martedì 21 dicembre 2010

OrchestRaibaz, puntata #64 - Best of 2010

Dopo un paio di settimanine di pausa dovute a sbattimenti assortiti, ecco quindi che l'orchestrina torna a spargre gioia musicale in giro per la rete, questa settimana offrendo a voi affezionati ascoltatori la puntata finale del duemiladieci, quella che raccoglie tutto il meglio dell'anno che volge al termine.

Stavolta partiamo dalla fine, dalla tracklist:

Mathias Kaden - Kawaba (Dj Koze's kosi san rmx) (Vakant)
Art department - Without you (Crosstown rebels)
Unknown - Wax 30003 B1 (Wax)
The gathering - In my system (Jef K rmx) (Gathering)
Rozzo - Meta tracks vol. 2 (Trackdown)
Larry heard - Deja vu (Innervisions)
Chymera - Ghosts (Conaisseur)
Tensnake - Coma cat (Permanent vacation)
Kink - Existenz (Ovum)
Pablo Cahn - Elle (Cadenza)
Shlomi Aber & Kenny Larkin - Sketches (Shlomi Aber version) (Be as one)
Anthea & Celler - Mandara (Cecille)
Seth Troxler & Matthew Dear - Hurt you (Spectral)
Lee Curtiss - I can hear you arthur (Supplement facts)
Carl Craig - At les (Christian Smith rmx) (Tronic)
Chymera - Dreamrunner (Funk D Void rmx) (Outpost)
Lusine - Two dots (Ghostly)

Magicamente, sono riuscito a far stare insieme decentemente nello stesso set molte anime diverse, da quella cupa e oscura del remix di Koze su Vakant a quella fricchettona e poppeggiante della megahit di Tensnake, da quella "ti schiaffeggio con classe" delle meravigliose percussioni con lo shuffle a mille di Rozzo a quella oldschool e drittissima dell'Ovum di Kink.

Come prevedibile, in un mixato del genere non ci sono particolari highlight, i dischi sono praticamente tutti protagonisti e validissimi: non c'è spazio per tool o riempitivi, tutto quello che c'è è roba grossa.

Per scaricare il set e risentirlo gioendone molto, basta andare qui, mentre da qui ci si può sottoscrivere al feed RSS del podcast in modo da avere le puntate nuove sempre belle e pronte.

lunedì 20 dicembre 2010

Del meglio della musica del 2010 - Album version

L'anno volge al termine, e come ogni blogghero che si rispetti è tempo di tirare un po' di somme e riassumere i fatti salienti di questo 2010, concentrandoci ovviamente sull'argomento principe di questo blò, i prodotti per capelli la musica per ggiòvani.

Iniziamo dall'album dell'anno, che è ovviamente e a mani basse......



Pendulum - Immersion


Ne ho già parlato in lungo e in largo a tempo debito, qui e qui ma anche qui, ma vale la pena spenderci ancora due parole, perchè in un anno di pesantissima crisi d'identità per la musica "da club", indecisa se riscoprire le proprie origini funkettone sul versante house, virare verso le cose spezzettate di derivazione dubsteppeggiante o fare entrambe le cose, i ragazzi australiani ci hanno ricordato che spesso e volentieri farsi troppe seghe mentali è male e in fondo quello che conta è fare della gran caciara, cosa che a loro riesce daddìo.


Se a questo si aggiunge che l'album non ha praticamente momenti bassi, visto che la traccia peggiore, "The island part 2", è una maranzata allucinante ma nel contesto del disco fitta perfettamente, e che il live è qualcosa di devastante, il titolo di album dell'anno appare meritatissimo.


Altri album validi usciti nel corso dell'anno, rigorosamente in ordine sparsissimo:

Four tet - There is love in you




E' piaciuto a tutti: indiesnob, clubber, credo anche ai nu-raver con le orecchie ormai ottenebrate dai peti, ed è già qualcosa.

E' piaciuto molto anche a me, ed è quello che conta per finire in questo ambitissimo e ristrettissimo novero.

Il buon Kieran Hebden qui lo si conosceva già da un po' per le cose che ha fatto su Border Community, ma quest'anno si è preso di gran carriera lo scettro di portabandiera del sound dell'etichetta di Holden e Nathan Fake, stampando su un'altra etichetta, la Domino.

Proprio quando noi fan dei due ragazzi della BC avevamo perso ogni speranza, convinti che James e Nathan passassero ormai troppo tempo a drogarsi per riuscire a tornare ai fasti di "The idiots are winning" e "Drowning in a sea of love", ecco che Kieran Hebden ne raccoglie l'eredità e la porta ai giorni nostri con una maestria e una classe insperate, mettendo d'accordo tutti.

Chemical Brothers - Further






Ed e Tom sono tornati, dopo le alterne vicende degli album precedenti che oscillavano tra il "meh" e il "bleargh", finalmente tornano a fare quello che sanno fare e noi fans ne siamo più che lieti.

Peraltro, da quest'album è uscito uno dei migliori remix dell'anno, quello di Lindstrom e Prins Thomas per "Swoon", come se già non fosse abbastanza.

Kaito - Trust less




Cambiamo completamente genere e ci spostiamo sulle cose buone per le pennichelle e il rilassamento generico: Kaito in quest'ambito è una garanzia, non ci piove.

Questo suo album, purtroppo digital only, su Kompakt, raccoglie una serie di "beatless version" delle sue tracce, che private anche di quel poco di cassa diventano perle chillout da non ascoltare con attenzione ma solo da sentire col subconscio, che ne viene piacevolissimevolmente coccolato.

Daft Punk - Tron legacy soundtrack




Premessa doverosa: NON è un album dei Daft punk.

Ascoltato in quest'ottica, senza le pretese che sarebbero anche normali di fronte a un nuovo album di Bangalter e Guy-man, si rivela per quello che è veramente: una colonna sonora coi controcoglioni, che vale il prezzo del film al cinema pur sapendo che sarà una cagata allucinante, ma chi se ne frega quando puoi vedere delle scene d'azione maranzissime con "Derezzed" in sottofondo?



Underworld - Barking



Gli album di artisti di musica "da club" sono spesso e volentieri delle cagate pazzesche, raccolte di fondi di magazzino e tracce troppo fuffa per meritarsi un ep da sole mascherate da progetto organico; quando va di superlusso c'è una traccia appena decente sulla decina che compongono l'lp.

Nell'ultimo album degli Underworld ci sono due tracce dellamadonna ("Always loved a film" e "Scribble", prodotta assieme a quel geniaccio di High Contrast), che è già un ottimo risultato di per sè, ma in confronto a quellammerda fumante dell'album precedente ha del miracoloso.



Tensnake - In the house




Questo è il capo della prossima grossa tendenza sia del club che, dopo, del mainstream.

Non mi stupirebbe sentire la sua "Coma cat" suonata in tutte le radio e i locali commerciali nel corso del 2011, ma a parte questo il suo doppio cd su Defected è molto molto carino, a cavallo tra il suo sound nudisco gayissimo e cose un po' più "standard" e semplificate.

Credo di non essermi dimenticato niente, anche se probabilmente l'ho fatto lo stesso, ma già così credo di aver raccolto molto di quello che di meritevole è uscito in questo 2010: mi avanza ancora qualcosa da sentire a dovere, tipo l'album di Dj Fresh che giace abbandonato sul mio hd da tempo immemore, ma di sicuro c'è della roba che ho lasciato intenzionalmente fuori dal novero dei buoni e alla quale accennerò giusto brevemente:

  • Shed: dai su, hai fatto vedere che sei bravo, sei intellettuale, sei simpatico come un calcio nelle palle così piaci ai clubber impegnati, adesso piantala con ste cacate spezzate e rimettiti a suonar techno, che sei capace
  • Caribou: cacca per fintoindie, mi fa un effetto giusto poco meno fastidioso di quello che mi fanno i Justice
  • Matthew Dear: anche te, hai fatto vedere che sai fare l'artista eclettico con un album completamente anonimo e dimenticabilissimo pur di fare qualcosa di diverso, adesso torna a fare le cose che sai fare
  • Reboot: torna nel dimenticatoio, grazie e arrivederci, peccato, per un po' pensavo fossi bravino
  • Mr. G.: bleah.
  • Jamiroquai: bastava dirlo che avevi finito i soldi, non c'era bisogno di raschiare il fondo del barile a sta maniera
C'è qualcosa che mi sono dimenticato, affezionati lettori?

domenica 12 dicembre 2010

Addio Milano, addio Itaglia: Akufen al 4cento

Giusto nel post precedente e nei suoi commenti parlavo di come un po' di crisi e di contrazione del "mercato" del clubbing in itaglia, attualmente sovrassaturo e rigonfio di offerte merdose, potessero solo fargli bene, ed ecco che stasera accade l'evento che dimostra come avessi ragione al 101%.

Antefatto, settembre 2010: vengo a sapere che da lì a tre mesi, stasera per l'appunto, uno dei miei artisti preferiti, se non IL mio artista preferito, Akufen, viene a suonare nella mia ridente cittadina, famosa nel mondo per la sua offerta clubbistica loffa e scadente composta di party del cazzo con artisti modaioli di cui ho già avuto a lamentarmi in altre occasioni.

Esaltazione, giubilo, felicità.

Comincio già da settembre a spolverare e lucidare, in attesa di fargliele firmare, le mie copie della sua reinterpretation del Forcept 01 su Minus, forse il disco che ho suonato di più in assoluto e uno di quelli che sento più "miei" (assieme al Cadenza 004) e di Quebec Nightclub, uno dei Perlon più belli di un catalogo ricco di capolavori, per capirci questo:



Insomma, tre mesi in modalità "bambino dell'asilo la sera prima di natale".

Ora, dovete sapere che il 4cento, il fortunato locale che ospiterà la performance di cotanto genio, ha sempre avuto fama di avere politiche di selezione un po' rigide, fama un po' esagerata dal fatto che arrivando presto e senza artifizi di sorta sono sempre entrato senza alcun problema, comunque tanto per inquadrare un po' la situazione, trattasi di ristorante (!) abitualmente popolato di uomini di mezza età in camicia&giacca, il cui proprietario pur sapendo che alla sua clientela abituale non frega un cazzo del clubbing una volta al mese fa un artista serio, tipo che negli anni passati mi è capitato di vedere Kenny Larkin e Sis prima che diventasse famoso, ma ci sono stati anche Dandy Jack e A guy called Gerald, tra gli altri.

