lunedì 29 giugno 2009

OrchestRaibaz, puntata #22

Dopo la settimana di pausa causa Sonar, ecco di ritorno l'orchestra, con uno scontato quanto doveroso omaggio al Re che ci ha lasciati da poco nei primi due dischi (e con un po' di autocelebrazione, visto che il mashup di Remember the time e Loverboy di Steve Bug è la vetta più alta raggiunta finora dal mio talento produttivo).

Oggi ero stanco morto dopo una giornata di esami in università, morale che come ogni volta che sono stanco va a finire che tiro fuori dei gran set e meno più del solito :)

Stasera tanto tanto groove, introdotto morbidamente per legare coi primi due dischi che assolutamente non potevo non suonare, quindi con un crescendo tranquillo per la prima metà e vertiginoso verso la fine, coi tre dischi migliori di quest'estate uno in fila all'altro, il vecchio capolavoro di Ricardo a chiudere il filotto, la bonghettistica di Martinez a metterci il fiocco e la versione swinghettona di Hale Bopp a dare il definitivo colpo di grazia, per poi tirare un po' il fiato con gli ultimi due dischi, soprattutto con l'ultimo, bellissimo, Quikè su Exprezoo.

La tracklist dice così:

Steve Bug vs. Michael Jackson - Remember the loverboy (Not on label)
Unknown - Something bad (White)
Gavin Herlihy - 26 miles (Cadenza)
Minimono - El guapo (Love letters from Oslo)
Chris Lattner - Limbo taxi (Einmaleins)
Jeff Samuel - Trapez ltd 14 (Trapez ltd)
Ernesto Ferreyra - Siluetas (Cadenza)
Alex Celler - La palma (Remote area)
Santos - Hold home (Moon harbour)
Marcus Homm, Mihai Popoviciu, Jay Bliss - Bis co (Diynamic)
Ricardo Villalobos - Spritzcussion (Perlon)
Martinez - Le cirkus (Moon harbour)
Der dritte raum - Swing bopp (Soma)
Ricardo Villalobos - Primer encuentro latinoamericano (Sei es drum)
Quikè - La vie en rose (Exprezoo)

Il link per scaricare il mixato è questo, mentre questo è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati con le nuove puntate dell'orchestra.

venerdì 26 giugno 2009

Pezzi di gioventù che se ne vanno

Sono troppo ggiovane per poter dire che Farrah Fawcett faceva parte anche solo della mia infanzia, per cui vabbè RIP ma nulla più; l'altro morto famoso del giorno, invece, è stato il mio primo cantante preferito e il primo cd che ho comprato.

Non lo seguivo più da molto, dalla sua morte artistica di fatto avvenuta dopo "Dangerous" o giu di lì, anzi, mi sento di dire che per me era già morto da quando ha iniziato a fare notizia solo per episodi pessimi, resta il fatto che quando iniziano a morire i miti della tua infanzia vuol dire che inizi a diventare anziano.

Per me, comunque, MJ resterà sempre questo:



Non quello delle accuse per pedofilia, nè quello che fa penzolare il figlio dal balcone, nè quello a cui cade il naso per via degli infiniti interventi di chirurgia plastica, ma solo il re del pop.

mercoledì 24 giugno 2009

Mirko Loco - Seventynine



Ovvero, l'album che non ti aspetteresti mai di veder uscire su Cadenza.

Senza mezzi termini: la Cadenza negli ultimi 3-4 mesi, complice anche qualche problema col distributore che ha fatto uscire un sacco di dischi tutti assieme, è in caduta libera e si sta trasformando da etichetta di punta del filone "minimale-ma-col-funkettone" a ricettacolo di qualunque anonimata possibile purchè abbia un cantato latineggiante.

Sarà perchè il boss sta preparando il megaprogetto Aether da portare in tour quest'estate (che tra l'altro promette di essere una gran figata, è praticamente una specie di Narod Niki solo di artisti Cadenza con in più un percussionista e un visual designer) (se non sai cos'è il Narod Niki vergognatene) o chissà per che altro motivo, ma le uscite di questo 2009 su Cadenza non si avvicinano neanche lontanamente a perle come Bomberos, Orange mistake o - che te lo dico a fare - Funk excursion, almeno finora.

L'ultima uscita dell'etichetta del baffuto svizzerocileno, infatti, è quella di cui lui stesso si è dichiarato più fiero in una recente intervista su ibiza-voice, ed è non solo un grossissimo passo avanti rispetto alle ultime ma anche un cambiamento radicale di direzione.

In precedenza gli album su Cadenza, come capita spessissimo, erano un mucchione di quelle tracce non abbastanza belle da fare ep a sè e nei casi migliori avevano una sola traccia suonabile, il che non valeva assolutamente i quattordici euro del doppio vinile a meno che non si fosse appassionati di tracce senza personalità, di quelle da ascoltare come sottofondo ma che non aveva senso suonare al di fuori di set da 30 ore: l'album di Mirko Loco non inverte questa tendenza, visto che di traccia suonabile in un set "normale" ce n'è una o al più due, ma almeno alza sensibilmente il livello delle tracce "da ascolto".

Il fatto che alza veramente il livello rispetto alla media degli ultimi Cadenza, poi, è che le latinate sono assenti o almeno ridotte all'osso e invece trovano spazio un sacco di cose che ci si aspetterebbe di trovare più su Border community se non fosse defunta, come la splendida traccia d'apertura, "Sidonia", degli evidenti richiami al primo Villalobos in "Le monologue d'Orfeu", delle dubbeggiate in "Bluebook" e persino del dubstep stranamente piacevole perchè ibridato con le atmosfere rarefatte alla Lazy fat people, in "Shadow".

