venerdì 27 gennaio 2012

Il festival delle luci di Gent

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[Disclaimer: la mia signora lavora per l'ente del turismo delle Fiandre, quindi ho scoperto l'argomento di questo post per ragioni lavorativo-familiari, ma ovviamente non ci guadagno nulla direttamente a parlarne]

Gent è una città  molto molto carina: ci sono stato due volte, in passato, per l'I love techno (un passato così remoto che non avevo ancora questo blò, ma già scrivevo report lunghi e noiosi), e mi è piaciuta un bel po', col suo essere piccolina e tranquillosa ma al contempo ricca di ggiòvani e di cose da fare, me la ricordo come una via di mezzo tra Amsterdam e l'idea che mi sono fatto della Bruges di "In Bruges".

Per il secondo anno consecutivo, in questi giorni ospita il festival delle luci, che è sostanzialmente tre giorni in cui designer, architetti e quant'altri fanno cose divertenti con la luce, ma fanno delle cose veramente divertenti, tipo questa cosa in una galleria:


Che a leggere sul sito ufficiale è un'azione di "guerrilla lighting" comparsa a sorpresa ieri per sensibilizzare laggente sul tema dell'inquinamento luminoso e della mala illuminazione urbana, o questa roba imponente fatta solo di led nella via del Belfort da un'azienda italiana:


Sarà che sono un nerd, ma a me questa roba con un sacco di luci colorate piace un sacco, per cui ho decretato che l'anno prossimo ci voglio andare, visto che quest'anno non faccio più a tempo (è iniziato ieri e dura solo questo weekend).

mercoledì 25 gennaio 2012

Gary Shteyngart - Storia d'amore vera e supertriste

Insomma che a cavallo tra l'anno scorso e questo qui ho letto Emmebi che parlava dei meglio libri del duemilaundici, e in mezzo a un po' di roba che ho letto anch'io e che mi è piaciuta ha infilato questo libro sconosciuto di un tizio mai sentito e col nome buffo, per cui me lo sono comprato.

Lui dice "è uno dei libri più interessanti che ho letto negli ultimi anni", e in effetti è roba di altissimo livello: temi molto profondi e molto interessanti, trama niente male, stile di scrittura da dieci e lode, abbraccio accademico, stretta di mano e pacca sulla spalla.



Il titolo è piuttosto brutto e della quantità enorme di roba che c'è nel libro copre solo quella meno interessante, ma almeno ha il bonus non indifferente di essere coerente col titolo originale, che è "Super sad true love story" (ogni riferimento al titolo dell'ultimo Coupland, "Player one", qui da noi pubblicato come "Le ultime 5 ore" solo perchè la stessa casa editrice italiana ha già pubblicato un altro "Player one", che in originale si chiama in un altro modo, è puramente voluto).

Ad ogni modo, si diceva, c'è un sacco di roba nel libro, e la storia d'amore del titolo è la meno interessante, visto che è giusto il pretesto per una satira sociale graffiante e che, a mio umile parere, non è esilarante proprio per nulla, visto che è estremamente verosimile: la vicenda è ambientata in un futuro relativamente vicino, in cui l'America è stata definitivamente messa in ginocchio dalla crisi del debito, gli unici ad avere soldi sono i cinesi e gli americani rimasti si barcamenano in esistenze completamente vacue, tra occupazioni demenziali e social network pervasivi ed invasivi.

Il riferimento alle distopie futuristiche della letteratura classica come 1984 e Farenheit 451 è evidentissimo e in alcuni casi diretto, come quando viene ripetuto più volte che il protagonista è l'unico uomo rimasto sulla faccia della terra a leggere i libri veri quando ormai tutti si limitano a rapide scansioni dei testi sui propri devices mobili, o come quando si parla del partito unico al potere in America, il partito Bipartisan che nessuno apprezza davvero ma col quale tutti si manifestano estremamente solidali per non essere arrestati dall'Autorità per la restaurazione americana.