Insomma, una programmazione di tutto rispetto in un posto che non c'entra una fava.

Giusto per completezza e per dovere di cronaca e per farvi capire con che entusiasmo attendessi questo party, riporto anche l'articolo sulla serata di Akufen che un mio amico che lavora per Zero mi aveva chiesto di scrivere e che poi non è stato pubblicato:
Praticamente, più che un party, un’opera d’arte.

Prendi il 4cento e il suo clima elegantissimo, fatto di gente raffinatissima e anche un po’ attempata & ingessata, aggiungici i clubber che una volta ogni tanto lo invadono col loro spirito festoso e casinaro e mescola il tutto con uno di quei musicisti che danzano sulla linea di confine tra il genio assoluto e la follia più totale, uno che ha stampato un album fatto solo di campioni presi dalla radio: anche solo l’idea di mettere insieme questi ingredienti ha qualcosa di geniale.

Con una miscela così curiosa di persone e le infinite sorprese e pazzie di un set di Akufen potrebbe succedere qualsiasi cosa: non dite che non vi avevamo avvertito.
Morale, visto che è un party a cui tengo inizio già dal pomeriggio a mobilitare i miei contatti per avere certezza di riuscire a sentire Akufen, partendo dal mio amico suddetto e arrivando a chiamare direttamente il locale, il cui proprietario si mostra restio fin dall'inizio all'idea di avere un cliente entusiasta e mi spiega che il party è solo su invito, ma che comunque se siamo solo in due (io e Silvia) belle persone (!) e arriviamo presto non c'è problema.

Alle 23.45 pacco degli altri amici con cui ero, sfanculo tutto e alle 00.20 sono davanti al 4cento, con la mia borsa contenente i due capolavori e il pennarellino e con un sacco di entusiasmo, rassicurato dalla telefonata col proprietario....proprietario che invece ci spiega che non può assolutamente farci entrare perchè blablabla.

Non essendo persone abituate ad elemosinare gli ingressi ai party, ci giriamo e torniamo a casa, con la ferma decisione, se ancora ce ne fosse bisogno, di mandare affanculo la ridicola club scene italiana e soprattutto milanese, caso unico al mondo in cui i ristoranti, i club per appassionati di musica e i locali per quarantenni in cravatta non riescono ad avere un'identità propria e devono mischiare le cose a caso.

Certo, mi rendo conto che è pieno diritto del signor 4cento organizzarsi la sua festa privata chiamando a suonare Akufen, o dj Padrepio o chi cazzo pare a lui, ma in tal caso non ha granchè senso pubblicizzare la cosa sul principale organo di stampa della club scene milanese, oltretutto lamentandosi in prima persona che l'articolo pubblicato non lo incensa abbastanza, nè soprattutto ha senso prendere per il culo il povero appassionato di turno facendogli fare dei chilometri per niente: per mia fortuna il party era non lontano da casa mia, ma non penso proprio che le cose sarebbero andate diversamente se avessi guidato per delle ore per venire a sentire Akufen da un'altra città.

Morale della storia, la prima ovvia conclusione a cui mi ha portato questo ennesimo episodio di idiozia dei promoter della mia cittadina è il definitivo abbandono da parte mia di ogni forma di clubbing (ammesso che così lo si possa chiamare) nella mia ridicola cittadina e tendenzialmente, salvo rare occasioni, anche nella mia nazione, l'unica al mondo in cui mi è capitato di vivere esperienze del genere, l'unica al mondo in cui un appassionato di musica che vuole sentire un artista di suo gradimento deve iniziare a cercare agganci per l'entrata nel locale giorni prima, e non è detto che gli basti.

Sono stufo di questo finto clubbing fatto di contenitori vuoti, di organizzazioni improvvisate che giocano la carta della finta esclusività per mascherare il fatto che non hanno altro da offrire, di situazioni che rendono l'idea di andare a un party fonte più di sbattimenti che di soddisfazione.

Sono stufo perchè lo vedo succedere solo qui, sono stufo perchè so che non deve per forza essere così, sono stufo perchè ho visto coi miei occhi come sono i party fatti con in mente idee come la condivisione di una festa con altre persone con la tua stessa passione, sono stufo perchè non si può lasciare la gestione di qualcosa che mi piace e che mi sta a cuore in mano a organizzatori improvvisati.

Certo, del mio abbandono alla club scene milanese e italiana non potrebbe fregare di meno: le decine di organizzatori improvvisati continueranno a proliferare sulle spalle di quei tanti convinti che clubbing significhi code interminabili, politiche di selezione ridicole, location scadenti gestite da incompetenti e sempre gli stessi tre o quattro dj di Berlino, almeno fino a quando non arriverà un'altra moda spostando le attenzioni di tutti gli organizzatori in cerca di facili guadagni verso qualcos'altro e riportando il clubbing a una dimensione più sensata.

Fino a quando questo non succederà, e credo che sarà un lasso di tempo piuttosto lungo, invito voi tutti miei (pochi) lettori, e soprattutto voi pochissimi che avete avuto il coraggio di arrivare fino alla fine di questo lungo e noioso post, a riflettere sulle parole di Chris Liebing all'indomani di un evento tragico come la recente strage della love parade:
To really change something, we have to start with ourselves. We as DJs, we have to be even more sure about the “Who” we are playing for and the “Where” we are playing at – only like this, the fans can get a better orientation of where it is worth going and where it is save to celebrate. Basically everybody can change a lot with his or her behaviour in this world. The more alert we go through life, the more conscious we can make choices between good and bad products, services, events or other things. Like this we minimize the scope of action for cold-blooded profiteers.
Se il clubbing fa così schifo, un pochino la responsabilità è anche nostra che abbiamo permesso alle persone che lo hanno rovinato di prendere piede.

Il minimo che possiamo fare è evitare di dar loro i nostri soldi e il nostro tempo.

giovedì 9 dicembre 2010

Clubbing in NYC

Pensi al clubbing a New York City e subito viene in mente uno di quei posti che, nel bene e nel male, hanno fatto la storia della club culture, lo studio 54 con la sua selezione rigidissima e il pubblico di vip, ma anche a posti ugualmente storici come Stonewall Inn da cui il pubblico ha iniziato a sentir nominare la musica house; pensi a come, partendo da lì, si è evoluto il clubbing in tutto il mondo e ti aspetti di trovare posti giganteschi, superclub allo stato dell'arte da far invidia ai club più famosi d'Europa.

Il Cielo, fondamentalmente, me lo immaginavo grosso come il Trouw, stylish come il Cocoon e devastante acusticamente come il Berghain: in fondo tra i suoi attuali resident ci sono Kevorkian e Louie Vega, gente che quando viene da noi fa tranquillamente presenze a quattro cifre e tra quelli passati c'è gente tipo Sasha e Digweed, giusto per dirne un paio.

Mi immaginavo un superclub su venticinquemila livelli, con sessanta ore di coda popolata da opere d'arte più che da persone, pronte a sommergere di gioia il resident di turno Francois K. e il suo ospite Dimitri from Paris.

Surprise, surprise, arriviamo all'una e qualcosa e in coda non c'è nessuno: vabbè, è lunedì sera, i nuiorchesi fanno quasi tutti i freelance ma durante la settimana non c'è casino in giro per il meatpacking district come nel weekend, poi magari è già tardi e sono già tutti dentro, checcazzo magari ci siamo persi Kevorkian ossignore no dai speriamo di no...infatti, no.

Il batterista franconuiorchese e Dimitri from Paris stanno suonando back to back da chissà quando, ma la sorpresa delle sorprese è il club: niente palchi sopraelevati, tavoli di cristallo, astronavi in console o laser, il Cielo è un capannone piuttosto piccino (azzarderei che con 500 cristiani lo si riempie e con meno di 700 lo si stipa), rivestito internamente in legno che fa tanto chalet e con poco altro che qualche disco ball e un inevitabile Funktion one, senza alcuna sovrastruttura quindi ma comunque con un sacco di classe che si nota da dettagli come la mensola coi profumi free in bagno, perfetta per il ballerino a rischio pezzata.

Anche la folla è completamente diversa dalle aspettative: sarà il lunedì sera, sarà che in USA house e techno non hanno mai avuto stabilmente pubblici da grandi numeri (fatta eccezione ovviamente per i megaeventi) e che negli ultimi anni sono stati soppiantati come punta di diamante del clubbing dall'rnb e quelle cacate lì, fatto sta che lunedì sera al Cielo ci saran state massimissimo duecento persone, tutte molto istruite e consce della situazione, al punto che quando Dimitri ha suonato un disco col giro di piano di Marshall Jefferson per poco non volavano i reggiseni, tutte festose e gioiose come prevede la liturgia dei party house delle origini.

Ciao, sono anziano ma mi difendo ancora daddìo

E "delle origini" è anche il set della leggenda e del parigino, che palleggiano avanti e indietro tra cose di vecchissima scuola che odorano di Paradise Garage e roba nudisco: particolarmente interessante è vedere Kevorkian suonare col piglio del resident, quello che "qui siamo a casa mia e fate quello che cazzo dico io", anzichè con l'atteggiamento dell'ospite "faccio le mie X ore di set, vi dò quello che vi aspettate da un mio set e mi levo di culo", che gli consente di cambiare passo più e più volte, ovviamente mantenendo la coerenza che si confà a un dj del suo calibro ma saltando agile come un ninja dalla garage house alle castagne dub techno di Deadbeat su Wagon repair, per poi chiudere ricordando a tutti i suoi inizi da batterista con percussioni latineggianti che si accavallano l'un l'altra sempre più, crescendo di velocità e groove a oltranza fino a esplodere nel gran finale, una Belo horizonti che ci manderebbe a casa tutti contenti se nel pubblico non ci fossero anche degli altri italiani che a colpi di "po, po po po po pooo poooo", fomentato anche dai poveri americani ignari di quale immane sventura sia l'orrido coro, lo costringono a mettere un ultimò ultimò.