Morale, non è un album che comprerei in doppio 12'', più che altro perchè l'unica traccia che potrei suonare è "Le monologue d'Orfeu" (e al limite anche "You know where", che è un bel groovone di minimale oldschool ma manca un po' di personalità, non è esattamente una traccia protagonista), ma se esce su cd lo compro sicuro da sentire in macchina, anche solo perchè c'è la prima traccia al mondo che riesca ad ascoltare nonostante le metriche dubstep :)

martedì 23 giugno 2009

Non di sola cassa: Raf

Lo so che sta settimana non è uscita la puntata dell'Orchestra, ma devo ancora riprendermi dal Sonar e dopo aver sentito tutto sto popò di roba non ce la faccio a suonare senza essere soverchiato dal complesso di inferiorità o obnubilato dalla mole gigantesca di idee che mi sono venute lo scorso weekend, per cui è il caso di cambiare pesantemente argomento.

Come ogni persona di buon senso, provo un sincero e irrefrenabile schifo nei confronti della musica italiana e del suo marasma di TizianoFerri, AmiciDiMaria e Vaschi assortiti: tuttavia, come tutte le regole, anche quella che vieta di ascoltare fuffa italiana ha la sua eccezione.

Fatto: settimana scorsa capito per sbaglio davanti all'orribile e loffissima porcata che ha sostituito il festivalbar e mi imbatto nella canzone nuova di uno che ha iniziato con dell'italodisco anni 80 per poi passare al canonico solecuoreammore italico e per quest'estate presenta questa sorta di ibrido il cui chiarissimo intento è accontentare un po' tutti: c'è il solecuoreammore per accontentare le casalinghe, c'è la ritmica serrata e hiphopeggiante per accontentare il ggiovane trasgressivo, c'è il tema politico per soddisfare l'alternuso che ascolta gli Afterauars e per noi nerd musicali c'è un paio di citazioni ben assestate che vanno dagli Articolo 31 ai Tiromancino.

Ruffiana quanto si vuole, infarcita delle solite banalità nel ritornello (ma comunque una spanna sopra i vari GiusiFerreri e simili), bolsissima nei suoni tipici da produttore italiano che vuole fare il ggiovane e di sicuro invecchiamento precoce tipo che a settembre già non se la ricorderà nessuno, ma a me tutto sommato non dispiace :)

lunedì 22 giugno 2009

Bloggando di ritorno dal Sonar

Ovvero, "il ritorno alla vita normale avendo dormito in quattro giorni le ore che normalmente dormi in uno".

Al momento mi trovo in una condizione pietosa: tra privazione del sonno, astinenza da red bull da cui sono diventato pesantemente dipendente in questi giorni, la tristezza del ritorno e l'atroce notizia che ci han smarrito la valigia contenente tutti i gadget e i souvenir faticosamente raccolti in quattro giorni (e per fortuna solo quelli, sono stato lì lì per metterci dentro anche le chiavi della macchina) non piango solo perchè non ne ho le forze.

Ad ogni modo, iniziamo da dove avevamo finito la volta scorsa, dalla fine dell'ultimo giorno di Sonar by day e prima dell'inizio dell'ultima notte di Sonar de noche, al quale ci siamo presentati giusto in tempo per la seconda metà del live degli Orbital: sarà che molte tracce loro le sentivo quando ero un pischello che muoveva i primi passi musicali, sarà che hanno trasformato il gigantesco capannone del SonarClub in un rave inglese di metà anni '90, fatto sta che mi hanno veramente fomentato nonostante riconosca, col senno di poi, che non erano affatto sto granchè.

Purtroppo nonostante la location fosse veramente enorme (ma proprio ENORME) era enorme anche la quantità di presenti, per cui non siamo riusciti a sentire Jeff Mills nè Shed&Marcel Dettmann ma abbiamo dovuto ripiegare su Tadeo e la prima mezz'oretta del live dei Moderat (avevo letto che il Sonar funziona che vai per sentire qualcuno e senti sempre tutt'altra roba, ma non pensavo così tanto :)) e poi siamo andati a casa prestino chè il giorno dopo si dovevva fare il checkout dell'appartamento alle 11 am.

L'idea era "facciamo il checkout e poi andiamo al SonarKids a collassare sul prato in attesa del live di Garnier", ma avevamo sottovalutato il fatto che per entrare al SonarKids ci volessero dei kids, di cui noi eravamo ovviamente sprovvisti e che eravamo impossibilitati a procurarci così al volo su due piedi: morale, alle 12 della domenica mattina, con alle spalle quattro giorni da quattro ore di sonno ciascuno, scopriamo che dobbiamo stare in giro per la città fino alle 19, orario del pullman per Girona.

Panico.

Parco!

Con delle energie residue pescate non si sa dove riusciamo a percorrere l'allucinante salita che porta a parc Guell per poi morire temporaneamente su una panchina ciascuno fino alle 15, ora in cui mi viene l'idea geniale: "andiamo a fare un giro alla Fnac, così passiamo un paio d'ore!"

In tutto il mondo la Fnac è aperta la domenica pomeriggio.

A Barcellona no.

Lo shock è tale che siamo rimasti un'ora sulla panchina di fronte alla Fnac per riaverci dallo shock.

Comunque, in un modo o nell'altro siamo riusciti a sopravvivere al sonno allucinante e a rischiare di perdere il pullman per Girona, con in più la beffa dell'amico malvagio con l'accredito stampa che mentre metto piede sul bus mi manda un sms che recita "ti dico solo the bells e famiglie in delirio", riferendosi al set di Garnier al SonarKids che ci siamo persi.

Morale, tiriamo le somme di questo weekend lungo massacrante:


Shinedoe è bellissima (l'avevo già detto?)



I frisbee Exprezoo di plastica riciclata coi centrini avanzati dei dischi erano il gadget più figo di tutto il Sonar (e l'unico che sono riuscito a portare a casa)



Barcellona è una città bellissima, a patto di andarci fuori stagione: già a metà giugno era così piena di italiani da risultare invivibile in alcuni momenti, non oso pensare cosa sia in agosto, ma comunque potrei seriamente valutare di tornarci.

