lunedì 17 dicembre 2012

L'obbligatorio post di fine anno

E' arrivato il periodo dell'anno in cui si ascolta Last christmas e Baffo natale, ci si prepara a ingrassare come dei tacchini e, soprattutto, si smadonna sulle classifiche di fine anno dei vari siti, blogghe e simili (in particolare, quest'anno la vittima designata sembra essere ResidentAdvisor, che nelle sue svariate classifiche ha fatto più di una scelta controversa).

Posso forse dunque esimermi dall'offrire una mia personale visione globale e riassuntiva sull'anno che volge al termine?

Ovvio che no.

Detta in sintesi e in parole povere, il duemiladodici credo passerà agli annali come l'anno in cui un sacco di musica "da club" ha fatto il salto verso il pop mainstream e, conseguentemente, in cui il pop mainstream ha largamente aperto le proprie vedute verso la musica da club.

Il crossover tra due mondi precedentemente estranei, quello del clubbing "underground" e quello del pop, delle radio e dei grandi numeri, non è mai stato così evidente, per una serie di motivi anche socioeconomici: sarà che i grandi numeri di cui sopra non sono più così grandi e quelle che una volta erano major ora devono rivolgersi alla coda lunga per riuscire a sopravvivere, sarà che viceversa artisti e situazioni che hanno alle spalle lunghe storie di avanguardia ora probabilmente faticano un po' di più per via della crisi e devono quindi fare un passo in più verso un pubblico generalista, sarà semplicemente per via di un normale ricambio generazionale che ci ha finalmente liberati dal peso morto di un sacco di dinosauri, ma il suono del 2012 è stato di derivazione elettronica e "clubbistica" come non mai.

L'apoteosi di tutto ciò l'ho testimoniata in giugno, al Sonar (di cui ho parlato diffusamente in ben tre post): ridendo e scherzando, l'anno prossimo sono vent'anni che certa gente è in giro e fa cose interessanti e numeri importanti, per cui è evidente che non solo non si può più liquidare questa scena come una cosa per pochi giovani drogati - e fin qui siamo ancora alle banalità - ma soprattutto che i giovani di vent'anni fa ormai sono uomini di mezz'età, ampiamente introdotti nel music business e in grado di dominarlo e piegarlo ai propri gusti, formati a base di house, techno, garage e dnb negli anni '90.

Tanti, se non tutti, i breakthrough artists di quest'anno, infatti, sono quello che potremmo definire dei "nativi del clubbing", gente per cui momenti come l'arrivo della techno di Detroit, la Second Summer of Love o le prime Love parade non sono rivoluzioni che hanno un "prima" e un "dopo", ma ricordi storici che costruiscono il brodo primordiale da cui nascono le influenze dirette di giovani clubber che poi sono diventati i vari XXXY, John Talabot, TEED, Eats Everything e così via.

Quantità, qualità e 808 oldschool a palate.

Tanti, se non tutti, gli artisti che hanno dominato la scena di quest'anno arrivano da un periodo, gli anni '90, in cui quella che all'epoca si chiamava "electronica" era il pop che si sentiva dappertutto, in radio, su MTV e nella colonna sonora di qualunque artefatto culturale che ci fosse in giro, e quindi, com'è logico che sia, hanno cercato - con successo - di ricreare quel suono.

E infatti, la ricerca di un respiro più ampio ha influenzato pesantemente il suono dell'anno, ormai definitivamente uscito dal cupo tunnel minimale e definitivamente instradato verso il ritorno alla forma della canzone: gente come Little boots, o i Friendly fires, o gli Hot chip (ma anche gli Hot natured, o Aeroplane, o lo stesso TEED, e potrei andare avanti all'infinito) fanno cose estremamente danzabili ma che hanno le strofe e i ritornelli, da canticchiare quando le senti in radio e poi da cantare tuttincoro ai festival.

Ovviamente, come tutti i cambiamenti, c'è gente che non ha apprezzato: sono i fan duri e puri della techno, che con spirito di contraddizione si è involuta sempre più virando verso l'industrial e il noise; a me non piacciono nè, soprattutto, li trovo interessanti, ma i vari Silent Servant, Surgeon, Regis e compagnia cantante, Voices from the lake e i soliti Berghaini assortiti hanno il merito di aver centrato un nervo scoperto individuando una sottoscena piuttosto nutrita di gente che ama farsi seppellire sotto una cascata di tenebre e di male di vivere.

Non è il mio caso, ma riconosco comunque il valore di questa scena.

Parlando di cambiamenti e di gente che invece non ha paura di mischiarsi con chi fa cose "altre", il duemiladodici è stato un anno in cui svariati cantanti si sono improvvisati dj, o viceversa: non c'è solo TEED che nasce dj e sa anche cantare, o Joe Goddard che non saprei dire se nasce dj o cantante degli Hot chip, o ancora Jack Savidge dei Friendly fires, ma c'è anche gente come Thom Yorke che ormai pare averci preso gusto e dopo aver fatto dischi con Four Tet e Burial è stato visto mettere dei dischi (con risultati ovviamente piuttosto meh), o letteralmente un sacco di gente che porta in giro dei live con strumenti "analogici".

C'è ovviamente il solito, overhyped, Nicolas Jaar col suo live tarato sul gusto degli indiesnob, ma anche act dichiaratamente clubbistici come quello degli Esperanza con basso ghitarra e batteria (clamoroso) o quello dello stesso John Talabot con Pional hanno dimostrato che nel duemiladodici il live fatto schiacciando play su Ableton e giocando a campo minato per un'ora non ha più ragione di esistere, e non possiamo che gioirne.

Lui poi al live aggiunge una grossa dimensione visiva, coi suoi outfit buffissimi e le coreografie demenziali delle ballerine.

Morale, tanto pop mainstream travestito da musica per i club e tanta musica da club che fa il salto sulle radio, o è in grado di farlo: l'inverno scorso, ricordiamocelo, è stato quello in cui una delle tracce più di successo globale della stagione, "Heaven" di Emeli Sandè, è una traccia con l'amen break.

Succedono cose del genere, che non capitavano (se mai sono capitate) da quando io ero piccino, negli anni '90, e poi c'è chi si stupisce se sente "Benediction" degli Hot natured su Radio Deejay, o TEED e i Metro area nello spot del Nokia Lumia, o Moonlight matters nello spot dell'Adidas?

Il duemiladodici, poi, ha portato anche una grossa innovazione a livello di fruizione della musica, con una nuova tendenza che, potenzialmente, potrebbe cambiare radicalmente il modo di partecipare e vivere il clubbing: non sto parlando della silent disco, ma dello streaming video dei party.

Non c'è solo la Boiler room, che ha ospitato alcuni dei set migliori dell'anno (tipo quello di un redivivo Sven Vath, o un eccellente b2b di uno dei due Disclosure con Skream a colpi di vecchie perle uk garage, o ancora  uno dei due Ame b2b Dixon dopo una battaglia di cuscini, con le piume che ancora svolazzano in giro, ma potrei continuare a oltranza): da più parti si sta affermando la tendenza a organizzare party in location tutto sommato piccole e tendenzialmente alternative, tipo le suite degli hotel o piccoli studios, con un centinaio di persone o poco più, e trasmetterli in streaming audio/video sull'internet.


Ovviamente non è neanche lontanamente paragonabile al clubbing dal vivo e non mi è chiaro il modello di business, ma nel momento in cui scrivo è domenica pomeriggio e l'idea di avere, stasera, Laurent Garnier che mette i dischi per festeggiare i suoi venticinque anni di carriera a casa mia mi entusiasma oltremodo.

Morale, alla faccia di chi dice che non si fa più niente di nuovo e che siamo vittime di un'eccessiva retromania che ci porta a rifare sempre la solita roba, il duemiladodici è stato un anno dellamadonna, almeno musicalmente parlando: molte delle cose nuove risentono di influenze del passato, è vero, ma credo sia inevitabile, e in ogni caso tanti dei migliori artisti di quest'anno sono in grado di rivisitarle aggiornandole ai giorni nostri, tipo i Disclosure o tutta la nuova scena di Bristol, che fanno roba che è uk garage ma allo stesso tempo non è uk garage.

E a proposito di UK, una considerazione finale: che fine ha fatto, in tutto questo, la Germania?

Se ci fate caso, la stragrande maggioranza degli artisti citati in questo post, o comunque che hanno avuto qualcosa da dire nell'anno che volge al termine, sono inglesi, e di tedesco, tolti gli Innervisions, i soliti Ostgut (che ormai però più che altro campano di rendita) e pochi altri, non c'è nessuno: è vero, ancora in tanti vivono a Berlino, ma l'impressione è che, in un anno in cui la Germania pare essersi imposta come il centro di comando dell'Europa a livello economico, a livello musicale la terra dei crauti sia stata, a voler essere benevoli, poco importante.

Come ovvio, un post così non può che concludersi dicendo "vedremo cosa succederà nel 2013", ma se l'andazzo del 2012 dovesse essere confermato, sono certo che ne vedremo delle belle.

mercoledì 5 dicembre 2012

Fabric 67 - Zip

Questo post è uno dei più grandi "chettelodicoaffare" della storia dell'internet.

Sul serio, è uscito un Fabric ed è selezionato e mixato da Zip, serve davvero che stiamo a parlarne?

In realtà no, ma facciamo finta di sì e va bene lo stesso.


Zip, per quei due o tre che ancora non lo sapessero, è tra le altre cose il boss di una delle mie etichette preferite di sempre e, incidentalmente, un dj coi controcoglioni.