Se c'è qualcosa del titolo che davvero calza col contenuto nella sua interezza, in fondo, è proprio l'aggettivo "supertriste", perchè molte delle caratteristiche della società tragica (e di nuovo, per niente esilarante) in cui è ambientata la vicenda ci sono già, in nuce, nella nostra, a partire dal tracollo della civiltà occidentale per arrivare al definitivo abbandono di ogni forma di cultura più articolata di quello che ora si chiama "citizen journalism" e che nel futuro distopico di Shteyngart diventa il live streaming di individui comunissimi che raccontano la propria insulsa quotidianità.

Morale: nonostante quello che la copertina e la sovraccoperta giurano e spergiurano, questo non è un libro che fa ridere, anzi, mi ha riempito di inquietudine e di malanimo nei confronti del futuro della nostra civiltà, ma immagino sia successa la stessa cosa a quelli che avevano letto Orwell appena pubblicato, anche se il grande fratello di Shteyngart pare molto più subdolo di quello originale perchè nasce come moda e prodotto del marketing anzichè come una dittatura nel senso canonico del termine: c'è da sperare soltanto che vada a finire con 1984, la cui profezia si è incarnata (forse) solo in una cagata televisiva e non è diventata realtà.

lunedì 23 gennaio 2012

Dillon - This silence kills

Bisogna trovare un nome migliore di "poppizzazione" per sta roba che sta succedendo all'EDM, chè ormai è un fenomeno ufficialmente acclarato.

La BPitch control in realtà è un'etichetta che con la poppizzazione dell'EDM ha sempre flirtato, anche in tempi non sospetti, dando luogo a contaminazioni spesso di dubbio gusto: non ho mai nascosto che l'etichetta di Elena Alieno mi faccia venire le pustole quando va bene, col suo generale look & feel di cruccaggine esasperata e "let's all be cool and move to Berlin" già fastidioso prima che diventasse una moda trita e ritrita, prima che Kalkbrenner diventasse il Toto Cutugno della techno.

Ebbene, ora che i tempi sono maturi, che anni di minimale asettica ci hanno sfrangiato le palle e vogliamo cose che suonino più "umane", che il Kalkbrenner di cui sopra ha fatto scoprire le gioie dell'EDM a folle oceaniche, che sono passati fior di produttori a restituire dignità ai cantati e che quindi la scena è pronta ad accogliere fenomeni pop come i vari Nico Jaar, i Tale of Us o Ben Westbeech, perfettamente a loro agio sia di fronte a un dancefloor che di fronte a un pubblico "da concerto", è ora che le etichette che sono sempre state aperte a soluzioni più "poppose" noi le si aspetta al varco, per capire, ora che queste cose qui le fanno in tanti, se hanno davvero del sugo o facevano i poppeggianti così giusto per maniera e per farci degli euro in più.

Elena Alieno, che al di là del gusto personale è comunque oggettivamente una che un pochino ci capisce, decide di alzare ulteriormente l'asticella del pop e butta fuori il primo album di una interessante regazzina di Colonia, tal Dillon, intitolato "This silence kills".

In alcune foto sembra una figa ALLUSCINANTE, in altre un cesso a pedali, senza mezze misure
La mossa è azzardata: visto che tutti si mettono a fare cose danzabili ma col cantato e l'hook facili da memorizzare e canticchiare, stampo un album di cose coi cantati e gli hook facili da memorizzare e canticchiare MA senza la danzabilità, col rischio di prendere pomodori da quelli che si aspettano la cassa e farmi ridere in faccia da quelli abituati ai cantati che non aspettano altro che poter storcere il naso di fronte a un'etichetta di tamarri che l'ha fatta fuori dal vaso.

Ciò che veramente stupisce forte, però, è che l'album di Dillon è....mi viene quasi ostico dirlo di un'uscita su BPitch....bellissimo.

Pare un album di quelle cantanti scandinave tipo Lykke li o Karin Dreijer prodotto da Dj Koze, a cavallo tra quel pop d'atmosfera che tanto piace agli indie con il mac e gli occhiali grossi e quell'EDM tranguillona e un po' da ascolto che fa contenti noi anziani, ma con ancora meno cassa: non credo farà il botto, è ancora roba troppo raffinata per catturare i fan di Adele, ma secondo me ha delle potenzialità, val la pena di dargli più di un'ascoltata.