Nonostante l'invasione di italiani (comunque più limitata che nel resto della città), il Sonar rimane un festival straniero e in quanto tale ad alto tasso di civiltà e rispetto reciproco: tanto per capirci, questa era la coda per prendere i taxi all'uscita del Sonar de noche:





Questo invece l'informe ammasso di cristiani in attesa del bus per Girona in corrispondenza per un volo verso l'Italia:



Quando si dice che gli italiani all'estero li si riconosce immediatamente...

sabato 20 giugno 2009

Bloggando dal Sonar, day 3

Iniziamo ancora da ieri sera: il party Remote area vs. Oslo sulla solita spiaggia, che era il party che mi interessava di più di tutto il weekend, sia come proposta musicale che per motivi di etichetta, visto che le uscite su Exprezoo che sono qui per promuovere sono molto affini al sound degli olandesi e dei Mannheimesi.

Le premesse del party sono state ampiamente rispettate: un sacco di gente, molta più dell'altro ieri anche per via del party del decimo compleanno della BPitch control al chiringuito di fianco e un altro party meno significativo in un altro locale lì attaccato, molti italiani soprattutto al party di Ellen Allien e soci e un sacco di olandesi al party giusto: tra l'altro, normalmente non ci faccio troppo caso perchè la cosa non mi interessa, ma ieri c'erano così tante f***e che proprio non sono riuscito a non notare la cosa :D

In realtà, poi, tutte le tipe presenti ieri facevano una pessima figura di fronte a quella che ieri sera è ufficialmente diventata una delle donne che più mi affascinano al mondo: Shinedoe.

Già di suo è bellissima, poi quando scuote la testa mentre suona acquista ancora più fascino al punto che quasi ti mette soggezione, poi però vai a darle i dischi e lei sfodera un sorrisone allucinante: clamorosa.

Purtroppo l'ordine della lineup non era dei migliori rispetto al periodo di tempo che abbiamo passato in spiaggia, per cui oltre a Shinedoe ci è toccato subire un noiosissimo live piccheppacche di Johnny D, un bel set dei due Polder e un set senza infamia e senza lode di Vera e Federico Molinari: niente 2000 and one, che suonava alle cinque, niente Boris Werner, niente Kabale und liebe, alla fine il miglior set della serata è stato proprio quello della bella olandesina.

Oggi invece abbiamo fatto i turisti, facendo il giro dalla cittadella olimpica a Barceloneta tanto per dire di aver visto un po' della cittadina, e ci siamo presentati al Sonar giusto in tempo per lo showcase della Raster Noton: minimale giapponese che giustifica in pieno il detto per cui i giapponesi, mediamente, stanno male, due suoni in croce e nulla più da cui si ricava un intero live set concettuale e malato di mente.

Scena ridicola del giorno, tra l'altro, tanto per capire cos'è il Sonar: sentendo il primo dei tre live della Raster Noton, dico "questa si che è vera minimale, altro che Richie Hawtin", mi giro e scopro di avere al mio fianco proprio lo zio, intento a gustarsi uno dei live più affini alla sua personalità attualmente in circolazione.

Il Sonar, alla fine, è tutto in questo episodio e poco altro: per tutto l'anno e, alla fine, anche nel resto della città in questi giorni, si va ai party, si clubbeggia e si fa festa, ma dentro il CCCB in questo weekend it's all about the music, Richie è solo un appassionato di musica in mezzo a tanti suoi simili anzichè lo zio con cui la gente vuole fare le foto e tra una demo di Reason e qualche mezz'oretta a giocare coi nuovi controller per Traktor al SonarPro avanza tempo per fare amicizia coi programmatori di Soundcloud e per incrociare Carl Craig prima del suo talk sulla Red bull music academy e lasciargli il promo di Quikè.

Come dicevo il primo giorno, quindi, qui in questi giorni c'è modo di vedere ogni possibile sfaccettatura della musica, dalla produzione, al djing, al party, al music business, ce n'è per tutti i gusti e di tutti i tipi, dalla minimale, alla house, alla techno al dubstep e pure agli elettracci, qui tutti ascoltano tutto con attenzione e on la voglia di imparare roba nuova.

Splendido, non ho altre parole.

venerdì 19 giugno 2009

Bloggando dal Sonar, day 2

Iniziamo da ieri sera anzichè da oggi: il party 8-bit vs. Bloop non era esattamente in un locale, ma a un chiringuito piccolissimo su una spiaggia che definire "nascosta" sarebbe un eufemismo: per capirci, era roba che il tassista non sapeva dove fosse e quindi, grazie ai potenti mezzi della tecnologia mobile, ho cercato al volo il party su ResidentAdvisor e la location su google maps e ho spiegato io la strada al tassista :)

L'effetto positivo del party in un posto così inculato è che anzichè esserci due miliardi di persone come pensavo eravamo al massimo in 200, coi piedi nella sabbia, in riva al mare e con Ekkohaus, Nick Curly, Gorge e Dj Wild...gran figata!

(E stasera, nello stesso posto, c'è il party Remote Area vs. Oslo!)

Ma parliamo del secondo giorno di Sonar: oggi finalmente siamo riusciti ad arrivare ad un orario più decente, le 15.30, e sentire un paio di set del Sonar de dia.

Niente di eclatante, ma comunque il prato di moquette del SonarVillage, col palco gigante e un po' di nuovi amici è una gran bella situazione per svaccarsi dopo aver fatto gli intellettuali alla Demo area o i networkers al SonarPro.


Parlando di Demo area, oggi ho visto roba incredibile: un tipo che ha fatto almeno un quarto d'ora buono di live (purtroppo sono arrivato alla fine) usando Smack my bitch up dei Prodigy - e già basta perchè siamo amici - come base di partenza per sfogare tutto il potenziale effettistico e real-time-remixistico di Ableton, tirando fuori di tutto, dalla dnb al dubstep ai breaks....controllando Ableton con un theremin!

Follia pura e, ovviamente, pubblico in visibilio.