Non è uno di quelli che "creano" le hit, tipo Sven Vath dei tempi migliori o Seth Troxler adesso, che qualunque cosa suonassero loro, anche le peggio porcate, tempo zero le sentivi dappertutto (Vinicio Capossela anyone?), non ha una residency da centordicimila persone in qualche superclub ibizenco (anche se in effetti ne ha una mensile al Berghain, che è praticamente la stessa cosa) nè un seguito di tamarri che si fanno migliaia di km dall'itaglietta per andare a sentire "lo zio Zip", anche se in patria è giustamente un'istituzione e anzi, qui in itaglietta ci viene tutto sommato relativamente poco rispetto a tanti altri superstar djs di livello nettamente inferiore.

A vederla tutta, non suona neanche niente di particolarmente trendy, visto che rimane sempre fedele al suo stile che, attualmente, non ha tanti altri rappresentanti.

Però.

Però il suo Fabric è una lezione di stile e classe di quelle devastanti, in grado di risollevare immediatamente l'annata di una serie di compilation abbastanza in calo ultimamente, a furia di seguire le starlette o le one-hit wonder di turno (Guy Gerber, dai, per favore, non sei Villalobos, lascia stare) a colpi, come suo solito, di percussioni sbilenche e di metriche sbagliate solo in apparenza, ma in realtà perfette.

Lo stile di Zip è fatto così e, per certi versi, è la cosa più vicina all'improvvisazione jazzistica che si riesca a trovare nella techno: è l'esatto opposto dell'incasellamento quadrato e granitico tipicamente teutonico, è l'antitesi della ricerca della struttura lineare e dritta come un fuso a cui tanta dub techno ci ha, purtroppo abituati.

Non che i dischi che suona Zip non siano ripetitivi, anzi: la differenza, però, è che all'inizio i suoni sembrano fuori posto, storti, sbagliati, al punto che spesso ti guardi in giro convinto che stia suonando il telefono, o che comunque quel suono non arrivi davvero da lui, poi però il buon Thomas ti prende per mano, ti dice "fidati, è giusto così" e se tu ti lasci rapire (e non è difficile) tutto torna, e non potrebbe essere in nessun altro modo, e quello che sembrava sbilenco in realtà è giustissimo e godurioso, e il WTF lascia il posto a una sensazione di completezza e di appagamento che diventa meraviglia non appena realizzi che tutto ciò è frutto di pochi suoni cesellati alla perfezione.

Forse è per questo che non è una superstar, perchè richiede un atto di fede un po' più spinto rispetto chessò, a un Jamie Jones che suona i cantati anni '80, ma una volta entrati nel suo mondo è impossibile uscirne.

E poi, quando recupera fucilate dimenticate come questa, come fai a non adorarlo?


martedì 4 dicembre 2012

Un weekend mica male

Come l'ascoltatore attento avrà sicuramente notato, niente Orchestraibaz questa settimana.

Come mai?

Sono stato da venerdì a ieri sera ad Amsterdam per il Kings of Code 2012, un festival/conferenza/raduno di nerd patologici che si ritrovano insieme.

Sono estremamente soddisfatto del weekend, in cui ho fatto un sacco di cose veramente fighe, iniziando con l'andare a trovare in ufficio l'amico che mi ha ospitato, che lavora per una società dal logo multicolore, il cui business principale consiste in un motore di ricerca piuttosto noto al grande pubblico.

Già così, dopo essere stato in visita agli uffici di Google, il bambino nerd che è in me poteva ritenersi soddisfatto, ma col senno di poi è stata solo la prima della sequela interminabile di figate di questi quattro giorni.

Il programma, infatti, prevedeva per sabato e domenica l'hack battle, che per i non addetti ai lavori è una sorta di ritrovo di nerd in cui ci si sfida amichevolmente, a gruppi, a fare la cosa più figa in un periodo di tempo limitato.

C'erano anche degli sponsor, il più "famoso" dei quali era sicuramente Spotify, e ogni sponsor offriva dei premi propri, per cui si era incentivati a fare qualcosa usando i prodotti degli sponsor; c'era un buon numero di persone che si era portata dietro un Arduino, c'era un sacco di cibo, birra e Red bull (tutti offerti dagli sponsor) ma, soprattutto, c'era un'ottantina di nerd pronti a dar sfogo alla propria creatività e alla propria voglia di fare qualcosa di nuovo, interessante e divertente.

Ho visto delle cose veramente incredibili, tra cui un Pong a due giocatori su uno schermo a led 8x8 alimentato a batteria, ovviamente fatto tutto con Arduino

Il tizio vestito da Sinterklaas (il babbo natale olandese) è un membro della giuria che giudicava gli hack
O un clone di "Dance dance revolution", multiplayer in tempo reale, integrato con Spotify, il cui tappeto per ballare è stato costruito con materiali, diciamo così, di recupero


O ancora, un meta-Nyan cat, o un buffo affare che dato un pezzo di poesia ne produce una musica usando l'audio api di HTML5 e uno stream di foto prese da Flickr.

O ancora, infine, e qui gonfio un po' il petto perchè si tratta del mio hack, un generatore di playlist collettive su Spotify attivato strisciando la propria card NFC sul lettore, intitolato "Bring your own music":

Il lettore di card NFC, ovviamente Arduino-powered
In sostanza, il giochino che ho costruito assieme ad Ale e a due olandesi conosciuti sul posto consentiva di caricare una playlist di Spotify su qualunque card NFC (ne avevamo un paio prese apposta, ma funzionava anche - testato - con l'abbonamento dei mezzi di Amsterdam, con le Oyster card e anche col biglietto del tram che ho usato per arrivare alla location dell'evento) in modo che, idealmente, tutti potessero arrivare a un party con la propria card, strisciarla sul lettore e caricare la propria playlist nell'app jukebox, fatta così


Come si vede dalla foto, se tanti utenti caricano le stesse canzoni queste verranno ovviamente privilegiate rispetto a quelle che invece si cagano in pochi.

Ci sono svariate cose incredibili legate a questo hack, la prima delle quali, ovviamente, è che funziona: più volte, nell'arco dello sviluppo, tutti e quattro abbiamo concordato che vedere una cosa così prenderti letteralmente forma in mano avesse, davvero, qualcosa di magico, che non saprei descrivere con nessun altro termine.

Ma non è tutto.

Un'altra cosa incredibile è che, volendo, potrebbe avere un sacco di applicazioni "reali" o quasi, visto che NFC non è ancora proprio una tecnologia diffusissima: quella del party a cui tutti arrivano portando la propria musica è una, ma visto che funziona perfettamente con i biglietti dei mezzi pubblici, perchè non pensare in grande a un mondo meraviglioso, in cui la gente convalida il proprio biglietto salendo sull'autobus e aggiunge la propria playlist a quella collettiva suonata sull'autobus stesso?

O ancora, perchè non immaginare un dj (uno a caso, eh, magari pelato e magari tenutario di un blo tipo questo che state leggendo) che anzichè dare in giro le proprie moocards con l'indirizzo del blo dà via una card NFC con i propri mixati, o ancora un club che alla fine di un party, e solo lì e solo in quel momento, dà ai propri clienti le card NFC con la registrazione della serata, rendendola un ricordo esclusivo solo per chi ci è stato veramente?

E questi sono solo i casi d'uso che ci sono venuti in mente in un brainstorming di un paio d'ore.

Ma non è tutto, ancora.

La cosa davvero incredibile, di tutto ciò, è che abbiamo vinto.

Non abbiamo vinto il gran premio deciso da Sinterklaas, perchè in effetti l'hack dei tizi che ballavano sul tappeto di cartone era troppo troppo figo per non vincere tutto il vincibile, ma abbiamo comunque vinto il premio di Spotify (sei mesi di Spotify premium gratis, anche per me che abito in un paese svantaggiato in cui Spotify non c'è) e un gift certificate su un sito a nostra scelta offerto da un altro sponsor (Apigee, un servizio davvero figo: dategli un occhio se siete sviluppatori pigri - e quindi bravi sviluppatori).

Morale: mi sono divertito un sacco, ho conosciuto gente interessantissima tipo Syd Lawrence, una delle menti dietro Wemakeawesomesh.it e i Music hackdays oltre che il creatore di alcuni hack davvero bizzarrissimi, ho costruito qualcosa di figo, collaborando con altri, giusto per il gusto di farlo, e ho pure vinto: spettacolo grosso già così.

Basterebbe il clima di collaborazione, creatività e crosspollinazione di idee che si respirava sabato e domenica a rendere il weekend assolutamente grandioso, e invece c'era pure il lunedì, con una gran bella conferenza: ho visto un tizio di Facebook raccontare il loro rapporto di odio/amore con HTML5 su mobile rispetto alle app native, ho visto il solito esilarante Tanoku di GitHub raccontare del suo lavoro a bassissimo livello su git (è uno che ti racconta la rava e la fava di come git gestisce il filesystem e il grafo aciclico diretto dei reference con la verve e la divertenza di un cabarettista navigato, per capirci), ho visto una tizia del W3C fare cose magiche con le transizioni e le animazioni di CSS3, mi sono entusiasmato all'idea di provare a usare tool come Chef e Go (quest'ultimo spiegato da uno che nella vita lo usa per Soundcloud) e in sostanza, di nuovo, mi sono divertito un sacco.

Mica male per solo quattro giorni, dai: l'unico problema è che adesso ho idee di cose interessanti/divertenti da fare per i prossimi 500 anni, e ovviamente mi manca il tempo di farle, ma in qualche modo farò :)

martedì 27 novembre 2012

Orchestraibaz, puntata #121: deeposità romantiche sotto la pioggia

Piove.

E' inverno.

Stagione di tisane calde, piumoni e affettuosità; per le braccia al cielo aspetteremo che torni l'estate, nel frattempo ce la canticchiamo tranquillamente, a bpm un po' più ridotti, con una puntina di malinconia.

C'è tanto da cantare stasera, i dischi senza vocal sono giusto un paio, tipo il Dominik Eulberg d'annata che ha rispolverato John Talabot sabato scorso a Classic e che in effetti è invecchiato daddìo, come solo i dischi di qualità; la stragrande maggioranza dei dischi di stasera, invece, si canticchia di gusto.

