lunedì 30 novembre 2009

La morte dei Technics (ma anche no)

Da quando si è sparsa la notizia che la Panasonic, proprietaria del marchio Technics, ha intenzione di cessare la produzione degli SL-1200 e dei 1210 la rete pullula di gente che si straccia le vesti piagnucolando per la fine di un'epoca romantica e di geniacci che si precipitano a comprarli convinti di rivenderli a prezzi assassini quando diventeranno rari.

Forse però non è chiaro un dettaglio non da poco: si tratta solo di un rumor, che oltretutto è già circolato in passato, e che non è ancora stato confermato ufficialmente dalla Panasonic e che quindi gira in più versioni diverse.

C'è chi dice che saranno discontinuati solo i 1200 e 1210 "vanilla" e che la produzione degli MK2 e degli MK5, incluso il pacchianissimo MK5G continuerà, c'è chi dice che a morire saranno gli MK2 e resteranno solo la versione base e quella di fascia alta, ma non c'è ancora una versione definitiva, anche se dato che tutte danno per morta solo una versione del piatto migliore del mondo e ancora in vita le altre due non mi pare il caso di preoccuparsi troppo.

Anzi, diciamoci la verità: se dovesse cessare la produzione della versione base e gli MK2 dovessero prenderne il posto, magari con una riduzione del prezzo, il mondo sarebbe senza dubbio un posto migliore, senza quell'aberrante buco sullo zero del pitch che è l'unica imperfezione dei piatti perfetti.

Di certo, finora gli unici che gioiscono della notizia virale degli ultimi giorni sono i rivenditori, che con ogni probabilità vedranno le vendite impennarsi per via degli investitori geniali sopracitati, i quali forse hanno perso di vista il fatto che chi potrebbe volere un Technics nel 2010 molto probabilmente ce l'ha già e non ha nessun bisogno di sostituirlo, vista la proverbiale indistruttibilità dei piatti perfetti che non smettono di funzionare neanche se gli passa sopra un tir.

Morale, a me non sembra una notizia così trascendentale: dovessero sparire gli SL-1200 base sarebbe un'ottima notizia, dovessero sparire gli MK2 potrei farmene una ragione senza problemi e se dovesse alla fine rivelarsi solo un rumor mi farei due risate alle spalle di quelli che si trovano cinque-sei piatti in casa inutilizzati :)

Comunicazione di servizio

Stasera vado a vedere i Placebo, quindi l'orchestra non andrà in onda.

Sono molto dispiaciuto per tutti i miei affezionati ascoltatori (tutti e due), ma spero riusciranno a farsene una ragione.

Lunedì prossimo l'orchestra torna in versione festiva :)

giovedì 26 novembre 2009

Gli album del decennio, parte 1: Ricardo Villalobos - Alcachofa

Inauguro oggi un post seriale che da qui al 31 dicembre (si spera) mi porterà a ripercorrere il decennio che va concludendosi attraverso gli album che l'hanno caratterizzato, un po' come fanno i veri brog musicali dei professionisti.

First of all, premessa: gli album di cui parlo in questa serie di post sono quelli che hanno caratterizzato il mio decennio musicale, quindi niente "Kid A", che è stato effettivamente molto importante per il decennio degli indiesnob ma che a me non ha dato granchè e sono inseriti in questa ambitissimo novero in base a criteri variabili e soggettivissimi che vanno dal gusto personale puro e semplice all'influenza su quello che mi piace o che reputo importante; va da sè, quindi, che se il tuo album preferito del decennio non c'è o se credi che uno dei miei album preferiti del decennio sia una cagata, non hai che da dirlo nei commenti, e magari mi convinci anche (è risaputo, infatti, che sono molto aperto alle opinioni musicali diverse dalla mia, ma vale comunque la pena di fare un tentativo :))

Morale, andiamo senz'altro a incominciare con l'album che ha sancito il boom della minimale, uno dei generi che hanno dominato il decennio:


Ok, la minimale esisteva anche (molto) prima di Alcachofa e Ricardo era Ricardo anche prima di Alcachofa, ma è stato quando Sven Vath e a ruota tutti i dj del mondo hanno iniziato a suonare Easy lee e soprattutto Dexter che il grande pubblico si è accorto che si poteva creare una situazione da party anche con due-tre suoni in croce.

Tra l'altro, momento aneddoto: ai tempi, si parla del 2003, io ero ancora in pieno innamoramento dell'hardgroove e della techno napoletana (e non posso dire di aver ancora superato questa fase) e iniziavo faticosamente ad ammettere l'electro alla Blackstrobe, Tiefschwarz e Tiga che spadroneggiava, per cui la svolta verso la minimale era troppo per le mie giovani orecchie...morale che mi ci è voluto un anno buono per metabolizzare Alcachofa e realizzare che non si trattava di una cagata, poi a distanza di sette anni mi guardo indietro e realizzo che Ricardo era semplicemente molto, molto più avanti di me.

Forse un giorno mi capiterà la stessa cosa col dubstep, anche se non ci spero mica troppo :)

Ma Alcachofa non è solo la testa di ponte che ha portato il filone minimale a sparare le sue migliori cartucce e poi, anni dopo, all'involuzione di Plastikman nello zio Rici, Alcachofa è anche un capolavoro di per sè: non è solo Dexter e Easy lee, ma è anche l'apoteosi del Villalobos produttore, per certi versi l'opposto del Villalobos dj: tanto partyboy sgarrupato e squagliatissimo quest'ultimo, quanto maniacalmente preciso e perfezionista nell'applicazione del genio il primo.

Il tocco personale di Ricardo in studio è rappresentata alla perfezione in Alcachofa, nelle sue tracce più lunghe del normale che si evolvono lentamente al punto da far dire alla mamma che stai ascoltando musica tutta uguale ma inesorabilmente in modo che dopo otto minuti di I try to live (Can I live) è successo di tutto senza che tu abbia mai percepito interruzioni dello stream of consciousness: l'andamento delle percussioni e dei synth blippeggianti sembra sbilenco e zoppicante, ma in realtà ogni suono è accuratamente cesellato per incastrarsi alla perfezione con gli altri.