Ho raccolto qualche altro gadget che mi mancava dagli stand del SonarPro e, soprattutto, ho iniziato a dare in giro i nostri splendidi frisbee di plastica riciclata decorati coi centrini avanzati dei dischi, per cui se vedete in giro gente che si lancia frisbee neri marchiati Exprezoo, è anche merito mio :)

giovedì 18 giugno 2009

Bloggando dal Sonar, day 1

Aka "ambientamento".


Sveglia alle 6, arrivo in appartamento alle 12, tra pranzo, pennichella indispensabile e trasferimenti vari arriviamo al Sonar by day che sono quasi le 18, giusto il tempo di trovare lo stand di Electronix a cui lasciare un po' dei vinili di Exprezoo e fare un giro che si fa l'ora dell'aperitivo, passaggio da casa per cambiarsi (e scrivere questo post) e poi party free sulla spiaggia con tutta la 8-bit, quindi i vari Nick Curly, Gorge e famiglia, tra l'altro nello stesso posto dove domani c'è il party Remote area vs. Oslo.

A prima vista, comunque, qui la roba pare veramente (ma veramente) figa: a parte la splendida borsa Adidas griffata Sonar in omaggio con l'accredito SonarPro, la figata è che c'è da fare per tutti i gusti e tutti i mood: ci si può rilassare nel giardino del SonarVillage sentendo roba interessante (oggi c'erano Luomo e lo showcase dei 10 anni della Ghostly), si può fare i segaioli mentali al palco delle demo ascoltando gli artisti che se la suonano e se la cantano di alambiccamenti musicali assortiti, si può andare a giocare coi giochini da wannabe digital dj nella fiera dei pro, purtroppo un po' limitata.

Per ora, pare molto molto figo, anche se non si è visto quasi nulla: domani spero di riuscire a essere più dettagliato :)

martedì 16 giugno 2009

OrchestRaibaz, puntata #21

Sabato sera ho sentito Kevin Saunderson e Derrick May: come potevo non suonare Detroit questa settimana in radio?

Purtroppo grazie a Vodafone la connessione al server di RadioNation mi è caduta varie volte, per cui immagino che per gli ascoltatori "live" l'esperienza sia stata qualcosa di terrificante, ma fortunatamente ho registrato, visto anche che il set è venuto proprio benino :)

La maggior parte dei dischi arrivano proprio da Saunderson, May e soci, con alcuni dei loro svariati alias: così assieme a The Reese project aka proprio "The elevator" e Design Music aka Carl Craig c'è anche Jeff Mills in persona, ma anche "The initiator" Juan Atkins assieme a Orlando Voorn e, come in ogni set Detroit che si rispetti, il giaguaro di Dj Rolando.

Ma non c'è solo Detroit "made in Detroit", c'è anche qualcuno di quelli che hanno continuato sullo stesso stile in tempi successivi e in luoghi diversi, come Funk D Void (altro splendido set sentito sabato) o il capolavoro di Aril Brikha e Steve Rachmad, o ancora la rivisitazione in chiave "moderna" del capolavoro di Derrick May come Rhythm is rhythm, "Strings of life", ad opera di Danny Krivit.

La tracklist dice così:

Jeff Mills - Condor to Mallorca (Axis)
Octave one feat. Ann Saunderson - Blackwater (Underground resistance)
The Reese project - The colour of love (Underground resistance rmx) (Network)
Shawn Rudiman - 7'' speed derailleurs (Neuton)
Aril Brikha & Steve Rachmad - Virton le groove on retrohouse (White)
Inner City - Good life (Derrick May rmx) (Underground resistance)
Funk D Void - Diabla (Samuel L Session rmx) (Soma)
Dj Rolando - Jaguar (Underground resistance)
Infiniti aka Juan Atkins & Orlando Voorn - Game one (Nightshift)
Jeff Mills - The bells (Axis)
Designer music - Good girls (Planet E)
Soul central - Strings of life (Danny Krivit rmx) (Defected)
Ron Trent - Altered states (Perspection)
Plastikman - Spastik (Plus 8)
Kevin Saunderson - Say something (KS dub) (Concept)

Il link per scaricare il set è questo, mentre questo è il feed rss del podcast per restare sempre aggiornati con le nuove puntate.

domenica 14 giugno 2009

Report Maximal Festival 13/06 @ East end studios

Non ne ho mai parlato qui perchè ero molto scettico, anche se in giro per il resto della rete non ho mai nascosto il mio scetticismo: purtroppo, sono rimasto deluso da eventi di questo tipo in Italia troppe volte per riuscire a credere al 100% in una cosa così qui a Milano.

Comunque, com'è come non è, ho deciso di dargli una possibilità, visto anche che grazie a Frequencies la cosa non mi è costata un euro e che alla fine se c'è gente come Derrick May e Kevin Saunderson nella tua città non si può comunque non andare, anche se conosci un po' dello staff che organizza il tutto e la fiducia che hai in loro è sotto zero.

Partiamo dai lati positivi, che indubbiamente ci sono: sono uscito di casa senza alcuna pretesa contando (sperando, più che altro) di sentire Funk D Void e i due "ragazzini emergenti" di Detroit, li ho sentiti tutti e tre e tutti e tre hanno ampiamente soddisfatto le mie aspettative.

Funk D Void, soprattutto, che era quello che attendevo con più ansia visto che non l'avevo mai sentito, mi ha riempito di soddisfazione: per via del pacco di Lory D suona un'ora in ritardo e per un dispetto di lineup gli tocca suonare dopo un tipo ignoto che fa dell'electro spezzata noiosissima alla "volevo fare i Kraftwerk ma non ho proprio lo stesso talento", non esattamente in linea col suo genere, ma lui non si scompone nè scompone la linea musicale e imposta una progressione perfetta che lo porta, nel giro di mezz'ora scarsa, a suonare della techno groovosissima (ho riconosciuto solo un edit ridotto all'osso del remix di "Sliding away" di Johnny D, privato della componente fricchettona e trasformato in un tritasassi) per poi virare decisamente verso la techno "alla Funk D Void", coi paddoni atmosferici da mani al cielo e abbracciamoci tutti assieme.