Si canta in molti modi diversi, con i vocal femminili novanteggianti di Annabel Englund e quelli ancora più novanteggianti di Ali Love, sempre su Hot creations (è uno dei dischi dell'anno, non c'è storia: di Jamie Jones e Lee Foss si può dire un sacco male, che ormai sono commerciali, che non sono raffinati e blablabla, ma "Benediction" è un earworm esagerato, di quelli che ne senti un minuto e lo canticchi per dieci giorni) o con la malinconia un po' shoegaze di Benoit e Sergio o dei Footprintz, o ancora con l'atmosfera baffuta e annisettanta di quel sant'uomo di Giorgione Moroder o con le voci filtrate dell'ultimo No.19: in un modo o nell'altro, però, qualcosa a fine set ve lo canticchierete sicuro.

Promesso.

In alcuni (rari) casi non si canta, tipo nell'ultimo Life and death ad opera di un sempre eccelso Ryan Crosson (di cui non ho mai fatto mistero di essere un fan di lunga - mooolto lunga - data) coi Tale of us, ma in generale c'è del cantato per tutti tutti i gusti.

Scegliete voi cosa cantare, tra uno di questi, nell'ordine:

Lee Foss & MK feat. Annabel Englund - Electricity (Hot creations)
Disclosure - Latch - (Jamie Jones rmx) (Pmr)
Shit robot - Take em up (John Talabot rmx) (DFA)
Ryan Crosson & Tale of us - Big sins (Life and death)
Tone of arc - Soundsail (No. 19)
Chris James - Song for her (Gruuv)
Lusine - Two dots (Ghostly)
Benoit & Sergio - Not in my nature (Visionquest)
Karmon - Feel it (Diynamic)
Hot natured feat. Ali Love - Benediction (Hot creations)
Leendder feat. Chaz - Everytime you cry (Skycreaker)
Giorgio Moroder vs. MB Disco - From here to eternity (Daryl rmx) (MB disco)
Aeroplane feat. Jamie Principle - In her eyes (Chopstick & Johnjon rmx) (Aeropop)
Steve Barnes - Cosmic Sandwich (Dominik Eulberg rmx) (My best friend)
Footprintz - Utopia (Visionquest)

C'è solo l'imbarazzo della scelta, nel set karaoke di stasera: grandi e piccini possono cantare ciò che più preferiscono, quindi venghino, siore e siori, a scarricare il mixato in questione!

Il link per scarricarlo lo si trova qui, mentre qui ci si può iscrivere al podcast per avere automagicamente le puntate nuove, (quasi) ogni lunedì.

martedì 20 novembre 2012

Orchestraibaz, puntata #120 - Varietà con un gioco nuovo

Finalmente riesco a fare una puntata del podcast col mio gioco nuovo!

Il gioco in questione è un Traktor kontrol Z2 della Native instruments, che è un ibrido tra un mixer e un controller progettato esplicitamente per l'ultima versione di Traktor (come il nome suggerisce), e che quindi ha un sacco di tastini comodi comodi e di lucine colorate per far fare a Traktor un sacco di cose divertenti, molte delle quali, com'è ovvio, sono finite nel set di oggi.

C'è quindi della musica già sentita con solo un bordello di effettistica in più, oggi?

Ovvio che no, tutt'altro: solo verso la fine mi sono fatto prendere la mano dal desiderio di controllerism e ho messo qualcosa di non estremamente nuovo, ma più o meno tutto il resto è fresco fresco e bello croccantoso, a partire dai Disclosure recenti ospiti del Club to club per arrivare agli strepitosi remix di uno dell'album dell'anno, quello di John Talabot (che sabato prossimo torna a Milano, non ve lo perdete!), passando per un eccellente remix dell'album dell'anno, quello di TEED.

Sempre parlando di album dell'anno, vogliamo trascurare quello di Lindstrom?

E poi, vogliamo parlare della nuova chicca poppissima di Lee Foss e Jamie Jones, ormai a loro agio con la forma canzone e assolutamente pronti a fare il grandissimo salto verso l'hype planetario (come se non l'avessero già fatto)?

E di Akufen che invece è sempre scemissimo e sbilenco ma sempre con una classe sterminata, allora, cosa dire?

Niente, si mette la tracklist e tutti a casa, felici e gioiosi.

(Non è vero, si merita una menzione speciale anche la sassata della compilation della Dirtybird che ricicla un vocal storico di Dj Rush, di quelli che a noi anzyani ci ricordano quando eravamo giovini e suonavamo le cose cattive)

Dolphin boy - Don't stop (Soul clap rmx) (Rebirth)
Recloose - Don't get me wrong (Delusions of grandeur)
Kolombo - Get so hot (Warung)
Hot natured feat. Ali Love - Benediction (Hot creations)
Disclosure - Latch (T. Williams rmx) (PMR)
TEED - Household goods (Mano le tough instrumental) (Grecoroman)
Disclosure - Boiling (Grecoroman)
Rick Wade - Harlem funk (Aiby & The noise bonus beats) (Your only friend)
John Talabot - When the past was present (Pachanga boys purple rmx) (Permanent vacation)
John Talabot - When the past was present (Pachanga boys blue rmx) (Permanent vacation)
Squarehead - Elevation (Pets)
Akufen - T'es con t'es content (Musique risquee)
Lindstrom - Faar-i-kaal (Smalltown supersound)
That amen track (Breach rmx) (Dirtybird)
Daft punk - Technologic (Virgin)
Sacha Robotti - The major (Dirtybird)
Eats everything - Entrance song (Pets)
Julio Bashmore - Au seve (Broadwalk)
Benoit & Sergio - Not in your nature (Visionquest)
Pillowtalk - Soft (Life & Death rmx)

Vuoi sentire che bei numeri fa il mio gioco nuovo? Vuoi sentire un'ora e poco più di musica nuova e croccantosa? Scarrica anche tu il set di stasera da qui, e iscriviti al podcast cliccando qui qui in modo da avere le puntate nuove automaticamente nel tuo Winamp/iTunes/quant'altro.

martedì 6 novembre 2012

Orchestraibaz, puntata #119 - La cassa spezzata di una volta

Ho fatto un paio di settimane di pausa causa superlavoro e, devo ammetterlo, per stasera non avevo preparato niente, se non un'idea che mi ronzava in testa da un po' di tempo e che non avevo ancora avuto modo di approfondire.

L'idea in questione mi è venuta risentendo "We have explosive" dei FSOL, che è di una buona quindicina di anni fa e che all'epoca mi fomentava a dei livelli fuori dal normale (ripensandoci, gia dall'adolescenza avevo dei gusti musicali un po' così) e che quindi mi andava di suonare qui per i miei tre ascoltatori.

Da lì in poi la strada è stata tutta in discesa, dato che dischi di quel periodo sullo stesso genere ne ho a bizzeffe e - ho scoperto stasera - sono in grado di metterli a tempo e di assemblarli discretamente senza troppa fatica perchè ne conosco a memoria ogni minimo frammento anche dopo tutti questi anni, tant'è che il set di stasera l'ho preparato praticamente in cinque minuti scarsi.

Il mixato che ne è uscito è uno spaccato della mia adolescenza fatta di cassa spezzata, a tratti hiphoppeggiante come nel caso del remix di FBS per i Beastie boys ma già con un'evidente impronta techno, anche se all'epoca era più in voga questa roba che si chiamava "Electronica" e che era, fondamentalmente, il pop da classifica e da MTV di fine anni '90.

Ovviamente di hittone gigantesche qui non ce ne sono, forse giusto "Renegade master", ma c'è comunque un sacco di roba che andava per la maggiore, grazie anche all'inclusione nelle colonne sonore dei film, che una volta erano curate e davano un bel contributo al successo degli stessi: "Matrix" sarebbe lo stesso capolavoro senza tutto quel bendiddìo nella colonna sonora?

E quella cagata de "Il santo" con Val Kilmer, se lo sarebbe mai cagato nessuno se non avesse avuto una colonna sonora di tutto rispetto?

Parlando di colonne sonore ed Electronica negli anni '90, poi, non si può non citare LA colonna sonora di quegli anni: non è di un film ma di un gioco e come per Matrix anche Wipeout (e Wipeout 2097) sarebbe stato "solo" un gioco della madonna se non avesse avuto i Chemical Brothers, i Prodigy, gli Underworld, i FSOL, i Daft punk, i Fluke e qualche altro che ora mi dimentico ad accompagnare le partite.

Molta della musica che mi è rimasta dentro e che tuttora mi spettina e mi fomenta arriva da lì, e molta di questa compare anche qui, stasera.

In rigoroso ordine cronologico:

Rob D - Clubbed to death (Kurayamino mix) (Mo' wax)
Beastie boys - Body movin' (Fatboy Slim rmx) (Capitol)
Fatboy Slim - Gangsta trippin (Skint)
Fluke - Atom bomb (Circa)
Prodigy & Tom Morello - No man army (Not on label)
Chemical brothers - Song to the siren (Freestyle dust)
Kylie Minogue - Slow (Chemical brothers rmx) (Capitol)
Daft punk - Musique (Soma)
Future sound of London - We have explosive (Virgin)
Azzido da bass - Doomsnight (Stanton warriors rmx) (XL)
The crystal method - Busy child (Outpost)
The prodigy - Mindfields (XL)
Wildchild - Renegade master (Fatboy Slim rmx) (Hi life)
Propellerheads - Spybreak! (Wall of sound)
Sneaker pimps - 6 underground (Clean up)

Il tuffo nel passato che però riempie di gioia anche nel presente è liberamente scarricabile e riascoltabile da qui, mentre per restare sempre aggiornati quando escono le puntate nuove qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro.

martedì 23 ottobre 2012

Orchestraibaz, puntata #118 - Deep e croccante

Cose nuove e croccantose, stasera: complici un paio di settimane di revival e/o di pausa ho accumulato un discreto quantitativo di roba nuova interessante e che valeva la pena di proporre ai miei (tre) affezionati ascoltatori.