Il risultato di tanta cura è che Alcachofa non è assolutamente un album immediato: non si può valutarlo dai prelisten sul sito del negozio di dischi, nè si può ascoltarlo di fretta, ma richiede un po' di attenzione per cogliere le sfumature sottili a cui Ricardo ha dedicato tutto il suo talento e offre in cambio tanta soddisfazione, oppure può essere ascoltato per intero ma con l'attenzione completamente spenta, per lasciarsi colpire dalle strutture intricatissime sotto il livello della coscienza e incassare in pieno lo schiaffo morale della superiorità di Villalobos rispetto ai produttori "normali".

E' difficile indicare una traccia che brilli più delle altre (oltre alle già citate Easy Lee e Dexter, ma anche What you say is more than i can say, che però sono arcinote), per cui anzichè una ne scelgo due, entrambe presenti solo nella versione su cd:



La prima, Y.G.H., rappresenta alla perfezione l'idea di traccia "alla Villalobos", in cui sembra non succedere niente eppure succede di tutto, sembra un loop da 8 minuti e invece non ci sono quattro battute uguali alle successive e il turbinio di pause, ripartenze, blip e tappeti è così accennato da essere appena percettibile



La seconda, invece, Waiworinao, è l'apoteosi della combo improvvisazione-labor limae del Ricardo produttore: sentita così sembra l'improvvisazione di un chitarrista jazz, ma contestualizzata a dovere con una bassline e una cassa appropriate si trasforma in un tool di distruzione di massa.

Morale conclusiva: se tra 20 anni dovessi raccontare a mio figlio com'era la minimale che suonavo daggiovane, di sicuro gli farei sentire Alcachofa per come riesce ad esplorare tutto lo spettro delle minimali possibili mantenendo una coerenza interna perfetta, oltre ad aver avuto un'importanza storica mica da ridere.

mercoledì 25 novembre 2009

Peoplesound candidato ai Mashable Open Web awards!

Mashable è uno dei siti più autorevoli al mondo in tema di social media; annualmente, da un paio d'anni, indice gli  Open Web Awards, che sono un po' tipo quelli della blogosfera italiana ma meno provinciali e più technology-oriented, del tipo che di solito tra i vincitori al posto di Beppe Grillo c'è Facebook e Google ma anche Last.fm, Netvibes e cose così.

La notizia bomba del giorno è che agli OWA di quest'anno c'è una sola realtà europea in nomination, ed è il progetto con cui attualmente mi guadagno la pagnotta :)


mashable 300x250

Ok che è nominato come "Best social network Iphone app" e io con l'Iphone app, almeno per ora, c'entro pochino perchè faccio altre cose, ma faccio comunque parte del team di sviluppo, per cui peoplesound è comunque roba (anche) mia.

Quindi, cortesemente, votate tutti una volta al giorno (solo perchè di più non si può) da qui al 15 dicembre, basta cliccare sull'immaginina quissù o andare a questo link, e magari diffondete pure il verbo della nomination agli award usando questa magnifica paginina made by me coi widget da embeddare :)

lunedì 23 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #34

Ok, sto iniziando a prendere confidenza col giochino nuovo, in attesa di avere il setup completo che dovrebbe arrivare settimana prossima e che probabilmente mi richiederà un allenamento un po' più lungo: oggi tanto per provare e vedere l'effetto che faceva ho fatto un set comepiaceammè, con tanti rumeni e tanti olandesi.

A farla da padrone sono la compilation della 100% Pure, che raccoglie praticamente tutta la scena olandese e che è un serbatoio quasi inesauribile di chicche, tra dischi protagonisti come quello di Sandy Huner e tool come quello di Bart Skils, e la cricca dell'Hermanstadt collective formata da Markus Homm, Mihai Popoviciu, Jay Bliss e Pagal, già autori di molti dei migliori dischi dell'anno: l'highgrade digital di Markus Homm, in particolare, è composto da tre tracce che avrebbero potuto tranquillamente essere stampate da sole e fare la loro porchissima figura, visto che sono tutte e tre suonabilissime.

C'è spazio anche per un po' di spocchia da diggèi-coi-promi, tra la traccia di Mass Prod su Ral che probabilmente sentita all'estero ha un sapore esotico tutto suo e qua invece ha il sapore trash e ridicolo della pubblicità del Monte dei paschi di Siena e il remix unreleased dei NoiDoi (altri rumeni!) su uno dei dischi più malati dell'immensa discografia di Ricardo, ma c'è anche un lato un po' più poppeggiante col remix di Felix da Housecat rispolverato dal nuovo spot Samsung e un Tiga d'annata che ha sempre il suo perchè.

A chiudere, la splendida traccia di Mark Broom e CJ Baker aka Kingpin Cartel su Pure plastic che è vera techno di classe.

Tracklist:

Zwicker - Who you are (Junior boys rmx) (Compost black)
Markus Homm - Bricks (Highgrade digital)
Unknown - Yam yam 02.1 (Yam yam)
Ethyl & Huxley - Mother tongue (Tsuba coloured)
Johnny D - Point of no return (Oslo)
Bart Skils - Catwalk (100% Pure)
Anton Pieete - Encore (100% Pure)
Ricardo Villalobos - Fizheuer Zieheuer (Noidoi rmx) (Not on label)
Unknown - Pao (Ral)
Christian Burkhardt - Rocket (Bvdub)
Markus Homm - Wipes (Highgrade digital)
Radioslave - Orchestrating manoeuvres in the dark (Mike Monday rmx)
Nina Simone - Sinnerman (Felix da housecat heavenly mix) (Verve)
Sandy Huner - Rare tap (2000 and one edit) (100% Pure)
Miss Kittin - Madame Hollywood (Tiga's Mr. Hollywood rmx) (Emperor norton)
Mihai Popoviciu, Jay Bliss & Pagal - Set you up (Level non zero)
Kingpin Cartel - Ghetto (Pure plastic)

As usual, il link per scaricare il set è questo, mentre qui c'è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce un episodio nuovo.

Da oggi l'orchestra è anche su soundcloud:
Orchestraibaz, episode #34 by Raibaz

sabato 21 novembre 2009

La ricerca musicale nel nuovo millennio

Il titolo altisonante del post di oggi introduce l'ennesima grave masturbazione mentale musicale del sottoscritto.