Purtroppo a sentirlo siamo in pochissimi e lui a fine set si dirà ovviamente dispiaciuto di questo ringraziandomi per il supporto (roba tipo "grazie FDV, hai fatto un gran set" "si mi son divertito peccato che c'eri solo te"), ma per quanto mi riguarda il suo è stato il miglior set della serata, bello movimentato ma con una classe rarissima.

Classe che avevo una flebile speranza di trovare nel set di Rino Cerrone e Markantonio, che invece si è rivelato "la caduta degli dei".

Non ho mai fatto mistero di essere cresciuto con la techno napoletana e di esserle ancora molto legato, per cui nonostante sapessi che sono in fase calante e contro i gusti di tutti gli amici (che sono andati a sentire gli Scan 7 di cui mi hanno raccontato meraviglie) sono andato, da solo, nella sala che forse aveva più affluenza di gente a sentire i due napurielli, autori di quello che è stato senza dubbio il set peggiore della serata e molto probabilmente dell'intero 2009.

Ok che rispetto a quando suonavano hardgroove sono passati anni, ok che il pubblico non era esattamente dei più raffinati, ma se sei un dj con alle spalle l'esperienza e la luminosa carriera di Rino Cerrone e Markantonio dare un filo logico al set è il minimo sindacale, e invece...

Nessuna idea, nessuna nozione di dove si vuole andare, semplicemente "meniamo a caso tanto la gente cazzocapisce": MKT suona una berghainata (il Len Faki nuovo su Ostgut, peraltro neanche un bel disco con quella cazzo di sirena dei pompieri), Rino gli risponde con una minimalata piripiri da Diabolika, allora MKT suona un technaccio di quelli nuovi che sembrano gli Stigmata suonati a -8, e si va avanti così, senza due dischi che c'entrino niente uno con l'altro ma tanto il pubblico va in visibilio a ogni ripartenza col fischione quindi buona così, o almeno andrebbe bene se fossi l'ultimo dei pischelli con Ableton; se sei Rino Cerrone e Markantonio invece è la peggior delusione possibile.

Scappo e faccio a tempo a sentire i primi due dischi di un Passarani visibilmente in difficoltà con l'impianto, impianto che mi si dirà dopo creerà grossi problemi anche a Dave Clarke e The Hacker ma su cui tornerò in seguito, e un paio di dischi di un Valentino Kanzyani che pare aver trovato la sua strada anche dopo la fine del filone che l'aveva lanciato quando suonava con Umek e che tutto sommato non è neanche malaccio, ma è ora della lezione di techno del prof. Saunderson per cui mi lancio in sala blu e da lì in poi che te de lo dico a fare.

Kevin, un po' sovrappeso rispetto all'ultima volta che l'ho visto e col solito setup solo col pc, ci regala due ore di splendido high tech soul insegnando a tutti che si può menare come degli ossessi senza dover suonare maranza: la lezione impartita alle altre sale (in primo luogo quella con le casse distorte a 160 bpm dei residuati dell'hardcore, ma anche a quella degli Stigmata a -8) è nettissima e schiacciante e il messaggio è chiaro, la classe non è acqua.

I bpm sono sostenuti ma il mood è sempre quello funkettone tipico di the Elevator in grado di soddisfare chiunque, a cavallo tra house e techno e tra presente e passato: non c'è solo il solito edit aggressivissimo di "Good life" che Kevin suona sempre, ma c'è anche l'hittone di quest'estate, quella "Bis co" su Diynamic con una lista di produttori lunga mezzo chilometro che segna il ritorno del groove sulle piste di tutto il mondo e che, ora che la suona anche un mostro sacro come Saunderson, è ufficialmente consacrata come uno dei migliori dischi dell'anno indipendentemente dal successo commerciale.

Ma la lezione non è finita, c'è spazio anche per insegnare il groove ai vari Luciano e rumeni assortiti, con un remix di "Rose rouge" diverso da quello portato al successo dal baffuto e da Raresh & company, molto più tirato ma con lo stesso feeling jazzeggiante, in lontananza, che si affianca al groove secchissimo e lo trasforma in uno splendido dancefloor killer.

Ci sediamo un attimo mentre Kevin termina il suo set col solito revival di capolavori che include l'edit di "Good life" e "The bells", tanto per capire che non s'è risparmiato a menare, ed è già ora dell'altra divinità da Detroit: anche solo i cinque minuti di cambio in console con due terzi delle origini della techno che suonano assieme valgono il prezzo del biglietto.

Il set di Derrick May segue la linea tracciata dal suo compare: groove che non lascia scampo e melodie housettone per i primi tre quarti d'ora, che includono anche una splendida "Baby you're the one" di The Mole a ricordare che non si vive di sola oldschool, ma poi quando le gambe iniziano a cedere per la stanchezza Derrick ci dà il colpo di grazia, incendiando i nostri cuori con cinque minuti di soli pad e violini per poi incendiare di nuovo anche la pista a colpi di cassa, e noi siamo tutti ai suoi piedi, pieni di quel calore che unisce analogico e digitale, passato e futuro, house e techno e tutti noi.

Sono quasi le cinque, vado a fare un giro in sala gialla sperando di sentire un paio di dischi di Len Faki...e invece trovo il peggio del peggio: Monika Kruse che spegne tutto nel preciso istante in cui entro, chiudendo la serata già terminata nelle altre sale con più di un'ora di anticipo.

Torno di corsa da Derrick May, in tempo per sentire l'ultimo disco prima che facciano spegnere tutto anche a lui, anche se lui non è molto dell'idea e ci regala un "ultimo, ultimo", solo con le spie girate verso la pista prima di offrirsi spontaneamente per un bagno di folla finale dimostrandosi un vero partyboy nonostante possa essere il padre di più di metà dei presenti.

Morale, tutti gli ultimi set sono saltati per via della chiusura anticipata: non solo Len Faki, ma anche i Pet Duo e qualche altro che mi interessava meno...ma la chiusura è stata davvero anticipata?