L'highlight della settimana è senza ombra di dubbio la compilation della Future classic, che per dirla semplice e senza mezzi termini è una miniera d'oro: quante altre volte è capitato di trovare quattro tracce suonabili (e ce ne sono almeno un altro paio che stasera non mi ci sono state) nella stessa release?

Rarissimo: compratevela, fate una buona cosa.

Molta della roba che fa da contorno alle chicche della compilation della Future classic sono di gente che su queste paggine appare spesso e volentieri, come Lauer o Moullinex, anche lui presente più di una volta perchè la cover buffissima di "Maniac" cantata da Peaches non si poteva assolutamente non suonare, o ancora Eats everything e i Bicep, ma alcune delle cose più fighe arrivano da nomi meno noti: qualcuno di voi conosceva Ejeca prima dell'ep su Needwant?

Pare difficile, visto che l'unica altra uscita al suo attivo su Discogs è un ep in collaborazione, guardacaso, coi Bicep.

E i MAM?

Beh, questa è facile, è un progetto parallelo di Miguel Campbell assieme a Matt Hughes, e in effetti sentendo la traccia su Nice to be la mano di Miguel Campbell è evidente.

In coda a tutto, ma non per questo meno importante, il doveroso bentornato a Nathan Fake, che finalmente si è rimesso a fare Nathan Fake.

Morale:

Soho808 feat. Lydia Cesar - Turning slow (Daniel solar & Andi de luxe rmx) (Dikso)
Tom Trago, Young Marco & Awanto3 - Physical thrills (Studios)
Lauer - Mascat ring down (The backwoods rmx) (Beats in space)
Flight facilities - Crave you (An-2 rmx) (Bang gang)
Tigerskin - In public (Future classic)
Kruse & Nuernberg feat. Stee Downes - Love can't break you down (Shur-i-kan's 80s vox mix) (Lazy days)
Worst friends - Short stopped (Instrumental) (Future classic)
Moullinex - D ja vu (Gomma)
Cadillac - Blue skies (Ray Mang rmx) (Future classic)
MAM - Happyness (Nice to be)
Moullinex feat. Peaches - Maniac (Gomma)
Hot chip - How do you do (Todd Terje rmx) (Domino)
Bicep - Vision of love (Feel my bicep)
Eats everything - Trubble (Dirtybird)
Ejeca - Horizon (Needwant)
Anna Lunoe & Touch Sensitive - Real talk (Future classic)
Nathan Fake - Cascade airways (Border community)

C'è un sacco di croccantezza e di deepposità oggi, quindi, pure troppa per lasciarsela scappare non riscarricando il set da qui, mentre per restare sempre aggiornati quando escono le puntate nuove qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro.

lunedì 22 ottobre 2012

Nathan Fake - Steam Days

La vera notizia di questo post è che la Border Community è ancora viva.

Salvo l'occasionale Luke Abbott, era praticamente dal 2007 ("You are here", guarda caso proprio di Natano Fittizio) che sull'etichetta di Holden non usciva niente di rilevante: gran botti negli anni precedenti, album di Fake e del capo di casa osannati da pubblico, critica, grandi e piccini, e poi cinque anni di silenzio creativo, interrotti giusto da qualche sporadica intervista del boss che dichiarava "sì boh io e Nathan ogni tanto vorremmo anche rimetterci a far qualcosa, però ci droghiamo troppo".

Nel mezzo, una carriera da superstar dj per Holden costruita facendo sempre lo stesso set e un album dimenticabilissimo, "Hard islands", per Fake, ma soprattutto una serie bella grossa di eredi, più o meno designati, che si sono incuneati nel solco tracciato da capolavori come "A break in the clouds" e "The sky was pink" e hanno proseguito lungo quella strada: Four tet e Caribou, ma anche il primo M83, sono i più evidenti, ma il numero di produttori che hanno fatto propria la nuova via un po' ambientosa un po' noisy un po' analog è bello nutrito.

Morale, la domanda sorge spontanea: c'è ancora spazio, nel duemiladodici che non è più il duemilasette, per Nathan Fake?

E com'è il Nathan Fake del duemiladodici?



Il Natano Fasullo del duemiladodici è, per forza di cose, diverso in alcune cose da quello di "Drowning in a sea of love", principalmente perchè tra allora e ora c'è stato di mezzo il dubstep.

Tracce che allora sarebbero state solo paddoni lontani che ti avvolgono da tutte le direzioni, come l'original mix di "The sky was pink", ora hanno in omaggio la bassata possente e la cassa sbilenca caratteristica delle tracce in cui Kieran Hebden, assieme a Burial, ha provato a essere "più Nathan Fake di Nathan Fake", con la differenza che a sto giro Fake non è un fake (perdonate il gioco di parole), ma è quello vero.

"Paean", la traccia d'apertura, ha cassa e basso con la metrica clamorosamente Burial&FourTet&Thom Yorke, ma il lead è il suo, quello che riconosci immediatamente come l'originale suono della Border community, ed è come tornare a casa dopo che sei stato via per tanto tempo e nel frattempo te l'hanno imbiancata e ti hanno messo dei mobili nuovi.

Forse proprio per via dei tanti epigoni di questi anni (che beninteso in molti casi sono anche validissimi di per sè: non parliamo di meri scopiazzamenti ma di autentiche rivisitazioni e prosecuzioni molto interessanti di un genere che era stato abbandonato dai suoi creatori) il nuovo Nathan Fake non suona come quello vecchio, e lo scostamento è evidente, ma non suona neanche come qualcosa di eccessivamente nuovo: la carica rivoluzionaria dei primi Border community non c'è più, ed era tutto sommato ovvio e prevedibile, ma bisogna ammettere che Natano è stato bravo a non fossilizzarsi su ciò che nel 2003 era incredibile e mai sentito e a cui ora ci siamo abituati.

Insomma, è un album di Nathan Fake e ha tutto quello che ti aspetteresti da un album di Nathan Fake, per cui i fan di vecchia data non resteranno delusi ("Rue", la traccia più simile allo stile "classico" e l'unica senza cassa, è un viaggionissimo da colonna sonora di un pianto struggente in Islanda), ma ci sono molte idee interessanti, dal terzinato di "Iceni strings" alla cassa dritta di "Neketona", che non sfigurerebbe in mezzo alle berghainate ma che ha ovviamente il tocco magico e ipnotico di casa Fake.

Bentornato, Natano: in tanti hanno provato a non far rimpiangere la tua assenza, e ci erano quasi riusciti, ma solo ora che sei di nuovo qui ci si rende conto di quanto mancassi.

(Se poi fai uscire dal torpore anche il tuo socio te ne siamo ulteriormente grati, eh)



lunedì 15 ottobre 2012

A cosa servono gli eroi

La gente, mediamente, fa schifo.

Ok, io sono un nerd e questo mi rende leggermente più sociopatico della norma, ma è innegabile che la maggior parte delle persone con cui quotidianamente chiunque ha a che fare sia nel migliore dei casi fastidiosa e nel peggiore gretta, meschina, irritante e, in buona sostanza, una merda.

La gente ti interrompe quando stai lavorando o facendo cose importanti per questioni di nessuna utilità, la gente aggancia male i carrelli dietro la propria macchina, carrelli che poi si sganciano e centrano in pieno la tua macchina, la gente organizza eventi di merda che rendono vano il lavoro di chi si sbatte per costruire una nightlife decente a Milano, la gente vota Fiorito, la gente è Schettino, la gente evade le tasse e potrei continuare per tutto il giorno a esprimere manifestazioni di odio e di schifo per il genere umano che mi sta attorno.

Ovviamente "la gente" include anche me, eh, non ho la presunzione di pensare di essere migliore degli altri; è il genere umano a essere invariabilmente composto da persone con cui nessun sano di mente vorrebbe avere a che fare.

Poi, però:


Un signore di quaranta e passa anni salta giu da poco meno di quaranta chilometri di altezza e si fa quattro minuti e un po' in caduta libera, sfondando nel frattempo il muro del suono e una serie di record.

Perchè l'ha fatto?

Ok, per la scienza, per la ricerca, per studiare nuove tute per gli astronauti così tecnologicamente avanzate da sembrare magiche, ma in buona sostanza, l'ha fatto perchè si poteva, e perchè fuckyeah.

C'è stata gente che si è lamentata, che perchè bisogna spendere tutti sti soldi per fare ste cose quando c'è  chi non arriva alla terza settimana e la grisi e blablabla, e chi glielo fa fare, e perchè devi rischiare la vita, e quello è un pazzo, eccetera.

La risposta a tutta questa gente gretta è, ovviamente, la stessa: "perchè si può, e perchè fuckyeah".

Perchè c'è bisogno di gente come Felix Baumgartner, che fa cose fighissime e apparentemente impossibili senza aver bisogno di un reale scopo, per ricordarci che in fondo, uno scopo non è così necessario ma anzi, le cose migliori sono quelle fatte "perchè si può".

Non sono certo un anziano ricco di esperienza, ma mi è capitato e mi capita di fare un sacco di cose: lavoro (molto), scrivo su qui, alleno i bambini a calcio, gioco (male) a pallavolo, suono un'ora a settimana, ho un side project che giace semiabbandonato ma che un giorno mi renderà ricchissimo, sfascio autovetture e cerco di mantenere una vita sociale; le cose che riesco a fare sono solo una minima parte di quelle che vorrei e ce ne sono almeno altrettante che ho fatto e che non mi sono riuscite, come andare a lavorare in Silicon Valley o diventare un dj famoso.

