martedì 31 luglio 2012

Orchestraibaz, puntata #111 - Poolside party

Qualcuno vuole un po' d'estate? (cit.)

Il tema di stasera è il party a bordo piscina (o bordo mare, che in fondo è praticamente lo stesso), quello in cui un po' bevi una birretta, un po' fai un tuffo, un po' fai il tamarro in slip bianchi sul materassino à la Club tropicana, insomma quei suoni un po' tranquilli, un po' festosi ma senza eccedere troppo coi BPM nè col fomento, chè gli spazi sono ampi e il mood è rilassato.

Così rilassato che il primo colpo di cassa ci mette quasi un disco emmezzo ad arrivare, grazie anche all'apertura gentilmente offerta da Lawrence che mette mano all'album di Superpitcher buttando fuori una di quelle cose tipiche della "sua" Dial eleganti, raffinate e intriganti, in una parola sola: fighissime.

Da lì in poi il crescendo c'è ma è mooolto lento, comodo comodo, con un po' di cantato ma senza strafare, giusto giusto appena accennato, ma l'oscurità è sempre lì in agguato, in attesa del calar del sole, accennato appena col disco di Finnebassen e poi definitivamente sdoganato dai Simian mobile disco; tempo di distrarsi un attimo, però, e anzichè crescere ulteriormente il mood rallenta di nuovo, mantenendo una certa oscurità e ipnoticità (esiste in italiano?) di fondo, grazie soprattutto ai due remix uno in fila all'altro di Maya Jane Coles, che quando fa dischi brutti fa schifo ai cani ma quando li fa belli non ce n'è per nessuno, e in questo caso li fa belli molto, di quel bello che ti avvolge e ti rapisce.

Dopo i due Maya Jane, un disco su cui mi rifiuto di spendere altre parole, un po' perchè ne ho già parlato diffusissimamente e un po' perchè è di due miei carissimi amici e sembrerebbe piaggeria, fatto sta che il remix di Ale e Nig per "Detroit touch" di Okee Ru, sulla "mia" Exprezoo, è uno dei dischi più belli degli ultimi anni, e ogni volta che lo sento e/o lo suono mi fa piangere come la prima volta che l'ho sentito e non riuscivo a crederci di avere la fortuna di conoscere le due menti che hanno partorito cotanta meraviglia, e poi ancora due dischi praticamente gemelli, la traccia più suonabile del magnifico album di Lauer (su cui conto di scrivere qualcosa prossimamente) e quella più suonabile del magnifico album di John Talabot, di cui ho già scritto in passato, e a chiudere il classico cantatone abbraccioni lacrimoni luciaccese vogliamoci tanto bene ultimò ultimò noinonsiamostanchi.

In buona sostanza:

Superpitcher - Moon fever (Lawrence ambient mix) (Kompakt)
Crazy P - Changes (Mario Basanov rmx) (20:20 vision)
The Rapture - Sail away (Cosmic kids lost at sea rmx) (DFA)
Flight facilities feat. Jess - Foreign language (Will Saul rmx) (Future classic)
Mario Basanov - We are child of love (The mekanism rmx) (Needwant)
Finnebassen - Touching me (Noir music)
Discodromo feat. Hard-ton - Build a house (Tensnake rmx) (Internasjonal)
MAM - Crushed ice (Fina)
Flashmob - Need in me (Defected)
Simian mobile disco - Your love ain't fair (Wichita)
Dan Ghenacia & Shonky - Close to the edge (Apollonia)
Tricky - Time to dance (Maya Jane Coles rmx) (Domino)
Florence & the machine - Spectrum (Maya Jane Coles rmx) (The vinyl factory)
Okee Ru - Detroit touch (Alexxei'n'Nig rmx) (Exprezoo)
Lauer - Coppers (Running back)
John Talabot - When the past was present (Permanent vacation)
Kolsch - All that matters (FX M)

Ovviamente, dovesse capitarvi di organizzare un party a bordo piscina o semplicemente di voler risentire il set di stasera, lo potete scarricare cliccando su qui, mentre al solito se volete che la magica tecnologia vi avvisi da sè ogniqualvolta esce una puntata nuova del podcast non avete che da usare il feed RSS, che si trova qui.