Il punto di partenza è l'episodio di settimana scorsa del mio podcast, quello col French touch, realizzato con in mente uno dei miei ascoltatori abituali che di French touch è un fan sfegatato: il martedì, giornata della settimana in cui raccolgo commenti e insulti da tutti i miei ascoltatori abituali (tutti e due) sui vari IM, il suddetto ascoltatore abituale mi ha fatto notare che non ho inserito nulla del cosiddetto French touch 3.0, linkandomi via Hype machine un sacco di roba che non conoscevo se non al massimo di nome e che tutto sommato non era male, tipo Le knight club che poi alla fine è sempre Guy-Manuel de Homem-Christo quindi vabbè.

La riflessione è la seguente: all'epoca del primo, vero, French touch, il fenomeno ha avuto la risonanza che ha avuto perchè dischi come "Homework" e "Moon Safari" e tracce come "Lady" dei Modjo o "Am i wrong" di Etienne de Crecy erano in heavy rotation su MTV e sulle radio mainstream, trasformando un fenomeno in fin dei conti molto limitato sia temporalmente che geograficamente in una cosa globale e in grado di influenzare altri artisti anche a distanza di una decina d'anni...sarebbe possibile, nel 2009-ormai-quasi-2010, avere un altro fenomeno del genere?

La risposta, ovviamente, è no e non lo dico io ma Chris Anderson: se è vero che i blockbuster esistono ancora, è anche vero che l'avanguardia sta da un altra parte, mi pare scontato che qualsiasi sia la "next big thing" sarà più facile che annoveri tra le proprie influenze qualche gruppo oscuro di Novosibirsk piuttosto che gli U2 o i Coldplay.

Per sentire qualcosa di nuovo, quindi, bisogna scavare nei meandri della coda lunga, e fin qui siamo ancora nell'ambito delle scoperte dell'acqua calda.

Il fatto è che la rivoluzione culturale che ha subito la musica (e non solo) negli ultimi tempi, quella che ha definitivamente abbattuto le barriere d'ingresso del mercato musicale trasformando in produttore chiunque lo voglia ha reso la coda lunga una coda lunghissima, quasi infinita: il numero sterminato di nicchie e di produttori misconosciuti fa sì non solo che sia praticamente impossibile un'influenza estesa e massiccia come quella che ha avuto a suo tempo Discovery e il French touch tutto, ma, soprattutto, che chi è in cerca di influenze e di suoni interessanti faccia sempre più fatica a scovarli.

Ok, la promozione musicale si è evoluta a dovere seguendo la rivoluzione, portando alla luce fenomeni come gli Arctic monkeys che diventano blockbuster prima su myspace che nei negozi, ma come si può fare a scovare tutte quelle perle nascoste che sicuramente affollano i vari myspace, beatport, soundcloud e simili senza dannarsi a spammare tutta la rete con le proprie tracce ma, semplicemente, producendo buona musica?

Non è sicuramente una questione di tempo da dedicare alla ricerca, perchè anche avendo tutto il tempo del mondo, la quantità di materiale attualmente disponibile in rete è tale che nessun essere umano potrebbe avere tempo a sufficienza da ascoltare e giudicare a dovere tutto e non è neanche solo una questione di autorevolezza delle fonti, perchè le fonti autorevoli ci sono anche ora e anche per le nicchie (chessò, Pitchfork per gli indiesnob ha sostituito MTV, mentre "noi" abbiamo le chart dei dj famosi sparse per la rete), c'è anche il fattore "unicità".

Da sempre, quello che provoca in un dj l'orgasmo più grande di tutti è suonare un disco fighissimo che hai solo tu, per cui anche le suddette fonti autorevoli lasciano il tempo che trovano, visto che sono a disposizione di tutti e che comunque suonare i dischi trovati nelle chart altrui fa n00b.

Morale, sono in cerca di un modo per scovare qualcosa di interessante senza dover ascoltare tonnellate di merda ma solo al massimo qualche quintale...esiste ancora, in tempi di coda lunghissima?

Boh.

C'era Last.fm prima che chiudesse, ma aveva comunque grossissimi problemi, su tutti il fatto che le tracce erano taggate in maniera completamente casuale e quindi il sistema di associazioni non era affidabile; di Hypemachine non mi piace l'interfaccia grafica, nè mi fa impazzire quella di Beatport che comunque attualmente è un gigantesco suk in cui separare la roba valida dallapeggiommerda è un'impresa improba.

Altre idee?

martedì 17 novembre 2009

Ingegneria della spesa

Da tempo sono uno di quei malati di mente che leggono i libri e i blog su quelle tecniche garantite per migliorare la produttività: conosco acronimi come GTD, ZTD e cose come "inbox zero" come le mie tasche e, coi dovuti adattamenti, riesco anche a mettere in pratica le teorie.

Da prima ancora (c'è chi dice che lo si è dalla nascita) sono un ingegnere: il controllo e l'ottimizzazione dei processi sono il mio vangelo.

Da poco meno di un anno vivo da solo e quindi faccio la spesa regolarmente (ovviamente facendo la lista della spesa su http://www.rememberthemilk.com/), ma poco prima di trasferirmi qui ho visto questa puntata di The big bang theory in cui Sheldon prova a convincere Penny a comprare in una volta sola tutti gli assorbenti che le serviranno per il resto della vita, per risparmiare:



Morale, compro in quantità smodate tutto quello che si può stivare e non scade: saponi, detersivi, cibi a lunga conservazione, bevande et similia.

In realtà il risparmio economico c'è più no che si, visto che la rotazione delle scorte fa sì che ci sia sempre qualcosa da comprare in bulk e che quindi la il costo totale medio della spesa sia sempre uguale, ma il vero vantaggio è che una volta fatta la scorta di un determinato articolo lo si può eliminare completamente dai pensieri di acquisto per un lungo periodo, con in più il comodissimo segnale mnemonico del punto di riordino all'ultima unità (bottiglia di shampoo, confezione di lamette, rotolo di carta da cucina, etc.) (si, ho insegnato anche roba di logistica agli ingegneri gestionali).

