slave - Grindhouse (Dubfire Terror Planet Remix)
06. X-Press 2 - Now I’m On It
07. Mark Broom - Twenty Nine (Broom’s 09 Mix)
08. Fergie - Break In
09. King Unique - Dirty (Fergie Mix)
10. Chelonis R. Jones - Deer In The Headlights (Radio Slave Remix)
11. Gavin Herlihy - Machine Ate My Homework
12. James Holden - The Wheel
13. Caribou - Niobe
14. Mystery Jets - Two Doors Down (Reconstructed by Duke Dumont)

Se il secondo cd non lascia sperare niente di buono, con la coppia di remix maranza del gran mogol della techno senza senso Dubfire, l'hittona di Radio Slave e Fergie che non è mai sinonimo di raffinatezza, dal primo invece mi aspetto meraviglie: tra Holden, Fake e Jesse Somfay, l'idea di Lavelle che rivisita a suo modo il sound della Border community mi fa sbavare come i cani di Pavlov...staremo a vedere il 10 agosto, quando il doppio cd arriverà nei negozi.

lunedì 6 luglio 2009

OrchestRaibaz, puntata #23

Dopo le missilate di settimana scorsa, oggi ero meno stanco, per cui ho potuto sfoderare tutto ciò che quest'estate ha di gustoso da offrire sul fronte deep house, confortato anche da un pacco di dischi nuovo nuovo: morale, su 14 tracce suonate oggi ce n'è solo una, il bellissimo remix di Agnes su Bloop, mentre tutto il resto è nuovo nuovo!

Grossi highlights sono la traccia di Mihai Popoviciu (si, uno di quelli di "Bis co") su Plastic city, che dimostra come il ragazzo se la cavi egregiamente col groove in tutte le salse, ma soprattutto la meraviglia di Anthony Collins e Tolga Fidan, che Tolga stesso suona da un sacco nei suoi live, che finalmente è uscita su Curle e che è uno dei top 5 di questa stagione, assieme all'alias "underground" di Radio slave, Cabin fever, semplicissimo ma con dei suoni clamorosi e il mood da oldschool house che fa sempre piacere sentire.

La tracklist dice così:

Tony Tobias - Space shuffle (Tensnake rmx) (Rekids)
Tedd Patterson - Hubble (Conaisseur superieur)
Mihai Popoviciu - Hold (Plastic city)
Gruber & Nurberg - Traffic (Agnes rmx) (Bloop)
Gorge - Ayomide (Plastic city)
Plastic FM, Dole & Kom - Verteein (Ostwind ltd)
Joris Voorn - Sweep the floor (Rejected)
Alex Picone - Motherland ep (Bosconi)
Christian Burkhardt - Powder (Raum)
Anthony Collins & Tolga Fidan - Wonder where i would be without you (Curle)
Radio slave - Cabin Fever vol. 5 (Cabin fever)
Mai3y - Barbie princess (Material ltd)
Brendon Moller - Anchor (Argy rmx) (Blind stitch)
Johnwaynes - Libertango (Llorca's interpretation) (Compost blacklabel)

Il link per scaricare il set è questo, mentre questo è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce una puntata nuova...buon ascolto!

giovedì 2 luglio 2009

Placebo - Battle for the sun

Si ok belle cose la cassa, l'orchestra e tutto il resto, ma siccome qui si è persone eclettiche e dalle mille sfaccettature spesso e volentieri si ascolta anche dell'altro e anche dell'altro serio, non per forza fuffa.

Su queste pagine si è fan sfegatati di Brian Molko e soci fin da tempi non sospetti, per cui ho preso i biglietti del concerto al castello di Villafranca prima ancora di sentire questo nuovo "Battle for the sun", di cui con tanta umiltè Brian stesso, forse distratto dalla posizione del microfono, ha detto che "rivoluzionerà la storia del rock":



Come era lecito aspettarsi, il proclama è giusto un tantinello esagerato, ma sto "Battle for the sun" è *solo* un ottimo album dei Placebo, e hai detto niente.

Cosa dice, quest'album? Di fatto, è un grosso back to my roots: Brian e soci abbandonano quasi del tutto la sovrapproduzione, l'effettistica e gli ammiccamenti elettronici di "Meds" per tornare ai fondamentali, alle chitarre che suonano come chitarre, al basso che suona come un basso, alla batteria che suona assolutamente analogica e caldissima e alla voce di Brian, pulita e limpida come mamma gliel'ha fatta.

E' una scelta coraggiosa: senza i suoni cesellati e a volte quasi patinati di "Meds", infatti, il risultato è che non c'è praticamente nessuna canzone adatta all'airplay radiofonico, non c'è niente di abbastanza cheesy per trovare spazio tra Giùsiferreri e Ledigagàs assortite, ma le tracce dell'album sono in maggioranza canzoni da pogo, "For what it's worth", ma soprattutto "Breathe underwater" e "The never-ending why", con qualche canzone più lenta&strappalacrime a spezzare il ritmo, tipo "Devil in the details", "Speak in tongues" e "Happy you're gone".

Non c'è più la sovrastruttura produttiva che faceva sembrare "English summer rain" una canzone dei Depeche Mode nè l'artifizio popstarreggiante di cantare in un'altra lingua "Protect me from what i want" come dei Backstreet boys qualunque, c'è solo del gran rock, duro&puro: niente di rivoluzionario nè di rivoluzionato, ma tanta robbabbuòna di altissima qualità.

Anche i testi, ovviamente, non sono per nulla radiofonici (anche perchè per non essere radiofonici basta avere del contenuto): è la solita roba squagliato/triste/intellettualoide alla Placebo, un po' quello che piacerebbe fare a gente come i Baustelle se ne avesse la capacità; non c'è nulla che arrivi ai livelli assoluti di eccellenza di versi come i'm unclean, a libertine/and everytime you vent your spleen/i seem to lose the power of speech/you're slipping slowly from my reach/you've grown me like an evergreen/you've never seen the lonely me at all, che alla fine forse non era tutta farina del loro sacco ma aveva dietro anche lo zampino fatato di Bowie, ma il testo di "Kings of medicine" fa comunque la sua porca figura.

Morale, un altro album splendido per Brian e soci, che non perdono un colpo neanche a piangere...e tra 2 settimane vado a vederli sperando di non avere 38 di febbre come l'altra volta :)