Grazie a dio ce ne battiamo il cazzo di queste scene pietose e ce ne andiamo, con la convinzione che, ancora una volta, oltreoceano stanno un pezzo avanti a noi e hanno capito che il futuro del clubbing sono i party intimi, con pochi appassionati desiderosi di fare festa tutti assieme, senza fronzoli minchiate sovrastrutture inutili e dannose.

Speriamo che questa tendenza, già presente in alcune sporadiche eccezioni, diventi la regola anche qui da noi.

martedì 23 novembre 2010

Orchestraibaz, puntata #63 - Romanticismi in metriche spezzate

Stasera puntata fatta di melodie, paddoni, atmosfere eteree e metriche un po' così zumpappà ratatataplan: addirittura, per partire, c'è della roba dubsteppeggiante, di quel dubstep che riesco a sopportare senza il bassone wa-wa ma con del groove, impersonata da Joy Orbison e da quella che è probabilmente la traccia più bella di tutto il dubstep oltre che una delle migliori del decennio secondo un po' tutte le classifiche dell'anno scorso.

Poi si passa ai quattro quarti, ma in maniera sempre un po' scazonte, restando su Burial per passare allo spezzato degli Underworld e a un semisconosciuto Spencer Parker su Buzzin' fly, intervallati dal sempre validissimo Chymera; poi si va un po' verso cose più dritte, passando per la minimale di classe di Art Bleek su Conaisseur e di Chordian su Soniculture che credo di aver comprato solo io ma che secondo me è un capolavoro e poi virare verso i paddoni detroitosi con un guru del genere come Shawn Rudiman.

E in un set coi paddoni vuoi non metterci Funk D'Void? Ovvio che no, e infatti eccolo lì, in una sua incarnazione recente sempre stupenda come solo lui sa fare, assieme al paddolone viaggiolone dei Lovebirds e alle melodie dell'unico Oni Ayhun decente.

Una piccola nota di costume: purtroppo stasera io e la mia signora eravamo in preda a un'intossicazione alimentare che mi ha un po' distratto, per cui non ci sono troppi virtuosismi tecnici e il finale è un po' di corsa visto che ho dovuto, per l'appunto, fare una corsa in un'altra stanza, ma per fortuna i dischi sono bellissimi e sono questi:

Joy Orbison - Hyph Mngo (Hotflush)
Burial - Archangel (Hyperdub)
Burial & Four tet - Moth (Text)
Underworld - Beautiful burnout (Renaissance)
Chymera - Arabesque (Tishomingo)
Spencer Parker - My angelic demons (Buzzin' fly)
Art bleek - Euphorized (Conaisseur)
Chordian - Closed eyes ep (Soniculture)
Shawn Rudiman - 7'' speed derailleurs (Neuton)
Lovebirds - Pad me (Kneedeep)
Funk D'Void & Pedro Galante - Safado (Electriksoul)
Oni Ayhun - Oar 003-B (Oni Ayhun)

Insomma, il set per fortuna è tutt'altro che una cagata, e per chi volesse risentirlo lo si scarrica da qui, mentre, al solito, questo è il feed RSS del podcast per esser sempre pronti a scarrricare le puntate nuove.

lunedì 15 novembre 2010

Orchestraibaz, puntata #62 - Revival 90s

Stasera revival!

Ovviamente non di quello becero da party "pareo selvaggio" al Billionaire tipo YMCA, Com'è bello far l'amore da Trieste in giu e merdagli simili, ma revival della mia giovinezza ormai andata, di quando avevo già scoperto di essere malato della malattia del dj e spendevo già molti più soldi del normale in musica.

Purtroppo per evidenti limiti di tempo è stato impossibile condensare tutto un genere sconfinato come l'eurodance degli anni '90 in un'ora (il che significa che potrei anche decidere di fare un'altra puntata a tema in futuro se mi gira e se voi affezionati lettori mi date dei bei feedback), per cui ho cercato di far stare più roba possibile, e di roba ce n'è stata tanta, a partire dagli imprescindibili del genere come Ice MC o i Vengaboys per arrivare a cose un po' meno famose ma che all'epoca già mi fomentavano un sacco, tipo Gala di cui credo di essere stato uno degli unici a comprare l'album, purtroppo in una ormai defunta musicassetta, o i 2 Brothers on the 4th floor e 2 Fabiola, la cui traccia è ispirata in maniera evidentissima a uno stile di techno un po' più "alto" rispetto alla commerciale italiana come pure le due tracce che la seguono, di quando Moby ancora non faceva la musica per le sale d'attesa del dentista e soprattutto di quando Westbam organizzava solo il Mayday e non i suicidi di massa.

E' rimasta fuori un sacco di roba, si diceva, tipo gran parte del lato più houseggiante del periodo, anche se comunque son riuscito a incastrare due giganti come Godd Terry e Steve 'Silk' Hurley, ma per scelta ho anche tralasciato tutta la mediterranean progressive, che meriterebbe un mixato a sè (si, ci sto pensando seriamente) e l'happy hardcore da Scooter a Paul Elstak che invece sta bene nello scatolone dei ricordi senza che stia a ritirarla fuori.

Infine, due noticine da "addetto ai lavori": la prima è che mixare questi dischi è sensibilmente diverso da quello a cui sono abituato, principalmente perchè quasi nessuno di questi ha nulla che assomigli a un'intro e a un'outro, che significa che i passaggi devono essere molto più brevi e tagliati, cosa che non mi è riuscita sempre bene nell'arco del set, e la seconda è che risentiti ora, a distanza di quasi vent'anni per i dischi più vecchi, non sono poi così abissalmente diversi dalla roba di adesso, visto che come fa polemicamente notare Shirley Bassey nella traccia di chiusura, la storia si ripete.

Insomma:

Whigfield - Saturday night
Everything but the girl - Missing (Todd Terry rmx)
No mercy - Where do you go?
Co.ro. feat. Taleesa - Because the night
Jestofunk - Special love (Steve 'Silk' Hurley rmx)
Alex party - Wrap me up
Vengaboys - Boom boom boom boom
Culture beat - Mr. Vain
2 brothers on the 4th floor - Never alone
Jam & Spoon - Right in the night
Ice MC - Think about the way
Gala - Come into my life
Outhere brothers - Don't stop
20 Fingers - Short dick man
Gala - Let a boy cry
La bouche - Sweet dreams
Soundlovers - Surrender
General base - The base of love
Cappella - Tell me the way
2 Fabiola - Play this song
Moby - Everytime you touch me (Uplifting mix)
Members of mayday - Sonic empire
Propellerheads feat. Shirley Bassey - History repeating

Per tutti quelli che vogliono rituffarsi nella propria gioventù o studiare un po' di istoria, lo si può scarricare da qui, mentre per quei due-tre che ancora non hanno sottoscritto il podcast per avere sempre gli episodi nuovi appena sfornati, lo posson fare cliccando qui.

lunedì 8 novembre 2010

Orchestraibaz, puntata #61 - Nudisco e deep house lenta

Dopo la settimana di vacanza causa ponte dei morti e dopo un format di routine che ha causato un ritardo di una decina di minuti dovuto a sbattimenti con SAM broadcaster e soprattutto un problema ben più grave di cui parleremo in seguito, ecco pronta l'orchestrina di ritorno con un sacco di musica nuova!

Ormai non ci sono cazzi, mi sono fatto prendere la mano e le orecchie dal "nuovo" (che poi non è mica troppo nuovo, ma vabbè) sound nu-disco, fatto di bpm molto rallentati e un sacco di deepposità e gayezze assortite: si sa, quando si parla di musica gay non rispondo delle mie azioni, per cui non ho potuto resistere in nessun modo a questo nuovo filone, anche perchè ultimamente sta uscendo un sacco di roba interessantissima su questo genere.

Tanto per dirne una, c'è la Permanent vacation di Tensnake che domina la scena da quando ancora non se la cacava nessuno, ma c'è anche la 20:20 vision che quando si parla di qualsiasi sapore di house è sempre autorevole, ma ci sono anche nomi già noti su queste pagine riconvertiti al nuovo sound in virtù del proprio eclettismo fuori dal comune tipo Matthew Dear (che aveva bisogno di Mark E per tirar fuori qualcosa di decente da quella chiavica del suo ultimo album) e Rob Hood, che bene o male sono sempre stati in grado di fare qualsiasi cosa, ma anche insospettabili come Marco Resmann già noto per essere il terzo Pan-pot e uno dei due Luna city express o la strana coppia Nick Warren-Martin Buttrich.

Ah, e poi ci sono due Chymera, rispettivamente in versione originale e remixata da quella divinità di Funk D'Void, che vabbè chettelodicoaffare, son capolavori.

In sostanza:

Nick Warren - In search of silver (Martin Buttrich rmx) (Bedrock)
Maya Jane Coles - Don't tell me (Real tone)
Marco Passarani & Sacco - Flora (Desolat)
Chymera - Ghosts (Conaisseur)
Ripperton - At peace (I-cube tape rmx) (Green)
Boom clap bachelors - Love (Tuff city kids rmx) (Permanent vacation)
Marco Resmann feat. Soucie six - This song (Upon you)
Matthew Dear - Little people (Mark E rmx) (Ghostly)
Morning factory - Btraxx (20:20 vision)
Kyle Hall - After fall (Rush hour)
Robert Hood pres. Floorplan - Funky souls (Rush hour)
Huxley - Shapes (Neurotraxx deluxe)
Aaron-Carl & Gerald Mitchell - Oasis (Gerald Mitchell rmx) (Superb)
Chymera - Dreamrunner (Funk D Void rmx) (Outpost)

Purtroppo, il problema ben più grave a cui accennavo all'inizio del post è che a sto giro il mixato è venuto registrato a 64 kb/s, per cui non si sente bene come meriterebbe...ma non si può recuperare, per cui se volete sentirlo comunque ve lo potete scarrricare da qui, mentre, al solito, questo è il feed RSS del podcast per esser sempre pronti a scarrricare le puntate nuove.

lunedì 25 ottobre 2010

OrchestRaibaz, puntata #60 - ADE Special

Puntata dal tema praticamente obbligato questa settimana: vuoi andare all'Amsterdam Dance Event e non documentare in forma musicale tutte le meraviglie che hai sentito?

