mercoledì 27 gennaio 2010

Cosa fai sabato sera?

Si parlava di quei party per nerd musicali, ai quali vai perchè sai che trovi un sacco di amici e sai che ti divertirai, che il clima sarà quello che piace a te, senza troppe menate, liste, tavoli, privè, cubiste, vocalist e cazzimme assortite...una festa tra amici con della buona musica.

Questa settimana c'è un party che ha tutti questi ingredienti e in più ha anche la musica di qualità sopraffina, visto che sarà a cura del tenutario di questo blò:



Il progetto Skream! Yes, we dance è ovviamente curato da due carissimi amici, Fede e Melkio, fondamentalmente gli unici con abbastanza coraggio da darmi in mano una console e che oltretutto sono recidivi, visto che io e Fede abbiamo già suonato assieme al party di capodanno con somma soddisfazione nostra e degli astanti.

Come bonus non irrilevante, poi, il party è pure aggratise per i fortunati possessori di tessera ARCI, e per quelli che ancora non ce l'hanno farla costa 15 euro e dura tutto il 2010.

Morale, riassumendo:

  • Amici
  • Buona musica
  • Gratis
Serve altro? :)

lunedì 25 gennaio 2010

Orchestra saltata per cause di forza maggiore

E' lunedì sera, yeah, c'è l'orchestrina alla radio, mangio per tempo e mi preparo a dovere il set, con un sacco di house e disco vecchia scuola influenzata dal set di Moodymann di venerdì scorso.

Primo disco, "Finally" dei Deep dish, secondo disco che non nominerò per tenermi la sorpresa per tempi migliori, poi metto su il remix di Richard X di "Situation" degli Yazoo, e...bam! Salta la corrente.

Vabbè, dici, magari riesco a fare solo cinque minuti di pausa e poi riprendo, mentre ti lanci giu dalle scale verso il locale dei contatori e poi rifai le rampe in salita...arrivi su col fiatone, ti scagli verso il pc per riaccenderlo e....cadavere.

L'ups che sta tra pc&monitor e la presa di corrente è cadavere e ovviamente non ho i cavi per attaccarli direttamente alla presa senza ups, o comunque non riuscirei a farlo in tempo per suonare più di 10 minuti.

Morale, per sta settimana l'orchestrina salta, ma....c'è un rimedio!

Il caso ha voluto che il prestigiosissimo podcast di Melkiorave, che ha già ospitato artisti del calibro di Alexander Robotnick e dei Kollektiv Turmstrasse, questa settimana ospita nientepopodimeno che...il sottoscritto!

Per i miei fan sfegatati che proprio non riescono a stare una settimana senza le mie sontuose selezioni, quindi, basta andare a trovare il buon Melkio e scaricare il mio mixato fattapposta per lui e carico di release sulla "mia" Exprezoo :)

domenica 24 gennaio 2010

Report Moodymann @ Secret mood, The beach, 22/01/10

Primo party da nerd musicali dell'anno, con un sacco di aspettativa: il gotha degli intellettuali (ma per favore :-D) della techno italiana si riunisce per la prima volta dopo il meraviglioso concerto di Francesco Tristano, Carl Craig e Moritz Von Oswald al teatro Carignano, sempre nella ridente cittadina torinese che ormai è quasi l'unica ancora di salvezza per chi volesse sentire della musica valida in contesti validi senza dover prendere l'aereo.

L'occasione, a sto giro, è il buon Kenny Dixon Jr, altrimenti noto come Moodymann, che in questi giorni è in tour per l'europa: è stato tipo due settimane fa al Tunnel qui a Milano, poi a Mantova, quelli che ci stannodentroveramente vanno a sentirlo il 5 al Berghain perchè lì sicuramente suonerà dei dischi paura visto che hanno pure rimbalzato lo zio rici, ma per quanto mi riguarda il party ideale per gustarselo era, ed è stato, quello di venerdì scorso al Beach.

L'atmosfera del party, infatti, è stata esattamente come me l'aspettavo: poca gente (senza l'affollamento che ultimamente affligge il Tunnel), molti addetti ai lavori o semplici intenditori col palato fino, un sacco di facce amiche con cui scambiare quattro chiacchiere dopo un sacco di tempo...insomma, una festicciola delle medie.

Prima di chiudere i convenevoli e parlare del set di Moodymann, è doverosa un'altra menzione, quella al set straordinario in apertura di Federico Gandin: l'ho già sentito varie volte e mi ha sempre ben impressionato, ma venerdì tra un'apertura perfetta, con una classe infinita in continuo crescendo e una chiusura, se possibile, ancora migliore ha dato prova di essere, al momento uno dei migliori cinque dj italiani...sottovalutato.