Ora, il motivo per cui ho fatto coming out e raccontato questo lato oscuro del mio carattere e della mia vita quotidiana è che oggi, facendo la spesa, ho trovato quello che per un bulk shopper come me è una chiara manifestazione terrena del paradiso, uno di quegli acquisti che per la modica cifra di sei euro e venticinque ti riempiono il cuore di soddisfazione e ti rendono fiero di te.

Oggi, facendo la spesa, ho comprato una confezione da QUARANTOTTO rotoli di carta igienica.

lunedì 16 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #33 - French touch

Set sperimentale oggi, con un giocattolino nuovo che costituisce il primo passo verso il nuovo setup che ho in mente e che dovrebbe, almeno teoricamente, garantirmi una libertà d'espressione prossima all'infinito :)

Come era ovvio che fosse, dato che devo ancora acclimatarmi a dovere col giochino nuovo, la tecnica di oggi non è impeccabile (tipo, l'ultimo passaggio mi è completamente scappato di mano), ma in compenso la selezione è ad altissimi livelli: l'idea iniziale era "faccio un set french touch prima maniera", e le premesse c'erano tutte come pure i primi dischi...se non fosse che poi mi son lasciato prendere dall'entusiasmo e di fatto tolti giusto un paio di dischi è più un live dei Daft Punk, con particolare attenzione a Homework :D

Morale, le tracce "suonabili" di Homework ci sono quasi tutte, salvo forse giusto "Revolution 909" e "Indo silver club" che pure sono tra le mie preferite: particolare attenzione al passaggio verso la fine che raccoglie contemporaneamente le tre sassate peggiori dell'album, ma anche la combo vecchio-nuovo "Phoenix"-"Technologic" ha un suo perchè.

Purtroppo c'è una piccola imperfezione a metà: non ero convintissimo di proseguire per un'ora col french touch e mi son lasciato scappare due dischi che francesi non sono, ma comunque non stonano col resto della linea, anche se rendono il set non esclusivamente french touch...ma c'è da dire comunque che, con così tanto Daft Punk e così poco altro, non sarebbe comunque stato valido come showcase della prima ondata di techno francese.

La tracklist è così composta:

Phoenix - If i ever feel better (Source)
Daft Punk - Musique (Virgin)
Alan Braxe & Fred Falke - Intro (Vulture)
Daft Punk - High fidelity (Virgin)
Daft Punk - Crescendolls (Virgin)
Cassius - Feeling for you (Virgin)
Mr. Oizo - Flat beat (F communications)
Daft Punk - Phoenix (Virgin)
Daft Punk - Technologic (Virgin)
Bamboo - Bamboogie (VC)
Tim Deluxe - It just won't do (Underwater)
Daft Punk - Around the world (Virgin)
Daft Punk - Burnin' (Virgin)
Daft Punk - Rollin'&Scratchin' (Virgin)
Daft Punk - Rock&Roll (Virgin)
Daft Punk - Alive (Virgin)
Daft Punk - Human after all (Virgin)
Cosmos vs. Daft Punk - Take me harder (LHB Bootleg mix) (Not on label)

Il link per scaricare il mixato è questo, mentre questo è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando pubblico una nuova puntata.

Ora l'orchestra è anche su soundcloud:
Orchestraibaz #33 by Raibaz

Secret Mood pres. Theo Parrish @ The beach, 20/11/09

Non so se è perchè ho perso un po' contatto con la scena o perchè davvero l'offerta di recente non propone granchè di interessante, ma era un po' che non scrivevo di party interessanti qui; ci voleva l'amico Gandalf che dopo un sacco di collaborazioni di successo decide di fare le cose completamente da sè e le fa in grande, chiamando nientepopodimeno che Theo Parrish:



Io non sono ancora sicuro al 101% di andare, ma credo che cercherò di annullare tutti gli altri impegni per esserci, non solo perchè Theo Parrish val bene la trasferta ma anche perchè di tante situazioni italiane raffazzonate, tirate su solo per guadagnare facile (come se coi party si facessero i soldi, poi) o perchè è cool fare i party nelle location alternative con la genteggiusta, le cose organizzate da Gandalf si sono sempre contraddistinte per un'impostazione con la musica al centro del party e un clima più che amichevole.

Certo, di Gandalf si possono dire un sacco di cose negative, tipo che spamma un sacco su Facebook e suona con Traktor, ma sul fatto che sia un gran bravo ragazzo, che si sia sempre dimostrato disponibilissimo e che capisca di musica e ci creda un sacco in quello che fa non ci piove assolutamente, per cui lui e il suo staff da parte mia hanno fiducia incondizionata e assoluta.

Ci vediamo al The beach quindi, spero!

domenica 15 novembre 2009

Ho visto l'haka

E quindi è arrivato uno degli eventi più attesi del 2009, il test match di San Siro contro gli All blacks.

In realtà non sono un fan sfegatato dello sport dal vivo, senza telecronaca, senza replay e soprattutto senza divano, tant'è che prima di oggi avevo visto lo stadio della mia ridente cittadina dall'interno solo due volte in ventisei anni, ma la nazionale di rugby a due passi da casa contro una delle nazionali più forti al mondo (e sicuramente la più carismatica) imponeva a ogni costo la mia presenza.

Morale, arrivo allo stadio appena in tempo per beccare qualche amico, previsto e non, tra cui Effemmeffe - piacere di averti conosciuto! - che mi ha fatto il grossissimo favore di liberarmi dal peso di un biglietto che mi avanzava oltre all'ottima compagnia durante la partita, mangiare un panino lurido, bere una birra e fare un rapido giro souvenir, e raggiungo il mio posto in tempo per vedere la fine del riscaldamento.

Ok, non c'è la telecronaca, non ci sono i replay e i sedili plasticosi sono comodi come un calcio nei denti, ma il colpo d'occhio di entrare in uno stadio da ottantamila persone e vedere Parisse & soci che si scaldano è veramente emozionante, come pure emozionante è cantare l'inno assieme ad altri settantanovemilanovecentonovantanove: il Flaminio è storicamente casa della nazionale di rugby, ma rispetto al Meazza sembra un campetto di periferia, per cui speriamo che il movimento continui a crescere come ha fatto negli ultimi tempi per vedere sempre più spesso l'Italia in stadi come questo.