Il posto dove si teneva il Maximal ha già ospitato altri party in passato, e non ha MAI chiuso dopo le quattro: siamo sicuri che aver fatto le lineup fino alle sei sia stata una scelta giusta?

Si può chiudere un occhio sulle moltissime pecche dell'organizzazione, per via della scusa che era la prima edizione, che comunque siamo in Italia e blablabla, ma a me una mossa del genere è sembrata proprio voler fottere la clientela in maniera tipicamente italiana, che è proprio quello da cui invece ci si voleva differenziare.

Passi il posto per cambiare i soldi nella moneta locale che chiude alle tre, passi la gestione completamente demente della moneta locale fatta apposta per farti avanzare un gettone a fine serata in modo da incularti due euro e mezzo in più, passi l'acqua gratis che finisce quasi subito, passi pure il superlavoro degli assistenti con la barella che nei festival nordeuropei invece rimangono quasi disoccupati, d'altronde siamo sempre in Italia ed era sempre la prima volta che si organizzava un evento del genere, quindi non si può pretendere la perfezione e anzi è giusto limitarsi alla gratitudine per chi ha reso possibile anche quel poco che c'era.

Passi pure che praticamente TUTTE le lineup sono saltate senza essere comunicate al pubblico: non pretendo il polsino dell'Awakenings con la lineup aggiornata, sarebbe bastato stampare un A4 a inizio serata e appenderlo all'ingresso di ogni sala, ma qui siamo ancora nel territorio delle critiche costruttive e dei problemi marginali.

Passino anche i vari problemi nella gestione degli artisti, più che altro perchè me le hanno solo raccontate e non hanno influenzato quelli che interessavano a me, ma se è vero che i Telefon Tel Aviv non hanno suonato perchè mancava un trasformatore di corrente o che Clarke ha suonato un'ora e se ne è andato e The Hacker non ha suonato perchè l'impianto non andava ci si avvicina pericolosamente alla linea di confine tra la critica costruttiva e la vergogna.

Quello che non può passare, però, è che gli addetti ai lavori e anche quelli non troppo addetti, tipo me, sapevano già con certezza che non si sarebbe potuti andare avanti fino alle sei e oltre, per cui di fatto le ultime due ore di party sono state una truffa bella e buona, e questa cosa per un festival che pretende di porsi come qualcosa di diverso dalle realtà italiane e di paragonarsi col nord europa è assolutamente inammissibile.

E' inutile volersi bullare della gente che viene da tutta Europa e poi trattarla come se si fosse un Mugello dance festival qualunque: lode all'inizio, lode al coraggio di averci provato, ma la strada è ancora lunga e con una premessa del genere non è neanche detto che sia praticabile.

giovedì 11 giugno 2009

La maglietta del mese


(via Friendfeed)

[Expv 002] Quikè - La vie en rose ep


Le tracce ormai saranno note e stranote agli affezionati ascoltatori del mio podcast, ma la notizia del giorno è che il vinile di Quikè su Exprezoo dovrebbe uscire a giorni: la press release, scritta da me medesimo, dice così:

Una volta gli italiani, soprattutto i napoletani, all'estero erano "pizza, spaghetti e mandolino", fino a quando una generazione di grandi produttori ha trasformato lo stereotipo in "pizza, spaghetti, mandolino e funky techno", creando una scena famosa nel mondo e dando vita a uno stile immediatamente riconoscibile: ma questo succedeva qualche anno fa.
Ora che quei grandi produttori sono tra i top dj del mondo e girano per il globo con la loro techno calda e solare, ci sono dei giovani talenti che si affacciano sulla scena techno napoletana e mondiale portando una ventata di novità e noi di Exprezoo, sempre all'erta e alla ricerca di nuove forze creative, ne abbiamo scovato uno che promette davvero bene: si chiama Enrico sabadrubi ma produce come Quikè e col suo "La vie en rose ep" affianca ai canoni della techno napoletana dei richiami house che ci hanno davvero emozionati.
La traccia che dà il nome all'ep, infatti, ha un vocal femminile molto melodico e di classe che trasforma il groove caratteristico di Napoli in una traccia caldissima che porterà il sole italiano in tutti i party open air e in tutti i club ibizenchi quest'estate, mentre sull'altro lato "Slope down" recupera il legame strettissimo che da sempre lega Napoli e Detroit dando vita a un'autentica bomba al sapore di sudore e di mani al cielo.
A chiudere l'ep, poi, il remix di Rio Padice aka Ragga fonda di "Slope down" accentua l'anima house della traccia originale aggiungendo un'atmosfera deep raffinata e malinconica che porta alla mente l'immagine di un'alba sul mare.

A me piace un sacco, il ragazzo merita un sacco di successo...speriamo che ce l'abbia :)

mercoledì 10 giugno 2009

Laurent Garnier - Tales of a Kleptomaniac

 
Quando parla un genio come Laurent Garnier, è normale che noi si ascolti con attenzione: quando poi parla con un nuovo album si drizzano le antenne e ci si prepara a quella che con ogni probabilità sarà una lezione di stile.

E' con questa disposizione d'animo, quindi, che infilo nel lettore cd il suo nuovo "Tales of a Kleptomaniac", uscito stranamente su Pias anzichè sulla sua F-com, che è stata ufficialmente "messa in pausa" in gennaio: so già che probabilmente non capirò tutto subito, so già che probabilmente non tutto mi piacerà fin dal primo ascolto, ma so anche già che quasi sicuramente l'album sarà di qualità altissima.

Il primo impatto con l'album è abbastanza "huh?", non solo per il packaging di cartoncino veramente cheap nè per la paginetta di ringraziamenti per l'acquisto, sia in francese che in inglese, firmata da Laurent in persona che, come ulteriore ringraziamento, comunica che c'è un altro album da scaricare disponibile mettendo il cd in un pc (su questo torneremo in seguito), ma più che altro per la presenza, nel booklet, dei testi delle canzoni, che sono la prima sorpresa che non ti aspetteresti da un album di Garnier.