Ma veniamo a Moodymann, su cui dare un giudizio è veramente ostico, più che altro perchè non assomiglia a niente di già sentito e quindi è difficile raffrontarlo con altre cose: in giro per la rete ho letto molti commenti negativi che probabilmente non hanno tenuto conto di questo, ma il fatto è che per giudicare un set così bisogna realizzare che non è un set come tutti gli altri.




E infatti il set di Moodymann, alle nostre orecchie di ggiòvani del nuovo millennio, è più che altro una lezione di storia: ascoltarlo è come leggere un capitolo di "Last night a dj saved my life" e capire com'era lo spirito da cui è nata più di vent'anni fa la scena che seguiamo ancora oggi, spirito che ormai è completamente trasfigurato.

Simon Reynolds sostiene che è per via del fatto che la cocaina ha definitivamente soppiantato l'ecstasy come droga d'elezione e io non so se sia vero, fatto sta che tutti i dischi che ha suonato KDJ parlavano d'amore (non necessariamente eterosessuale, anzi) in un modo che tutti gli artisti recenti non hanno mai fatto, neanche da lontano, e la caratteristica fondamentale del set è stata questa: non la tecnica, praticamente nulla, non la selezione avanguardista, ma l'abilità sconfinata nel suonare le emozioni del pubblico anzichè i dischi.

Per chi ha avuto voglia di ascoltarlo con le orecchie aperte e senza il pregiudizio del paragone con la musica attuale, KDJ ha fatto da accompagnatore per un viaggio di quasi tre ore fatto di house primissima maniera, disco, un po' di hip hop e un po' di techno, ma soprattutto fatto di un sacco di ammore, gioia e sorrisoni, a dimostrazione che in un dj set il sound design e tutti i segaiolismi tecnici contano poco, quando dei dischi hanno il mood giusto in grado di connettere il dj al suo pubblico.

Io personalmente, quando uno riesce a emozionarmi così facendomi pure scoprire roba che non avevo mai sentito, non so davvero cosa potrei chiedere di meglio.

Nota di chiusura con un doverosissimo plauso all'organizzazione, non solo perchè Gandalf è un amico e non solo perchè è l'unico organizzatore di serate che va a rompere le palle al guest per dirgli di alzare il volume, ma anche perchè tra Theo Parrish e KDJ (e alcune prossime cose che mi ha già annunciato in anteprima) ha trovato una sua dimensione perfetta in grado di proporre qualcosa di diverso e originale ma perfettamente compatibile con i desideri del pubblico di ggiòvani (e meno giovani) d'oggi.

giovedì 21 gennaio 2010

Il ritorno dell'uomo di plastica

La notizia del giorno è che lo zio Rici ha intenzione di (ri)portare in tour il live di Plastikman, l'alias che lui stesso ha sempre definito come quello con cui dà sfogo alla sua parte più introspettiva, mentale e deprimente.



"Se vabbè stiamo nel 2010 e questo ancora si esalta per Richie Hawtin? Cheppalle"

La realtà è che Richie Hawtin e Plastikman sono quasi due artisti diversi, e non è un caso che negli ultimi anni  le uscite con l'omino sghembo che decora i miei slipmat siano sparite (l'ultima traccia originale a nome Plastikman, "Circles", era sulla prima compilation Minus del 2005): Richie Hawtin è il dj quasi onnipotente che suona dieci dischi per volta e Plastikman il produttore dalle intuizioni semplici ma geniali, che ti annichilisce i neuroni usando un solo, singolo suono studiato alla perfezione, Richie Hawtin è l'imprenditore di Beatport e dei Kontakt, Plastikman è l'artista che faceva minimale quando non interessava a nessuno; Richie Hawtin è quello che limona con Sven Vath al Time warp, Plastikman è quello che organizzava i rave a Detroit nei primi 90s con sua madre alla cassa.

Fondamentalmente, Plastikman non è Richie Hawtin, almeno non come lo conosciamo noi oggi.

Plastikman era sparito, anche se ormai la sua "Spastik" la suonano anche agli aperitivi con le veline, e ora è tornato, si spera per mostrare ai pischelli la retta via.

mercoledì 20 gennaio 2010

Moodymann @ Secret mood, venerdì 22/1/2010

Gandalf commenta spesso qui ed è un amico, per cui sa un po' di marchetta che scriva delle sue serate qui, ma a sto giro rischio volentieri di essere tacciato di conflitto di interessi perchè il party che organizza è meritevolissimo:



Dopo aver fatto Theo Parrish il mese scorso, la linea musicale che ha deciso di intraprendere prosegue alla perfezione, spostandosi da Chicago a Detroit per un altro dei pilastri fondamentali della musica danzabile contemporanea.