Poi ci sarebbe da fare il discorso che questa roba qui è studiata daddìo per piacere alla mia generazione post-Royksopp e blablabla, ma questa è un'altra storia.


martedì 17 gennaio 2012

Orchestraibaz, puntata #98 - Baffi

Musica baffuta, sempre piaciuta!

Giusto negli ultimi giorni sono uscite un po' di novità davvero succosissime, tipo l'ep nuovo di Todd Terje (artista baffuto) che se la gioca già da subito per "traccia della stagione invernale" con "Inspector norse", dopo aver dominato l'estate scorsa con "Ragysh" o il remix nuovo di Tensnake (che i baffi non li ha ma musicalmente è quasi come se) per i Friendly fires (due su tre dei quali hanno i baffi), davvero godurioso.
Insomma, la formula la sapete: un po' di novità fighe, un po' di dischi meno nuovi che ci azzecchino insieme benino secondo l'ispirazione del momento e un po' di cose che non c'entrano una fava ma che mi piacciono lo stesso: tipo, la traccia di Eats everything col sample di Moby è un cambio di passo piuttosto deciso rispetto al mood del resto del set, ma vuoi non suonare un disco così divertente? Subito dopo oltretutto mi è scappato un classicone del recente passato, di quando, per capirci, un giovane Raresh era ancora semisconosciuto e suonava fucilate housettone con le percussioni oldschool come quel Chris Carrier lì.
Il mood del resto del set, fino al disco di Mangiatutto, è piuttosto baffuto: nudisco di quella che piace tanto ai giovani in questo periodo e che, ormai non è un mistero, piace tanto anche a me: artisti come i già citati Todd Terje e Tensnake, ma anche come James Teej e Kink, sono tra quelli che più di tutti hanno mantenuto l'animo clubbettone pur lasciandosi ampiamente contaminare dalla svolta pop degli ultimi tempi dell'EDM, producendo risultati di livello eccelso che suonano freschi ma ammiccano al passato e scuoticulo ma comunque ampiamente accessibili.

Ah, e poi, a chiudere tutto, un colpaccio incredibile della Bpitch control, etichetta che ammetto di aver snobbato fortemente negli ultimi tempi ma che pare aver scoperto un gran talento pop con Dillon, che rischia di fare un botto ma di quelli grossi veramente.
Insomma, riassumendo:

Todd Terje - Swing star (part 1 & 2) (Smalltown supersound)
James Teej - City celebrity (Apersonal)
Rushhour - Moogie (Shanti)
SLG - I love you but i've choosen disco (Axel Boman rmx) (Pets)
Moullinex - Sunflare (Moullinex's club bmix) (Gomma)
Kink - Existence (Ovum)
Todd Terje - Inspector norse (Smalltown supersound)
Friendly fires - Hurting (Tensnake rmx) (XL)
Flight facilities feat. Jess - Foreign language (Will Saul & Tam Cooper rmx) (Future classic)
Kink & Neville watson - A saturday in november (Hour house is your rush)
Deep mind - True (Surbeat)
My favourite robot - Forest fires (Visionquest)
Eats everything - The size (Dirtybird)
Chris Carrier - Method to the madness (Adult only)
Dillon - Thirteen thirtyfive (Bpitch control)

La figata di tutto ciò è che non è indispensabile avere i baffi per godere della musica di stasera anche in differita, visto che la si può scarricare da qui, mentre come sempre, per essere sempre aggiornati con le puntate nuove, qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro.

martedì 10 gennaio 2012

Orchestraibaz, puntata #97 - Discoboogie

Benvenuti alla prima puntata del nuovo anno!

Le persone normali hanno da poco ripreso i ritmi abituali (io non li ho praticamente mai abbandonati), per cui mi è parso giusto favorire un rientro non troppo traumatico con un'ora e poco più di musica un paio di bpm più lenta del solito, attingendo dal gran quantitativo di roba nuova e arretrata che ho scremato negli ultimi tempi approfittando del fatto che a cavallo del cambio d'anno le uscite discografiche valide sembrano rallentare un po'.