La seconda sorpresa, soprattutto alla luce del suo set ai Magazzini di non molto tempo fa, è che lo scollamento tra il Garnier produttore e il Garnier dj è ormai definitivo e irreparabile: si sapeva che Lorenzo è sempre stato un artista estremamente poliedrico in grado di destreggiarsi ampiamente in ogni situazione e in praticamente tutti i generi della musica da club, ma quello che aveva solo accennato con "The cloud making machine" e che qui ribadisce in maniera ancora più marcata è che il Garnier produttore è un musicista coi controcoglioni in cui converge un ventaglio di stili ancora più variegato.

Non solo la cassa in 4/4 di "Gnanmankoudj" e "Back to my roots", ma anche il downtempo jazzeggiante di "Dealing with the man", l'elettronica orchestrale e Royksoppeggiange di "Pay tv", la d'n'b di "Bourre pif" (una delle tracce migliori dell'album) e anche il non troppo piacevole rappaccio noioso delle due "Freeverse" e il dubbone giamaicano (aiuto!) di "Food for thought".

Morale "Tales of a kleptomaniac" non è solo un bell'album, ma è anche una dimostrazione di quasi-onnipotenza musicale: il messaggio chiarissimo è "mi chiamo Laurent Garnier, e qualunque tipo di musica faccia mi riesce bene".

Molto probabilmente, nella varietà estrema delle tracce ce ne saranno almeno un paio che vi disgusteranno a seconda dei gusti, tipo che io il rappaccio e il dubbettone rastamanno veramente non riesco a digerirli, come posso credere che a qualcuno non piaccia il sax cheesy coi bonghetti di "Gnanmankoudj", ma di certo con così tanta carne al fuoco almeno una traccia che valga l'acquisto credo la possa trovare chiunque.

Se tutto sto ben di dio non fosse abbastanza, poi, c'è la storia dell'album bonus da scaricare: non ho ancora avuto modo di sentirlo, ma il fatto che si scarichi veramente facile (c'è un miniexe sul cd che richiede una procedura di registrazione lunga un secondo e in cui si possono inserire dati fasullissimi per evitare lo spam) e che, a detta di Lorenzo, sia la rappresentazione del suo lato più affine a "The cloud making machine" e, soprattutto, qualcosa di diverso dal suo solito visto che raccoglie musiche composte come colonna sonora per un balletto e per dei film, lascia davvero ben sperare.

(Che poi, quando sei uno che fa tutto, cos'è "qualcosa di diverso dal solito"?)

lunedì 8 giugno 2009

OrchestRaibaz, puntata #20

Dopo la pausa dovuta al ponte del due giugno, l'orchestrina ritorna con un mixato a tema, stavolta tributo a uno dei miei produttori preferiti, a cui ho avuto l'onore di fare apertura l'anno scorso al Gasoline e che ha praticamente dato inizio al filone groovone che ultimamente va per la maggiore: Andomat 3000.

Come produttore originale o come remixer, da solo, col partner abituale Jan o con l'amico Sven UK o in tandem con qualche altro, in ogni modo possibile tira fuori sempre delle perle, passando senza soluzione di continuità dall'housettone frifri al groove che scuote pure il pavimento, dall'ultraraffinato al drittone ignorante e mantenendo sempre uno stile personalissimo, fatto di percussioni sbilenche e shuffle a manetta proprio come piace a me.

Bando alle ciance, quindi, la tracklist dice così:

Giles Smith pres. Two Armadillos - Butterfly bee - (Andomat 3000 & Jan rmx) (Four twenty)
Andomat 3000 & Jan - L delay (Cadenza)
Sven UK & Andomat 3000 - Tempora (Platzhirsch)
Andomat 3000 & Jan - Entr'acte music (Cadenza)
Andomat 3000 & Jan - Postpartum psychosis (Morris)
Mikael Stavostrand - Q fresa (Andomat 3000 rmx) (Sushitech)
Andomat 3000 - Hominid (Cecille)
Andomat 3000 & Jan - Salvarsan (Indigo raw)
Bachner & Biereige - Home summer (Andomat 3000 rmx) (Playtracks)
Andomat 3000 - Vertical smile (Cecille)
Mossa - Ransack (Andomat 3000 rmx) (Mo's ferry)
Todd Sines - Thick satin (Andomat 3000 rmx) (Frankie)
Dadableep - Ghipwe (Andomat 3000 rmx) (Fear of flying)
Luke Solomon - Space invaders (Andomat 3000 rmx) (Rekids)
Andomat 3000 feat. F.L.O. - Space invaders (Einmaleins)

Il link per scaricare il set è qui, mentre questo è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati.

domenica 7 giugno 2009

Happy Birthday

Scopro ora che ieri era il venticinquesimo compleanno di uno dei prodotti dell'ingegno che più hanno influenzato la mia infanzia, a cui devo assolutamente dedicare un post di auguri.

Era l'unico gioco del mio primo pc, un aberrante 286 senza hard disk che bootava MS-DOS da floppy che, rispetto al mio Commodore 64 e, poi, al NES era già obsoleto ma che mi teneva impegnato comunque lunghe giornate proprio grazie a lui.

Era la killer application del primo Game Boy, che mi ha consentito l'abilissima truffa di rivenderlo a mia madre (che me l'aveva regalato) dopo essermi fatto comprare il Game Boy Advance, visto che piaceva anche a lei.

E' stato uno dei miei primi progetti software un po' più grossi scritti "just for fun", quando ho provato, con scarso successo, a scriverne un clone in Java sul mio primo cellulare col runtime J2ME.