E siccome ormai ci abbiamo preso gusto, anche stavolta ecco l'embed di mixcloud per sentire il set in streaming:

martedì 24 luglio 2012

Orchestraibaz, puntata #110 - Transitions

Tempo di una variazione sul tema, stasera: se negli ultimi tempi il focus è stato sulle cose un po' più poppeggianti, spesso e volentieri con dei cantati, l'uscita dell'ultimo, meraviglioso, David Alvarado su Estooj già suonato settimana scorsa mi ha fatto tornare la voglia di cose un po' più oscure e clubbettose, fondamentalmente più techno.

Dato che però ormai, come si diceva qualche tempo fa, la techno è morta, c'era bisogno di inventarsi qualcosa di diverso che suonare banalmente (si fa per dire) un bel disco in fila all'altro, per cui senza stare ad arrovellarmi troppo ho seguito la strada che il buon Rici Outin ha tracciato per primo e che in tanti altri hanno seguito, quella di concentrarsi sugli accoppiamenti tra i dischi, le "transitions" per l'appunto che danno il titolo alla mia puntata di stasera e, incidentalmente, anche al terzo DE9 di Hawtin in modo che il tutto diventi migliore della somma delle parti.

Morale, nel set di stasera sono rarissimi i momenti in cui ci sono meno di due canali del mixer alzati e meno di due dischi che suonano assieme, mentre più di una volta i dischi che si sovrappongono e si intersecano sono anche tre o quattro insieme: va da sè che questa cosa coi cantati non era possibile farla, per cui per forza di cose la selezione di stasera è orientata a cose un po' più toolleggianti, in alcuni casi addirittura minimali (che a dirla oggi, dopo l'overdose degli anni passati, pare una parolaccia, ma non è mica niente di male) e in altri più sul viaggione.

Uno dei sottogeneri di techno che più si prestano a questo tipo di mixing è, ovviamente, quella più dubbettosa, per cui l'inclusione di personaggi come Maurizio, Shed in versione Wax o Convextion era quasi d'obbligo, ma anche figuri come il già citato Alvarado, padrone incontrastato della techno ripetitiva e rinfrescante o Aril Brikha, coi suoi pad che sembrano sempre uguali ma sono in continua evoluzione, fittano alla perfezione il mood della serata.

Morale, nel set di stasera i dischi presi singolarmente potrebbero anche sembrare un po' ripetitivi (ma questo non significa che siano brutti, anzi: alcuni sono tra i miei preferiti di sempre), ma non senza modestia mi sento di dire che la varietà e la goduria, stasera, sono tutte opera mia.

In ordine quasi cronologico, visto che non sono proprio uno dietro l'altro, quindi, i dischi di stasera sono:

Luciano - Octagonal (Cadenza)
David Alvarado - Devotional (Peacefrog)
Aril Brikha - Setting sun (Art of vengeance)
Wax - 40004 A (Wax)
Maurizio - Domina (Maurizio)
David Alvarado - Tataa (Estooj)
Chymera - Wish (Peter Dildo rmx) (NRK)
Convextion - Miranda (Matrix)
Luciano - Bomberos (Cadenza)
Ricardo Villalobos - Waiworinao (Playhouse)
The field - Over the ice (Kompakt)
Dj Dozia - Pop kulture (Ovum)
Aril Brikha - Room 337 (Peacefrog)
Totally Enormous Extinct Dinosaurs - Garden (Grecoroman)
Pablo Cahn-Speyer - Elle (Cadenza)
NSI - Clara Ghavami (Cadenza)
Mikael Stavostrand - Q fresa (Andomat 3000 rmx) (Sushitech)
Heartthrob - Signs (Minus)
David Alvarado - Tiko (Estooj)
Heartthrob - Baby kate (Minus)
Mathew Jonson - Marionnette (Wagon repair)
Sleeparchive - Elephant island (Sleeparchive)
Plastikman - Spastik (Plus 8)

Come sempre, il bendidìo di stasera si può scarricarlo per risentirlo over and over again cliccando qui, mentre qui c'è il solito, inevitabile, feed RSS del podcast per esser sempre i primi a sapere quando pubblico una puntata nuova.

