lunedì 14 marzo 2011

Orchestraibaz, puntata #71 - Techno festosa

Giusto per fare da contraltare al set di settimana scorsa tutto synth frifri e vocal patinati, stasera ho affondato il colpo, andandoci pesante con la legna.

Ho scavato negli immensi archivi della caverna della musica e ne sono riemerso con una serie di missilate un po' note e un po' no, un po' nuove ma per lo più no, ma tutte di gran veemenza uditiva e di gustoso sculettamento.

Al solito, il casus belli è un disco nuovo, l'ultimo Bryan Zentz su Bitten: Bryan è uno che seguo e apprezzo da tanto, ho consumato le sue uscite su Spectral e su Intec nei tempi in cui suonavo abitualmente technoni senza compromessi, per cui il suo ritorno è già di per sè cosa gradita, se poi lo fa con un disco di assoluto spessore (anche se è una ristampa) come "Bushido", gioia massima.

Morale, volevo suonare sto Bryan Zentz e ci ho costruito attorno il set, partendo piano perchè alle nove di sera si ha ancora la cena sullo stomaco, con due viaggioni di altissimissimo livello, offerti rispettivamente da Christian Smith che remixa Carl Craig (mica pizza e fichi) e da un remix semisconosciuto di "Kill 100": tutti conoscono quello proprio di Carl Craig, mentre questo Lost Heroes curiosamente simile al remix di Villalobos di "The sinner in me" non se l'è praticamente mai cagato nessuno, eppure è bello se non tanto quanto l'altro, almeno quasi.

La progressione procede morbidamente passando per un vecchio classico di quando facevo il dj sul serio, ai party Beatbank: "aperto, piscina, ballare..." ai tempi del Cantiere Delirio faceva venir giu i muri, ora è giusto un bel ricordo e l'occasione per cambiare passo come il Ronaldo dei tempi migliori, infilando un Kowalski d'annata: e cosa c'è di meglio dei Kowalski d'annata?

Solo i Wink d'annata :)

Il centro del set è idealmente incastonato tra due fucilate di quelle con cui Wink insegna a grandi e piccini come si fa a fare la Techno con la T maiuscola, prendendo un capolavoro dei Depeche Mode e trasformandolo in un treno merci senza fermate e poi trasformando una mina antiuomo di Dave Clarke ora in una chicca di house sostenuta ora in una bomba acida da rave sotto l'autostrada, senza soluzione di continuità.

Lo stesso Clarke ci porta per mano, assieme ai Faithless, verso la fine del set, che vede due classici degli Inner city rivisti in chiave hardgroove e la chiusura con un doveroso omaggio, attraverso uno dei miei artisti preferiti di sempre, alla patria di una techno diversa da come la conosciamo noi ma di livello stratosferico che ultimamente non se la passa troppo bene: a Ken Ishii, Takkyu Ishino, Shinichi Osawa, al resto della scena techno giapponese e ai giappi tutti va un abbraccione da parte mia, FWIW.

Morale, tracklist:

Carl Craig - At les (Christian Smith Tronic treatment) (Tronic)
X-press 2 - Kill 100 (Lost heroes rmx) (Skint)
Musica charlista - Juan aprende el piano (Apnea)
Agoria - La onzième marche (Alexander Kowalski rmx) (PIAS)
Depeche Mode - Free love (Josh Wink vocal rmx) (Mute)
Bryan Zentz - Bushido (Bitten)
Mesuma - Perc machine (Ben Sims edit) (Hardgroove)
Dave Clarke - The compass (Wink south philly acid mix) (Skint)
Faithless - We come 1 (Dave Clarke rmx) (V2)
Inner city - Good life (Ben Sims rmx) (K.B. records)
Devilfish - Man-a-live (Bush)
Ken Ishii - Slapdashin' beats (Exceptional)
Ken Ishii - Iceblink (Exceptional)