Sono esempi come quello di Felix Baumgartner che mi ricordano che risparmiarsi o perdere tempo a lamentarsi non serve a niente, perchè poi magari il carrello che si sgancia dalla macchina davanti alla tua lo prendi bene e anzichè essere fortunato e sfasciare solo la macchina ti va peggio; non penso che salterò da quaranta chilometri nè infrangerò il muro del suono, ma di sicuro continuerò a fare tutto quello che mi passa per la testa, e non ho intenzione di fermarmi.

Perchè posso, perchè fuckyeah.

martedì 9 ottobre 2012

Modi alternativi di passare una mattinata


Io sto bene.

L'anziano a cui si è sganciato il carrello dalla macchina, carrello che poi dopo un'altra macchina ha centrato la mia, purtroppo, anche.

Orchestraibaz, puntata #117 - Castagne

E' arrivato l'autunno, e cosa c'è di più autunnale di una bella porzione di castagne?

Settimana scorsa un mio giuovine ascuoltatore in diretta lamentava che fossi fin troppo rilassato, per cui mi è venuta voglia di rispolverare un po' di bei pestoni dei vecchi tempi, complice anche il live bello sostenuto di Laurent Garnier di settimana scorsa, per cui eccoci qui, a fine set, sudati marci.

I "vecchi tempi" in questione sono i primi anni del millennio, quelli in cui a spadroneggiarla forte forte su tutto il mondo era l'hardgroove, il miglior dj sulla faccia della terra era il re della scena techno napoletana e il giovane Raibaz muoveva i suoi primi passi nel mondo della musica da club un po' più di nicchia.

Erano gli anni in cui, appunto, la scena napoletana era dieci spanne sopra tutto il resto (alla faccia di chi li descrive come dei biechi cloni di Jeff Mills) col loro mix di cura esagerata per le percussioni e di gusto latino per il funk; erano gli anni in cui Carola, Vigorito e Parisio, ma anche Cerrone e Markantonio, avevano ben pochi rivali in circolazione.

Erano anni in cui uscivano su etichette ormai pop e ampiamente in fase decadente come la Cocoon fucilate quasi-schranz dell'alfiere del genere, quel Chris Liebing che quasi dieci anni fa faceva roba da mettere in fila tutti gli attuali resident del Berghain e schiaffeggiarli a due mani e che ora, mah.

Anni in cui sono usciti capolavori a secchiate che mai e poi mai ci sarebbero stati tutti in un'ora: stasera mi andava di suonare questi e questi vi pigliate:

Underworld - 2 months off (JBO)
Tomaz vs. Filterheadz - Sunshine (Intec)
Technasia feat. Dj Rush - Way of life (Technasia house mix) (Technasia)
Oxia - "House" nation (Re-work) (Goodlife)
Umek & Valentino Kanzyani - Mischota (Recycled loops)
Marco Carola - Question #5 (Question)
Danilo Vigorito - In (Informale)
Laurent Garnier - Crispy bacon (F Communications)
Gaetek - Pain 23 (Tortured)
Henry Chow - Masterplan (Zenit)
Mauro Picotto - Tao tek (Alchemy)
Ben Sims - Manipulated (Jel Ford rmx) (Primate)
Chris Liebing - Seveneleven (Cocoon)
Underworld - Born slippy (JBO)
Misstress Barbara - Double end (Primate)
Dj Rolando - Knight of the jaguar (UR)


Ci si può ovviamente spettinare a colpi di percussioni che giungono da ogniddòve anche in differita, scarricando il mixato da qui, mentre qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro, per essere sempre aggiornati con le puntate nuove.

venerdì 5 ottobre 2012

Libertè, Egalitè, Laurent Garnier

Viene Lorenzo a Milano, una parte della città si ferma.

Lorenzo a Milano viene di giovedì, e oggi è un venerdì in cui probabilmente il prodotto interno lordo della mia ridente cittadina crollerà drasticamente, tra gente che ha preso la giornata intera o a metà di ferie e gente che è andata in ufficio diretta dal Tunnel pur di sentire l'unico motivo per cui ancora tolleriamo l'esistenza della Francia nonostante i francesi.

Vedo Lorenzo e il suo L.B.S. per la quarta volta in dodici mesi, la prima è stata l'anno scorso giusto di questi tempi all'ADE, e ciononostante quando lo vedo scendere dalla macchina fuori dal Tunnel sono ancora emozionato come una tredicenne davanti a Justin Bieber.

Vedo Lorenzo per l'ennesima volta, a Milano, e ogni volta c'è il pubblico delle grandi occasioni, con quegli amici che vedi forse giusto una volta l'anno, per eventi di questa portata o giù di lì, e che però proprio perchè ci vediamo sempre in momenti così belli sei felice di vederli come se fossero le persone più importanti del mondo, e gli abbraccioni e i sorrisi che ti scaldano il cuore si sprecano, ma ovviamente ci sono anche gli amici di clubbing "soliti", quelli che vedi quasi ogni sabato e con cui quasi settimanalmente condividi momenti di grossa soddisfazione ma che non per questo vedi meno volentieri, anzi.

Lorenzo a Milano di giovedì significa che tutta la solita gente si è mobilitata e da prima dell'apertura, quando ancora il Tunnel è chiuso, a quando Lorenzo inforcherà le cuffie non riuscirai a fare due passi senza incontrare qualcuno che conosci e che magari non vedevi da tanto, con cui scambiare due chiacchiere, ma quando poi Lorenzo mette su il primo disco non ce n'è più per nessuno, e l'unico contenuto che riuscirai a scambiare con tutti questi amici sono sorrisi estasiati, espressioni meravigliate e altre manifestazioni di gioia assortite.

Lorenzo parte come tutti i grandissimi dj incuneandosi alla perfezione nel solco tracciato da Vladi e Gero durante l'apertura, e il secondo disco, lui non può saperlo, ma è uno di quelli che più piacciono alla platea del Tunnel, da sempre affezionata al sound della Innervisions: ok, è una hittona, ma non si può certo dire che non sia un gran disco, e quando ti guardi attorno e vedi solo gente che la sa, che canta "you had me howling" assieme a te, non puoi che sentirti a casa:


In realtà però stavolta evidentemente Lorenzo ha voglia di toccarla piano, forse fomentato dalle tenebre del Tunnel o forse semplicemente perchè gli va così, e anche se l'inizio è sul melodicone andante nel giro di tre-quattro dischi si scatena l'apocalisse che ci accompagnerà fino a chiusura.

S'è già detto varie volte, su queste paggine e altrove, che la techno e il suo carico di inquietudine futuribile nel 2012 sono praticamente morte, ma Lorenzo contraddice questa tesi, teletrasportandoci in una distesa postatomica in cui snare clap e piattini ci schiaffeggiano con una violenza inaudita e la 303 è insieme grido di battaglia e lamento; non c'è paura però, non c'è sofferenza, anzi il feeling estatico che ti costringe a buttare le braccia al cielo a ogni ripartenza è accentuato dalla sensazione di comunanza e di unione che provi quando pensi che è giovedì e attorno a te c'è qualche centinaio di gente che pur di essere qui, ora, a saltare con te, a sudare e a godersela probabilmente domani sarà rincoglionita in ufficio.

Tanti di noi forse non hanno più l'età per certe missilate, forse dovremmo tranquillizzarci e ascoltare quelle cose più morbide, più nudiscoeggianti che vanno ora, e in effetti spesso e volentieri lo facciamo, io per primo, però quando un maestro come Lorenzo impartisce le sue lezioni di techno torniamo tutti bambini, non c'è niente da fare.

"Prenditi cura di me, Garnier"

Rispetto alle altre volte, Lorenzo inizia con un dj set piuttosto lungo, che dura quasi un'oretta, prima di svegliare Scan X dal torpore (Benjamin Rippert ha lasciato il gruppo già prima dell'estate, ora dell'L.B.S. sono rimasti solo L. e S.) e iniziare il live con la solita traccia di cui ignoro bellamente il nome ma che è uno dei pochi punti fermi del live/djset; di solito non mi fa impazzire, ma oggi ha sensibilmente più groove del solito, i clap e i piattini ci accerchiano da ogni dove e non ci lasciano un attimo di respiro; siamo solo a un terzo dello show ed è già ampiamente chiaro che non si faranno prigionieri.

Dopo questa tocca a "Back to my roots", relativamente insolita (di solito a questo punto fanno "Acid Eiffel") ma non per questo meno valida: i due accordi del pad che fa da sfondo a tutta la traccia sono aspettativa e inquietudine allo stato puro, accompagnati da synth graffianti e 303 ora taglienti ora rotolone, c'è di tutto e di più ma non c'è spazio per la pausa spezzata, oggi il mood è drittone e spietato e i fronzoli sono rimasti a casa.

Poi ancora un po' di dj set, in cui Lorenzo come al solito maneggia cassa e bassate potenti come il martello di Thor con la grazia di un fiorettista e con la solita linea impeccabile che riesce a tenere più di chiunque altro al mondo: l'effetto "è sempre lo stesso disco" è potente, però ciononostante i cambi di passo sono tantissimi, repentini e quasi mai banali e la selezione è assolutamente oscura.

Si sa da sempre che Lorenzo è uno che ascolta e che suona tutto, che è l'unico a rispondere sempre a qualunque promo gli arrivi, ma la stragrande maggioranza dei dischi che suona è roba che sembra avere solo lui e che ti fa passare tutto il tempo a chiederti dove cazzo è che va a prendere delle missilate del genere, e quando anche riconosci un disco che avevi già sentito e che è relativamente famoso, come l'Ovum nuovo di Tom Middleton, l'effetto è comunque magico: nella fattispecie sentito da solo il disco in questione è una porcata allucinante, una sorta di "Mouth to mouth maranza rmx", ma contestualizzato a dovere da un mago come Lorenzo diventa una fucilata in grado di spettinare anche me che sono pelato.