Io me lo sono perso 10 giorni fa quando è venuto qui al Tunnel, per cui faccio volentieri un'oretta di macchina, anche perchè si preannuncia già adesso il pubblico delle grandi occasioni, con un sacco di amici che hanno già dichiarato la loro presenza.

Ci vediamo lì?

lunedì 18 gennaio 2010

OrchestRaibaz, puntata #38 - Funky techno

Stasera set funky ma con del gruvo, oltre che con tanti ringraziamenti al set esagerato di Mathias Kaden di sabato scorso al Tunnel: alcuni dei dischi di oggi li ho sentiti da lui, tipo la traccia di Dice sulla nuova compilation Desolat o il devastante Luca Bacchetti su Ovum, ma soprattutto tipo Burnin', mentre gli altri sono sulla stessa linea, quella sottilissima che demarca il confine tra techno e house.

Ovviamente la tecnica non è quella del buon Mattia Cadeni, complice anche il soundbite micro che oggi non era il massimo della collaborazione, però direi che ci si difende bene, dai, non c'è che dire.

Morale, la tracklist dice così:

Andomat 3000 - (Mihai Popoviciu rmx) (Highgrade)
Terracotta - Haza (Hertz ist trumpf)
Mathias Kaden - Ikenga (Vakant)
Mendo & Danny Serrano - Tapis rouge (Suchtreflex)
Plastic FM (Matt Star rmx)
Santos - La pineta (Crosstown digital rebels)
Alex Celler - La palma (Dj Madskillz rmx) (Remote area)
Markus Schatz - Flippin' (Cargo)
Loco Dice - Definition (Desolat)
Cajmere feat. Dajae - Brighter days (Cajual)
Daft Punk - Burnin' (Virgin)
Horatio - Sing with the swing (M.in & Bastian Schuster rmx, Steve Lawler edit) (Viva)
Matt Tolfrey & D. Ramirez - (Lauhaus rmx) (Phonica)
Dj Madskillz - Surface (Bitten)
Luca Bacchetti - It's Jazzy (Ovum)
Unknown - Untitled (Chris Carrier rmx) (All inn ltd)

Il link per scaricare il set è qui, mentre qui c'è il feed RSS del podcast per essere automaggicamente aggiornati quando esce una puntata nuova della gustosa orchestrina.

E ora l'orchestra è anche su mixcloud!

domenica 17 gennaio 2010

Report Mathias Kaden @ Tunnel, 16-01-10

"No pain, no gain", diceva quello.

Io Mathias Kaden l'avevo già sentito due anni fa all'Awakenings e mi era piaciuto così poco che non è stato un problema fare tre quarti d'ora di coda da solo fuori dal Tunnel causa pacco all'ultimo della mia signora indisposta (un appunto organizzativo: ok la coda separata per le liste, ma se è più lunga di quella per i comuni mortali serve a poco), e tanto per saltare subito alle conclusioni in modo da soddisfare chi avesse fretta e non volesse legger tutto, a sto giro mi è piaciuto di più.

Ma andiamo con ordine, perchè prima del sosia di Silvio Muccino (vedere le foto per credere, e comunque la somiglianza è sminuita rispetto alla visione live) è necessario dare il giusto credito allo splendido set di Vladi Electricalz, in forma smagliante tra olandesate e housettoni nuovi ma col sapore oldschool: gli manca ancora un po' del piglio da resident d'esperienza e qualche volta sembra che voglia strafare rispetto a quello che richiederebbe un'apertura, ma il talento non gli manca, e non lo dico solo perchè è un amico; per me è da tenere d'occhio, può diventare un ottimo dj.



Ma veniamo a Silvio Muccino Mattia Cadeni, che si presenta quasi subito con la traccia migliore del suo recente e splendido album su Vakant, "Studio 10" ma soprattutto con una tecnica di quelle che si vedono raramente: piatti, cdj e soundbite sono spremuti al massimo delle loro possibilità sia singolarmente che in combo tra loro e i dischi sono usati come strumenti musicali al servizio della creatività del dj, come quando tra un disco e l'altro fa capolino il synthone sirenoso di "Burnin'" dei Daft Punk che si trasforma in un tool da scratch come per il più accanito dei turntablists.