Ovvio che no, per cui il set di oggi è composto in parti circa uguali da dischi sentiti nell'ultimo weekend, dischi di artisti sentiti nell'ultimo weekend e dischi comprati sabato al negozio della Rush hour, ricco di perle house e deepeggianti come i primi due dischi, rispettivamente un classiconissimo made in Detroit e una perla di rara demenzialità nudisco (peccato per il mastering fatto coi piedi, altrimenti sarebbe una hittona sicura).

A seguire il missile di KiNk già sentito su queste pagine e suonato pure da Prosumer sabato sera, sul quale non ho resistito e ho dovuto mostrargli il mio telefono da lontano con scritto "I love this Ovum, you rock!" come il peggiore dei maranza :D

Dopo un altro acquisto del negozio della Rush Hour, ecco che provo a replicare il numero da circo di Robert Babicz con "Self control", stavolta accoppiata con una chicca su Ovum suonata da Newworldaquarium sabato sera e con risultati leggermente peggiori, ma penso che lo ripeterò in futuro; da lì in poi, è un susseguirsi di dubbosità e deeposità, passando per Quince e, di nuovo, Prosumer per arrivare al disco più DannyHowelseggiante di tutti i tempi, quel "Road through the rain" che è senza dubbio la traccia più bella della GU più bella e che rappresenta appieno lo stile che ho imparato ad adorare in Danny Howells, fatto di atmosfere tramontose.

Poi era doveroso tributare un omaggio ad Heiko Laux, qui presente in versione spezzata a differenza del set dritto e senza compromessi che ha offerto venerdì, e alla sua etichetta, la Kanzleramt, che è tra le mie cinque-sei preferite di tutti i tempi nonostante non pubblichi più niente da un po', per poi tornare di nuovo sui suoni dubbosi della Delsin, ad opera di altri due artisti sentiti sabato e virare dritti verso la conclusione del set con l'highlight migliore dello splendido set di Prosumer di sabato sera, col vocione di Robert Owens che fa felici tutti quanti.

In chiusura, un edit un po' diverso dal solito di Thriller ad opera di Danny Howells e un bellissimo remix garage di Gabrielle, sentito sabato pomeriggio suonare dai due pischelli bravissimi e ignoti della Red bull music academy radio.

In sostanza:

Inner city - Good love (Kms)
The barking dogs - Fare una donna (Panini)
KiNk - Existenz (Ovum)
Norma Jean Bell - I'm the only queen (Funky chocolate)
David Alvarado - Polygons (Ovum)
Raf - Self control (Carrere)
Quince - Contracting (Delsin)
Sebo k - Moved (feat. Prosumer) (Mobilee)
An-2 - Road through the rain (Was not was)
Heiko laux - Still lively (Kanzleramt)
Alexander Kowalski - The view of changes (Kanzleramt)
Delta funktionen - Silhouette (Marcel Dettmann rmx) (Delsin)
Photek feat. Robert Owens - Mine to give (Astralwerks)
Michael Jackson - Thriller (Danny Howells edit) (White)
Gabrielle - Sunshine (Wookie dub mix)

Per chi volesse rivivere un po' del mio stupendo weekend amsterdamense, da qui si può scaricare il set, mentre per chi ancora non l'avesse fatto, qui si sottoscrive il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce un episodio nuovo.

I miei tre giorni all'ADE

Ed eccomi finalmente di ritorno dalla tre giorni nella terra dei mulini a vento, delle patate e dei clubber festosi: dopo l'indispensabile pomeriggio filato di sonno, quindi, siamo pronti a raccontare tutte le (molte) cose vissute in questo weekend per la gioia di grandi e piccini e l'invidia di chi non c'era.

First of all, qualche considerazione sparsa sull'Olanda, che avevo già visto sia da turista che per motivi clubbistici e che è il posto più vicino che riesca a immaginare all'idea di "paradiso del giovine clubber", ed in larghissima misura è merito degli olandesi stessi che riescono a coniugare in maniera perfetta l'ordine e il rigore della popolazione nordica con un'attitudine festosa e sociale che li rende praticamente unici nel panorama europeo.

L'Olanda, storicamente, è terra di mercanti abituati ad essere amichevoli col prossimo e Amsterdam stessa è una città che fonda gran parte delle proprie entrate sul turismo dei ggiòvani, ma a me fa sempre specie il sorriso con cui generalmente l'olandese si approccia allo sconosciuto, sia quando gli rivolgi la parola in una lingua anglofona che non è la sua (e che comunque parla perfettamente, a differenza dell'italico e della sua proverbiale avversione per le lingue straniere) che quando, spontaneamente, ti si avvicina perchè suppone che potresti non essere al 101% della gioia e desidera fare del suo meglio per aiutarti.

E poi, è inutile che stiamo a raccontarcela: mediamente, l'olandese (ma soprattutto l'olandesa) è anche alto, biondo e bello oltre che acculturato,  sorridente e felice di esserti d'aiuto, per cui averci a che fare non può che essere fonte di somma gioia.

Ma non è tutto, perchè i ragazzi qui organizzano anche dei party veramente veramente veramente veramente dellamadonna, ma andiamo con ordine.

Partiamo da giovedì sera, quando tempo di arrivare in hotel e senza neanche cambiarsi nè cenare è già ora di festa, e che festa.

La festa di giovedì sera mi è costata trentacinque euro, un volo aereo, mille corse, mille fatiche fisiche oltre alla cena saltata e all'aver girato mezza Amsterdam a piedi in cerca di una barca che non si sapeva bene dove fosse e che poteva anche aver già salpato abbandonandoci a riva (ovviamente l'abbiamo trovata grazie a un olandese che la cercava anche lui e, ovviamente, è stato felicissimo di aiutarci), ma cazzo, nonostante tutto questo sono ancora convinto che il mio bilancio sia violentissimamente in positivo.

Il party di giovedì sera, senza fare troppe storie, è il migliore del 2010 e uno dei migliori tre a cui sia mai stato.

Raccontandolo in una riga, è stato un party per seicento addetti ai lavori su una barca che girava per i canali di Amsterdam con Sasha, Nick Warren, Danny Howells e qualche altro della cricca GU, e probabilmente solo questo basterebbe a inquadrare che specie di meraviglia sia stato, ma proverò ugualmente ad articolare di più anche se mi rendo conto che in nessun modo potrei raccontarlo facendogli giustizia.

Cominciamo dai primi due set, ad opera di dj sconosciuti (il secondo dei due potrebbe essere uno dei due 16 bit Lolitas, ma non se ne hanno conferme, mentre il primo è proprio ignoto) che aprono le danze con due chicche una meglio dell'altra, suonando rispettivamente:

  • lentoni da preserata di chiaro stampo progressive ma con più di una strizzata d'occhio alla tendenza nudisco prossima big thing
  • un set dellamadonna con evidentissimi richiami alla GU #027 di Danny Howells, forse la più bella della serie con le sue atmosfere houseggianti e quella classe infinita che farebbe muovere pure le pareti, col sorrisone felice stampato in faccia
Morale, già dai primi due set si capisce che il party è di quelli veramente veramente grossi, e deve ancora arrivare il primo dei big, forse quello da cui mi aspetto di più:

Danny Howells in versione "anziano taglialegna"


La camicia da taglialegna per il buon Danny non è una scelta casuale, visto che a differenza dei suoi predecessori e di chi suonerà dopo di lui Daniele di legna ne fa tanta e buona, dedicandosi più di tutti allo studio del gruvo e allo schiaffeggiamento gentile di quello che te la saltelli di gusto e sei felice come la mattina di Pasqua. Un po' meno viaggione di quello che avrei sperato, ma che cazzo, è comunque tanta tanta roba e comunque perfettamente in linea con l'orario e il mood del party, che è "pochi ma buoni, tutti molto amici e molto festosi".

Particolarmente interessante, fra l'altro, il setup usato sia da Howells che dal suo predecessore, che sfrutta al meglio la nuova tecnologia per far sbavare noi giovani apprendisti dj: i quattro cdj 2000 linkati tra loro e al djm 2000 via cavo di rete, in modo che il superstar dj frequent flyer debba portarsi in giro solo una chiavetta usb con le tracce da suonare e, una volta infilatala in uno qualsiasi dei cdj, abbia tutte le tracce a disposizione su tutti e quattro con la magnifica interfaccia di Rekordbox e tutti gli altri giochini che i cdj e il mixer attualmente al top della gamma possono offrire. 

Bava alla bocca di quella veramente pesante.

Dopo Danny Howells, invece, arriva uno che della nuova tecnologia se ne frega completamente, e se ne frega pure della tecnica di mixaggio, visto che fa dj set con Ableton (e già sento arrivare i "buuuuu" dalla platea): il set di Nick Warren è uno di quelli che ti insegnano che un buon 90% della bravura di un dj sta nel saper scegliere il disco giusto al momento giusto.

Nick Warren e una mano gigante
Il set di Nick Warren, a differenza del precedente, è molto più vicino alle aspettative come stile, ma le supera ampiamente come qualità: si sapeva che il ragazzo (oddio, ragazzo, è abbondantemente oltre i quaranta e non li porta troppo bene) è cintura nera di viaggioni, ma non si pensava così tanto.

Nella sua oretta di set gli occhi si chiudono, le mani vanno al cielo e riscendono solo per gli abbraccioni e le lagrime scorrono copiose anche quando Nick suona il secondo Ovum di Loco Dice, non esattamente un progressivone ma comunque perfetto in quel momento e in quel posto che, ricordiamolo, è fatto così:


Insomma Nick Warren ci regala un set della madonna nonostante di fatto scelga solo i dischi e li faccia mettere uno in fila all'altro da Ableton, mentre dopo di lui arriva la dimostrazione vivente che, come si diceva prima, il gusto musicale è il 90% o più dell'abilità di un dj: James Zabiela.

Il simpatico biondino infatti perde una buona mezz'ora a montare tutti i suoi gingilli, tra cui un kaossillator e un  pc controllato un po' con un controller, un po' dal controller sul touch screen del djm-2000 e un po' da un ipad (!), oltre ovviamente ai cdj 2000 e all'efx 1000 già presenti, gingilli che in effetti spremerà al meglio della loro potenza facendo un numero da circo dietro l'altro, ma......su dischi di gusto più che dubbio.

Ok, bellissimo da vedere, spettacolare, fonte continua di "ooooooh" per noi ggiovani che sappiamo cosa si prova a mettere a tempo i dischi, ma da sentire...bah, poca roba. Si salva dagli insulti solo per aver suonato il remix di Alex Kid di "For the time being" dei Phonique feat. Erlend Oye, unico disco bello, ma tutto il resto è fuffa.

Se dopo di lui suona il bruttissimo Robert Babicz, teoricamente del tutto fuori posto in mezzo ai big della progressive house e depositario delle aspettative peggiori, va da sè che il momento sia di mestizia in attesa del set di Sasha, e invece l'orrido Roberto Babizzi sfodera un live davvero coi fiocchi, di progressive trance bella movimentata e viaggiona al punto giusto, per poi infilare, verso la fine del set, una straordinaria "Self control" di Raf (proprio lui, l'italico Raf) sopra una base techneggiantissima che fa saltare tutta la barca, nel frattempo salpata in giro per i canali, al grido di "I, i live among the creatures of the night".

Finito il live dell'ottimo Babizzi, quindi, è la volta di "The son of god", ma prima di lui è la volta del suo schiavo & roadie personale, che gli prepara la console come la vuole lui e fa allontanare i fans festanti (ivi compreso il fotografo ufficiale) in attesa dell'uomo con l'atteggiamento più da superstar di tutto il mondo: fosse stato chiunque altro a comportarsi in  maniera così scostante, avrebbe preso fischi e pallonate, ma lui è l'uomo su cui è stata coniata la definizione di "superstar dj" e gli si perdona qualsiasi cosa.

Soprattutto, gli si perdona qualsiasi cosa quando fa dei set così, che anche se suoni dalle tremmezza alle cinque quando finisce sembra siano passati solo dieci minuti, dieci minuti in cui ti ha fatto attraversare tutto lo spettro delle emozioni possibile, dalla gioia alle lagrime al fomento senza soluzione di continuità e con quei passaggi fatti sulle armoniche che lo sai in cuor tuo che sono due dischi diversi, perchè lo vedi coi tuoi occhi che sta cambiando disco, però cazzo lui li accoppia veramente in modo che sembri uno solo.

Mago.

Morale della storia, l'unica critica possibile a un party così è che far suonare gente come Danny Howells, Nick Warren e Sasha un'ora/un'ora e mezza anzichè almeno otto è un crimine contro l'umanità, ma d'altronde da uno showcase di una booking agency non si potevano certo pretendere gli extended set e comunque la critica è solo perchè di musica meravigliosa così ce ne vorrebbe sempre di più.

Passata la mattinata di nanna e il pomeriggio di shopping che frutta la coppia di compilation su Strictly Rhythm "Strictly Todd Terry" e "Strictly M.A.W.", è ora del party più interlocutorio del weekend, posto in mezzo tra due party di grande aspettativa e quindi forse un po' minore, ma rendiamoci conto del fatto che si sta definendo "un po' minore" un party con gli Slam!, The Advent, Steve Rachmad, Joel Mull, Heiko Laux e i Mandy, quindi vabbè chettelodicoaffare.

In realtà prima di questo c'è un party preserale con un'oretta di set di Mark Pritchard, sul quale però cercherò di sorvolare visto il colossale vaffancuore che si meriterebbe uno che per anni è stato metà dei Global Communication e adesso si è ridotto a fare ste cacate di set senza nè capo nè coda in cui mette in fila, senza neanche far la fatica di mixarli, dischi dubstep brutti (come se ne esistessero di belli), dnb brutti, fintohouse brutti e più in generale dischi brutti; si salva solo la splendida cornice del Paradiso, club meraviglioso in un palazzo d'epoca con tanto di parquet & caminetti ma con l'impiantone e il solito mood festoso&gioioso degli olandesi che già da solo è un valore aggiunto allucinante.

Torniamo al party Clik con tutti gli ospitoni di cui sopra, quindi, che si tiene in due megacapannoni industriali da qualche migliaio di persone l'uno con quei laseroni che piacciono tanto al clubber nordeuropeo:


Arriviamo giusto in tempo per sentire l'ultimo quarto d'ora di un Heixo Laux eccezionalmente in versione "schiaffazzi" anzichè il suo solito techno jazzato di classe, e sono schiaffazzi veramente da antologia: l'occhialuto germanico mena veramente come pochi altri, ma con una classe e un'abilità nel costruire atmosfere sopra lo schiaffeggiamento che rendono il suo live un'autentica gemma.

Dopo di lui suona il pessimo Marko Nastic di cui non ce ne fregancazzo, per cui ci dirigiamo di sopra a sentire i Mandy (o "il" Mandy, visto che di cugino ce n'era uno solo) e la sua ottima miscela di electropop alla Get Physical e techno movimentata ma non troppo da club in grado di soddisfare un po' tutti i palati, ivi compreso il mio, per cui l'ora di set del serbo nell'altra sala passa in fretta ed è ora di tornare di sotto per Joel Mull, che come produttore è sempre stato molto molto eclettico, al punto che non so davvero cosa aspettarmi dal suo set, senonchè il tema della serata è "castagne in faccia" e lui lo interpreta alla perfezione, bastonando gli astanti con della techno come non se ne sentiva da anni, roba che se non sapessi che è impossibile mi aspetterei da un momento all'altro il ritorno dell'hardgroove con conseguente resurrezione di tutti i morti della scena napoletana (i vari Carola, Vigorito, Cerrone, etc.) a cui sono affezionato.

I richiami a Napoli nel set di Joel Mull sono evidenti, al punto che molti dischi mi sembrano proprio del periodo d'oro della Zenit, della Rilis e di quel giro lì, e ovviamente io con un set così vado a nozze.

Oltre ogni più rosea aspettativa.

Tempo di fare un saltino rapido da Rachmad e sentirgli suonare la sua "Virton" nel 2010 come se fossimo nel 2001, ed è già ora degli Slam, il set che attendevo con più ansia della serata: i due glaswegiani sono ovviamente in versione "Paragraph" anzichè in versione "Soma", e proprio come le loro uscite sulla sublabel incazzata menano come degli indemoniati, forse pure troppo: perfetti per il contesto, per carità, e in grado di farti passare la stanchezza delle quattro di mattina del secondo giorno di party consecutivo a suon di sberle, ma forse un po' privi di quell'anima che distingue un set stupendo da uno semplicemente bellino.

Data la fatica e dato che Cisco Ferreira viene comunque in Italia spesso, decidiamo di perdercelo e tornare presto in hotel, visto che il giorno dopo ci aspetta un party lungo e faticoso.

Altra mattinata di nanna e pomeriggio di shopping, stavolta vinilico nel negozio della Rush Hour al quale lascio ovviamente una buona quantità di euro, per poi proseguire nel pop up studio della Red bull music academy radio, in cui ci sono due pischelli completamente sconosciuti che suonano roba di qualità assoluta, spaziando senza soluzione di continuità dalla dub techno alla house allo UK garage con un mood perfetto per l'orario e la modalità "mi siedo sul divanetto, bevo una red bull e leggo un libro".

Pischelli sconosciuti FTW

Una pennichella preserale in hotel, una sistemata alle valigie, un sushi ed è già ora di andare al Trouw, sede dell'ultimo paty del weekend, quello che vede protagoniste la Ostgut ton e la Delsin, etichette di punta del panorama dub techno che attualmente va per la maggiore.

Prima di parlare della musica, però, val la pena di spendere due tre parole per il club, ricavato nell'enorme scantinato dell'ex sede di un quotidiano con tanto di macchine per la stampa residue:

Da fuori

Un particolare dell'interno

Il ristorante
La gigantesca main room
Dopo la coda al guardaroba in cui riesco a sentirmi un famoso dj internazionale perchè un ragazzo italiano mi guarda e mi dice "ma tu sei Raibaz!!?", ad accoglierci c'è Quince nella sala grande che sta facendo un'apertura davvero coi controfiocchi a base di deep house e di traktor usato nella maniera in cui andrebbe usato, con sempre almeno due/tre dischi assieme e un sacco di effettistica e filtristica sempre funzionale all'obiettivo finale, che è spremere a dovere il muraglione di subwoofer funktion one e farci sentire della musica splendida, mentre di sotto c'è un Nick Hoppner solitario e un po' intristito dal vuoto nella sua sala che suona cose malinconiche e troppo troppo raffinate perchè qualcuno riesca anche solo a ballicchiargli davanti.

Bravo bravo Quince
Finiti in contemporanea i set di Quince e Hoppner, è l'ora del primo dilemma: Shed o Newworldaquarium?

Di Shed non ho proprio un'opinione elevatissima e l'ho già dichiarato in altre occasioni, per cui istintivamente propenderei per il ragazzo di casa Delsin di sotto, se non che l'antipatico resident del Berghain decide di farmi ricredere con un set dellamadonna che fonde le metriche quadrate e il rigore della dub techno tedesca a un calore e un'anima soul di evidentissima ispirazione houseggiante, mostrando a tutti gli astanti il meraviglioso lato umano della dubtechno berlinese, col quale la classe, gli schiaffazzi e il romanticismo trovano il proprio equilibrio perfetto e diventano l'uno il complemento dell'altro.

Purtroppo, o per fortuna, l'antipaticissimo decide di impostare il proprio set in modo da fare un'ora e mezza di drittoni in modo da fomentarci tutti al meglio delle nostre possibilità e poi, per l'ultima mezz'ora, tagliarci le gambe e spezzarci in gola le grida di gioia a colpi di minchiate spezzate e senza mordente, con quel mood "adesso succede qualcosa, stai attento che adesso faccio il botto, vedrai che adesso succedono cose e ti metti le mani nei capelli - e poi non succede un cazzo" tipico del dubstep e del resto delle degenerazioni spezzate della techno da fintointellettuali, col risultato fortunosissimo che Shed viene prontamente sfanculato per andare a sentire l'ultima, magnifica, mezz'ora di Newworldaquarium, che nel frattempo ha riempito la sala inferiore a colpi di classe e raffinatezze facendo un percorso opposto a quello del suo contemporaneo.