Ancora live poi, e sarà una sezione bella corposa visto anche che lo show di stasera sarà leggermente più corto del solito e che comunque finora Scan X ha fatto pochino: c'è "Sambou", ma poi, come sempre verso metà set, c'è l'accoppiata "Gnanmankoudji"-"The man with the red face", e l'emotività sale a livelli stellari.

L'atmosfera che crea l'intro lunghissima di "Gnanmankoudji" è sempre la stessa, un'attesa enorme che poi viene sfogata tuttassieme quando finalmente esplode il sax e noi, come sempre, ci abbracciamo forte, saltiamo, sorridiamo e sudiamo tutti assieme, ma a sto giro Lorenzo la combina grossa: gli basta un accordo, una sola nota di synth aggiunta lìpperlì, ma è un accordo che ti entra dentro e dalle orecchie arriva sottopelle, ti serra tutti i pori e ti fa venire tre dita di pelle d'oca, poi si fionda verso i dotti lacrimali e senza che tu lo voglia la gioia estatica di un live così meraviglioso sgorga copiosa, annebbiandoti la vista ma lasciando l'udito libero di godersela come non mai.

Poi, come sempre, "The man with the red face", e verrebbe da dire "chettelodicoaffare", ma Lorenzo è sempre Lorenzo, e anzichè sedersi comodo come farebbero le persone normali e lasciar andare il suo capolavoro, ma lui oggi ha deciso di schiaffeggiarci e ci mette sopra un ensemble di piattini che trasformano tutto il jazzeggiamento sassofonistico che ben conosciamo in un treno lanciato a velocità folle verso il futuro.

E' già il miglior L.B.S. di quelli che ho sentito, ma manca ancora la chiusura, che arriva dopo un altro po' di castagne, di 303 come lame sonore che ci tagliano da un orecchio all'altro e di viaggioni da mani al cielo e abbraccioni (come se tutto ciò fosse poca roba): la chiusura, lo sappiamo, è sempre la stessa, a base di pancetta croccante.


Il synth oggi è un po' più grattone del solito, ma comunque sentire "Crispy bacon", alla fine di uno show così, a luci accese, nel club dove hai sentito le meglio cose, assieme ad amici di vecchissima data, tutti a saltare assieme, è una di quelle cose per cui puoi dire che valga la pena aver vissuto.

Grazie Lorenzo, grazie Classic.

mercoledì 3 ottobre 2012

Ora basta.

Una delle più grandi lezioni, se non la più grande, che ho imparato nel periodo in cui facevo l'organizzatore di eventi danzanti è "i commenti positivi si fanno in pubblico, quelli negativi in privato, soprattutto se hai un interesse nell'argomento in questione".

Danny Tenaglia stesso dichiara di aver fatto carriera come dj solo ed esclusivamente perchè il suo motto era "be nice to everybody"; nel corso della mia esperienza come organizzatore, clubber, scribacchino di musica in generale e (raramente) dj ho avuto modo di imparare che molta della gente che compone la scena elettronica è piuttosto suscettibile alle opinioni diverse dalla propria, motivo per cui da qualche tempo ho sensibilmente moderato i toni qui su questo blò, pubblicando fondamentalmente solo commenti positivi.

Poi, però, succedono cose che veramente te le tirano fuori.

Io ne farei volentieri a meno, ma episodi di cialtronaggine come questa non possono e non devono passare sotto silenzio.

Ma andiamo con ordine: qualche tempo fa vengo a sapere che il 6 ottobre, sabato prossimo, c'è Kevin Saunderson a Milano, in un club nuovo e con l'open bar; figata, mi faccio una nota mentale di informarmi un po' sull'organizzazione dato che, si sa, a Milano l'inculata è sempre dietro l'angolo e quell'open bar lì non mi fa presagire niente di buono.

Vengo a scoprire, già settimana scorsa, da fonte molto attendibile, che l'evento non è proprio del tutto confermato, dato che non sono ancora giunti i permessi per l'apertura della location; mah, sarà giusto una questione burocratica, suppongo che a meno che gli organizzatori non siano dei completi cialtroni l'ostacolo dei permessi sia stato preso in considerazione e sia sicuramente di poco conto, o comunque sia pronta un'alternativa in caso i permessi dovessero mancare.

Il vero, grosso problema, però, è che gli organizzatori sono dei completi cialtroni, e l'hanno già dimostrato in varie occasioni dando luogo alla colossale e reiterata beffa del Maximal: l'unica volta che ci sono stato io è finita male, e nelle edizioni successive so che è finita ancora peggio, in un marasma (termine non casuale) di ospiti internazionali non pagati (memorabile un ospite che copre di insulti l'organizzatore su twitter), promesse organizzative non rispettate e il solito troiaio all'italiana che ti fa pensare che in fondo ce li meritiamo i Fiorito della situazione.

Come va a finire?

Va a finire che i permessi non arrivano, e in un giro plurimo di cambi location che coinvolge anche un club da 400 persone in cui il pubblico di Kevin Saunderson non ci starebbe mai la versione definitiva è questa:



Ora, aggiungiamo un po' di background per i non milanesi e i non informati: le colonne di San Lorenzo sono uno dei luoghi storici e più affollati della movida notturna milanese che col clubbing non c'entra una fava, dato che sono fondamentalmente una strada del centro storico della città in cui tipicamente nelle sere del weekend migliaia di persone si radunano a cazzeggiare a base di birre dei cinesi e cocktail cattivi nei bicchieri di plastica; è un posto in cui spesso e volentieri fanno i botellon, per capirci.

In sostanza: la silent disco è una cagata già di per sè, ma portare The Elevator in un posto in cui c'è abitualmente casino e la quantità di gente in una serata qualsivoglia è circa il doppio se non il triplo delle 1500 cuffie previste è, come ho letto in un commento su facebook, "come comprarsi una ferrari e poi andarci a 30 all'ora in paese", senza contare il casino e le sbatte di ordine pubblico che realisticamente si verranno a creare aggiungendo 1500 clubber (o pseudotali, visto che non me la sento di considerare "pubblico informato" i gonzi che si fanno truffare andando a eventi del genere scientemente) in un posto già imballato di gente per i fatti suoi.

E ovviamente senza contare la figura barbina di portare una leggenda della techno a suonare silent disco in una piazza in cui al 90% della gente non potrebbe fregare di meno che ci sia Kevin Saunderson o Vinicio Capossela o Gigi Sabani.

Ma non basta: siccome l'organizzazione in questione ha un particolare talento nella presa per il culo della clientela, nei commenti su facebook all'immagine del flyer in questione (in cui incidentalmente compare anche l'agente di Saunderson lamentandosi che il flyer non le è mai stato mandato per approvazione come previsto dal contratto, ma che vuoi che sia, siamo italiani) hanno pure il coraggio di bullarsi e di fare quelli che in un impeto di grande sperimentazione portano il clubbing nelle location inusuali, mica come noi poveri coglioni retrogradi che ci ostiniamo ad andare nei locali con gli impianti decenti e il pubblico interessato.

Ovviamente se avessero avuto i permessi per fare l'evento in uno dei soliti locali con l'impianto decente e il pubblico interessato sarebbero stati i primi loro stessi a farlo, ma non fa niente: ora che il sistema gli si è rivoltato contro (perchè ovviamente è andata così, non sono stati loro a bookare Saunderson prima di sapere se avevano a disposizione un posto in cui portarlo) si ergono a paladini della sperimentazione, dell'innovazione e delle proposte diverse.

Io ci provo a non essere polemico, mi sforzo di tenere per me i commenti negativi, ma di fronte a queste reiterate paraculate e prese per il culo che gettano fango su una scena già non esattamente fulgida come quella milanese, facendo di tutto per cementare l'impressione di cialtronaggine che noi italiani diamo all'estero, i vaffanculi sono più che giustificati e, anzi, mi sembrano doverosi.

Update: aggiungo qui il comunicato ufficiale riportato anche sulla pagina dell'evento su facebook, che è particolarmente divertente nei suoi toni militanti (i commenti in grassetto sono ovviamente miei):

L'EVENTO:

Una giornata di musica elettronica nel silenzio.
1500 cuffie wireless, 1 ospite internazionale e 2 artisti milanesi;
il tutto nella splendida (e appropriatissima) cornice delle Colonne di S.Lorenzo di Milano.

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IL MANIFESTO

Proveremo a far convivere il "clubbing" e la voglia di stare insieme di migliaia di ragazzi con la quotidianità di una metropoli difficile e come Milano; 

città in cui gli spazi per la creatività si contano sulle dita di una mano, (e si ridurranno ulteriormente se li usiamo per queste stronzate)

città in cui, burocrazia e normative antiquate, rischiano di uccidere la cultura, lo spettacolo, l'aggregazione e l'impresa giovanile. (sottinteso: noi avevamo intenzione di fare l'evento in un club fottendocene delle norme e dei permessi necessari, però la burocrazia ci ha messo i bastoni tra le ruote, è ovviamente colpa loro, non nostra)

In questa situazione giovani talenti, professionisti e imprenditori della cultura e dello spettacolo sono costretti a fuggire all'estero per cercare gli spazi che qui non trovano. (ci credo bene, se la gente con cui hanno a che fare qui è questa)

In un momento di grave crisi economica la cultura, lo spettacolo e l'intrattenimento possono dare un contributo significativo alle economie metropolitane e nazionali. (a patto che siano gestite con professionalità e non con cialtronaggine)

LIBERALIZZARE LA CULTURA

LIBERALIZZARE LO SPETTACOLO

USCIAMO DALLA CRISI CON L'ARTE.

l'unico limite è mentale.
Update 2: CASUALMENTE il commento dell'agente di Saunderson che lamenta di non aver ricevuto il flyer per approvazione è sparito, ma ne abbiamo una diapositiva che possiamo agevolare (click sull'immagine per ingrandirla):


Moullinex - Flora

Il nome di questo portugueso che si chiama quasi come una ditta di frullatori (in realtà in origine si chiamava proprio come la ditta dei frullatori, poi ha cambiato monniker per evitare casini legali) non dovrebbe suonare nuovo all'attento lettore di queste paggine, giacchè la sua "Sunflare" è comparsa varie volte nel mio podcast oltre che nell'ultima, splendida compilation di Dimitri da Parigi.