Non siamo coetanei, ma di poco, e comunque, diciamoci la verità, aveva una musica che spaccava veramente di bestia:

venerdì 5 giugno 2009

House vs. Techno

(Come sicurissssimamente avrete notato dal ritmo un po' più blando con cui escono i post su questo brog, ultimamente sto lavorando più del solito, per cui questo post mi è rimasto in gestazione tipo tre giorni, con ovvi effetti sulla coerenza dello stile. Sono troppo pigro per rileggere e risistemare, tanto più che se mi metto a farlo va a finire che non pubblico niente)

Per la serie "quei post che hai sempre avuto in mente ma che non hai mai avuto tempo/modo/voglia di scrivere", oggi l'idea è rispondere a una delle questioni più annose che la storia della musica elettronica ricordi, quella che definisce in maniera inequivocabile, una volta per tutte, cos'è "house" e cos'è "techno".

In realtà, come tutte le definizioni di genere, i due concetti sono completamente astratti, per cui a meno di estremismi non esiste niente che sia puramente house o puramente techno, la stragrande maggioranza cade nella zona grigia che sta in mezzo tra i due.

A dirla tutta, poi, anche storicamente house e techno non nascono come concetti divisi, anzi: i tre che hanno inventato la techno l'hanno fatto proprio influenzati dai parties house di Chicago, per cui la distinzione, se c'è, è posticcia e comparsa in seguito, oltre a essere aleatoria e sfuggente come tutte le definizioni dei generi musicali.

Ma allora, che ne parliamo a fare? Oltre al solito piacere che si prova qui a ballare di architettura, il discorso è interessante per le implicazioni filosofico-sociologiche che comporta e anche perchè, visto che capita spesso che qui usi i due termini per semplificare, almeno chiariamo una volta per tutte cosa si intende qui su questo brog quando si parla di house e cosa si parla di techno.

A umilissimo parere dello scribacchino qui presente, house e techno sono come yin e yang:



Li vedo come nature opposte e complementari della stessa cosa (la musica danzabile): come dice Wikipedia, "Nessuna cosa può essere completamente yin o completamente yang" e anche "Ad un certo punto, lo yin può trasformarsi nello yang e viceversa"; proprio come yin e yang e come molti dei dualismi che permeano ogni cultura umana, house e techno sono, rispettivamente, femminile e maschile, emotivo e razionale.

House, è musica festaiola, frifri, una specie di solecuoreammòre con la cassa in 4/4: non dimentichiamo che nasce più che altro in ambienti gay, solo perchè storicamente il djing è appannaggio quasi esclusivo degli uomini, mentre Techno è più virile (salvo poi nascondere della gran omosessualità latente), mentale e anche un po' incazzosa, qualche volta.

House è il caldo dell'analogico e Techno il freddo del digitale (si ricorda che qui parliamo per astrazioni, generalizzazioni e semplificazioni: già vedo i commenti che mi dicono che la Techno di Detroit è caldissima e assolutamente analogica e invece molto housettone fuffa fatto con lo stampino non trasmette alcun calore, lo so).

Quando degenerano, House diventa il poppettino housecommerciale col cantatone e Techno diventa l'idm concettualissima da nerd brufolosi o l'hardtechno incazzata nera, o quella roba al confine tra le due degenerazioni del Gran Visir della techno degenere:


Piaccia o no, lui incarna quello che intendo come Techno portato all'estremo: masturbazioni mentali, celodurismo produttivo ("guarda quanto cazzo è lunga la mia catena di effetti"), musica prodotta con in mente solo ed esclusivamente la sperimentazione, lo spingersi sempre un po' più in là, spesso e volentieri a scapito della musicalità del tutto e con risultati che il più delle volte ricordano un gatto che cammina sulla tastiera.

In realtà però i casi così sono rarissimi ed estremi, la quasi totalità delle produzioni elettroniche clubbeggianti e non fonde in qualche modo l'anima solare e festosa con quella sperimentale e nerd, magari pendendo più da una parte che dall'altra ma praticamente mai in maniera assoluta.

Comunque, riassumendo e andando molto a spanne:
  • Techno == uomo e House == donna
  • Techno == freddo e House == caldo
  • Techno == digitale e House == analogico
  • Techno == cupo e House == solare
  • Techno == ricerca sonora e House == musicalità
Quest'ultimo punto, in particolare, merita un po' più di approfondimento.
Molta Techno (che è una forma breve per "musica col carattere Techno che prevale su quello House") presta il grosso dell'attenzione al design dei singoli suoni in the small, tipo "ao senti che bassata allucinante, ti squaglia l'impianto e ti fa vibrare le interiora": il discorso è valido, tanto per fare qualche nome, per le dubbate recenti come pure per il filone della minimalaglia di un paio d'anni fa.
Molta House, invece (stessa abbreviazione) sposta il focus del processo produttivo a un livello di astrazione più in the large, concentrandosi più sullo sviluppo dell'andamento della traccia, magari riutilizzando la forma della canzone strofa-ritornello, anche per scelta di creare una parte catchy che resti in mente all'ascoltatore.
Che poi, ogni traccia ha il suo bel sequencing con la (o le) pausa & ripartenza, e ogni traccia ha il suo bel mastering fatto accuratamente perchè le bassate ti spettinino e gli alti ti schiaffeggino: la differenza, che fa pendere la bilancia da una parte o dall'altra, sta nell'aspetto su cui ci si concentra maggiormente.

In alcuni, remoti, casi, poi, c'è chi riesce a ottenere risultati eccellenti con entrambi i caratteri, riuscendo a coniugare la ricerca sonora e la perfezione acustica con la cura dell'andamento musicale: credo che si contino sulle dita di una mano, ma, visto che abbiamo deciso di fare nomi, il primo che mi viene in mente è il Marco Carola dei Question, a cui sono affezionato perchè sono stati i miei primi dischi un po' più seri e che, anche risentiti ora dopo anni, mantengono quell'essere "buoni per tutte le occasioni" che li rende una spanna sopra il resto.

Morale, credo di aver chiarito un po' cosa io intendo quando parlo di House e di Techno, il che è ben lungi dall'essere universale, ma almeno potrà essere d'aiuto al lettore affezionato di questo blawg nei molti casi in cui per semplificare uso i due termini per indicare un mood piuttosto che l 'altro :)