mercoledì 22 giugno 2011

Il report del Sonar, day two

Secondo giorno, ricco di eventi, di artisti interessanti, di performances cariche di aspettative sia positive che negative, ma ricco anche di sorprese.

La giornata musicale prende il via con mooolta calma, visto che si sa che finirà molto tardi, per cui la mattinata e la prima parte del pomeriggio sono dedicati allo shopping (a Barcellona c'è il negozio della Munich, vuoi non andare?) e a un rigenerante bagno nella piscina sul tetto dell'hotel, pur con un grave errore: snobbare il set di Agoria, che non mi ha mai entusiasmato eccessivamente e che nell'ultimo Fabric boh si dai ma niente di che, e che invece mi è giunta voce da più parti che abbia fatto i numeri da circo massimo...e vabbè, si sapeva che alla fine del weekend il computo delle figate perse avrebbe superato quello delle figate viste, era inevitabile data la mole sconfinata di roba interessante in giro e la mancanza, ancora irrisolta, del dono dell'ubiquità.

Il primo artista evidenziato a penna sul programma della giornata, dopo Agoria, è Four tet, che suona alle sette di sera, per cui c'è tutto il tempo per andare al MACBA con la dovuta calma, bere una birretta e cazzeggiare un po' vedendo se c'è qualcuno di sconosciuto e interessante, e ovviamente questo qualcuno c'è, ed è LA sorpresa del weekend.

Nel tendone condizionato del SonarDome, pieno zeppo di inglesi gioiosi, c'è un'inglesotta pienotta con una band chitarra-batteria-fiati che se la canticchia gioiosa su sonorità danzabili, un po' dubsteppeggianti, un po' dramenbeisse, mooooolto catchy, mooooolto pop: per capirci, è questa qui



La ragazza vanta nel curriculum delle pessimissime frequentazioni, tipo che questa traccia qui è prodotta da Benga e quest'altra è addirittura uscita come Magnetic man feat. Katy B:



Ma ciononostante lei ha un tiro pop fenomenale, di quelli che prima che arrivi a metà della canzone sei già in grado di cantare il ritornello successivo e che a fine concerto hai le sue canzoncine inchiodate in testa, insomma roba che a un Festivalbar qualsiasi farebbe degli autentici sfracelli ma che, siccome arriva da un paese civilizzato, ha delle evidentissime radici nel mondo del clubbing e non fa niente per nasconderle, tipo in questa canzone qua che parla dei tamarri che a fine serata ti chiedono "ultimò ultimò", argomento di cui persino io ho parlato, in passato (scrivendo di un cd guardacaso inglese, guardacaso di un altro artista presente al Sonar):



Morale, tornato a casa mi son comprato il cd, che non si vive di soli intellettualismi e non è giusto snobbare a priori gente che di solito fa cagarone come Benga e Skream, anche se senza alcun dubbio questa roba qui sarà schifata pesantemente dai loro fan abituali, che la troveranno senza dubbio troppo commerciale, troppo pop, troppo poco intellettualistica, ma chissenefrega: a fare del buon pop ci va MOLTO più talento che a fare le intellettualate da tre soldi, e questo è del pop coi controcoglioni, veramente molto ben fatto; lode alla grossa scoperta di questo weekend.

Dopo Katy, arriva l'ora di Four Tet, col sole che volge al tramonto e il SonarVillage praticamente pieno: Kieran si presenta sul palco tranquillone come solo lui sa fare, in polo verde, pc e controller, e senza scomporsi un attimo per tutti i tre quarti d'ora del suo live abbandona del tutto le metriche spezzettate e poco comprensibili delle sue (noiose) cose recenti con Burial e ritorna al suo eccellente album dell'anno scorso, che live ci propone in modalità ancora più dritta e danzabile, al punto che la stragrande maggioranza del live, praticamente tutto tranne "Love cry", ha la cassa in quattro e noi sculettiamo felici e gioiosi cullati dalle sue atmosfere melodicone e dalla gioia di sapere che James Holden e Nathan Fake possono pure andare avanti a drogarsi e non stampare più niente come fanno ormai da anni, tanto la loro eredità è saldamente nelle mani di Hebden e gode di ottima salute.