La novità è che dopo quattro EP all'attivo i signori della Gomma Dance Tracks hanno deciso che i tempi erano maturi per stampargli un album, ed ecco qui "Flora".


Ora, se vi venissi a dire che un album di un portoghese con la faccia da hipster che fa del french touch aggiornato ai giorni nostri è bellissimo, mi credereste?

Ovviamente no, e invece.

E invece è un album coi controcoglioni, aperto grossissimamente dalla versione originale proprio di "Sunflare", molto più poppeggiante e meno rotolona del club mix già noto ma ugualmente gustosa, e che prosegue in una sorta di "Air e Modjo del 2012" riuscendo a centrare il solco tracciato da quella gente lì ormai quasi vent'anni fa e invariabilmente mancato da quasi tutti quelli che ci hanno provato dopo, dai Justice in poi.

Lui, a differenza degli altri, la prende molto più sul versante disco, coi vocal femminili molto frifri, il piano e la bassata slappata e col piglio movimentato ma non troppo che si confà a un album da artista consumato, di quelli che non devono sparare tutto quello che hanno sulla breve distanza di un EP ma anzi sa di avere un gran numero di frecce al proprio arco e sa quando usarle.

"Movimentato ma non troppo", ovviamente, non significa che non ci siano almeno un paio di missilate di rilievo sparse qua e là per l'album: "Let your feet (do the work)" è un gran bel rotolone, "Summerman (reprise)" è ottima disco uptempo, e la title track  un bel tool di quelli per la chiusura a luci accese, ma è nei momenti più poppeggianti che il buon portugueso dà il meglio di sè.

La già citata "Sunflare", ma anche "Take my pain away" e soprattutto "Deja vu" sono godurie più per le orecchie che per il culo, da sentire in macchina, nell'ipod o in giro, anche se l'apice della sensibilità pop è la traccia di chiusura, una spettacolare cover di "Maniac" di Michael Sembello (sì dai, quella di "Flashdance") cantata nientepopodimeno che da Peaches.


Ennesimo colpo grosso della Gomma, dopo l'album degli Esperanza e tutto il resto delle figate che sta buttando fuori a ripetizione nel 2012.

martedì 2 ottobre 2012

Orchestraibaz, puntata #116 - Svariate cose

Un sacco di varietà stasera!

Un po' perchè ho un bel quantitativo di dischi nuovi, un po' perchè volevo suonare un po' di quelli molto vecchi che ha suonato Marshall Jefferson sabato scorso, un po' perchè mi sono lasciato prendere dall'ispirazione del momento, oggi si passa senza soluzione di continuità dalla disco più o meno oldschooleggiante alle cose un po' più spinte e incupite tipo il nuovo Maceo Plex che poi proprio proprio nuovo non è, visto che secondo la recensione di RA è "an all-new version of an unreleased Jon Dasilva (un resident storico dell'Hacienda, mica paglia) remix of a Colourblind cover of a Jones Girls' disco staple".

Morale, si passa dalle cose serie tipo quel vecchio remix degli X-press 2 su Golden boy con la voce di Miss Kittin a quelle assolutamente facete, tipo l'edit di Bottin (ma quanto cazzo è bravo?) che trasforma in una cosa disco lentona e sexy nientepopodimeno che Eros Ramazzotti.

Nel mezzo, i soliti nomi noti come il solito DFP e qualche nome meno noto ma che si sta rapidamente conquistando un posto nel mio cuoricino, come Walker & Royce e Joe Goddard degli Hot chip e dei 2 bears.

Inzomma:

Monitor 66 - Massena (House of dikso)
Eros Ramazzotti - Terra promessa (Bottin edit) (Not on label)
Walker & Royce - Little things (Dither down)
Casio social club - Crush (Instrumental)
Los amigos invisibles & Dimitri from Paris - Glad to know you (Ray Mang rmx) (Gomma)
Nneka - Shining star (Joe Goddard rmx) (Decon)
Thomas Barfod feat. Nina Kinert - Till we die (Blondish rmx) (Get physical)
And.id - Erotica (Leftroom)
Jon Dasilva & Maceo Plex feat. Joi Cardwell - Love somebody else (Ellum)
Dusky - Numerical (Dogmatik)
TEED - Tapes & money (Eats everything rmx) (Grecoroman)
Golden boy & Miss Kittin - Rippin kittin (X-press 2 vocal mix) (Illustrious)
C'n'C music factory - Pride (A deeper love)
NY stomp - The NY house track (Illusion)
Marshall Jefferson - Move your body (Trax)

Ovviamente lo svariamento di stasera è come sempre scarricabile e risentibile a oltranza over and over again cliccando su qui, mentre qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro, per essere sempre aggiornati con le puntate nuove.

domenica 30 settembre 2012

Marshall Jefferson @ Classic, 29-09-12

Ennesimo appuntamento imperdibile della banda di Classic che evita astutamente di mettersi in competizione con l'altro eventone del sabato sera milanese, il Time warp, anche perchè uno dei classicisti, Lele Sacchi, suona proprio lì, e punta su un target completamente diverso, richiamando a sè tutti gli affezionati dell'oldschool.

Ci sta tutto, in effetti: spesso e volentieri la programmazione di Classic offre l'ultima frontiera dell'avanguardia clubbistica, ma una volta ogni tanto guardare indietro e ripassare le lezioni che solo i grandi maestri del passato sanno impartire può solo far bene, e siccome stiamo comunque parlando di gente con un gran gusto nella scelta degli ospiti la lezione di storia non è a cura dei "soliti" (si fa per dire) Theo Parrish, Moodymann (che pure è già passato dal Tunnel recentemente) o simili che si vedono in Italia almeno un paio di volte l'anno, ma di un molto più inusuale, e per questo ancor più imperdibile, Marshall Jefferson.

Inusuale, ma non per questo l'ultimo degli stronzi, visto che ha buttato fuori uno dei primissimi dischi propriamente house della storia, se non forse il primissimo - la diatriba se il primo disco house sia il suo o "Can you feel it?" di Larry Heard è irrisolvibile:


Già un set del signor "Move your body (The house music anthem)" sarebbe un'occasione speciale, ma il maresciallo ha dalla sua anche l'esser stato uno dei pochi della sua generazione, assieme forse giusto al solo Larry Heard, ad aver saputo rinnovarsi nell'arco di più di trent'anni di carriera: i già citati Moodymann e Theo Parrish, ma anche altri pionieri dell'house music come Frankie Knuckles, giusto per dirne uno, hanno un innegabile valore storico colossale ma hanno sempre fatto, bene o male, la stessa roba, mentre Marshall è uno che quando poteva tranquillamente adagiarsi sugli allori e farsi una data al mese in Italia facendo sempre lo stesso set guadagnandosi una pensione dorata ha stampato "Mushrooms", dettando la via per un certo tipo di deep house:


Ma andiamo con ordine, partendo dall'apertura del sempre valido Sandiego che come al solito si dimostra cintura nera di progressione, partendo a mezzanotte e poco più lentissimo e aperturoso e crescendo, lentamente ma inesorabilmente, fino ad arrivare a menare con gusto (forse addirittura quasi troppo), passando come gli piace fare sempre per almeno un paio di classiconi house: questa settimana è toccato al sempre valido "The bounce" dei MAW sotto falso nome, datato 1995 ma sempre clamoroso, in qualunque set.


Il set del maresciallo, invece, è per certi versi quello che ti aspetteresti da un nero americano oldschool, coi passaggi rapidi e belli sporchi, senza grandi artifici tecnici ma con una selezione stratosferica, ma si differenzia da quelli che mi è già capitato di sentire nella quantità di groove sculettone e festoso, assolutamente fuori scala: già dal secondo disco, "Bar a thym" di Kerri Chandler, si capisce che mentre spesso e volentieri lo stereotipo del set del nero americano oldschool prevede selezioni da intenditori al limite del masturbatorio Marshall invece suona gayeggiantissimo e platealmente per la parte femminile del pubblico, che infatti apprezza molto.

Morale, le due ore o giu di lì di set scivolano via belle leggiadre, tra un classicone che ci fa cantare a squarciagola tutti assieme (e nella sera del Time warp, l'incipit "We don't really need a crowd to have a party" di "Big fun" degli Inner city acquista tutto un altro valore) e qualche perla un po' più ricercata a dimostrare che stiamo comunque parlando di un mostro sacro, la gioia e i sorrisoni si sprecano come se piovesse, fino a quando arriva, inevitabilmente troppo presto, l'orario dell'ultimo disco a luci accese, quello in cui al Tunnel sono rimasti solo quelli che ci credono veramente.

Ho visto un sacco di dj sfoderare perle in questo momento, ma dopo due ore e passa in cui il feeling "abbrasciamosci forte e lagrimiamo tutti insieme" era potente nelle mani del maresciallo era ovvio che avrebbe regalato una delle chiusure migliori che mi ricordi di aver mai visto al Tunnel, e così è stato, con questo capolavoro qua:


Forse però sentendo solo la traccia non è chiara la meraviglia di qualche centinaio di appassionati che cantano all'unisono i C&C Music factory, forse è il caso che agevoliamo una diapositiva:


Per l'ennesima volta, grazie Classic.

lunedì 24 settembre 2012

Orchestraibaz, puntata #115 - Mediterranean progressive

Giorno nuovo, musica vecchia.