Tra le poche tracce che mi è riuscito di riconoscere la splendida "Definition" di Loco dice sulla compilation della Desolat e il Cynosure degli Horacio aka Padice & Massi DL ispirato (per usare un eufemismo) a Todd Terry, ma i dischi meritevoli sono stati molti se non tutti, ognuno completato dalle pregerie di Kaden che le fa veramente tutte, tra mettere in pausa il cdj ta-ta-ta-ta-ta mentre va un loop del Soundbite, battere il tempo con la mano sul disco fermo con su la puntina, fino a quando come se fosse un tool qualsivoglia, nel bel mezzo del set, fa capolino "Disco's revenge" di Gusto e il pubblico va in visibilio:



Ma è solo una finta, il famosissimo giro di basso è appena accennato perchè subito Mattia torna alle sue caratteristiche percussioni sbilenche e funkettonissime che fanno godere la pista e soprattutto il sottoscritto, per poi riproporlo ancora due-tre volte prima di far, finalmente, sfogare tutto il disco ovviamente condendolo con un sacco di salsa Soundbite tanto per gradire, e la stessa cosa nell'arco del set la fa con "Burnin'", che appoggia sul piatto appena inforcate le cuffie e toglie solo due ore e mezza dopo, dopo averla accennata tra un disco e l'altro e scratchata duro mille volte e poi, finalmente, sguinzagliata in faccia al pubblico che ormai gli sta lanciando i reggiseni e si sta strappando i capelli.

A quel punto, vista la partita di calcio del giorno dopo, decreto che con "Burnin'" tutta intera mi ha dato il colpo di grazia e, a malincuore, torno verso casa con la convinzione che il ragazzo è attualmente uno dei miei 10 preferiti al mondo.

venerdì 15 gennaio 2010

Bazinga!



(via)

mercoledì 13 gennaio 2010

Piccole soddisfazioni

Vedere uno dei miei artisti preferiti del 2009 chartare la nuova uscita di un'etichetta che sento "mia" anche se non faccio praticamente un cazzo se non scrivere le press release ogni tanto e fornire pareri non richiesti e scarsamente autorevoli su cosa far uscire e cosa no.

Nell'ultima chart di Mihai Popoviciu c'è Don Dragone di Rio Padice, il quarto Exprezoo uscito su vinile, e io sono contento più che se un superstar dj avesse chartato una traccia mia :)

Oltretutto della press release di quest'ultima uscita non sono poi mica troppo soddisfatto, per cui com'è giusto che sia sta avendo un discreto successo (su decks.de è già andato out of stock due volte) solo ed esclusivamente perchè è un gran bell'ep.

Bravo Padizio, e bravi tutti gli Exprezii (un po' anch'io, dai)!

lunedì 11 gennaio 2010

OrchestRaibaz, puntata #37 - Afterhour

E bentornati! Anno nuovo....solita qualità musicale! E siccome è bello portarsi le buone tradizioni nell'anno nuovo, ecco quindi che il primo set dell'anno è un set a tema come capita spesso su queste pagine, ed è l'ideale continuazione di quello con cui io e Fede ci siamo divertiti a capodanno in orario da after: viaggioni e melodie che vanno a braccetto con atmosfere da malattia mentale e higher state of consciousness.

Morale, non ci sono grandi novità tranne lo splendido remix di Dapayk su Mobilee che trasforma la mina antiuomo dei Pan-pot in un ibrido di deep house, minimale e viaggione, con tanto di voce muliebre ipnotica davvero da applausi (tra l'altro nello stesso ep c'è la versione dubstep della stessa traccia che non è malaccio, è fondamentalmente uguale ma col battito liquefatto e rallentato come piace ai dubstepparoli pieni di ketamina :)), ma ci sono un sacco di vecchi classici che fanno riaffiorare ricordi del passato, come il disco di Ingo Boss con cui Sven Vath faceva nevicare o quello di Agoria coi violinoni strappalagrime.

Senza porre altro tempo in mezzo, la tracklist dice così:

Pan-pot - Confronted (Dapayk rmx) (Mobilee)
Blaze - Lovelee dae (Subsky reconstruction) (Vivid trax)
Alejandro Vivanco - Madre tierra (Cadenza)
Taho - Shambhalla (Wink edit) (Ovum)
Onur Ozer - Eclipse (Loco Dice rmx) (Vakant)
Ricardo Villalobos - Dexter (Playhouse)
Matew Jonson - Typerope (Itiswhatitis)
Joris Voorn - Blank (Green)
Agoria - Les violons ivres (Different)
Funk D'void vs. Chicco Secci - Emotional content (Vince Watson rmx) (Soma)
Ingo Boss - Little eternity (Cocoon)
Yann Tiersen - Comptine d'une autre etè (Jay Haze rmx) (Tuning spork)

Il link per il download diretto, as usual, è qui, mentre qui c'è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce una nuova puntata.

Da oggi, l'orchestra è anche su Mixcloud!

venerdì 8 gennaio 2010

Giuseppe Culicchia - Brucia la città

Quando uno dei cui consigli musicali ti fidi cambia genere e consiglia un libro, l'impulso di leggerlo è irresistibile, anche perchè la vicenda è ambientata in un mondo che conosco bene, quello dei dj di Torino.