Fare foto da più vicino non c'era verso, era pieno pieno pieno pieno

Sul finire del live di Four Tet ci beviamo un'altra birrettina per evitare la calca di gente che abbandonerà il SonarVillage a breve, e soprattutto per prepararci psicologicamente al set di uno degli artisti che attendo con più ansia di tutto il weekend: Nacho Marco.

Ho un sacco di dischi suoi, li suono praticamente da sempre, è uno dei miei produttori preferiti di tutti i tempi, ma non l'avevo mai sentito live, visto che da noi in Itaglia non se lo caga nessuno, e al Sonar di due anni fa mi ero perso il suo set per via di casini ritardi sbattimenti, quindi ora sono praticamente con la bava alla bocca, e lui soddisfa pienamente tutte le (enormi) aspettative che avevo e le supera anche, con un set dellamadonna.

Sicuro di sè come solo i grandi dj
La prende moderatamente alla lontana, partendo molto nudiscoeggiante e balearico come ti aspetti da un dj ispanico a orario aperitivo, ed è subito goduria di sorrisoni e sculettamento col sole che scalda ancora forte come in un openair estivo diurno ma ormai inizia a tramontare, lasciando spazio a quella deep house con la bassata bella piena e rotolona che contraddistingue lo stile dell'eccellente ispanico, stile che adoro alla follia.

Ma non è tutto: Nacho si rivela, oltre che un produttore meraviglioso, anche un dj di grandissima abilità: per tutta la durata del set dà sempre la sensazione di avere in pieno controllo la pista e di sapere sempre esattamente dove vuole portarla, col piglio del dj espertissimo che non ha bisogno di grossi artifizi tecnici o scenografici per comandare a bacchetta il pubblico, ma a cui è sufficiente solo l'abilità di scegliere il disco perfetto per il momento.

L'ho già detto? Set dellamadonna.

L'unico motivo di disappunto è che probabilmente, in itaglia, non lo vedrò mai.

Ad ogni maniera, è il tempo di mangiare qualcosa per cena, passare in hotel a dormire un'oretta e cambiarsi, perchè ci attende la prima serata del Sonar de Noche, anch'essa ricca di curiosità per alcuni artisti semisconosciuti e aspettative per altri già noti, felicemente o tristemente.

L'accoglienza ai padiglioni della Fira gran via è come meglio non si potesse desiderare: allo stand del Ballantine's un dj completamente ignoto suona, in fila, "Jaguar" di Dj Rolando e il remix di Mark Knight di "The man with the red face", giusto per non spararle grosse, ed è già goduria.

Un rapido giretto di ambientamento, e l'attenzione della giovane con un passato tamarro al mio fianco viene immediatamente rapito dallo spazio SonarCar, che si chiama così perchè c'è l'attrazione che non può assolutamente mancare in un festival di musica innovativa e di enorme spessore culturale, dove i più grandi genii della musica contemporanea si riuniscono per dettare le linee guida delle sperimentazioni prossime venture, attrazione che abbiamo ritenuto necessario immortalare in un video:



Dopo un paio di giri sugli autoscontri, comunque, è ora di tornare alla musica, e il primo artista che il palinsesto della sera ci propone è un artista già visto e sul quale non nutro quindi troppa curiosità, ma giusto una voglia di rivederlo in tutta la sua maranzeria e caciara sconfinata: l'artista in questione è Dizzee Rascal, col suo grime casinaro e la sua grande abilità di trascinatore delle masse.

He's just a Rascal, he's just a Rascal
Fa all'incirca lo stesso concerto che gli ho visto fare ad aprile 2010, quando ha aperto il concerto dei Prodigy, per cui gli dedico giusto l'attenzione necessaria a sentire il nuovo singolo, "Bassline junkie", che è praticamente un follow-up di "Bonkers" e in quanto tale è un missile terra-aria di rara maranzeria e di sconfinata caciara, insomma una gran figata, ma tempo una mezz'oretta ed è già ora di sentire uno degli artisti che mi incuriosiscono di più di questa serata, Scuba.