Dopo gli inni e prima della partita, è il momento per cui molti degli ottantamila non rugbistici sono venuti allo stadio: già di suo San Siro soldout e in silenzio assoluto è da pelle d'oca, se poi in tutto lo stadio rimbombano le urla belluine dell'haka il momento è proprio potente; purtroppo da dov'ero seduto l'ho vista di profilo e non di fronte, ma posso capire che l'ultima volta gli azzurri si siano girati di spalle pur di non vederla, visto che incute timore reverenziale anche dalla tribuna.

La partita in sè non è stata una bella partita, ma d'altronde non mi aspettavo certo di vedere del bel gioco: tolti gli angoscianti ultimi 15 minuti di mischie ripetute a oltranza per continui falli dei kiwi senza che l'arbitro concedesse la meta tecnica, in generale l'Italia ha fatto l'Italia, con tanto cuore, una gran bella mischia e tanti errori stupidi ma soprattutto dei calci scandalosi (il dilemma allucinante del numero 10 sembra quello dei terzini sinistri dell'inter negli ultimi dieci anni, Mallett ne cambia uno a partita senza mai trovarne uno valido, e il mediano d'apertura non è esattamente un ruolo ininfluente), mentre gli All blacks hanno fatto le riserve degli All blacks, anche loro con diversi errori anche banali e giusto un paio di giocate degne della fama che li accompagna, ma soprattutto con un atteggiamento assolutamente non all'altezza, visti tutti i calci diretti verso i pali a cercare dei punti facili anzichè in touche per cercare magari di mostrare del gioco.

Chissenefrega, d'altronde: probabilmente il bel gioco lo si vedrà nel prossimo test match dei tuttineri contro la Francia, a sto giro per lo spettacolo bastava la cornice, e la cornice ha reso al massimo.

giovedì 12 novembre 2009

Serie tv: il punto della situazione

La malaugurata notizia della chiusura di Dollhouse, ultima perla in ordine di tempo del maestro Joss Whedon (quello di Dr. Horrible ma soprattutto il signor "Buffy the vampire slayer") offre un'ottima occasione per fare un po' di punto sulla situazione delle serie tv che periodicamente finiscono sul mio hd:

  • Heroes: ufficialmente smollata all'inizio della stagione in corso, mi sono perso la scena lesbo ma ormai era veramente troppo troppo piena di buchi nella sceneggiatura, tra personaggi che crepano una puntata si e una no e altri che sono i più buoni dei buoni o i più infami dei villains a intervalli regolari.
  • Dexter: la quarta stagione finora è molto meglio della terza, un po' loffa, e al livello delle prime due, ormai comunque è una certezza.
  • Dollhouse: come si diceva è stata piallata, anche se le rimanenti puntate della seconda stagione dovrebbero essere trasmesse lo stesso a dicembre, ed è veramente un male perchè dopo un inizio così così (che probabilmente è quello che ha allontanato le masse di telespettatori) aveva ingranato ottimamente.
  • Fringe: è praticamente nella stessa situazione di Dollhouse: inizio mah boh che gli dai fiducia solo perchè c'è dietro Abrams, da metà della prima stagione in poi sfodera i botti di capodanno e attualmente, a seconda stagione in corso, è eccellente; ormai non è più solo "X-files coi ruoli uomo-donna invertiti e il dottor Bishop che da solo vale il prezzo del biglietto", ha fatto il salto di qualità.
  • The big bang theory: che te lo dico a fare, ogni puntata fa più ridere della precedente e finalmente gli autori stanno approfondendo anche gli altri personaggi evitando l'effetto "Sheldon show" (la pseudorelazione gay tra Koothrappally e Wallowitz è esilarante).
E fin qui ci siamo per le returning series, come dicono oltreoceano (con in aggiunta ovviamente Lost per cui sto già sbavando), ma quest'anno ci sono anche diverse nuove entrate:
  • House: è una nuova entrata solo sul mio hd, prima la seguivo su mediaset facendo lo slalom tra gli spostamenti di palinsesto, poi la scimmia di vedere il season finale della quinta mi ha fatto fare il salto verso il torrente e ora sono in pari con le puntate USA...a parte questo, non credo ci sia niente da dire sul dottore zoppo che non si sappia già, è fighissimo e basta.
  • Flashforward: pubblicizzato come "il nuovo Lost", per ora è un buon thriller, un po' lento forse e non sempre recitato benissimo, soprattutto dal protagonista Shakespeare in love, ma gli dò ancora credito un po' per lo stesso motivo di Fringe un po' perchè comunque mi pare ben scritto, a patto che il grande disegno dietro sia valido e non sia una cazzata (e in questo si, assomiglia a Lost).
  • V: ho visto solo il pilota, per ora, e sembra veramente veramente valida, soprattutto perchè la serie originale '80s non l'ho vista perchè ero piccolo...e poi c'è Juliet che fa l'agente FBI e l'agente di 4400 che fa il prete :)
In più, sono a metà di Studio 60, che mi ero perso ed è ca-po-la-vo-ro, e ho Battlestar galactica in attesa per i momenti morti (quali momenti morti?).

Mi sono perso qualcos'altro di interessante?

martedì 10 novembre 2009

Lusine - A certain distance (Ghostly)

Ho conosciuto Lusine per un album di remix, "Podgelism", che aveva catturato la mia attenzione per via dei nomi altisonanti che comparivano tra i remixer, da Matthew Dear padrone dell'etichetta, a Dimbiman&Cabanne, Lawrence, Apparat, Tejada fino a uno splendido Robag Wruhme che suono tuttora ogni tanto, passando per qualche altro sconosciuto: non sapevo che in realtà il buon Jeff McIlwain ha alle spalle una lunga carriera di produttore IDM/Leftfield/Pop elettronico/comecazzolovuoichiamare.

Poi mi è capitato in mano il suo nuovo album, "A certain distance", a cui ho deciso di dare fiducia proprio in virtù dell'ottimo ricordo di "Podgelism"...e bam! sono diventato un fan.