Culicchia, che non è l'ultimo dei pischelli esordienti ma uno scrittore navigato, sa perfettamente come intortarti fin dalle prime pagine, con la sua feroce critica ai ggiòvani d'oggi e al loro irrefrenabile impulso ad essere alternativi, alternativi proprio come tutti gli altri: ci sono 4 o 5 frasi ripetute identiche intenzionalmente nel corso della prima metà del libro, tipo le cameriere con la frangetta come quella del GF, il tatuaggio tribale sopra il culo e che fanno le artiste, o l'elenco di celebrities locali ripetuto sempre identico, o ancora le notti bianche che "ci aspettano" ogni weekend, che funzionano alla perfezione per raccontare la cultura dell'Evento dei tempi moderni, piena da straripare di eventi tutti identici nella loro finta diversità.



E per la prima metà del libro il gioco gli riesce daddio, tanto che per via della dedizione dei protagonisti alla ddròga e ad altre attività malsane pensi "oh minchia paura, Culicchia ha scritto Trainspotting coi dj torinesi, ma quelli veri, c'è pure Hugo!", e magari solidarizzi pure, perchè si capisce tra le righe che Samuel e Boosta gli stanno leggermente in culo, e allora dai che è uno dei nostri, solo che poi.

Poi cominci a realizzare che i dj torinesi veri sono namedropping della peggior specie, quando leggi di un piatto della Pioneer e la prima volta dai sarà un refuso, poi però c'è un cdj 1000 della Panasonic e pensi vabbè avrà fatto casino con l'attrezzatura, poi Roisin Murphy diventa Rosalyn Murphy e sta nella borsa dei dischi di uno che si porta in giro pure Morillo assieme a Villalobos e pagine prima aveva parlato di un dj svizzero che si fa chiamare Calabrese (sic), e allora, solo allora, capisci che Culicchia ti ha preso per il culo per duecento e passa pagine.

Per duecento e passa pagine hai pensato che Culicchia fosse uno dei nostri perchè conosce i dj torinesi veri, c'è pure torinoforum per la gioia dell'amico Gandalf che lo gestisce, e dai che adesso Culicchia gli fa il culo, a sti cazzo di falliti fintoalternativi tutti uguali e alla classe politica che li governa perchè è rettile come loro, grande Culicchia che lo sputtana, questo sistema degli eventi tutti uguali che sono solo un pretesto per farsi una riga dopo l'altra ma che in realtà tutti, partecipanti e organizzatori detestano, adesso vedrai che Iaio, il protagonista, fa un coup de theatre e sfancula tutti, oppure realizza che ormai il sistema è troppo marcio e non si può fare niente per cambiarlo e Culicchia ci ha regalato una foto lucida e graffiante del merdaio in cui è coinvolta la società ggiòvanile di oggi...e invece.

E invece realizzi che per duecento e passa pagine Culicchia ti ha ammorbato con una storia d'ammore degna del peggior Muccino, col thirtysomething in precrisi di mezza età preso male perchè la donna storica è scomparsa, che si tromba un'altra semicasuale ma non è la stessa cosa, che con gli amici non è più come una volta e blablabla, e di colpo ti rendi conto che se prima te lo immaginavi con la faccia di uno qualunque di quegli pseudodj che di musica capiscono meno di zero ma che si sono ritrovati dietro una console perchè tanto "basta saper contare fino a otto" (grazie per la stima eh, Culicchia, di solito è segno di ignoranza infinita dire che basta saper contare fino a quattro) pur di poter pippare gratis, adesso leggi quello che dice e vedi la faccia di Stefano Accorsi.

Realizzi che pensavi di leggere "Trainspotting, in salsa torinese" scritto da uno che sa quello di cui parla, e invece hai letto "L'ultimo bacio, dopo una riga, durante di una serata che spacca" scritto da uno scrittore italiano qualunque, onesto mestierante per carità - non si può certo dire che scriva male, tutt'altro -, che ha ambientato la solita, pallosissima vicenda, in un ambiente che qualche cuggino deve avergli detto che è trendy.

Fede, nel suo post, diceva che è comunque meglio che passare le giornate su Facebook, ma io nel mio pur vasto e variegato novero di pseudoamici su FB conto decine e decine di persone che di musica e djing capiscono più di Culicchia e che soprattutto non se ne bullano gratuitamente per vendere un paio di copie in più.

Edit postumo che dopo N ore da quando ho messo giu il libro ho ancora le palle girate: tanto per capire a che livello è la pochezza di cui stiamo parlando, alla fine del libro, durante il tanto anticipato e overhyped party di apertura della nuova situazione dei tre fake dj protagonisti, il più protagonista dei tre (la voce narrante del libro), ispirato da una robbosa incontrata qualche giorno prima che ha come suoneria del cellulare una fantomatica Jilted generation dei Prodigy (vaglielo a spiegar tu a Culicchia, che "Music for the jilted generation" è il titolo di un album e non esistono tracce dei Prodigy intitolate Jilted generation, lui intanto ha scritto "Prodigy" nel libro e quindi ha fatto la figura di quello ggiòvane che ne sa), a metà set fa la mossa del vero iconoclasta, di quello che vuole distruggere il sistema dall'interno, il famoso coup de theatre che adesso sì che non ce n'è più per nessuno: spegne tutto per qualche secondo, parla nel microfono per dire come un vero tamarro "che cazzo avete da guardare?" e poi...suona Firestarter.

Yeah, sei un vero distruttore del sistema, tu si che spacchi di brutto perchè suoni un disco che è "ti piace vincere facile" peggio di un proclama di riduzione delle tasse e pure quell'altro che siccome ha scritto di un tipo che suona Firestarter per spaccare tutto allora è veramente uno che ci sta dentro.

Ma per favore.

La canzone dell'anno (passato)

Diversi dei blog musicali a cui dò credito l'hanno indicata come canzone dell'anno nonostante per me sia una merda colossale e fumante, ma in effetti è innegabile che la si senta dappertutto e inogniddòve, a ulteriore riprova del suo scarsissimo valore.

Ad ogni modo, a me piace ricordarla così piuttosto che nella sua versione originale:


giovedì 7 gennaio 2010

I miei migliori dischi del 2009

Dato che ho avuto una fine d'anno un po' travagliata e che nei rari momenti liberi ho preferito inabissarmi nella Playstation, il mio post riepilogativo della musica dell'anno appena finito è slittato a ora, per cui andiamo senz'altro a incominciare, che è già tardi:

Su quale sia il miglior album dell'anno non c'è neanche storia, era un titolo già assegnato a marzo senza che nessuno potesse neanche avvicinarsi a scalfire il primato:



Come ogni volta che Liam decide di divulgare i suoi prodotti anzichè buttarli e rifarli da capo (cosa che prima di questo "Invaders must die" ha fatto quattro volte di fila ad album già concluso), il risultato è qualcosa che non si può inquadrare in nessuno dei generi conosciuti all'umanità ma che eppure ha qualcosa di tutti: sample di dischi oldschool techno e housettoni primissima maniera, mood a cavallo tra punk, dnb, dubstep, rave e qualsiasi altra cosa, tecnica spa-ven-to-sa che manda immediatamente a nascondersi intere schiere di Ableton-kids, singoli catchy per la radio e sassate che neanche nei peggiori rave di Caracas; non ci sono davvero parole, se non chapeau.

Ah, e se proprio uno volesse essere noioso e non gli bastasse tutto sto popò di album, in aggiunta c'è anche una limited edition bellabella con i vinili, il posterone e gli adesivi e un album tour con uno dei live show più fomento che la storia della musica elettronica ricordi, e la superiorità da manifesta diventa insormontabile.

In mezzo al "best of the rest", non bisogna dimenticarsi che nel 2009 ha buttato fuori un album coi controcoglioni anche Laurent Garnier: anche se - come tutti - è stato un po' messo in ombra dalla meraviglia per il disco di Liam Howlett, il suo "Tales of a kleptomaniac" è un gran bell'album, a dimostrazione che quando sei Laurent Garnier nulla ti è precluso e saresti in grado di rendere musicalmente splendido anche Califano, o i muggiti delle mucche.



La magia di Lorenzo è questa: fa cose che non ti aspetteresti mai, che a noi comuni mortali mai verrebbero in mente, ibridando quasi tutte le forme musicali mai concepite e riuscendo comunque a trovare un filo logico che le riunisca, come se fosse l'unico depositario di una teoria del tutto musicale che gli consente di accostare il diavolo e l'acqua santa, i cavoli e la merenda.

Continuando nel best of the rest, sul fronte della cassa in quattro non è stata un'annatona per gli album, anche se è vero che è un genere che non ha mai avuto negli lp il suo cavallo di battaglia: ad ogni modo l'hittone dell'anno è stato senza dubbio l'inflazionatissimo album di 2000 and one col suo noioso pacco di remix, molto carino ma invecchiato malissimo già nei pochi mesi di vita che ha accumulato.