Ho sentito un paio di set suoi scaricati, i suoi dischi come SCB mi piacciono molto, per cui nutro dell'aspettativa per capire se finalmente riesco a farmi piacere qualcuno della scena (post)dubstep, e la risposta è un secco, inappellabile e violentissimo NO.

Già solo dalla posa si percepisce l'alone di altezzosità che circonda quest'uomo
Per dirla in francese e lasciare ampio spazio al dibattito, la parte di set di Scuba che ho sentito prima di scappare schifato faceva cagare a spruzzo: praticamente le marcette naziste del più noioso dei set di Dettmann con un colpo di cassa in meno ogni tanto giusto per far dire ai fintointellettuali "minchia oh zio, cioè, troooppo innovativo", con in più in generale un look&feel di "ao anvedi quanto cazzo sono feroce, spacco veramente un sacco, sono incattivito al massimo" che forse aveva senso dieci anni fa e solo se eri Chris Liebing, ma nel 2011 fa soltanto compassione.

Bocciato su tutta la linea, come pure bocciatissimo l'altro presunto grandegenio della serata, quello che "ao incredibbbile, stavolta fa lo show coi laser, genio vero, se le inventa davvero tutte", Aphex Twin.

L'unico vero motivo di stima per lui è che è bravissimo a cavalcare il mood del suo pubblico, che non lo ascolta minimamente e griderebbe "GEGNO! GEGNO!" anche se lui suonasse un'ora di muggiti delle mucche, per cui lui, che è gegno si, ma del marketing di sè stesso presso i fintointellettuali pretenziosi, non sta certo a sbattersi a proporre qualcosa di interessante, ma propina alla platea un set di technina insignificante che sentito da un qualunque dj Gino Salamella sarebbe sommerso da una cascata di pomodori, ma che invece siccome è lui riceve elogi a non finire e lodi sperticate; per capirci, la parte più interessante del set erano i visual, in cui l'idea principale era quella, innovativissima e assolutamente mai vista, di piazzare logo e faccione su qualsiasi cosa...wow.

Ah ma aveva i laser a sto giro, vuoi mettere? La megainnovazione del grande gegno era una cosa che a metà anni 90 già aveva stufato.

Sfanculato piuttosto rapidamente il premio Nobel per la pretenziosità e il fintointellettualismo, è tempo di un'altra piacevole sorpresa, perchè a fare da degno contraltare allo snobismo intellettuale del SonarClub, nell'area all'aperto del SonarPub sta andando in scena la sagra dell'ignoranza e della divertenza senza neuroni, capitanata da un sublime Steve Aoki capopopolo delle legnate senza senso e come se non ci fosse un domani...per capirci, l'immagine che mi porterò dentro del suo set è quella di una tizia che fa crowdsurfing a bordo di un gommone mentre lui suona un remix maranzissimo del disco più maranza di tutti i tempi, "Flash" di Green velvet; massima stima per l'accoppiamento della lineup, che affianca in contemporanea il set più pretenzioso del festival e quello più brutalmente cazzaro e demenziale, quasi a voler dimostrare che tra i due atteggiamenti quello vincente è il secondo, a mani basse.

Ad ogni maniera, in contemporanea a Steve Aoki c'è anche una seconda esibizione di Katy B dopo quella del Sonar de dia, e siccome la ragazza mi ha stupito giusto un po' qualche ora prima decido di rivederla: ripropone praticamente lo stesso concerto di pop danzabile, dnb e dubstep suonato con chitarra batteria e fiati e cantato con voce da Top of the pops, e l'impressione è la stessa, positivissima, che avevo avuto di giorno.