Vediamo di capire di cosa si sta parlando, innanzitutto: tanto per inquadrare un po' il genere, i nomi che gli si avvicinano sono probabilmente i Royksopp e i Frost dal lato più poppeggiante e easy-listening, ma prende molto anche da Nathan Fake e la Border Community tutta (almeno, dal loro lato meno danzereccio e più sperimentale) e da Kieran Hebden.

In maniera molto simile ai Frost, gruppo purtroppo poco conosciuto e con all'attivo solo due album (il primo dei quali, "Melodica", è un piccolo capolavoro), le tracce di questo "A certain distance" che rimangono in mente per prime giocano su vocal femminili leggeri e melodici chiaramente influenzati da Roisin Murphy e il suo ommo Matthew sempresialodato Herbert che si appoggiano gentilmente su synth tappetosi e ninnananneggianti: il primo singolo estratto dall'album, "Two dots", ha pure il ritornello con l'hook che rimane in mente facile facile senza che tu te ne accorga.

E proprio come i Frost, ma anche come i Royksopp e volendo anche come i Border Community, la chiave di volta è proprio quel "senza che tu te ne accorga": Lusine rende al 101% se ascoltato facendo altro, se "sentito" come sottofondo anzichè "ascoltato", perchè le tracce non hanno nulla di protagonista, nessun colpo di scena drammatico, ma anzi evolvono lentamente e inesorabilmente in modo che lo svolgimento delle singole tracce e dell'intero album passi liscio come l'olio, mantenendo una sua organicità quasi perfetta che fa in modo che ti accorgi che avevi gli auricolari nelle orecchie solo quando l'album è finito e rimani da solo col silenzio.

Morale, l'album rende al meglio se ascoltato tutto in una volta, anche perchè è fatto in modo da non avere particolari highlights: forse le uniche tracce che si scostano un po' dalle altre e che meritano l'ascolto separato sono "Every disguise", la più danzabile per via della cassa in quattro più accentuata e che è un po' "Windowlicker goes Border Community", col lead evidentemente citazione dell'unica traccia che apprezzo di Aphex Twin e i synth attorno sottocampionati e la traccia di apertura, "Operation costs", che ricorda molto gli Air di "Talkie walkie", anche se in realtà secondo me l'ascolto delle tracce separate o anche solo con lo shuffle acceso non rende giustizia all'ottima coerenza impressa da Lusine all'intero album, che di fatto si ascolta come se fosse un unico traccione.

Morale, non è niente di devastantemente innovativo, anzi è facile da ricondurre ad altri artisti più rivoluzionari, ma si ascolta con un sacco di soddisfazione e anzi è il sottofondo ideale per un pomeriggio lavorativo autunnale.

Promosso a pieni voti.

lunedì 9 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #32 - Banging minimal techno

Stasera missili terra aria!

La premessa era che ho comprato l'ultimo Pan pot su Mobilee, che è bellissimo ma non c'entra nulla di nulla con quello che suono di solito, ma era troppo bello per non suonarlo in radio...per cui ho deciso di costruirgli un episodio attorno :)
Morale, "Face to face" è circa a metà set e a circondarlo c'è una serie di dischi che gli preparano la strada prima e continuano il discorso dopo, assieme a tanto Soundbite e a dei passaggi belli lunghi, anche a tre piatti quando necessario.

C'è tanto Adam Beyer sia come produttore che come label manager con la Drumcode e la Truesoul (ovviamente del periodo in cui era ancora un vero produttore e label manager e non stampava solo merda su Drumcode), non solo perchè fitta molto bene il mood del Pan pot su Mobilee, ma anche perchè era da un po' che avevo voglia di rispolverare AWC e soprattutto Stereotypes, che di quei quattro-cinque dischi suoi temporalmente vicini e molto simili per me è il migliore.

Ci sono anche un sacco di altri nomi noti a queste pagine, come la Cadenza, la Ovum e Robag Wruhme e Josh Wink, ma ci sono anche nomi che non mettevo sui piatti da un po', tipo Trentemoller o Guido Schneider, ma soprattutto ci sono dei bpm belli sostenuti, sempre oltre i 130, chè qua non si scherza un cazzo.

Morale, tracklista:

Adam Beyer - AWC part 3 (Truesoul)
Trentemoller - Polar shift (Pokerflat)
Robert Hood - Who taught you math? (Freak'n'chic)
Andre Galluzzi & Guido Schneider - Albertino (Cadenza)
Ryan Crosson - Gotham road (Trapez LTD)
Alter ego - Daktari (Robag Wruhme rmx) (Klang)
Pan pot - Face to face (Mobilee)
Barem - Suki (Phonocult)
Nihad Tule & Lassemann - Loco motion (Truesoul)
Adam Beyer - AWC part 2 (Plus 8)
Dub kult - Bip (Guido Schneider rmx) (Raum)
Raudive - Resistor (Drumcode)
Adam Beyer - Stereotypes (Cocoon)
Josh Wink - Sprung minimism (Ovum)
Lemon8 - Model8 (Lemon8 rmx) (Plus 8)

Il link per scaricare il set è questo, mentre questo, as always, è il feed RSS del podcast.

Adesso l'Orchestra è anche su Soundcloud!
Orchestraibaz #32 by Raibaz

sabato 7 novembre 2009

Francesco Tristano, Carl Craig & Moritz Von Oswald @ Club to club 2009: il report

Ci sono degli eventi in cui hai una fiducia quasi cieca, che senti crescere man mano che l'inizio si avvicina e che poi, alla fine, ti lasciano comunque estasiato indipendentemente dai piccoli glitch che succedono sempre.

Mi è successo così al primo Movement al Palaisozaki, al decimo I love techno, all'Awakenings e al Green&blue, ma mi è successo anche ieri sera.

Sarà stato quel video allucinante che avevo già postato qui, o forse i commenti estasiati di chi li aveva visti a Milano in settembre, fatto sta che avevo le prevendite da un sacco, quindici euro spesi volentierissimo, e non mi è costata alcuna fatica la megacorsa per arrivare a Torino in tempo, partendo alle 18.50 dopo l'allenamento da casa e arrivando alle 20.25 con trenta euro di benzina in meno.