Il tema della serata sono le cose discoeggianti, di quelle che schiocchi le dita, sculetti moderatamente e soprattutto hai la faccia goduta col sorrisone soddisfatto, chè qui si suonano cose con il cuòre (rigorosamente pronunziato con la ò stretta da neomelodico napoletano): una grossa mano per l'ispirazione me l'ha fornita una megacompilation curata da Dj T di cui molto probabilmente parlerò in maniera più estesa nei prossimi giorni, ma c'è un bel numero di novità gustose che esulano dalla compila in questione.

Per esempio, vogliamo parlare di Benoit e Sergio che, tanto per far capire che non sono una meteora ma hanno le palle quadrate e sono qui per restare, sfoderano una cover di uno dei quattro-cinque dischi più famosi della storia dell'EDM? Ci vuole un coraggio esagerato solo a provarci, ma a tirar fuori una chicca come la loro ci vuole un sacco di talento.

Talento che non manca di sicuro a Maceo Plex, che ormai pare veramente aver trovato la quadra e sforna hit su hit: è stato uno dei personaggi principali del 2011, adesso è atteso al varco per capire se è in grado di mantenere gli standard a cui ci ha abituati.

Discorso simile vale per Ben Westbeech, che dopo anni di gavetta ha sfoderato un album dellamadonna anche grazie alle collaborazioni di alto livello, e ora però vediamo cosa farà.

Morale, tra grandi classici recenti e meno recenti, tra dischi originali e rivisitazioni di cose arcaiche, stasera s'è suonato questi qui:

Pillowtalk - Soft (Life and death rmx) (Life and death)
Terrence Parker - Love's got me high (Marc Romboy's systematic soul rmx) (Systematic)
Maceo plex - Under the sheets (No. 19)
Holy ghost - Hold on (DFA)
Benoit & sergio - Around the world (Double standard)
Liem - Brother's keepers (Diynamic)
Kolombo feat. Vince L - Shape your life (Daniel Bortz rmx) (Noir music)
Matias Aguayo - Minimal (Dj Koze rmx) (Kompakt)
Jazzanova feat. Ben Westbeech - In your eyes (Holy ghost rmx) (Sonar kollektiv)
Vindahl - Sometimes (12'' groove version) (Tokyo dawn)
Will Smith - Miami (Columbia)
Wuss + lame - Used to hold me (W+L black)
Kano - It's a war (S.s. Uk rmx) (Get physical)
Dj T feat. Khan - Leavin' me (Clockwork rmx) (Get physical)
Junior Boys - Hazel (Ewan Pearson's extended disco edit) (Domino)

Come al solito, entrare in possesso del set di stasera per avere la fatica del rientro un po' alleviata è facile: basta andare qui e scarricare il set, mentre per essere sempre aggiornati con le puntate nuove, qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro.

lunedì 9 gennaio 2012

Ernest Cline - Ready player one

Ci sono romanzi che ti tengono incollato fino alla fine perchè hanno un'invenzione geniale in ogni pagina tipo questoquesto, romanzi con personaggi così affascinanti che non riesci a staccartene perchè vuoi sapere che ne sarà di loro, tipo i sette de "La torre nera" di King, libri che per ingabbiare il lettore usano uno stile meraviglioso (qualunque cosa abbia mai scritto DFW), e libri che non hanno nessuna delle due features e ciononostante sono impossibili da lasciar giù fino all'ultima pagina.

"Ready player one" di Ernest Cline rientra in quest'ultima categoria: la trama non offre grossissimi colpi di scena ma anzi è piuttosto telefonata, i personaggi sono stereotipatissimi e lo stile è piuttosto semplice, ma, apparentemente senza un motivo, l'ho divorato in un paio di giorni scarsi.