Come avevo annunziato poco tempo fa, per via di uno spostamento dei miei allenamenti pallavolistici ho cambiato giorno di musica, per cui da questa settimana suono non più il martedì ma il lunedì: quale modo migliore per festeggiare il giorno nuovo che suonare della musica vecchia, ma vecchia vecchia?

Lo ammetto, era un bel po' di tempo che avevo in mente di fare un set di quella mediterranean progressive che nella seconda metà degli anni '90 è stata uno dei tanti momenti di rilievo internazionale della musica italiana, con le etichette straniere che prendevano gran licenze da quelle italiane, BXR su tutte.

Rilievo internazionale a parte, il motivo per cui sono sentimentalmente legato a questi dischi è che sono i dischi della mia adolescenza, in parte anche della mia ribellione adolescenziale: alcune cose, risentite oggi, sono di un maranza al limite della vergogna, ma in fondo quando si è ggiòvani è naturale avere gusti un po' più estremi, lungi da me l'idea di rinnegare questo mio passato (rinnego più volentieri i cd degli Stunned guys, tipo).

Ovviamente, quando si parla di mediterranean progressive a farla da padrone non può che essere Luigi d'Agostino, seguito a ruota da Mauro Picotto quando ancora aveva un senso e, grazie anche a Ricky Effe, era in grado di muoversi agilmente tra la commerciale, la progressive (appunto), la trance di stampo nordeuropeo e i technoni, senza mai sbagliare un colpo.

Ci sono altre figure importanti di quegli anni, come i Datura, Dj Dado o Roland Brant e anche alcuni individui un po' più sconosciuti ma che già all'epoca facevano parte del mio gusto per le cose un po' meno banali: a quei tempi una grossa responsabilità della formazione dei miei gusti ce l'aveva "Molly 4 deejay", il programma in cui lo stesso Molella che ora fa la classifica della commerciale come un Albertino qualunque sfoderava missilate, maranzate e Bonzai.

A chiudere il set, poi, non poteva assolutamente mancare il mio vero e proprio idolo di quegli anni, quel Rexanthony di cui tuttora conservo la discografia quasi completa in cd dai capolavori tipo del '94 alle ultime cose brutte da far schifo ma che ho comprato ugualmente per cieca devozione.

In sostanza, e in rigoroso ordine di apparizione, i reperti archeologici della serata sono:

Einstein dr. dj - Elektro woman (Plastika)
Gigi d'Agostino - La passion (Noisemaker)
Dj Dado - X files (ZYX)
R.a.f by Picotto - Bakerloo symphony (GFB)
Datura - Eternity (Trance records)
Gigi d'Agostino & Daniele Gas - Giallone rmx (ZYX)
Gigi d'Agostino - Gigi's violin (Noisemaker)
Mauro Picotto - Komodo (BXR)
Datura - Fade to grey (Trance records)
Gigi d'Agostino & Mauro Picotto - Angels' symphony (BXR Noisemaker)
Roland Brant - Moon's waterfalls (Dèsastre)
Quadran - Eternally (Bonzai trance progressive)
Gigi d'Agostino - Bla bla bla (Noisemaker)
Giacomo Orlando - Synphoniko (Subway)
Andrea Visconti - Bubbles (Space)
Sinus - Blob (Boy records)
B.B.E. - Seven days & One week (Positiva)
Rexanthony - Polaris dream (S.O.B.)

Gli anziani che volessero tornare giovini, o i giovini che volessero farsi beffe di quello che ascoltavamo noi anziani una volta, possono scarricare il set e risentirselo cliccando qui, mentre qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro, per essere sempre aggiornati con le puntate nuove.

DISCOverITALY, i meglio dj italiani per il LOL

Dopo aver visto l'hangout di presentazione, settimana scorsa, ero già bello carico per il party di ieri sera, ma non pensavo che mi sarei divertito così tanto.

L'idea del party era in effetti una garanzia di successo assoluta: prendi quattro dei dj più "storici" e importanti del panorama italiano, alcuni dei quali sono famosi proprio per il gusto della ricerca musicale moooolto approfondita, e li "costringi" a suonare musica italiana anni '60-'70-'80, rieditata e riaggiustata all'uopo.

Poteva andare male?

Ovviamente no.

La formula, almeno inizialmente, prevede che i quattro suonino una quarantacinquina di minuti ciascuno, e a iniziare è quello con la voce suadente che la sera insegna musica contemporanea su Radio2, che ovviamente parte col microfono dicendo "diamo inizio alle danze" e parte subito gustoso con un Tullio De Piscopo bello rotolone e percussivo che darà l'impronta un po' a tutto il suo miniset, bello dritto e senza troppe frivolezze (pure troppo, come quando partono le staffilate di "Doomsnight" di Azzido da Bass) e che si lascia danzare piacevolmente, anche grazie a un classico della cassa italica come "Prisencolinensinaiciusol" di Celentano, già portato alla gloria recentemente dai Soulwax:


Dopo di lui tocca a Stylophonic, che alla fine dei quattro sarà quello che osa di meno perchè suona dischi tutto sommato famosi e in versione non troppo dissimile dall'originale, ma infila comunque un missile dietro l'altro, da "Self control" di Raf a Renato Zero, che fa letteralmente venire giu lo stadio, passando per "Splendido splendente", "Ti sento" dei Matia Bazar e "Gloria" di Umberto Tozzi, che aveva mezzo dichiarato già nell'hangout che avrebbe suonato ma pensavo scherzasse fino a quando non l'ho sentita davvero:


Terzo nella scaletta è Boosta, che è quello in cui avevo meno fiducia in partenza e fin da subito sembra confermare le pessime aspettative, infilando un cassone technone bigroom che di disco ha ben poco, ma poi si rivela essere uno di quelli che hanno svolto meglio il tema assegnato, effettivamente prendendo dischi vecchi italiani e riadattandoli sul suo stile personale: lo stile personale, in questione, non mi piace affatto, ma bisogna dire che "Un'estate al mare" di Giuni Russo in versione technissimo su-le-mani DavidGuetta fa la sua porca figura e sul finale "Polvere" di Enrico Ruggeri rivista in chiave dubstep/brostep dimostra una ricerca e un gusto per la sperimentazione e le soluzioni non scontate che, lo ammetto, mai avrei attribuito al tastierista della boyband per regazzini fintoalternativi, e invece.


Last but not least, il papà dei dj italiani (lo so che ce ne sono che hanno iniziato prima di lui, ma nel corso degli anni col suo atteggiamento sempre saggio e con la voglia di metterci la faccia sempre e comunque a difendere la categoria si è affermato definitivamente come figura paterna per tutti noi), quello da cui ti puoi sempre aspettare le sorprese più assurde, quello che se lo tiri in mezzo a cercare le cose più bislacche è come invitarlo a nozze: Claudio Coccoluto.

Il suo miniset è una lezione di classe e stile per grandi (molti presenti ieri sera avevano anche una certa età) e piccini: il groove scorre possente in lui, stare fermi è impossibile e anche senza bisogno di ricorrere a cantati conosciuti è perfettamente in grado di catturare l'attenzione di tutti tra vocal napoletani che sembrano inni tribali e un edit irresistibile di "I wanna be your lover" dei Daft Punk italiani, i fratelli La bionda (che invero aveva suonato anche Fontana prima, anche se in versione originale):


Fin qui tutto all'incirca secondo i piani, con quattro bei set e qualche scelta curiosa e interessante, ma la svolta che trasforma una bella serata nel party dell'anno deve ancora arrivare: Bertallot riprende in mano il microfono e dichiara che per la conclusione i quattro faranno un disco a testa.

Ora, chi ha un po' di esperienza da un lato o dall'altro della console sa che il novantanove per cento delle volte le chiusure un disco a testa si trasformano in una gara a chi la spara più grossa, e una gara a chi la spara più grossa con questo tema e questi quattro non può che risolversi in un tripudio di risate e di follia collettiva.

Il primo a scatenare la possenza del LOL è Boosta, vincitore morale della serata (Coccoluto è ovviamente fuori scala) che infila un cassone dritto e brutale davanti al quale sei già lì a pensare "anvedi sto tamarro del cazzo, è convinto di essere in qualche postaccio sui murazzi" epperò poi "Disco disco dove io, sono veramente io, è fantastico, superfantastico", e giu a ridere con le mani al cielo:


Ma ridere forte, soprattutto quando Coccoluto al microfono dice "adesso gli facciamo dire una cosa che non gli sentirete dire mai più", lo passa a Bertallot e lui abbandona l'aplomb suadente a cui ci ha abituati in radio e grida "SULEMANIIIIII" su una ripartenza maranzissima: scene oltre il concetto di esilarante.

Ma non è finita, perchè quando tocca a Coccoluto lui infila una cosa piuttosto cupa nel suo essere italodisco, e dici "cazzofigata, è veramente stylish", ma poi il LOL ti colpisce a tradimento nella forma di una voce filtrata che dice "siamoiragazzidioggi":


Da lì in poi vale tutto, da Boosta che spara una dubsteppata grattona e volgarissima chepperò "e guardo il mondo da un oblò, mi annoio un po'" a Bertallot che suona "Yes i know my way" di Pino Daniele e Coccoluto non resiste, prende il microfono e canta di gran carriera, fino al finale letteralmente epico, in cui Bertallot al microfono col tono del peggior animatore dei villaggi dice "abbiamo finito, ma ne volete ancora uno?" "Seeeeeeeeeee" "non vi sento, ne volete ancora uno?" "Seeeeeeeeeeeeeeee" "ma uno che spacchi veramente?" "Seeeeeeeeeeeeeeeeee" e Boosta ci manda tutti a casa col maldipancia dal ridere con una mazurka specialissima:


Lo ripeto: party dell'anno.