Se Shed infatti parte dal rigore della techno per costruirci sopra il lato romantico, Newworldaquarium fa il contrario: la sua base, è evidente, è la house più sexy e contemplativa, ma dato che  l'obiettivo finale è sempre far muovere il culo dei presenti la cassa si fa più sostenuta e le ripartenze più macellose, col risultato che persino dischi morbidi e sensuali come "Polygons" di David Alvarado diventano sassate senza pietà...chapeau.

Finiti i set di Shed e Newworldaquarium, teoricamente c'è un momento di down dovuto alla presenza nelle due console rispettivamente di Redshape e Prosumer, nessuno dei quali mi fa impazzire e che comunque vengono in Italia spesso e volentieri, per cui la scelta sembrerebbe ostica e comunque di ripiego, e invece.....

E invece Prosumer, che Prosumer.

Brutto ma buono, verrebbe da dire

L'orsacchiottone del Berghain tira fuori un set così gay, ma così gay che in confronto i Village people sono un'icona etero, e si sa che io per la musica gay impazzisco.

Deep house, dub techno, ritmiche dritte, ritmiche spezzate, mani al cielo, lacrimoni, fomento, cantati, pause di riflessione, gioie, dolori: nelle due ore di Prosumer c'è veramente di tutto, con una linea perfetta e tante scelte coraggiose ma dall'effetto devastante, come tanti dischi d'annata, qualche novità interessantissima tipo l'Ovum di KiNk e qualche chicca per noi clubber anziani, tipo questo:



Al di là della bellezza intrinseca del disco, vale la pena di spendere qualche parola sull'atmosfera che Prosumer è riuscito a creare durante il suo set, ovviamente aiutato dal mood degli olandici: completamente perso nella gioia e nel cantato di Robert Owens, mi guardo attorno e vedo:

  • Un signore di mezza età alto quaranta metri, di fianco a me, che canta a squarciagola
  • Una tipa tiratissima come quelle che qui da noi vanno nei locali commerciali e stanno sedute a sentire l'ultima hit di Bob Sinclar che salta come un'ossesso e canta pure lei di gran carriera e mi dice "mi piace un sacco questo disco, mi ricorda gli early days of house music"
  • (Modalità italiano on) Una densità di figa per metro quadro allucinante, di quella che da un momento all'altro ti ritrovi completamente circondato e non sai più dove guardare (Modalità italiano off)
  • Un sacco di gente gioiosa e sorridente, al punto che il ragazzo italiano che mi aveva riconosciuto in coda al guardaroba a un certo punto arriva da me completamente sconvolto e mi dice tipo "non ci credo, qui sono tutti festosi, sono tutti sorridenti, è incredibile!"
E in effetti per noi abituati ai party italiani sembra davvero il paradiso vedere il clima di "facciamo festa e divertiamoci tutti assieme" che anima i party olandesi, al punto che, scena vista coi miei occhi e a cui non avrei creduto se me l'avessero raccontata, un tipo agita la propria bottiglia di birra (sì, danno le bottiglie di birra di vetro, tanto lo sanno che non se le spaccano in testa...se lo facessero in Italia ci sarebbe un morto al minuto) che schizza quasi tutto il proprio contenuto sulle spalle di uno sconosciuto.

Panico, penso, adesso si legnano.

In Italia sarebbe già arrivata la polizia e i carri funebri per la dozzina di cadaveri prodotti dalla rissa susseguente un affronto del genere.

Il lavato invece si guarda la maglietta fradicia di birra, se ne scrolla un po' di dosso, guarda il lavatore con un sorrisone che dice "cazzo, mi spiace per la tua birra", lo abbraccia e i due se ne vanno sorridenti a bere dell'altra birra insieme, che tanto costa pochissimo (meno della red bull, cazzo).

Prosumer finisce il set tra gli applausi a scena aperta miei e del resto della pista, e dopo di lui inizia Delta funktionen che per carità, bravo, ma dopo un set così dove vuoi andare, per cui decidiamo di sentire una mezz'oretta di Marcel Dettmann prima di tornare in hotel a finire le valigie e riprendere l'aereo per tornare a casa.

Il bel ragazzo del Berghain è l'apoteosi della techno tedesca: metriche squadratissime, cassa scolpita nel granito e clap croccantissimi, se ti piace il genere non puoi chiedere di meglio, solo che a me il genere non piace.

Ci provo a farmelo piacere, per carità, ma i suoni sembrano riciclati dai vecchi Stigmata di Chris Liebing e anche se il ragazzo mena così tanto da farti passare la stanchezza delle cinque di mattina dopo un quarto d'ora le metriche sono davvero troppo semplici e l'andamento dei dischi è così piatto e banale che non si riesce a divertirsi neanche volendo.

Per carità, sound design eccezionale, i suoni non sono niente di nuovo ma acusticamente sono perfetti, peccato però che l'anima sia rimasta a casa.

Non fa per me.

Viaggio in taxi verso l'hotel economico come nelle città civili, valigia, colazione, aereo e siamo di nuovo in Italia, a cercare disperatamente di accontentarci dei nostri festival in cui ci si spara in coda al guardaroba (ogni riferimento al Movement dell'anno scorso e a quello che probabilmente succederà il prossimo weekend è assolutamente voluto) e a prenotare i biglietti aerei per la prossima fuga in qualche territorio più amichevole per i clubber.

Col senno di poi, avrei voluto partecipare a qualcuno degli eventi diurni, tipo la conferenza in cui Plastikman presentava il suo live show, ma il problema classico di eventi grossi come questo è che qualcosa bisogna lasciar fuori per forza.

Comunque, quello che sono riuscito a fare mi ha riempito di gioia per gli anni a venire, per cui direi che può bastare così.

martedì 19 ottobre 2010

Tre giorni all'ade

Bislacco come dietro un nome così infernale si celi un evento che invece si avvicina molto alla definizione di paradiso per un clubber, anche se in realtà la necessità di scegliere cosa andare a vedere e cosa perdersi durante l'Amsterdam Dance Event è qualcosa di assolutamente infernale e demoniaco, visto che, tanto per capirci, solo giovedì sera le alternative possibili sono, in rigoroso ordine di apparizione sul programma ufficiale:
  • La reunion dei due Global Communication (Pritchard e Middleton)
  • Flying Lotus e Dorian Concept
  • Il party di una rediviva CLR con Liebing, Ruskin e Sanhaji
  • Il party della Desolat con Dice&Martin più Andy Stott e i District one
  • Il live dei Der dritte raum e quello di Stimming
  • Il party dei 10 anni di Moon harbour in combo col Secretsundaze
  • Marco Resmann e Mike Shannon
  • Il party della Rejected
  • La labelnight della Kompakt
  • Jeff Mills allnight
E la cosa migliore è che....non andrò a nessuno di questi, visto che pare (pare) sia riuscito a ottenere dei ticket per il party di ResidentAdvisor su una barca da 600 persone con dei pessimi dj come Zabiela, Nick Warren, Danny Howells e "the son of god" Sasha, e scusate se è poco.

Venerdì la scelta è un pochino più ristretta, per cui dopo un preserata col set solitario del già citato Mark Pritchard probabilmente mi toccherà sacrificarmi e ripiegare su un pessimo party con Steve Rachmad, gli Slam, i Mandy, Heiko Laux, The Advent e Joel Mull, mentre per sabato ho già preso la prevendita per il party della Ostgut e della Delsin coi nomi più importanti delle due etichette.

Purtroppo domenica mattina si torna a casa e mi perdo i party di domenica, ma direi che può bastare già così :)

lunedì 18 ottobre 2010

Orchestraibaz, puntata #59 - Raw house

Pacco di dischi nuovi a casa Raibaz, mixato pieno di primizie e novità assortite, praticamente tutte all'insegna delle sonorità analogiche e un po' zozze che vanno per la maggiore di recente.

La partenza è affidata a uno dei dischi più sbilenchi che si siano mai sentiti, e non poteva essere diversamente visto che ci sono di mezzo quei due scoppiati di Tobias Freund e Max Loderbauer, altrimenti noti come NSI già autori di uno dei Cadenza migliori del catalogo (Clara Ghavami) e assoluti padroni dello stile storto e senza capo nè coda che mi fa letteralmente impazzire; era difficile decidere come procedere da lì, ma ho deciso di optare per un po' di dub techno semplice ma efficace, tanto per fare da contraltare con l'andamento rigido e quadrato a cotanta zoppaggine: il fratellino di Dario Zenker e Mike Dehnert sono comunque disconi, per cui ovvio che non sfigurino, come pure la chicca ormai nota a grandi e piccini di Shed in versione "i dischi li so fare, non faccio solo cagate fintointellettuali".

E' cosa nota che la dub techno però dopo un po' stufi e mi stufi, per cui era ora di darci un po' più dentro col groove, gentilmente offerto dai Los Updates che si confermano artisti imprevedibili in grado di fare roba di altissima classe come roba completamente demenziale e dalla Liebe detail che invece è garanzia quasi assoluta di raffinatezza, come pure la Vakant limited che sforna un capolavoro dietro l'altro: in particolare, questo Tolga Fidan nuovo è uno di quei dischi che fino a metà dici "boh, mah, vabbeh" e poi ti sfodera una pausa-ripartenza inaspettata da mani nei capelli (per chi ce li ha).

Sempre più houseggiando, si arriva alla 2020 vision passando per un sempre ottimo Shlomi Aber, e da lì in poi i richiami alla house oldschool si sprecano, grazie al caro Padicione validissimo sia su Metroline ltd che sulla Bassculture di D'julz, ma anche grazie a UES remixato da Joss Moog su una delle uscite più di successo della "mia" Exprezoo.