Tra la fine del set di Steve Aoki e il successivo artista sottolineato a penna del mio personalissimo programma, A-trak, c'è una buona oretta, giusto il tempo di un giretto sugli autoscontri e una red bull: ci sarebbe da sentire Annie Mac, ma è veramente troppo troppo troppo maranza e non ce la faccio, come pure i Die Antwoord che sembrano i fratelli incazzati di Dizzee Rascal e non penso avrò voglia di riascoltare, per cui pausa di riflessione sulle panche.

La prima mezz'ora del set di A-trak è spettacolo vero: filtered house vecchia scuola à la Daft Punk quando non erano famosi, tiratissima ma con una certa classe, fomento e gioia allo stesso tempo, conditi con del gran turntablism che lo rende, a tutti gli effetti, uno dei migliori set sentiti nel weekend: purtroppo durante la seconda metà di set si fa prendere troppo dalla moda del momento per cui se suoni solo cassa e in quattro sei veramente trooooooppo indietro e poco cool, per cui la parte finale del set è del pallosissimo boh-step che si vede chiaramente che non è la sua cosa e che, quindi, annoia nel giro di cinque minuti scarsi.

Sono così poco grosso che ho persino la console custom a forma di "A"

E' un vero peccato, vista la meraviglia della prima parte del set, che si sia rovinato così per cedere alla moda del momento: avesse fatto un'ora di house secca e movimentata come la prima metà, sarebbe stato il miglior set della settimana di gran lunga.

Vorremmo andare a sentire un po' di Boys Noize, ma ha del ritardo nell'inizio del set e Toddla T, l'unico altro artista all'opera al momento, non sta tenendo fede alle aspettative create dalla sua "Take it back" con Shola Ama proponendo dell'orribile electro che fa sembrare il set precedente di Annie Mac una cosa per palati raffinati, per cui c'è un momento di empasse, che alle cinquemmezza di mattina dopo una giornata faticosa è la cosa peggiore che possa capitare, visto che ci convince ad andare a dormire perdendoci il set finale di Tiga, sul quale ho raccolto commenti molto positivi e pure quello del ciccione della DFA, che a quell'ora tarda lì mi incuriosiva non poco.

Morale, riassunto della giornata: Aphex twin merda (e si sapeva), Scuba merda (e si sapeva un po' meno), Katy B sorpresona, A-trak fenomeno ma peccato per la moda del dubstep, Nacho Marco bellissimissimissimo, gli autoscontri sono una figata.

martedì 21 giugno 2011

Il report del Sonar, day one

Giovedì è il giorno dedicato all'ambientamento, quello in cui ancora non c'è il Sonar de noche (anche se i party Off Sonar sono iniziati già mercoledì), l'affluenza al Sonar de dìa è ancora contenuta ma musicalmente si fa già sul serio fin dal primo minuto, chè qui non si scherza un cazzo.

Atterro con la mia signora a BCN in tarda mattinata, in modo da avere giusto il tempo di un passaggio rapido in hotel e un panino zozzo da Subway e siamo già al MACBA per sentire il primo degli artisti evidenziati sul mio personalissimo programma, Floating Points.

Premessa: quello che rende assolutamente unico e goduriosissimo il Sonar non è la tranquilla certezza delle performances di artisti che conosci, per me il Sonar è prima di tutto sentire gente di cui finora ignoravi completamente l'esistenza e rimanere folgorato, schifato o anche solo del tutto indifferente, ma in ogni caso il Sonar è principalmente una fonte di scoperte musicali, motivo per cui ho deciso di concentrarmi sul festival "ufficiale" e pisciare del tutto i party off dei soliti Mobilee, Moon Harbour, Innervisions, BPitch control e simili che in un qualsiasi inverno milanese capitano sotto casa almeno due o tre volte.