Sensibilmente migliori gli album di Marek Hemman e Mathias Kaden eccezionalmente disaccoppiati, ma soprattutto l'album più hyped dell'anno prima dell'uscita e passato più sotto silenzio dopo:



Ok, "Los ninos de fuera" è comparsa in qualcuna delle chart "che contano", ma non ho sentito dire da nessuna parte la verità su quest'album, ossia che finalmente lo svizzerocileno ha messo a tacere le voci che lo davano come artista bollito (voci peraltro non immotivate, su uno che ha passato l'estate a suonare i bootleg di Rihanna) trovando finalmente il suo equilibrio perfetto tra minimale, housettone funkettone e influenze latine che sono ormai il suo marchio di fabbrica e riassumendoli in quello che secondo me è l'album che segna il passaggio da artista al picco dell'hype ad artista maturo con alle spalle una carriera pluriennale e in grado di farsi ricordare per gli anni a venire, per capirci che lo fa passare dal livello "Loco dice" al livello "Villalobos".

Cambiando completamente genere, nel 2009 sono tornati i Placebo e sono tornati molto più simili ai primi Placebo, più chitarrosi ed analogici e meno elettronici; dopo averli anche visti due volti nel corso dell'anno, mi sento di affermare che "Battle for the sun" è il passo in avanti perfetto del percorso che Brian Molko e soci hanno fatto nel corso di ormai quasi vent'anni di carriera, e direi che posso anche non aggiungere altro visto che dell'album ho già parlato diffusamente.

Last but not least, tra i mejo dell'anno passato merita una citazione il meraviglioso album di Lusine, che non si è cagato di striscio nessuno ma che fosse uscito a nome Royksopp avrebbe preso osanna a destra e a manca, invece nel mondo reale i Royksopp hanno buttato fuori un album loffissimo, sovraprodotto e privo di ogni ispirazione e probabilmente hanno venduto 10 volte le copie di "A certain distance" che gli mangia in testa bendato e con le mani dietro la schiena.

Delusioni dell'anno, oltre al già citato Royksopp, direi anche l'insignificante ep dei Massive Attack che fosse uscito con un altro nome avrebbe totalizzato -5 copie vendute perchè pure chi se lo comprava masterizzato lo riportava al negozio schifato per farsi ridare i soldi.

mercoledì 6 gennaio 2010

Carlo Antonelli & Fabio De Luca - Discoinferno

Devo ancora dire qualcosa su FdL che non abbia già detto o possiamo ormai darlo per scontato? E' praticamente il decano degli scrivani ("giornalisti" mi sembrava un termine eccessivo, visto che nella categoria includo anche gente come me, Max e Fede) di musica elettronica italiani e, fatte le debite proporzioni tra scene, non ha niente da invidiare a gente molto più famosa come Dom Phillips o Simon Reynolds per lucidità di analisi e bellezza della scrittura, al punto che gli si perdona anche di essere il vicedirettore di una porcata come Rolling Stone.

A sto giro in realtà compare solo in veste di coautore, perchè l'headliner del libro è un altro, ed è....il direttore editoriale di Rolling Stone Italia, Carlo Antonelli.

E sì, lo ammetto: sto recensendo un libro delle due menti che governano la bibbia dei pischelli "volevo-fare-l'indie-snob-ma-non-ho-abbastanza-neuroni-e-in-fondo-mi-piace-Lady-Gaga-e-pure-Ligabue", e il fatto è che è un gran libro, ma di quelli veramente coi controcoglioni.



L'idea di base (lo dice pure il sottotitolo) è "raccontiamo la storia del ballo come fenomeno sociale in Italia", ma in realtà fa anche il contrario, raccontando la storia dell'Italia attraverso i suoi fenomeni sociali legati alla musica da ballo, trasmettendo perfettamente che quest'ultima, in quanto movimento culturale dominante degli ultimi anni, ha un rapporto di influenza bidirezionale con la società, non ne è solo uno specchio passivo.

In sostanza il libro è diviso in tre parti: la prima è legata alla "preistoria", al liscio e alle balere che uno direbbe "vabbè chissenefrega quando arriva la cassa?" e invece è indispensabile per farti capire che il motivo per cui la musica dèns in itaglia è sempre stata vissuta in maniera diversa rispetto al resto del mondo ha radici storiche profonde, da ricercare proprio in quei primordiali momenti di aggregazione dei ggiòvani, ma è nella seconda, che racconta il passato recente dall'italodisco in qua e soprattutto nella terza, che parla del presente, che lo scollamento dalla realtà vissuta sulla propria pelle si annulla e dici "cazzo, è proprio così".

E' attraverso interviste con gente il cui legame col clubbing italico del passato è evidente, tipo Cecchetto, Amanda Lear o Spagna, ma anche e soprattutto quelle con persone insospettabili tipo Carlo Freccero o Boncompagni, che ci si rende conto che in qualche modo il lato danzabile della musica ha sempre avuto una componente importante, a volte in maniera più diretta e altre in modo più sottile, sul sentire generale della massa, per cui il passaggio dalla balera come fenomeno solo locale ai superclub della riviera romagnola, tanto per dirne uno, non è stato solo un cambiamento di luogo ma anche di modo di intendere la serata, lo svago, e in generale, la vita, con la spinta verso il massmarket e la globalizzazione sempre più pressanti e impossibili da schivare.

Quando poi il racconto arriva al passato ancora più recente, quello legato alla mia adolescenza di "Deejay time" e "Non è la rai" e la sua invenzione del tormentone con "Please don't go" ripetuta a oltranza, finalmente ho modo di realizzare che ciò che dicono Antonelli e FdL è scritto con cognizione di causa, visto che a sto giro è roba che ho visto coi miei occhi; poi leggo il capitolo sulle prime "stragi del sabato sera" e il falò mediatico e istituzionale circostante, che ancora fuma ma non è spento del tutto, fatto di leggi senza senso volte a dare agli anzyani l'illusione di controllo, e parla di una società che in fondo è la mia, e allora capisco che anche se sono le teste pensanti dietro Rolling Stone i due ragazzi qui hanno capito perfettamente com'è l'Itaglia in cui siamo (e in effetti vien l'idea che un giornale per dodicenni come RS spacciato come bibbia rock'n'roll per fintointellettuali non sia altro che una sonora presa per il culo).

Parlando di posti che ho visto, persone che conosco non solo di nome e situazioni a me note, si arriva al tristo presente, in cui "il dj-chiavetta è solo l'ultimo dei larghi passi che hanno allontanato questa figura dalla sua iniziale natura agonistica (quella, cavallerizza, del "fantino dei dischi") per avvicinarla a quella di puro fornitore di ritmo agreeable per l'ambiente. Perfetto per la cultura dell'Evento che, dalla metà degli anni novanta, prende il posto del clubbing e lo vampirizza costituendo un veicolo perfetto per aziende e marchi desiderose di comunicare sè stessi a un pubblico sempre più indifferente alle sollecitazioni, anche perchè instraccionito. Le serate branded costituiscono da tempo l'ossatura principale dei luoghi del divertimento nazionali. [...] Il djing si trasforma in catering puro, al servizio del cliente di turno" (cit.) e che alla fine del libro scopri che è una situazione a cui si è arrivati non di botto, non negli ultimi anni, ma che la "cultura dell'Evento" che ha praticamente rovinato tutto ha radici moooolto più anziane.

Morale, lettura consigliatissima a grandi e piccini, bravo Carlo Antonelli e (al solito) bravo FdL.

domenica 3 gennaio 2010

Più atmosfera per tutti

La riuscita di un party è dovuta a un sacco di fattori: spesso e volentieri, soprattutto qui in Itaglia, si tende a considerare il prestigio del nome in console più di ogni altra cosa, per cui capita di vedere party con ospiti svogliati che suonano a caso in contesti completamente inappropriati e laggente è comunque soddisfattissima.

Sarà perchè sto invecchiando, o forse perchè ormai, diciamocelo pure senza spocchia, i nomi "grossi" li ho già sentiti tutti più volte, ma ultimamente preferisco di molto i party più intimi, senza nomi altisonanti da "ti piace vincere facile" ma semplicemente in cui passare qualche ora a divertirmi tra amici sentendo musica interessante.

Da questo punto di vista, il mio party di capodanno è stato praticamente perfetto: location piccina, buia e malata, tasso etilico importante il giusto, amici, buona musica e soprattutto un sacco di tempo dalla parte divertente della console, sia da solo che in b2b con Fede.




In realtà all'inizio la classica caghetta dell'artista sul palco stava per avere il sopravvento, tra un cdj inutilizzabile, una presenza importante in platea e l'affluenza che, vista la serata lunga, stentava a decollare (la mia ora e mezza di set solitario non ha avuto quello che si definirebbe "pubblico delle grandi occasioni")...ma alle quattro e mezza...sorpresa!

Arriva un po' di gente e decidiamo di divertirci un po' un disco a testa a colpi di viaggioni: dato l'orario, lo stato della gente e la selezione musicale tra "Les violons ivres", "Star guitar" e "Yamore", il clima diventa quello di un after (e infatti non a caso lo stesso locale pare sarà usato per gli after di un nuovo party di cui avrò modo di parlare diffusamente nei prossimi giorni) e la soddisfazione si impenna.

Purtroppo tra i tanti amici ne mancava uno assente giustificato che per certo avrebbe reso il party ancora più memorabile, ma non è un problema perchè so che avremo modo di rifarci...nel frattempo, il 2010 è iniziato davvero nel migliore dei modi.