La chiusura è affidata a due dischi di vero revival, visto che il primo è un remix nuovo di una traccia meravigliosa di quando ero ggiòvane e ascoltavo la trèns e il secondo invece è roba di quando ero adolescente, roba che probabilmente quando sarò anziano ai miei figli&nipoti suonerà come adesso suonano Little Tony & Bobby Solo ma che a me fa sempre venire la pelle d'oca.

In sostanza:

Margaret Dygas - How do you do? (Hidden NSI rmx) (Powershovel)
Marco Zenker - Moments ep (Ilian tape)
Mike Dehnert - Pompage (Echochord colour)
Wax - Wax 30003 B1 (Wax)
Anthony Collins - Bruised inside (Los updates rmx) (Curle)
Tom Demac - Rivalry with irony (Liebe detail)
Tolga Fidan - Rezil (Vakant ltd)
Samuel L Session - Big bad drum (Shlomi Aber rmx) (Be as one)
Hector - A.g.e. (2020 Vision)
Rio Padice - Grooveapocalypse (Metroline ltd)
UES - Where is that song (Joss Moog rmx) (Exprezoo)
Rio Padice - Ravestation (Bassculture)
One brother - Under the water (Arti farti)
Jam & Spoon - Right in the night (Jam!)


Per chi volesse farsi venire la pelle d'oca come me, da qui si può scaricare il micsato completo, mentre per chi ancora non l'avesse fatto, qui si sottoscrive il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce un episodio nuovo.

mercoledì 13 ottobre 2010

Musica rumorosa tunz tunz

Dei Pendulum, l'ho già detto, mi piace che fanno un casino non indifferente, eppure hanno una sensibilità musicale non indifferente, come testimonia questa cover acustica fatta da uno sconosciuto che tecnicamente non è proprio ineccepibile ma come idea è mirabilissima:


lunedì 11 ottobre 2010

OrchestRaibaz, puntata #58 - Deep house

Potevo non fare una puntata di deep house, dopo il set meraviglioso di The timewriter sentito venerdì al Gamma e per il quale non finirò mai di ringraziare l'amico Gandalf? Ovvio che no!

Il set di stasera, infatti, ruota attorno a una traccia bellissima proprio di Jean Frank Cochon sentita suonare da lui medesimo proprio venerdì, "Is this life" con quel suo giro di basso rotolone ed emozionante, ma anche attorno a due tracce del mago della deep house italiana, quel Roberto Bardini che proprio venerdì sera ha fatto un set d'apertura straordinario e che mi rende ogni volta orgoglioso di essere quello che scrive le press release delle uscite su Exprezoo: le sue "Hate me" e "Killing deeply" sono perle che se uscissero a nome Fritz Von Kartoffeln sarebbero hit mondiali, ma siccome escono con un nome italiano ce le suoniamo solo in pochi eletti e ne godiamo profondamente.

Il resto del set è roba che ci stava bene con queste tracce, per cui ovviamente c'è un sacco di Plastic city, altra etichetta tra le mie preferite, ma ci sono anche i due remix di grandissima classe di Kerri Chandler su Sushitech Purple e una combo di quelle veramente assassine (e del tutto inaspettate), quell'uno-due Tobi Neumann su Diynamic - An-2 (classicone!) che stanno assieme come il pane e la Nutella.

Tanto per cambiare anche oggi mi è rimasta fuori un sacco di roba che avrei voluto suonare ma che in un'ora non ci stava...mi sa che a breve faccio un episodio speciale di durata extralunga per infilare dentro tutti gli avanzi delle ultime puntate :)

Morale, stasera s'è suonato questi dischi qui:

Liapin - Tonkawa (Agnes rmx) (Connect four)
Roberto Bardini - Killing deeply (Exprezoo)
Makam - You might lose it (Kerri Chandler dark mix) (Sushitech purple)
Terry Lee Brown Jr. - Soul digits (David Alvarado rmx) (Plastic city)
John Dahlback - Nothing is for real (Askesian society rmx) (Toolroom)
Solomun - Hypnotize (Tobi Neumann feat. Ilhem rmx) (Diynamic)
An-2 - Road through the rain (Was not was)
Makam - You might lose it (Kerri Chandler kaoz 6:23 again mix) (Sushitech purple)
Terry Lee Brown Jr. feat. Robert Manos - Wait (Nacho Marco rmx) (Plastic city)
Roberto Rodriguez - Motor (Plastic city)
The timewriter - Is this life (Plastic city)
Roberto Bardini - Hate me (Exprezoo)
E.b.e. - Votion (Plastic city)

Ovviamente il mio set è una pallida imitazione del capolavoro di The timewriter di venerdì, ma per chi volesse farsi un'idea di com'è stato o volesse qualcosa da ascoltare come ricordo, da qui si può scaricare la mia opera, mentre per chi ancora non l'avesse fatto, qui si sottoscrive il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce un episodio nuovo.

venerdì 8 ottobre 2010

Quei party a cui veramente non puoi proprio non andare

Cioè, parliamone:

- Uno dei miei artisti preferiti di tutti i tempi, di quegli artisti di nicchissima che vengono in Italia una volta ogni morte di papa dispari (non so neanche se c'è mai venuto, a naso direi di no) e non sai quando ti ricapita di sentirlii
- A un party organizzato dal mio ammmico Gandalf in un club molto molto fico nell'unica città italiana in cui il clubbing ha ancora un senso
- Con a fare apertura uno degli artisti Exprezoo più interessanti, Roberto Bardini, fresco fresco di uscita molto bella sulla "mia" etichetta


Devo aggiungere altro?

Ma si, dai, aggiungo altro:

lunedì 4 ottobre 2010

OrchestRaibaz, puntata #57 - Tributo alla Ovum

Dopo il mixato "freestyle" di settimana scorsa, che purtroppo non è venuto registrato ma che, fidatevi, era molto soddisfacente, questa settimana è la volta di un set a tema che avevo in mente già da un po' di tempo.

Non è la prima volta che faccio set tributo con dischi di una sola etichetta, mi è già successo con la Cadenza, la Minus e la Perlon, per cui al novero delle etichette nel cui catalogo mi riconosco maggiormente ne mancava forse giusto una, che proprio quest'anno festeggia i quindici anni di attività: sto parlando della Ovum di quel santissimo uomo di Josh Wink.

Cercare di schiacciare quindici anni di etichetta in un'ora era un'impresa praticamente impossibile, per cui un buon 90% dei dischi di stasera sono relativamente recenti, e comunque molti dei miei Ovum preferiti sono rimasti fuori, tipo questo:



o questo:



Ciononostante, nell'oretta di mixato ci sono un sacco di capolavori, tipo l'edit di Wink di "Shimmer" di Stefan Goldmann o l'altro lato del disco di Taho, a cui associo il bellissimo ricordo del mio set al Gasoline in uno dei party riusciti meglio della mia (breve) carriera da dj; c'è ovviamente un sacco di Wink, al punto che gli ultimi quattro dischi sono tutti suoi per un filotto di acid house alla sua maniera da strapparsi i capelli per chi ce li ha.

Senza por tempo in mezzo, quindi, stasera s'è suonato questa minima parte del catalogo Ovum:

Dj Dozia - The ritual
Shlomi Aber - Slow dancer
Steve Bug - Summer nights
Stefan Goldmann - Shimmer (Wink edit)
Taho - Shambhalla (Wink edit)
Kink - Existence
Dj Dozia - Pop kulture
Dj Pierre - I'm a freak (Dj Pierre club mix)
Luca Bacchetti - It's jazzy
Tom Pooks - Trouble (D'julz rmx)
Josh Wink - Swirl
Josh Wink - Oakish
Josh Wink - 516 acid
Josh Wink & Lil'louis - How's your evening so far

Per chi volesse rinfrescarsi la memoria sullo stile variegatissimo di una delle etichette più continue qualitativamente del panorama techno e house mondiale, da qui si può scaricare il mixato, e per quelli che vogliono essere avvisati quando esce una puntata nuova, qui c'è il feed RSS del podcast.

venerdì 1 ottobre 2010

R.I.P.

giovedì 30 settembre 2010

I Pendulum, dal vivo, spaccano i culi

Il titolo del post è una frase che si legge sempre in giro per la rete, ma ieri sera ne ho avuto la conferma definitiva e incontrovertibile.

Un'ora e venti di sudata pesantissima, di quelle che quando esci dal concerto sei molto meno dispiaciuto di aver paccato il calcetto settimanale che tanto sei dimagrito di più così e sei pure molto soddisfatto dei novanta euro che hai speso (trenta il tuo biglietto, trenta quello di Silvia che a lei tanto i Pendulum non piacciono e già ti fa il favore di accompagnarti, non vorrai mica farla pagare, e trenta la maglietta indispensabile più che altro per sostituire quella che avevi durante il concerto che è completamente fradicia e a tenerla indosso uscendo rischi la morte istantanea).

Ma andiamo con ordine, partendo dall'orripilante dj set d'apertura di due maranza che mi si dice rispondano al nome di South Central e che trovano sia una cosa davvero fica suonare, nel 2010, "We are your friends" dei Simian mobile disco; probabilmente l'anno prossimo scopriranno "Pleasure from the bass" di Tiga.

Ad ogni modo, hanno il grosso pregio di levarsi dalle palle dopo venti minuti dal mio arrivo, venti minuti in cui comunque trovano il tempo di suonare un'edit orrenda di "Smells like teen spirit" e una quasi peggiore di "Invaders must die", quando si dice l'originalità al potere.

Poi finalmente, con quei cinquanta minuti di ritardo d'ordinanza, finalmente sale sul palco l'ensemble di australiani che, dopo la stessa mini intro dell'album nuovo, "Genesis", parte subito pimpumpam a fare caciara a colpi di "Salt in the wounds", ed è subito pogo, ed è subito anni '90.

I magazzini sono belli pieni, col pubblico delle grandi occasioni, per cui anche stando piuttosto in fondo in posizione da intellettuali che si grattano il pizzetto ascoltando con attenzione è impossibile sottrarsi al pogo, ma alla fine della fiera è impossibile sottrarsi al pogo perchè i Pendulum fanno un casino che la metà basta anche con l'impianto fuffa dei magazzini e il volume in modalità cameretta e quindi due tre spallate uno le dà anche benvolentieri.

In buona sostanza, il concerto si divide in maniera abbastanza equa tra momenti in cui si fa a spallate di gusto e momenti in cui si canta con gusto: tra l'altro, mi ha stupito vedere attorno a me molta gente che effettivamente sapeva le canzoni e cantava di gran carriera, ma forse era per via del posizionamento in zona "intellettuali che si grattano il pizzetto e sanno le canzoni", come in generale mi ha stupito la quantità di gente, molto superiore a quella che mi sarei aspettato.

L'equilibrio del concerto dura poco, perchè tempo tre-quattro canzoni e i pendoli estraggono dal cilindro il remix di "Voodoo people", forse stimolati dalla quantità colossale di magliette dei Prodigy presenti (me compreso, ovviamente), e da lì in poi non ce n'è più veramente per nessuno, la carica esplosiva dei Pendulum detona al massimo delle sue possibilità e diventa ormai evidente che stasera si suda un sacco, i vetri delle balconate dei magazzini si appannano e vaffanculo tutto, che i ragazzi qui menano veramente come degli assatanati.

La formazione dei ragazzi australiani prevede Rob Swire al cantamento, Paul Harding all'Ableton, il fastidioso MC al microfono a gridare "make some fuckin' noise, Melano", ogni troppo poco ma soprattutto una ghitarra e un basso come le vere rock band e la miglior drum machine che si possa avere: un batterista validissimo e col doppio pedale inferocito come un vero metallaro che rende lo show molto più organico, casinista e, alla fine, più coinvolgente di quanto qualsiasi 808 o 909 potrà mai fare.

Il legame coi Prodigy di cui sopra, poi, va ben oltre il remix di "Voodoo people" e il numero di magliette in platea: gli aussies qui, per quanto mi riguarda, si possono considerare a pieno titolo gli eredi morali di Liam Howlett e soci, visto che ne replicano la formazione con la combo di live techno "classico" e strumenti analogici e molti molti riferimenti e sonorità, ma sarebbe sbagliato considerarli solo degli emuli: in primo luogo perchè pur avendo delle radici comuni hanno anche una parte di background diverso per motivi di età (se i Prodigy arrivavano dalla prima scena 'ardkore, i Pendulum iniziano dalla drum'n'bass che dell'ardkore è un po' una figlia ripulita), ma anche e soprattutto perchè rispetto ai Prodigy hanno il "vantaggio" di avere molto meno pedigree e di potersi discostare con meno problemi dalle proprie origini.

Se da un live dei Prodigy ti aspetti comunque, per forza, almeno "No good (start the dance)" e "Out of space", i Pendulum sfanculano quasi del tutto il proprio passato dnb, forse anche per via dell'atteggiamento non proprio amichevole nei loro confronti della scena dnb e incentrano tutto lo show sul loro stile attuale, fatto di tanta tanta caciara e di quella maranzeria che però non è sconveniente, è quel maranza ignorante e conscio di esserlo che è molto più intelligente di tante tamarrate che invece si prendono sul serio.

Qui invece di serio c'è solo il sudore e anche quando il pogo si prende un attimo di pausa per cantare "The island part 1" e rinunciare definitivamente alla voce per tutta la giornata di oggi, subito dopo arriva la part 2 e sembra di essere tornati ai tempi di "Rocker" degli Alter ego.

Passa un'ora e un quarto, passa qualche vecchio successo tipo "Tarantula", "Slam" e "Propane nightmares" assieme a qualche hittona dell'ultimo album tipo "Witchcraft", passa tanto sudore e i ragazzi fanno la finta di abbandonare il palco, per poi concedere l'ovvio bis a base di "Crush" e mandare tutti a casa col secondo singolo estratto dall'album dell'anno, "Watercolour", che è la sintesi perfetta delle due anime "cantiamo-a-squarciagola-abbracciandoci" e "poghiamo-fino-alla-morte" di un concerto veramente, veramente eccellente.

Siccome sono una persona noiosa, però, non riesco a risparmiarmi una nota negativa: io ci sono rimasto male che non abbiano fatto le due tracce in combo con Liam Howlett e con gli In Flames dell'ultimo album nè il remix di "I'm not alone" di Calvin Harris (che ormai non fanno più da un po' e non è uscito ufficiale, quindi mi sa che è perso per sempre), per cui ci sta che aggiunga al post i videi di youtube delle tre tracce, giusto per completezza:





lunedì 27 settembre 2010

OrchestRaibaz, puntata #57 - Funky house e novità assortite

Dopo una serie di mixati a tema, era anche ora di fare una puntata un po' più plain and simple, "banalmente" mettendo in fila un po' delle ultime novità più succose: in realtà molti dischi non sono proprio delle primizie assolute, visto che girano già da quest'estate, ma è anche vero che il mercato discografico attuale non è proprio nella situazione più florida possibile in cui esce un missile al giorno e che comunque, con l'estate ormai andata, fa sempre piacere un po' di mood funkettone, giocherellone ed estivo, per cui questo mi andava di suonare e questo vi pigliate :)

Di qualche traccia ho già parlato nel passato recente, sia qui sul blò che in giro per i social netwis, tipo il remix dei LCE per Mathias Kaden o Pablo Cahn su Cadenza, entrambe cose molto molto semplici, poco più che dei loop, ma di un'efficacia allucinante: la traccia di Pablo Cahn, in particolare, si pianta in testa e non ne esce neanche a martellate, come pure quella che la segue immediatamente nel set, la riprova che Voorn ha effettivamente finito le idee ma che comunque è in grado di tirar fuori ancora della roba decente riciclando sempre gli stessi suoni.

A proposito di Cadenza, poi, è bello vedere che hanno finito la sequenza di uscite di merda e finalmente Luciano si è rimesso a stampare roba decente: non solo lo split ep con la traccia di Pablo Cahn, ma anche l'ep di Daria su Cadenza Lab e un paio di altre cose recenti valgono l'acquisto, cosa che non succedeva da troppo tempo, mentre altri artisti, invece, valgono l'acquisto a scatola chiusa sempre e comunque, visto che sono garanzia di qualità stratosferica: sto parlando, ovviamente, di Andre Rozzo e delle sue percussioni shufflatissime che mi fanno letteralmente impazzire, ma anche di Alex Celler e il suo bassolone ormai trademark che in tanti cercano di copiargli con scarso successo.

A chiudere il mixato, poi, un po' di revivalismi che non fanno mai male, con un remix nuovo di Pacific state che soddisfa le orecchie più anziane e soprattutto con il papà della house music, il signor dita Larry Heard.

Morale, uno in fila all'altro stasera s'è suonato:

Kollektiv Turmstrasse - Mondschein primaten (Suol)
Rozzo - Meta 003.1 (Trackdown)
Ladzinski - Diamond (Boe)
Daniel Stefanik - Sidechain (Be chosen)
Daria - Gauchito Gil (Lee Van Dowski edit) (Cadenza lab)
Chembass - My end (Alex Celler rmx) (Nordik net)
Mathias Kaden - Roots (Luna city express rmx) (Vakant)
Alex Niggemann - Take control (Supernature)
Pablo Cahn - Elle (Cadenza)
Gerd - For 12 minutes she danced with an alien (Joris Voorn rmx) (Rejected)
Jay Lumen - Is mine (100% pure)
Doman & Gooding - Pacific State (Roy McLaren's revival mix) (Nocturnal groove)
Larry Heard - Deja vu (Musaria mix) (Innervisions)

E mi direte, voialtri, "che figata di set! lo voglio scarricare e risentirlo a ripetizione per tutta la vita finchè morte non mi separi!", ma siccome il qui presente è un po' rincoglionito la settimana scorsa ha smarmagliato con le impostazioni della scheda audio per ricevere una chiamata su skype, col risultato che il mixato è venuto registrato dal pessimo microfonino ambientale anzichè dal line in della scheda audio, ed è praticamente inascoltabile.

Bestemmio.

Il simpaticissimo Shed

(Comincio attirandomi inimicizie) Come il 90% dei dj di questi tempi, adorissimo le cose che fa come Wax, ma nè "Shedding the past" nè st'ultimo album di Shed mi sono piaciuti, anche se "The traveller" forse è un po' meno peggio.

Ad ogni modo, visto che è un po' l'uomo del mese per via di quell'album lì un po' tutti i siti di riferimento fanno a gara per intervistarlo o averlo nel podcast, e la lunghissima intervista che gli fa il tizio di LWE mi sembra emblematica di quanto i suoi due album incarnino alla perfezione la sua anima di produttore wannabe-IDM snob, altezzoso e simpatico come un calcio nelle palle: quasi tutte le risposte iniziano con "No," ma il meglio di sè lo dà quando, da vero indiesnob, spala merda sul grosso degli altri produttori:
I don’t like it at all. This SCB. Some dubstep guys can’t make techno music. It’s impossible. And here’s an example. It’s not very good. The same way when house producers want to make dubstep, it’s impossible.
Ovviamente dopo aver detto che invece lui è in grado di suonare sia dubstep che techno ma non suona techno solo perchè ultimamente non esce niente di interessante, infatti......
I think the problem right now is that every techno producer wants to do something like [Marcel] Dettmann or Ben [Klock]. When they do new techno music it always sounds like Berghain. And this is the problem. They don’t try to find their own sound. They always do what others do. And this is the bad thing. They don’t try to find something new. And this is disappointing.
Che è anche vero, per carità, e infatti nel suo snobismo qualcosa di condivisibile per noialtri snob cacacazzo la dice:
It’s kind of interesting how Ostgut Ton and Berghain are becoming a cultural exports, with gigs in New York and Ibiza now. 
I don’t like that very much. And I always have to say that I don’t want to be called a “resident DJ” of Berghain, because I’m not. There’s always these “Berghain evenings at club blah blah blah….” It’s killing itself. I think next year it’s over.  
Morale, la musica non mi fa impazzire, almeno non quella che stampa come Shed, ma l'intervista è molto interessante e quello che dice, al netto del mood intellettualoide e fastidioso, è molto valido: fondamentalmente, quindi, vale lo stesso discorso che per la maggioranza dei miei post, solo che lui è più autorevole di me anche se siamo noiosi uguale.