E di nuovo, visto che anche la musica di questa settimana è venuta piuttosto bene, aggiungiamo l'embed di Mixcloud:

Solomun - Watergate 11

Quando un artista o una scena ha superato il momento di picco creativo e di successo ed è in fase calante, non è affatto detto che non abbia più nulla da dire, a patto di non aspettarsi grosse rivoluzioni: Berlino ormai, diciamocelo, ha ampiamente rottolcà e di nuovo ha da dire ben poco, se pensiamo che i suoi maggiori esponenti ormai suonano della roba che è praticamente la minestra del vecchio Tresor riscaldata in un microonde guasto, ma non per questo bisogna lasciarsi accecare dal pregiudizio e schifare tutto ciò che arriva dalle rive della Sprea.

Nonostante il movimento "let's all be cool and move to Berlin" sia ormai morto e sepolto e si sia in attesa di una next big thing ancora di là da venire (il ritorno di Bristol? naaah, l'est Europa? forse) c'è ancora della vita nella terra dei crauti, vita che arriva da posti inaspettati come il Watergate.


Un po' eclissato dal boom del Berghain e dal costante fiorire di nuove situazioni, in realtà il Watergate ormai non è più uno dei fari dell'avanguardia della club culture mondiale, ma rimane comunque più che rispettabilissimo, soprattutto quando butta fuori delle compilation belle come questa.

Solomun è bbuòno, lo si sa, ma a sto giro si merita un bell'inchino, per il gusto con cui mette assieme cose tutto sommato note; alcune sono anche già sentite spesso, tipo "Typerope" di Mathew Jonson, o riciclano suoni noti, tipo la traccia di Vindahl, ma forse è addirittura una scelta intenzionale, visto che il mood del cd è proprio quello del comfort listening, del non cercare di stupire con effetti speciali ma anzi di dare all'ascoltatore esattamente quello che si aspetta leggendo la tracklist e accompagnarlo per un'oretta o poco meno in un ascolto tranquillo, che viaggia via liscio liscio senza impegnare e senza affaticare, movimentato ma non troppo, da sculetto morbido.

Promosso a pieni voti, foss'anche solo per l'apertura con una perla come questa:

martedì 17 luglio 2012

Orchestraibaz, puntata #109 - After sulla spiaggia

Rieccoci, dopo un po' di pausa, con un set da portarsi in spiaggia!

Come normale dopo un po' di tempo che non postavo degli episodi del podcast, stasera avevo un bel po' di dischi nuovi, per cui praticamente tutta la tracklist di oggi consta di cose mai viste su queste paggine, fatta eccezione giusto per un classico Aril Brikha che ci sta sempre bene, soprattutto in questo caso accoppiato all'ultimo Ellum che ha esattamente lo stesso giro e ci si affiancava proprio daddìo.

Il mood della serata è leggermente diverso da quello a cui ho abituato i miei (tre) affezionati ascoltatori negli ultimi tempi, oserei dire quasi più "techno": non sono solo i due lati suonati assieme dell'ultimo David Alvarado, uno che a fare le cose dubbettose e rinfrescanti è in grado di mettere in fila tutti, nè una delle tracce più dritte dell'album dei Kraak & Smaak, nè tantomeno i semisconosciuti Elef e Dusky, ma in generale l'atmosfera è un po' meno frifri e pop del solito e più da club, anzi da after.