Per risentire tutto sto popo' di roba, da qui la si può scarrrrricare, mentre, al solito, per essere sempre aggiornati con le puntate nuove, qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quan'altro.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

ne approffitto per fare un po' il rompicoglioni, visto che hai suonato il rx di at les in apertura: ultimamente proliferano tutte queste versioni nuove di classici ormai storici della techno, che secondo me sono un po' inutili (vedi i rifacimenti di aril brikha, groove la chord, ecc) o meglio non mi sembrano lontani dall'essere poco più che speculazioni su nomi e titoli che in qualche modo richiamano più di altri l'attenzione degli appassionati, e quindi il loro portafogli, o anche solo la loro stima verso i remixer del caso...
insomma ben vengano il lost heroes rx di kill 100 (che se non sbaglio era di quentin harris e timmy regisford, ma potrei sbagliarmi) o che so, hey hey rifatta dai crookers o il carl craig edit di void23 e tutte quelle versioni che in qualche modo sono COEVE all'uscita del pezzo remixato e ne interpretano da vicino lo spirito, e un tendenziale NO alla riproposizione dei classici se non in versione originale, che va già benissimo così.. questo a parer mio, s'intende: seguirà dibattito??

emiliano (non mi fa più firmare con l'account google, what happens??)

Raibaz ha detto...

Pensiero molto interessante il tuo Emi, su una questione spinosa.

Sono d'accordo con te che di recente il fenomeno di pubblicare rivisitazioni quantomeno discutibili di classici techno stia prendendo molto piede e che spesso e volentieri si limita a un nome di moda che prende una traccia famosa la rimanussa un quarto d'ora e la pubblica come un suo fenomenale remix (ogni riferimento alle cagate di remix Ben Klock per "Virton" è puramente voluto, come pure a quello che hai citato tu di Aril Brikha ad opera di Deetron), ma secondo me la questione non è tanto legata all'età dei dischi.

Voglio dire, è un fenomeno altrettanto diffuso, tra l'altro soprattutto qui in Itaglia, quello di produttori semisconosciuti che danno 4-500 euro a un nome famoso per fare un remix in cinque minuti e per poter mettere quindi il suo nome sull'ep, e questa non è forse una pratica altrettanto disdicevole pur'essendo coeva all'uscita delle tracce originali?

Secondo me il fulcro della questione, al solito, sta nella qualità dei remix, non nella loro contemporaneità o meno rispetto all'originale; è vero che quando si va a ripescare dei vecchi classici la probabilità di produrre un remix sensibilmente inferiore all'originale è più alta, ma è anche perchè il materiale di partenza è difficile da uguagliare e anche aggiungendo una propria interpretazione (che è quello che in definitiva distingue un buon remix da una cagata fatta in fretta e furia) è difficile che si riesca a uguagliare la qualità di capolavori come Virton o Groove la chord.

In alcuni casi, però, avere la possibilità di risuonare perle del passato con dei suoni più vicini a quelli in circolazione attualmente non è mica male: penso al remix di At les, ma anche a quello uscito l'anno scorso di Positive education stampato da D'julz, che riprendeva il lead dell'originale appoggiandolo su una struttura di percussioni molto più "moderna" e portandolo in un range di bpm molto più compatibile con le uscite attuali.

Insomma, non sarei assolutista rispetto alle rivisitazioni dei classici, è vero che in molti casi sono operazioni commerciali ma non è impossibile che venga fuori qualcosa di valido :)

Anonimo ha detto...

vero, si possono fare dei distinguo sulla qualità delle singole operazioni di remixaggio, per cui non tutti quelli che ripropongono vecchie tracce in versioni nuove lavorano male così come non è tutt'oro quel che luccica oggigiorno, e sono d'accordo con gli esempi che hai portato... però cavolo le newsletter di juno, decks ormai son piene di timeless attitude e flashback (christian smith ci dà particolarmente dentro..) e deep down inside e I believe e un anthony shakir di qua, un carl craig di là.. e l'andazzo mi puzza proprio di stantio. in generale.