O forse è stato incontrare già in fila prima di entrare tutti quegli amici che vedo raramente ma che sono una garanzia di evento di qualità: Fede, Melkio, Gandalf, Simone KK più qualche altro e anche qualche nuova conoscenza (Maxcar, piacere!), o fare - eccezionale, in itaglia! - una fila con poca gente, tranquilla e ordinata, o ancora mettere piede nella sfarzosa lochèscion dell'evento, il teatro Carignano:


Insomma, sarà stata tutta questa serie di fattori nel pre a bendispormi, non lo so, fatto sta che ero in un mood per cui anche un concerto di Califano non mi sarebbe dispiaciuto.

In realtà il mood non serviva.

Non serviva perchè quando i tre moschettieri cominciano a giostrare è l'emozione a prendere il sopravvento e il mood va a farsi fottere: l'inizio è molto intellettuale, ma suona così caldo che colpisce più il cuore che la mente.

Si capisce da subito che il lead artist è il riccioluto pianista e Carlo si occupa di supportarlo a colpi di cassa, bassate ma soprattutto di clap e ride, per cui i due hanno ampiamente modo di sfogare i rispettivi talenti (Maurizio più che fare presenza e gestire un po' il sound design non fa, ma nella sua condizione basta e avanza così e comunque un Maurizio a una mano sola è in grado di dare la pista a tanti pischelli con Ableton) anche se forse Carlo risulta un po' limitato dalla necessità di seguire Francesco, ma c'è comunque da dire che i due hanno una gran bella sintonia e si seguono a vicenda molto bene.

L'inizio del set, forse per un omaggio al moschettiere malato o forse per via del contesto molto più intellettuale che clubber, è decisamente Maurizio-style, fatto di atmosfere rarefatte, tappeti appena accennati e tanto tanto dubbettone per cui una volta tanto la classificazione di "intelligent dance music" non sembra una cazzata per vender dischi ma ci sta tutta.

Il primo quarto d'ora abbondante passa praticamente senza che ce ne accorgiamo (ma d'altronde sarà così per tutto il concerto) e ancora non s'è sentito un colpo di cassa, nè un clap, nè praticamente nulla di familiare: siamo in un territorio ancora largamente inesplorato ma accoglientissimo, in cui i ruoli previsti si invertono e Francesco con pochi accordi appena accennati fa quello algido mentre Carlo (o Maurizio, non s'è capito) ci culla a con tappeti di synth in lontananza, ma è quando finalmente Carlo decide di prendere in mano la situazione ritmica che finalmente il pubblico esce dall'impasse, con un boato contenuto per via della situazione non adatta a espressioni di fomento troppo espansive ma comunque liberatorio.

In fondo, anche se siamo più cresciuti (o più invecchiati) della media attuale, siamo sempre tutti clubber nell'animo, per cui si splendido il piano, belli i tappeti dubboni, ma un clap e un kick della 808 ci emozionano tutti come il profumo di una torta della mamma e appena Carlo ci scuote l'applauso sale senza che nemmeno ce ne accorgiamo.

Da lì in poi Francesco fa sfoggio di tutta la roba che ha a disposizione, che non è solo il piano ma è anche Ableton per effettarlo, un Minimoog e qualche altro giochino interessante che da lontano non ho riconosciuto e lo fa anche Carlo, anche se il suo arsenale appare un po' più limitato rispetto alla versatilità del genio del riccioluto che probabilmente col piano riesce anche a fare il caffè e leggere le mail oltre a tirar fuori accordi allucinanti, ma col senno di poi sembra tutto una preparazione al momento culminante del set, quella "The melody" che il pubblico riconosce fin dalle prime note e che sentita live vale il prezzo del biglietto, della trasferta, lo sbattimento, le ore di sonno perse, i km in macchina da solo, la cena saltata e avanza pure qualcosina.

Sentendola, si capisce il vero motivo per cui un'esibizione del genere ci colpisce tutti così tanto, che è che Francesco non è un pianista che suona techno, ma un artista techno che suona il piano: in lui non c'è traccia dell'ampollosità e della spocchia che hanno i pianisti di estrazione classica anche quando sono buoni solo per le colonne sonore degli spot (Allevi, anyone?), ma nelle sue vene scorre forte il sacro fuoco del groove technone in cui tutti noi ci identifichiamo e che cerchiamo continuamente dappertutto, ed è questo che porta Carl Craig e i suoi problemi col midi sync ancora più in secondo piano, visto che Francesco potrebbe reggere la scena quasi da solo o con chiunque altro a fargli da supporto, forse.

Forse.

La realtà è che per stare dietro a cotanto genio, secondo me, serve un altro genio e il fatto che Carl Craig si riduca a un appoggio che esalti le caratteristiche delle melodie di Tristano non è un limite ma anzi, probabilmente è proprio frutto della sua bravura: dove forse altri avrebbero cercato il protagonismo a costo di rovinare l'alchimia, Carlo sa che questa volta non tocca a lui comandare e si accontenta (si fa per dire) di sottolineare il ritmo dettato da Francesco a colpi di clap, senza sovrastarlo ma incorniciandolo alla perfezione.

In fondo Tristano non ne avrebbe neanche troppo bisogno, visto che con le bassate del Minimoog riesce a farci scuotere la testa come dimostra nella parte finale del set, in cui per un attimo si invertono i ruoli e Francesco si occupa del groove con le succitate bassate e accordi corti e schiaffeggianti che prendono il posto dei clap e dei piattini mentre Carlo costruisce lead minimali ed efficaci.

Ho sentito da più parti, dopo, commenti negativi legati agli sbattimenti col midi sync di Carlo, a qualche gestione dei volumi non sempre ottimale da parte dei due, a scelte troppo semplici e poco intellettualoidi di Francesco...cazzate.

E' vero, gli errori e le sbavature ci sono stati, ma forse chi si è lamentato non aveva chiaro che non ci si trovava di fronte al solito live da 50 minuti con Ableton che mette in fila tracce già pronte, ma a un concerto suonato con strumenti analogici e con una buona dose di improvvisazione, che è uno dei tanti valori aggiunti dell'esibizione di Carlo, Francesco e Maurizio, oltre alla goduria musicale, alla soddisfazione di aver visto che Maurizio, pur conciato malissimo, è in lentissima ripresa e alla meraviglia per aver scoperto un artista techno coi controcoglioni e la formazione classica come Francesco Tristano.

martedì 3 novembre 2009

OrchestRaibaz, puntata #31 - Neotrance strappalacrime

Quando si dice "capitare a fagiuolo".