I cantati, quando ci sono, sono un po' più oscuri, come quello del classicone dei Talking heads suonato spesso dai vari Greg Wilson, Soul Clap e simili, ci sono tanti paddoni viaggioni, c'è un po' di cupezza ma di quella piacevole, c'è ovviamente tanto groove di quello che scuote anche le pareti (vogliamo parlare della ripartenza del nuovo Kink su Rush hour?), ma poi, quando ormai la strada verso l'oscurità sembra segnata, bam! il disco scemo.

Louis la roche è uno che fondamentalmente fa quello che farebbero oggi i Daft punk se fossero ancora giovani e cazzoni (lui è del '90, per dire, aveva 4 anni quando Bangalter e G-man erano già famosi), e la sua "Gimme gimme" è assieme devastante e demenziale quel po' che basta a far saltare anche i cadaveri.

A chiudere, l'hittona di Julio Bashmore che di sicuro avrete sentito un po' dappertutto in quest'estate ma che è comunque un missile, e il "solito", ormai quasi scontato, Lovebirds elegantissimo e splendido, per poi terminare davvero con un disco che se fosse uscito su una major sarebbe un tormentone dellamadonna e invece io ho scoperto grazie al tumblr di Tensnake.

Aeroplane - Caramellas (Joakim rmx) (Eskimo)
Omar S feat. L'renee - SEX (CGP rmx) (FXHE)
Talking heads - Psychokiller (Greg Wilson edit) (Not on label)
Kraak & Smaak - This feeling (Jalapeno)
Reel people - You used to hold me (Live version) (Defected)
Rayko - Jammming with you (Santa esperanza)
SlimPhatty - Break my heart (Planet acetate)
Walker and Royce - Stare if you want to (Crosstown rebels)
Elef - Nuff said (Carry on)
Dusky - Henry 85 (Simple)
D.ablo & Eric Volta - Believe (Ellum)
Aril Brikha - Palma (Planet of vengeance)
David Alvarado - Tiko (Estooj)
David Alvarado - Tataa (Estooj)
Kink - Hand made (Rush hour)
Mercury - Rio (Gomma dance tracks)
Louis la roche - Gimme gimme (Ever after)
Julio Bashmore - Au seve (Broadwalk)
Kraak & Smaak feat. Lex Empress - Hold back love (Lovebirds rmx) (Jalapeno)
Major Lazer feat. Amber of Dirty projectors - Get free (Downtown)

Per avere qualcosa da sentire in vacanza, si può ovviamente scarricare la musica di stasera da qui, mentre qui c'è il feed RSS del podcast da incragnare nel vostro iTunes/Winamp/Google reader/quant'altro, per essere sempre aggiornati con le puntate nuove.

Già che ci siamo, mettiamo pure l'embed di Mixcloud così ve lo potete pure sentire in streaming da qui:

venerdì 13 luglio 2012

Christian Zingales - Techno

La techno, come la conosciamo noi che l'abbiamo vista nascere o quasi, è morta.

Gli indizi non mancano, e le motivazioni sociali e di contesto che hanno piantato i chiodi nella bara sono molteplici, e forse il più grosso merito di questo libro è proprio aver stimolato queste riflessioni.

Non è di certo un libro valido per raccontare la techno a chi non la conosca: in primo luogo perchè l'approccio enciclopedico (l'unico effettivamente praticabile, questo glielo concedo) consente di approfondire molto ma manca di una visione d'insieme, ma anche perchè il linguaggio usato presuppone un po' di conoscenza nel lettore e, soprattutto, perchè descrivere cosa sia la techno in maniera univoca è impossibile. 


Zingales, non si può negarlo, è molto bravo: scrive molto bene (a patto, ripeto, di avere il background adeguato per apprezzarlo) e in ogni riga si percepiscono nettamente la sua conoscenza vastissima e la sua passione sconfinata per un certo tipo di techno, passione che però è anche il grande limite del libro. 

Se da un lato infatti l'assoluta coerenza con cui vengono giudicati gli artisti è lodevole e denota una grandissima bravura e lucidità di pensiero, è inevitabile però che chi abbia sufficiente background da apprezzare il libro e gusti non perfettamente allineati con quelli di Zingales provi durante la lettura sentimenti che vanno dall'"uhm" al "ma che cazzo sta dicendo questo?".