Per dire, arrivando un po' in anticipo per l'inizio di Floating points ho scoperto Toro y Moi, che nei cinque minuti scarsi che ho sentito mi ha catturato e che mi sono ripromesso di approfondire appena ne avrò il tempo (che potrebbe anche essere nel 2050, visti i ritmi forsennati che seguo ultimamente)

Dicevamo, Floating points: dire che lo conoscessi sarebbe un'esagerazione colossale, mi aspettavo dell'house movimentata e un filo sbilenca e invece il regazzino mi ha stupito partendo morbidissimanente jazzato come, in effetti, si confà a un giovedì pomeriggio alle tre per poi passare, con una continuità perfetta, a della cassa in quattro da placido sculettìo pomeridiano, percussiva e sincopata il giusto per piacere alle signorine ma ovviamente molto, molto di classe come un pubblico giustamente esigente come quello del Sonar si merita: molto bravo, da risentire al più presto anche se con ogni probabilità per risentirlo mi toccherà prendere un altro aereo.

Punti fluttuanti, virgole mobili, whatever
Finito virgole mobili, facciamo un girettino in giro per il MACBA giusto in tempo per beccare la folla oceanica in coda per entrare nella sala dove di lì a poco suonerà Nicolas Jaar: cioè, mica pizza e fichi, l'ultimo dei pischelli con all'attivo un album su Circus company tanto osannato quanto noioso e con un carico di paragoni pesantissimi sulle spalle, qui in versione "vero musicista" con il gruppo chitarra-batteria-cazziemazzi.

Decidiamo che non ne vale la pena e andiamo a mangiare un paio di tapas in giro per il Raval, non sapendo che ci attendeva la scena più ridicola del pomeriggio.

Nel Raval normalmente, e in misura ancora maggiore nel weekend del Sonar, capita di sentire della cassa uscire dalle case o dai negozi, per cui non è che ci si faccia troppo caso; stavolta però non si sa in base a cosa decido di indagare sulla cassa che sento in lontananza, e arrivato nella piazzetta da cui proviene mi si para davanti un cospicuo assembramento di tamarri, principalmente italiani, tutti con l'attenzione volta a un gazebo in fondo alla piazza, sul lato del mercato della frutta che dà sulla Rambla.

Cerco faticosamente di farmi strada tra le canotte per scoprire chi sia lo sconosciuto dj che a colpi di cassa, invero piuttosto brutta e monotona, sta fomentando tutti questi tamarri, e con un po' di sorpresa e un po' no....

Bella zio, un chilo di albicocche e uno di pomodori
Il misterioso musico è nientepopodimeno che lo zio Rici, il che spiega la così ingente presenza di canotte italiane e cappellini bruttissimi assortiti, con la console montata in una vera (ma non troppo) bancarella di frutta e col laptop appoggiato alla bilancia.

Lodevolissima l'iniziativa di concentrare tutti i tamarri in una sola piazzetta, il comune di Barcellona dovrebbe dare dei soldi a Hawtin per il servizio sociale, deprecabile la selezione musicale dell'ormai ex Plastikman, che non sentivo da tanto e che ormai si è ridotto a suonare dei pallosissimi looppettini tricchetracche leva la cassa - metti la cassa perfetti per il target canottierato che si porta appresso e semplicemente imbarazzanti per chiunque altro, ma di nuovo, un giudizio sullo spazio Minus non può prescindere dall'importantissimo valore sociale che ha un'iniziativa del genere nel tenere la feccia lontana dagli eventi seri.

Morale, un paio di tapas e una cerveza e si ritorna al Sonar per le 19, che sotto il tendone condizionato suona San Soda, altro artista che conosco ma non troppo e che però mi va di approfondire: il giovinotto belga piuttosto aitante si presenta sul palco in canotta, e la cosa non depone a suo favore, ma per fortuna suona della deep house piuttosto gustosa, croccante e sostenuta ma mai eccessivamente viulenta: in pratica, lo stesso stile "pour les femmes" di Floating points adeguato all'orario più tardo, per cui si sculetta con più veemenza, si saltella anche qualche volta, ma sempre in maniera appropriata a un aperitivo estivo sotto il gazebo condizionato del SonarDome.