Avevo già pianificato un set strappalacrime che si intonasse alla giornata piovosa di oggi, per ripassare un po' a modo mio la lezione recente di James Lavelle sulla neotrance, che contenesse un sacco di melodia e di arpeggioni da pelle d'oca ma con quel poquito di groove che alla fine mi contraddistingue.

Arrivo a casa, ovviamente in ritardo, e inizio a tirare fuori dallo scaffale i dischi che potrei suonare, molti dei quali sono tornati sullo scaffale senza finire sui piatti (su tutti, "Little eternity" di Ingo Boss), sto per andare a lavarmi e mangiare prima di suonare e arriva una pessima notizia, ma di quelle veramente brutte.

Aver preparato un set così strappalacrime, quindi, capita a fagiuolo, per l'appunto: sulla ripartenza col cambio di giro di "Eskapade", o sulla melodia malinconica di Guillaume & The coutu dumonts, ma anche sul remix di Jeff Samuel che ho usato per aprire il mio primo set al Gasoline, è facile giustificare la lacrimuccia che scende con l'empatia per la musica e con l'effetto catartico, anche se non è detto che sia del tutto così.

E' questo effetto di amplificatore emotivo che ho sempre adorato nella musica e che me la fa amare così tanto.

Tracklist:

System 7 - Planet 7 (James Holden rmx) (A-wave)
Kollektiv turmstrasse - Luechtoorn (Dominik Eulberg rmx) (Musik gewinnt freunde)
Guillaume & The coutu dumonts - They only come out at night (Musique risquee)
Chordian - Closed eyes ep (Soniculture)
Kollektiv turmstrasse - Eskapade (Diynamic)
Unknown - Slammin' alanis (white)
Stewart Walker - We welcome utopia! (Jeff samuel rmx) (Persona)
Booka Shade - In white rooms (Shinedoe rmx) (Get physical)
Martin Buttrich - Cruise control (Planet e)
Jonjon - (Kollektiv turmstrasse rmx) (Balsaal)
Chymera - Ellipsis (Figure)
Chymera - Umbrella (Funk d void rmx) (Ovum)


As usual, il link per scaricare il mixato è qui, mentre qui c'è il link del feed RSS per essere sempre aggiornati quando pubblico un nuovo episodio...e da oggi l'orchestra è anche su soundcloud:

Orchestraibaz #31 by Raibaz

domenica 1 novembre 2009

La GU nuova di James Lavelle

L'ho aspettata con ansia, mi sono procurato una preview copy appena possibile e dopo neanche 20 minuti di ascolto del primo cd avevo già ordinato l'edizione limited su play.com, all'abbordabilissima cifra di quattordici euro e novanta shipping included.




Bastano le prime quattro-cinque tracce del primo cd, infatti, a capire che siamo di fronte a una perla: già l'intro ci anticipa che tipo di esperienza sarà, con una voce sintetica che dice "When you listen to James Lavelle, use earphones in the dark": il primo cd, infatti, è un viaggio oscuro e cupo nei meandri della neotrance, che a differenza del porcaio su-le-mani tutto arpeggioni e pause strappalacrime da cui prende il nome è in grado di esplorare in maniera più vasta lo spettro delle emozioni umane, includendo anche il lato oscuro che Lavelle dimostra di dominare alla perfezione.
Se le prime tracce del primo cd infatti spengono la luce dell'ascolto cosciente a colpi di ambient alla Unkle, basta un attimo, un giro di percussioni sbilenche e un synth immediatamente identificabile a gettare una saetta luminosa nelle orecchie:



Da qui in poi, il buio in cui Lavelle ci accompagna è un buio accogliente e rilassante, come quello di una cameretta in cui ci si addormenta sotto il piumone dopo una giornata faticosa, ma punteggiato di luci come un cielo stellato, che a intervalli regolari impediscono di perdere del tutto conoscenza come succede di solito ascoltando gli Unkle: il remix di "Life2live" di Layo e Bushwacka! e soprattutto la traccia degli Ame con Dixon e Derrick Carter, con un groove appena accennato ma che in mezzo alle atmosfere rarefatte e ambientose sembra tiratissimo, servono proprio a ricordarci che non stiamo ascoltando un album Psyence fiction o Never never land ma un mixcd (teoricamente) registrato in un club, con dei suoni che probabilmente sentiti a mattina inoltrata farebbero venire le visioni senza bisogno di sostanze chimiche.

Il secondo cd, purtroppo, rispetta le previsioni tanto quanto il primo: il discorso è sempre "siamo in un club, non siamo in studio", per cui Giacomo Lavelli pigia forte sull'acceleratore, perdendo un po' della classe cristallina che lo contraddistingue ma dimostrando comunque di essere un superstar dj e di sentirsi a suo agio non solo con l'ambientosità ma anche con la legna, facendo una cosa che da uno come lui non ti aspetteresti mai: un mixato di minimal techno pimpumpam di quelli che anche se sai che non è cosa e cerchi di darti un tono e pensare "cazzo no dai non posso, Dubfire è un maranza" poi non ci riesci e la testa la scuoti lo stesso e ti fomenti pure un po', ma solo quando sei da solo e non ti vede nessuno.

Pare si mettano d'accordo, i signori delle compilation seriali: il Fabric annuncia Martyn, di cui a me non potrebbe fregare di meno, a chiudere una serie non felicissima con Claude Von stroke che bleah, Jay Haze noioso, Radio Slave un po' anonimo e Magda che almeno dalla tracklist dovrebbe essere la migliore delle quattro, e allora il signor GU riemerge dall'abisso di mestizia in cui era finito con la tremenda compilation di Felix da Housecat regalandoci questa perla.

Acquisto consigliato a grandi e piccini, ma occhio: il primo non è assolutamente adatto all'ascolto in macchina, visto l'effetto psicotropo...io credo la terrò in casa assieme alle altre, ma in macchina proprio non me la sento di portarla.