Nonostante alcuni giudizi siano opinabili (per usare un eufemismo: il modo in cui viene liquidata la scena napoletana in poche righe dopo aver speso paginate per ogni cristiano che abbia mai messo due dischi a Roma negli anni '90 è quantomeno sacrilego) e alcuni un po' forzati (una delle grandi regole non scritte di chi parla di techno è "la Warp, la Rephlex e Aphex twin sono intoccabili nonostante facciano cacare a spruzzo spesso e volentieri"), il racconto di un genere che non c'è più, perchè legato a un periodo che non c'è più, è estremamente piacevole e, salvo alcune delle succitate paginate dedicate ad artisti evitabili, scorre via molto bene: rimane l'amaro in bocca quando realizzi che questo è solo un modo di intendere lo sconfinato e frastagliato universo della techno e, soprattutto, quando realizzi quanto Zingales sia rimasto ancorato a una quindicina d'anni fa.

Il problema vero è che però non è lui a esser retromaniaco, ma piuttosto che volendo raccontare la techno di cui parla lui, quella del trio di Belleville e degli UR, di Robert Armani e Joey Beltram si finisce per forza di cose a rimpiangere il passato, consci di quanto una musica nata con la tensione al futuro come principale ispirazione sia stata uccisa dal nostro tempo.

Lo accenna Simon Reynolds proprio in 'Retromania', ma è un'idea legata non solo alla musica (Coupland è uno di quelli che la raccontano meglio di tutti) quella secondo cui la tecnologia di questo periodo storico, con la rete a costituire un archivio infinito e immediatamente accessibile di tutto lo scibile umano, ci abbia condannati a vivere perennemente fuori dalla concezione lineare del tempo, con passato, presente e futuro che cessano di esistere come li conosciamo e diventano una cosa sola: in un contesto come questo, una musica che fa dell'essere rivoluzionaria e della rottura col 'prima' la propria cifra stilistica non ha più ragione di esistere, proprio perchè è un concetto come 'prima' a non esistere più.

Non saprei nemmeno dire con precisione se l'aver cristallizzato in un libro un magma (teoricamente) in perenne mutazione sia un effetto della stagnanza che affligge il genere da un buon numero di anni o un modo per dichiararne ufficialmente il decesso, sta di fatto che la sensazione che emerge, nettissima, dalla lettura è un grosso rimpianto per i bei tempi andati: praticamente tutto quello che è uscito in questo millennio viene criticato più o meno aspramente, e quando si intravede un barlume di speranza è evidente che Zingales non ha (più) gli strumenti necessari per giudicare la musica di oggi, ancorato com'è a un'idea di futuro ormai passata (elogi Matthew Dear e poi come punto più alto della sua produzione citi una maranzata commercialotta come 'Mouth to mouth'? Sul serio? Bella battuta.)

In sostanza, pur avendo - se non si fosse capito - più di una divergenza con le idee e coi gusti di Zingales, consiglierei questo libro? Assolutamente sì, a patto che abbiate già dei rudimenti sul tema senza i quali credo sembrerebbe tutto troppo astratto, cervellotico e da nerd musicali: se i vostri gusti sono affini a quelli di Zingales (e non è difficile, visto che alcuni giudizi sono al limite del nazionalpopolare almeno per chi segue il genere) questa sarà la vostra Bibbia, ma anche se non dovessero esserlo un punto di vista diverso così ben esposto e una lettura così avvincente sono comunque manna dal cielo.

Tornando all'affermazione dell'inizio, la techno è morta?

Come la intende Zingales sicuramente sì: quei suoni e una parte di quell'attitudine, oggi, non hanno più senso se non in qualche revival di tempi passati che suona sempre più come quelle serate in cui suonano "com'è bello far l'amore da Trieste in giu", perchè, molto banalmente, sono cambiati i tempi e il futuro, si sa, invecchia male.