Valido nonostate la canotta
Purtroppo il ragazzo ha grossissimi problemi con le puntine, che devastano sensibilmente la qualità generale del set, ma ciononostante la selezione è validissima, per cui anche per lui vale il giudizio dato a Floating points: da risentire quanto prima e da tenere d'occhio sul versante produzioni, il giovane merita.

Per la serata il Sonar ufficiale non offre ancora nulla, come si diceva, per cui bisogna rivolgersi all'offerta Off: c'è un bel party con James Teej e gli Art Department, ma in un posto veramente in culandia, come pure in culandia è il beach party coi Visionquest che già di per sè non sono proprio il massimo dell'attrattiva, ma la pigrizia e la voglia di conservare le forze per le serate successive, che si preannunciano cariche di fatica e di soddisfazione, hanno la meglio, per cui cenetta romantica di pesce a Barceloneta e a letto (relativamente) presto, che da domani si fa sul serio.

lunedì 13 giugno 2011

Orchestraibaz, puntata #81 - Missili spezzettati

Oplà, set a sorpresa stasera!

Si ok bello suonare housettone funkettone, nudisco, cose così, ma il mio grande amore sono sempre state le metriche spezzate e i pattern di percussioni sbilenchi e imprevedibili, arte sublime di cui i più grandi maestri sono senza dubbio Photek e uno dei più grandi musicisti del nostro secolo, Liam Howlett.

In realtà il pretesto per suonare un po' di roba spezzettata come non facevo da un po' me l'hanno dato un po' di uscite recenti davvero belline sul fronte dnb/drumstep, che è la cosa più vicina al dubstep che riesca a sopportare perchè è intenzionalmente caciarona e volgarissima: cose tipo "Blue" di Gemini, grattone e casinaro (e con - sorpresa! - lo stesso giro di "What i've done" dei Linkin park, che suonata col pitch moooolto in su diventa un missile terra aria), sono lontane anni luce dalla patina fintointellettuale del resto del dubstep "puro" e non mi riescono affatto indigeste, anzi.

E poi vogliamo parlare di quel Tipper, storto e zoppo come non mai, che va bellamente a braccetto con un grande classicone come "Poison" dei Prodigy, stasera eccezionalmente rispolverata in versione live ai gloriosi Maida Vale studios?

Si diceva di Liam Howlett: ovviamente stasera c'è tanti Prodigy, sia quelli più famosi ("No good", mi piace vincere facile) che la roba un po' più nuova e meno scontata, tipo il remix inferocito come se non ci fosse un domani di quei tamarracci allucinanti dei Noisia, ma ovviamente c'è anche tanto dei fratelli minori dei Prodigy, i Pendulum.

Anche per loro ho cercato di non suonare le solite "The island" o l'originale di "Watercolour", ma ho sfoderato un remix ignorantissimo di quest'ultima e una delle tracce più incazzate dell'ultimo album, che è ancora bello solido nel mio lettore mp3 e che riascolto ancora volentierissimo.

La partenza e la fine sono un po' più morbide, rispettivamente col nuovo singolo di Chase e Status patinatissimo e cheesy al massimo con un cantato che neanche Tiesto e con una "The golden path", luminosa e solare, che fa da degno contraltare agli scenari postatomici di quella "Narayan" che lo stesso Liam ha sempre dichiarato essere la sua traccia preferita di sempre.

In sostanza:

Photek - The seven samurai (Photek)
Lamb - Gorecki (Global communication rmx) (Mercury)
Chase & Status - Time (RAM)
Chase & Status - Time (Kev Willow remix) (RAM)
Pendulum - Watercolour (Emalkay rmx) (Ear storm)
Tipper - Chrome splat (Tippermusic)
Prodigy - Poison (Live @ Maida vale) (XL)
Gemini - Blue (Inspected)
Linkin park - What i've done (Warner)
Prodigy - No good (Start the dance) (XL)
Pendulum - The vulture (Ear storm)
Prodigy - Omen (Noisia rmx) (Take me to the hospital)
Lunatic calm - Leave you far behind (MCA)
Propellerheads - Spybreak (Wall of sound)
Chemical brothers - Morning lemon (Freestyle dust)
Prodigy - Narayan (XL)
Chemical brothers - The golden path (Virgin)
Chemical brothers - Under the influence (Virgin)

Come sempre, per farsi sorprendere dalle scelte diverse anche in differita, si può scaricare il set da qui, mentre per essere sempre aggiornati con le puntate nuove, qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro.

lunedì 6 giugno 2011

Orchestraibaz, puntata #80 - Gruveggiando nel sole

Stasera castagne!