Di sicuro non è per via dell'ambientazione, che è il solito futuro non troppo lontano in cui tutti trascurano la vita reale per vivere in un gioco multiplayer online estremamente immersivo (non ne ho la certezza assoluta, ma penso che un qualsiasi William Gibson o Philip K. Dick abbia già affrontato questo tema), e non è neanche per via della vicenda principale: il grandecapo del gioco suddetto passa a miglior vita e organizza una grande quest all'interno della vita simulata per stabilire chi debba diventare il suo erede (yawn), ma una grande corporation vuole vincere la quest per lucrare un sacco sulla proprietà del gioco (yawn).

L'unico twist interessante è che il Lord British della situazione era un nerd all'ultimo stadio con una gran passione per i videogiochi e i film anni '80, per cui tra le prove della quest c'è una sfida a Joust e un rifacimento della scena iniziale di Wargames, oltre a un sacco di citazioni all'immaginario collettivo che la generazione cresciuta in quegli anni lì, la mia generazione, condivide.

In buona sostanza, quindi, il libro è un tripudio di fanservice per un target che, a conti fatti, sono io, non solo con le citazioni agli anni '80 ma anche a cose più recenti, tipo che a un certo punto nel mondo reale del futuro ci sono le elezioni e il protagonista dichiara di non votare perchè è soddisfatto di quello che hanno fatto gli attuali governanti....Wil Wheaton e Cory Doctorow; bisogna dare atto al buon Ernest Cline, però, che al di là della banalità della trama e della piattezza dei personaggi, il libro non si regge solo sulla pletora di citazioni ma pur non avendo uno stile fenomenale è davvero ben scritto e ben strutturato, visto che anche senza grossi colpi di scena rapisce il lettore abbastanza per farsi leggere piuttosto rapidamente.

Morale, anche se la stagione non è quella, direi che è la lettura da spiaggia ideale, non troppo impegnativa ma ugualmente avvincente.

mercoledì 4 gennaio 2012

Body & Soul - 15 years

Potremmo farla finita subito, in meno di una riga, dicendo "una compilation di Kevorkian, Claussell e Danny Krivit celebrativa dei 15 anni del loro party a NYC" e già sarebbe più che sufficiente a spiegare, in poche parole, di cosa si tratta qui oggi, ma noi si è prolissi e si vuole articolare maggiormente.

Il doppio cd uscito lo scorso novembre su Ministry of sound, infatti, è praticamente quello che dovrebbe stare sul vocabolario alla voce "soulful house", visto che "soulful house" è tutto e solo quello che si trova nel doppio mixato: armonie, sax, pianoforti, occasionalmente qualche bongata, un po' di echi jazzeggianti e di coda lunga della disco e soprattutto cantati, tanti cantati.

Già solo il fatto che la prima traccia, che determina un po' l'andamento di tutto il primo cd, sia di Whitney Houston (in un remix di personaggi di scarso calibro come Dave Morales e "Jellybean" Benitez) la dice lunga su quello che succederà nel paio d'ore o poco più seguenti, che mettono in fila una serie di anthems del party domenicale gestito tuttora a Nuovaiorche dai tre figuri di cui sopra: c'è dei nomi noti ancora oggi, come Vince Watson e Henrik Schwarz, nomi assurti al rango di leggende come Larry Levan e gli 808 state e della gente che parrebbe c'entri più no che si tipo Lisa Stansfield o James Brown e che invece poi sentiti contestualizzati all'interno del mixato, pensa te.



La cosa che stupisce davvero, però, è che in questi tempi di poppizzazione dell'EDM underground, in cui i vocal e le linee di synth lunghe e strutturate non sono più un tabù, molti di questi dischi storici di metà anni novanta o giu di lì hanno più di qualcosa che li fa suonare ancora attuali e che non li farebbe sfigurare in un set dei Visionquest o dei Tale of us.

Morale, ascolto più che consigliatissimo, sia per chi voglia farsi spiegare dai maestri del genere cosa significhi davvero "soulful house", sia come fonte di ispirazione per cose magari dimenticate ma che sono suonabilissime ancora oggi, ma soprattutto perchè è un gran bel doppio cd.

Accattatevillo.