Dopo un periodo piuttosto lungo interamente a base di nudisco, lentismi romanticoni, melodie e cantati, culminato col set teneroso di settimana scorsa, mi sembrava giusto ribadire che qua il lunedì sera si mena della cassa :)

Ovviamente dato il periodo estivo non ho virato troppo verso i technoni inferociti, chè in questa stagione il mood è sempre comunque quello dei piedi nudi nella sabbia con una birrettina in mano, magari settimana prossima a Barcellona in occasione del Sonar per cui ho prenotato giusto oggi il volo, quindi ho rispolverato un po' di roba techouseggiante del passato recente e meno recente, tipo l'idolo incontrastato dell'anno scorso: Alex Celler.

Di suo c'è la traccia famosissima su Cecille numbers, ma anche un remix piuttosto sconosciuto per dei fantomatici Chembass uscito solo digitale su un'etichetta italiana misconosciuta, che è una piccola chicca con la sua partenza spezzettata e il caratteristico bassone "alla Celler" che sopraggiunge solo in un secondo momento; ma in un set di castagne così non potevo non suonare il disco più "Raibaz" di tutti i tempi, quello che indicherei senza dubbio se dovessi scegliere uno e un solo disco in cui mi riconosco pienamente: il meraviglioso Cadenza numero 004, "Funk excursion" di Luciano e Serafin.

E' il disco perfetto, non c'è storia: percussioni sbilenche che più sbilenche non si può, una varietà tale che lo puoi tranquillamente mettere sul piatto e andare a fare un giro e chi ascolta pensa che tu stia facendo chissà che numeri, un groove che sposta pure i sassi, un capolavoro.

E ci sono anche un paio di limoni musicali di un certo livello, tipo quello che si danno metaforicamente Agaric e Loco dice ma soprattutto quello che Celler (ancora lui!) dà a Kink e al suo reedit di Jeff Mills, col bassone del grecolondinese che si sposa alla perfezione col pianino di The Wizard ripreso dal polacco in un'alchimia perfetta, che poi va a concludersi, degnamente, con una delle voci maschile più belle della storia della musica elettronica, Robert Owens, in una delle sue interpretazioni migliori.

Prima di questa chiusura romanticona e di livello stellare, tanto tanto ma tanto tanto groove estivo, per farsi una bella sudata gioiosa.

Chembass - My end (Alex Celler rmx) (Nordik net)
Andomat 3000 & Jan - L delay (Cadenza)
Mountain people - 006.2 (Mountain people)
Martinez brothers - Issshhh (Objektivity)
Luciano & Serafin - Funk excursion (Cadenza)
Unknown - Wax 40004 b (Wax)
iO - Pictures paint (Save room)
Anthea & Celler - Mandara (Cecille numbers)
Mathias Kaden - Roots (Luna city express & Mathias Tanzmann rmx) (Vakant)
Agaric - Who made up the rules (Ovum)
Loco dice - Definition (Desolat)
Davide Squillace - Bcn slices (CMYK)
Martines - Damaged color (Moon harbour)
Mark Grant - Touch me (Greedy bass dub) (Cajual)
Devilfish - Fusion phunk (Alex Celler rmx) (Unfokused)
Kink - Existenz (Ovum)
Photek feat. Robert Owens - Mine to give (Satoshi Tomiie rmx) (Virgin)

Come sempre, per sudare e godere in differita, basta scaricare il set da qui, mentre per essere sempre aggiornati con le puntate nuove, qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro.