giovedì 30 settembre 2010

I Pendulum, dal vivo, spaccano i culi

Il titolo del post è una frase che si legge sempre in giro per la rete, ma ieri sera ne ho avuto la conferma definitiva e incontrovertibile.

Un'ora e venti di sudata pesantissima, di quelle che quando esci dal concerto sei molto meno dispiaciuto di aver paccato il calcetto settimanale che tanto sei dimagrito di più così e sei pure molto soddisfatto dei novanta euro che hai speso (trenta il tuo biglietto, trenta quello di Silvia che a lei tanto i Pendulum non piacciono e già ti fa il favore di accompagnarti, non vorrai mica farla pagare, e trenta la maglietta indispensabile più che altro per sostituire quella che avevi durante il concerto che è completamente fradicia e a tenerla indosso uscendo rischi la morte istantanea).

Ma andiamo con ordine, partendo dall'orripilante dj set d'apertura di due maranza che mi si dice rispondano al nome di South Central e che trovano sia una cosa davvero fica suonare, nel 2010, "We are your friends" dei Simian mobile disco; probabilmente l'anno prossimo scopriranno "Pleasure from the bass" di Tiga.

Ad ogni modo, hanno il grosso pregio di levarsi dalle palle dopo venti minuti dal mio arrivo, venti minuti in cui comunque trovano il tempo di suonare un'edit orrenda di "Smells like teen spirit" e una quasi peggiore di "Invaders must die", quando si dice l'originalità al potere.

Poi finalmente, con quei cinquanta minuti di ritardo d'ordinanza, finalmente sale sul palco l'ensemble di australiani che, dopo la stessa mini intro dell'album nuovo, "Genesis", parte subito pimpumpam a fare caciara a colpi di "Salt in the wounds", ed è subito pogo, ed è subito anni '90.

I magazzini sono belli pieni, col pubblico delle grandi occasioni, per cui anche stando piuttosto in fondo in posizione da intellettuali che si grattano il pizzetto ascoltando con attenzione è impossibile sottrarsi al pogo, ma alla fine della fiera è impossibile sottrarsi al pogo perchè i Pendulum fanno un casino che la metà basta anche con l'impianto fuffa dei magazzini e il volume in modalità cameretta e quindi due tre spallate uno le dà anche benvolentieri.

In buona sostanza, il concerto si divide in maniera abbastanza equa tra momenti in cui si fa a spallate di gusto e momenti in cui si canta con gusto: tra l'altro, mi ha stupito vedere attorno a me molta gente che effettivamente sapeva le canzoni e cantava di gran carriera, ma forse era per via del posizionamento in zona "intellettuali che si grattano il pizzetto e sanno le canzoni", come in generale mi ha stupito la quantità di gente, molto superiore a quella che mi sarei aspettato.

L'equilibrio del concerto dura poco, perchè tempo tre-quattro canzoni e i pendoli estraggono dal cilindro il remix di "Voodoo people", forse stimolati dalla quantità colossale di magliette dei Prodigy presenti (me compreso, ovviamente), e da lì in poi non ce n'è più veramente per nessuno, la carica esplosiva dei Pendulum detona al massimo delle sue possibilità e diventa ormai evidente che stasera si suda un sacco, i vetri delle balconate dei magazzini si appannano e vaffanculo tutto, che i ragazzi qui menano veramente come degli assatanati.

La formazione dei ragazzi australiani prevede Rob Swire al cantamento, Paul Harding all'Ableton, il fastidioso MC al microfono a gridare "make some fuckin' noise, Melano", ogni troppo poco ma soprattutto una ghitarra e un basso come le vere rock band e la miglior drum machine che si possa avere: un batterista validissimo e col doppio pedale inferocito come un vero metallaro che rende lo show molto più organico, casinista e, alla fine, più coinvolgente di quanto qualsiasi 808 o 909 potrà mai fare.

Il legame coi Prodigy di cui sopra, poi, va ben oltre il remix di "Voodoo people" e il numero di magliette in platea: gli aussies qui, per quanto mi riguarda, si possono considerare a pieno titolo gli eredi morali di Liam Howlett e soci, visto che ne replicano la formazione con la combo di live techno "classico" e strumenti analogici e molti molti riferimenti e sonorità, ma sarebbe sbagliato considerarli solo degli emuli: in primo luogo perchè pur avendo delle radici comuni hanno anche una parte di background diverso per motivi di età (se i Prodigy arrivavano dalla prima scena 'ardkore, i Pendulum iniziano dalla drum'n'bass che dell'ardkore è un po' una figlia ripulita), ma anche e soprattutto perchè rispetto ai Prodigy hanno il "vantaggio" di avere molto meno pedigree e di potersi discostare con meno problemi dalle proprie origini.

Se da un live dei Prodigy ti aspetti comunque, per forza, almeno "No good (start the dance)" e "Out of space", i Pendulum sfanculano quasi del tutto il proprio passato dnb, forse anche per via dell'atteggiamento non proprio amichevole nei loro confronti della scena dnb e incentrano tutto lo show sul loro stile attuale, fatto di tanta tanta caciara e di quella maranzeria che però non è sconveniente, è quel maranza ignorante e conscio di esserlo che è molto più intelligente di tante tamarrate che invece si prendono sul serio.

Qui invece di serio c'è solo il sudore e anche quando il pogo si prende un attimo di pausa per cantare "The island part 1" e rinunciare definitivamente alla voce per tutta la giornata di oggi, subito dopo arriva la part 2 e sembra di essere tornati ai tempi di "Rocker" degli Alter ego.

Passa un'ora e un quarto, passa qualche vecchio successo tipo "Tarantula", "Slam" e "Propane nightmares" assieme a qualche hittona dell'ultimo album tipo "Witchcraft", passa tanto sudore e i ragazzi fanno la finta di abbandonare il palco, per poi concedere l'ovvio bis a base di "Crush" e mandare tutti a casa col secondo singolo estratto dall'album dell'anno, "Watercolour", che è la sintesi perfetta delle due anime "cantiamo-a-squarciagola-abbracciandoci" e "poghiamo-fino-alla-morte" di un concerto veramente, veramente eccellente.

Siccome sono una persona noiosa, però, non riesco a risparmiarmi una nota negativa: io ci sono rimasto male che non abbiano fatto le due tracce in combo con Liam Howlett e con gli In Flames dell'ultimo album nè il remix di "I'm not alone" di Calvin Harris (che ormai non fanno più da un po' e non è uscito ufficiale, quindi mi sa che è perso per sempre), per cui ci sta che aggiunga al post i videi di youtube delle tre tracce, giusto per completezza:





lunedì 27 settembre 2010

OrchestRaibaz, puntata #57 - Funky house e novità assortite

Dopo una serie di mixati a tema, era anche ora di fare una puntata un po' più plain and simple, "banalmente" mettendo in fila un po' delle ultime novità più succose: in realtà molti dischi non sono proprio delle primizie assolute, visto che girano già da quest'estate, ma è anche vero che il mercato discografico attuale non è proprio nella situazione più florida possibile in cui esce un missile al giorno e che comunque, con l'estate ormai andata, fa sempre piacere un po' di mood funkettone, giocherellone ed estivo, per cui questo mi andava di suonare e questo vi pigliate :)

Di qualche traccia ho già parlato nel passato recente, sia qui sul blò che in giro per i social netwis, tipo il remix dei LCE per Mathias Kaden o Pablo Cahn su Cadenza, entrambe cose molto molto semplici, poco più che dei loop, ma di un'efficacia allucinante: la traccia di Pablo Cahn, in particolare, si pianta in testa e non ne esce neanche a martellate, come pure quella che la segue immediatamente nel set, la riprova che Voorn ha effettivamente finito le idee ma che comunque è in grado di tirar fuori ancora della roba decente riciclando sempre gli stessi suoni.

A proposito di Cadenza, poi, è bello vedere che hanno finito la sequenza di uscite di merda e finalmente Luciano si è rimesso a stampare roba decente: non solo lo split ep con la traccia di Pablo Cahn, ma anche l'ep di Daria su Cadenza Lab e un paio di altre cose recenti valgono l'acquisto, cosa che non succedeva da troppo tempo, mentre altri artisti, invece, valgono l'acquisto a scatola chiusa sempre e comunque, visto che sono garanzia di qualità stratosferica: sto parlando, ovviamente, di Andre Rozzo e delle sue percussioni shufflatissime che mi fanno letteralmente impazzire, ma anche di Alex Celler e il suo bassolone ormai trademark che in tanti cercano di copiargli con scarso successo.

A chiudere il mixato, poi, un po' di revivalismi che non fanno mai male, con un remix nuovo di Pacific state che soddisfa le orecchie più anziane e soprattutto con il papà della house music, il signor dita Larry Heard.

Morale, uno in fila all'altro stasera s'è suonato:

Kollektiv Turmstrasse - Mondschein primaten (Suol)
Rozzo - Meta 003.1 (Trackdown)
Ladzinski - Diamond (Boe)
Daniel Stefanik - Sidechain (Be chosen)
Daria - Gauchito Gil (Lee Van Dowski edit) (Cadenza lab)
Chembass - My end (Alex Celler rmx) (Nordik net)
Mathias Kaden - Roots (Luna city express rmx) (Vakant)
Alex Niggemann - Take control (Supernature)
Pablo Cahn - Elle (Cadenza)
Gerd - For 12 minutes she danced with an alien (Joris Voorn rmx) (Rejected)
Jay Lumen - Is mine (100% pure)
Doman & Gooding - Pacific State (Roy McLaren's revival mix) (Nocturnal groove)
Larry Heard - Deja vu (Musaria mix) (Innervisions)

E mi direte, voialtri, "che figata di set! lo voglio scarricare e risentirlo a ripetizione per tutta la vita finchè morte non mi separi!", ma siccome il qui presente è un po' rincoglionito la settimana scorsa ha smarmagliato con le impostazioni della scheda audio per ricevere una chiamata su skype, col risultato che il mixato è venuto registrato dal pessimo microfonino ambientale anzichè dal line in della scheda audio, ed è praticamente inascoltabile.

Bestemmio.

Il simpaticissimo Shed

(Comincio attirandomi inimicizie) Come il 90% dei dj di questi tempi, adorissimo le cose che fa come Wax, ma nè "Shedding the past" nè st'ultimo album di Shed mi sono piaciuti, anche se "The traveller" forse è un po' meno peggio.

Ad ogni modo, visto che è un po' l'uomo del mese per via di quell'album lì un po' tutti i siti di riferimento fanno a gara per intervistarlo o averlo nel podcast, e la lunghissima intervista che gli fa il tizio di LWE mi sembra emblematica di quanto i suoi due album incarnino alla perfezione la sua anima di produttore wannabe-IDM snob, altezzoso e simpatico come un calcio nelle palle: quasi tutte le risposte iniziano con "No," ma il meglio di sè lo dà quando, da vero indiesnob, spala merda sul grosso degli altri produttori:
I don’t like it at all. This SCB. Some dubstep guys can’t make techno music. It’s impossible. And here’s an example. It’s not very good. The same way when house producers want to make dubstep, it’s impossible.
Ovviamente dopo aver detto che invece lui è in grado di suonare sia dubstep che techno ma non suona techno solo perchè ultimamente non esce niente di interessante, infatti......
I think the problem right now is that every techno producer wants to do something like [Marcel] Dettmann or Ben [Klock]. When they do new techno music it always sounds like Berghain. And this is the problem. They don’t try to find their own sound. They always do what others do. And this is the bad thing. They don’t try to find something new. And this is disappointing.
Che è anche vero, per carità, e infatti nel suo snobismo qualcosa di condivisibile per noialtri snob cacacazzo la dice:
It’s kind of interesting how Ostgut Ton and Berghain are becoming a cultural exports, with gigs in New York and Ibiza now. 
I don’t like that very much. And I always have to say that I don’t want to be called a “resident DJ” of Berghain, because I’m not. There’s always these “Berghain evenings at club blah blah blah….” It’s killing itself. I think next year it’s over.  
Morale, la musica non mi fa impazzire, almeno non quella che stampa come Shed, ma l'intervista è molto interessante e quello che dice, al netto del mood intellettualoide e fastidioso, è molto valido: fondamentalmente, quindi, vale lo stesso discorso che per la maggioranza dei miei post, solo che lui è più autorevole di me anche se siamo noiosi uguale.

domenica 26 settembre 2010

La mia prima Blogfest

[Nota: in questo post la prendo MOLTO alla lontana, se avete fretta potete saltare verso la fine]

E' l'anno di grazia, boh? 1998, è una domenica mattina, mio padre mi sveglia con un sms "accendi la tv, sulla rai c'è una roba che ti piace", e sulla rai c'è Mediamente, con Massarini che intervista i creatori di un MUD, un gioco di ruolo testuale online.

Il MUD in questione, ormai defunto da un po', si chiamava Dalila2 e io, giovine nerd adolescente incuriosito dal servizio di Massarini, decido di dargli un'occhiata.

Passano i mesi, passano le bollette del telefono con poco invidiabili record a sette cifre in lire che convincono mio padre a diventare uno dei primi clienti di un abbonamento flat in Italia (una devastante per l'epoca ISDN di Galactica a novantanovemila lire al mese) e a furia di gioco di ruolo testuale online la mia nerdiness si impenna, col finale che un po' tutti qui conosciamo: un ingegnere informatico che si guadagna da vivere coi social media.

Durante il periodo di Dalila2, quando ancora la SMAU era una fiera figa, capita anche che si facciano dei raduni di genti dell'Internetz, col sommo terrore di mia madre convinta che l'Internetz sia un covo di pedofili e pericolosi criminali, e scopro che le genti dell'Internetz, dal vivo, sono pure simpatiche, al punto che, anni dopo, in un luogo dell'Internetz (ormai defunto pure quello, sono io che sono anziano o porto sfiga?) popolato di appassionati di musica, ci trovo pure l'ammore.

Insomma, morale che l'artefice primo della mia storia più che decennale di dipendenza dall'Internetz, che mi ha portato poi a prendere una laurea da nerd e guadagnarmici il pane, fondamentalmente, è Carlo Massarini, che serviva solo come trait d'union della mia storia personale giusto per dire che ho visto molti raduni di genti dell'Internetz in questi anni, ma che raramente mi sono divertito come in questo giornemmezzo.

Molto del divertimento di questa mia prima Bloffèst è merito di Federico e Marina, più che altro perchè il grosso del tempo di sabato l'ho passato alle iniziative del Gamecamp giocando alla Wii e facendo i complimenti per le scarpe a persone a caso, ma alla fine della storia non c'è modo di ringraziare tutte le genti che ho incontrato per avermi ricordato che fare le cose della socievolezza è un sacco divertente, che per i più è una cosa di una scontatezza infinita ma per noi nerds è roba che ogni tanto ci si dimentica.

C'era anche un sacco di roba che avrei voluto fare e non son riuscito, tipo dare il mio inutile apporto alla squadra dei gobbi al SoccerCamp o sentire Smeerch venerdì sera, però alla fine che cazzo, ho vinto la Moleskine di pacman a furia di auguri per onomastici inventati e complimenti per le scarpe, mica pizza e fichi.

lunedì 20 settembre 2010

Orchestraibaz, puntata #56 - Progressive trance

Oops, i did it again!

L'avevo già fatto, e mi è successo di nuovo: una volta ogni tanto è bello staccare dal tran tran settimanale e recuperare le proprie origini, visto che, è inutile che stiamo a raccontarcela, un po' tutti "noi" della mia generazione arriviamo dalle stesse radici di fine anni '90, che si chiamano progressive trance, o anche solo trance.

E' inutile che stiamo a raccontarci che ormai Tiesto è la peggiore delle meretrici mainstream, che suona solo agli eventi fuffa e blablabla, "In my memory" è un capolavoro e anche risentirlo ora fa venire i lacrimoni e la pelle d'oca, come pure la roba di Chicane e di Ferry Corsten.

Purtroppo l'occasione che mi ha dato l'idea del set di stasera non è delle migliori (la chiusura della Renaissance, storica label dell'epoca), ma mi ha fatto piacere rispolverare chicche a cavallo tra i due millenni come, oltre ai già citati superproduttori, i remix devastanti di un giovine talentuoso come Luke Chable (che fine ha fatto?), o gente che era già grande all'epoca ed è diventata immensa grazie a meravigliosi mixati rilasciati su Global Underground, altro marchio ormai caduto nella miseria, come i Deep dish, Sasha e Danny Howells, qui presente assieme a Dick Trevor come Science dept.

Ovviamente in un mixato progressiveggiante non poteva mancare anche almeno uno tra John Creamer e Stephane K, come non poteva mancare un momento breaks, che mi ha dato l'occasione di risfoderare quella meraviglia di "Finished symphony", e visto che si parlava di revival ho pensato anche di recuperare un remix di James Holden nel primissimo periodo della sua carriera, prima di quello attuale in cui non fa niente e prima anche di quello in cui sfornava capolavori IDM, il periodo in cui faceva della progressive devastante e tiratissima.

Riassumendo, la tracklist è siffatta:

Stephane K - Numb (SAW Recordings)
Elisa - Come speak to me (Deep dish rmx) (Sony)
A Matsumoto & Dj Yoshi - Dreamer (Luke Chable rmx) (Precinct)
ILS - Angels (Distinct'ive)
Hybrid - Finished symphony (Distinct'ive)
Loki - NYCU (James Holden rmx) (Easy access)
Science dept feat. Erire - Breathe (Lexicon Avenue rmx) (Renaissance)
Chicane feat. Marie Brennan - Saltwater (Xtravaganza)
Tiesto - In my memory (Magik muzik)
Sasha - Cloud cuckoo (Luke Chable rmx) (White)
Libra pres. Taylor - Anomaly (Calling your name) (Ferry Corsten rmx) (Platipus)
Humate - Love stimulation (Tom Middleton edit) (Renaissance)
Chicane - Autumn tactics (Xtravaganza)


Per chi volesse reimmergersi nei ricordi di giovinezza o volesse riscoprire cose che si è perso all'epoca, da qui si può scaricare il set, e per quelli che vogliono essere avvisati quando esce una puntata nuova, qui c'è il feed RSS del podcast.

venerdì 17 settembre 2010

La Perlon annuncia la nuova Superlongevity

La Perlon non è solo una delle etichette in cui mi riconosco di più.

E' anche un'etichetta che, nel corso degli anni, ha attraversato l'ascesa e la caduta del sound minimale riuscendo sempre a reinventarsi mantenendo un'impronta distintiva fortissima e immediatamente riconoscibile, fatta di percussioni sbilenchissime e incursioni in territori più jazzeggianti e, a differenza di altre etichette un po' più "vagabunde", ha sempre mantenuto standard qualitativi piuttosto alti resistendo alla tentazione di stampare lapeggiommerda solo perchè di artisti che scrivono su riviste famose o per fare cassa.

Certo, non sempre hanno incontrato i miei gusti al 101% (non ho mai negato che Shackleton mi fa cacare a spruzzo), ma l'ha fatto spesso, e comunque ho sempre apprezzato la tendenza a stare sempre almeno un mezzo passettino più in là della moda del momento.

A ulteriore riprova del focus sulla qualità musicale anzichè sul profitto, la scelta di non rendere la propria label compilation una raccolta di nomi trendy venduti in un costosissimo cofanetto di vinili colorati o un miscuglione degli scarti di magazzino, ma di farne una raccolta di inediti interessanti, rarità e figate assortite da pubblicare giusto una volta ogni tanto, non una volta l'anno.

L'annuncio del quinto episodio della Superlongevity, quindi, mi mette di buonumore già di per sè, ma è leggere la lista degli artisti presenti che mi esalta definitivamente.

Ci sono i soliti nomi, tipo ovviamente i fondatori Zip e Markus Nikolai sia da soli che nei Narcotic syntax, ci sono un po' tutti gli habituèe dell'etichetta, tipo Matt John, Ricardo e Dandy Jack (che tra l'altro è a Torino domani sera assieme a Quenum), ci sono nomi belli cicciottosi come Daniel Bell, il ritorno dei Pantytec e quello di Sammy Dee e Pronsato come Half Hawaii, ma soprattutto....Matthew Dear rispolvera Jabberjaw!

Probabilmente gli sono fischiate le orecchie dopo la mia recensione del suo ultimo, orribile, album, o forse si è reso conto da sè che il miglior materiale della sua carriera l'ha dato alle stampe con questo alias, fatto sta che finalmente Matthew Dear potrebbe tornare a regalarci quei piccheppacche sbilenchissimi con cui ho imparato ad amarlo.

La data di uscita prevista per la quinta Superlongevity è il cinque di novembre, ma non escludo che già dalla fine di ottobre i peggiori bar di Caracas della rete consentano di "preascoltarla".

mercoledì 15 settembre 2010

Magliettas!

Momento modestia: una delle frasi che mi sento rivolgere più spesso è "oh, che figa quella maglietta", e in effetti vado piuttosto fiero del mio guardaroba sul versante t-shirts, composto di alcuni pezzi pregiati comprati in giro per il mondo e per la rete.

"Ecco, un altro post con le magliette di Threadless"

E invece no: ormai le magliette di Threadless le hanno cani e porci, non nego di averne comprata una gran quantità in passato e di averle indossate con molta soddisfazione, ma ora come ora è facile andare in un locale e trovare qualcuno con la maglietta di ET nella cabina telefonica, o con quella del cookie che dice "i love you" al latte, o con qualche altra manifestazione di originalità e wittiness trita e ritrita.

Morale, dove ci si può approvvigionare di magliette fighe?

Ovviamente non mi metterò a dare in giro i link dei siti che hanno sostituito Threadless nel mio cuoricino e nel mio armadio per evitare altri sputtanamenti, mi limiterò a indicare il solo LaFraise che tanto fa le edizioni limitate a pochi pezzi e che comunque non  mi convince al 1001% (anche se la maglietta col faccione di Darth Vader che dice "Je suis ton geniteur biologique" è tanta roba, e cmq è out of stock e non la ristampano) e a bullarmi dei miei ultimi acquisti...pronti? Via!


Dalla foto col modello fintogay non si vede bene, ma è Kanye West che dice "Yo, i'm really happy for you, imma let you finish, but i have one of the best shirts of all time", e se non cogliete il riferimento il problema non è mio.


Questa la indosso rightnow (ma sono meno fintogay del modello), e il discorso sul riferimento è ancora valido.


Again, dalla foto non si legge benissimo ma c'è Han Solo con una chitarra e la scritta "Guitar Solo"; non posso farci niente, le magliette demenziali coi personaggi di Star Wars hanno su di me un fascino irresistibile.


Ultima, non ancora indossata per via del colore impraticabile durante i mesi caldi pena l'ascella pezzata in meno di un minuto, fa parte dell'altro set di magliette a cui non riesco a resistere: quelle sui ninja.

Last but not least, un presente per la mia signora, ovviamente in versione femminile:


Ora, il lettore sufficientemente witty e interessato probabilmente non ci metterà troppo a recuperare il sito da cui ho preso questi pezzi nuovi del mio guardaroba e a ricopiarmeli, ma se è così scaltro e intraprendente sono fiero di condividere delle magliette con lui/lei :)

lunedì 13 settembre 2010

OrchestRaibaz, puntata #55 - Nudisco

E' lunedì, si torna a dirigere l'orchestra!

Questa settimana, per festeggiare il clima estivo che ancora un pochino resiste nonostante l'estate sia ufficialmente finita con la fine delle ferie per i grandi e l'inizio dell'anno scolastico per i piccini, il menu prevede dell'ottima nudisco, a partire dal suo sovrano incontrastato e incontrastabile, Tensnake, con un disco che ti si pianta in testa e non ne esce mai più, passando per qualche nome noto quest'oggi in versione un po' più slow-motion e downtempo.

Così, c'è un'accoppiata vincente a mani basse come quella costituita da Nacho Marco e Agnes, c'è il semprepresente Andre Rozzo e la quasisempre presente Ovum di san Josh Wink, ma tanto per variare un po' ci sono anche personaggi che non passano spesso da queste pagine nonostante li si rispetti un gran bel po', tipo Rick Wade o Marco Passarani, da sempre uno dei migliori produttori techno dello stivale, per l'occasione affiancato da Erlend Oye.

Al solito, c'è del revival, tipo Passarani stesso o il revival più revival di tutti, quel Larry Heard lì subito all'inizio che sembra uscito ieri nonostante abbia quasi la mia età, ma c'è anche spazio per della roba nuova nuova fresca di stampa, come nel caso dello splendido ultimo 2020 soundsystem, o addirittura non ancora uscita ufficialmente, come la traccia di Paolo "Muteoscillator" Giangrasso inclusa nella prossima release su Exprezoo assieme ad altre due chicche del sempre valido Roberto Bardini.

Morale, la tracklist è siffatta:

Roberto Bardini - Hate me (Muteoscillator Fairy tail rmx) (Exprezoo)
Fingers inc. - Can you feel it? (Jack trax)
Osborne - Outta sight (Spectral)
2020 soundsystem - Ocean (Jacksonville rmx) (20:20 vision)
Nacho Marco feat. Aqeel - Rising (Agnes 114 in full effect rmx) (Loudeast)
Tensnake - Coma cat (Defected)
Marco Passarani feat. Orlando Occhio - Criticize (Peacefrog)
Art department - Without you (Crosstown rebels)
Seth Troxler & Patrick Russell - Doctor of romance (Circus company)
Rick Wade - Prime time (Harmonie park)
Makam - Planet pimp (Sushitech)
Pezzner - The tracks are alive (Rozzo rmx) (Freerange)
Kink - Existence (Ovum)
Ripperton - Nocturnal reflections 1# (Plak)

Per chi volesse mettere i pantaloni a zampa e ballare nuovamente sotto una disco ball, da qui si può scaricare il set, e per quelli che vogliono essere avvisati quando esce una puntata nuova, qui c'è il feed RSS del podcast.

lunedì 6 settembre 2010

Orchestraibaz, puntata #54 - Techno piovosa

E bentornati in questo spazio!

La terza stagione dell'orchestrina del lunedì riprende subito così pimpumpam senza troppi convenevoli, con un set che ben si confà al maltempo in arrivo nei prossimi giorni (e già arrivato in alcuni punti della penisola), proponendo una sequela di dischi cupi, bui e ombrosi direttamente dai recessi più oscuri degli scaffali dei dischi di casa Raibaz.

Al solito, c'è qualche novità, come il magnifico remix di Koze su Vakant o la bellissima nuova collaborazione tra gli Slam e Dot Allison, qualche chicca ripescata dal passato più o meno recente, tipo il capolavoro di Akufen su Minus, uno dei miei dischi preferiti di sempre, ma a sto giro c'è anche qualche nome che non era mai comparso qui pur avendo avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione musicale.

La CLR infatti è una delle etichette "storiche" della scena techno, ma negli ultimi anni ha passato veramente dei brutti momenti come l'ispirazione artistica del suo boss, Chris Liebing: ultimamente, invece, con la riscoperta di un suono techno un po' più duro e intransigente da parte dei signori del Berghain (Dettmann su tutti) sta recuperando il posto che merita nei cuori degli appassionati, me compreso.

C'è spazio anche per un paio di scoperte, tipo Silent Servant che non conoscevo e ho scoperto grazie a un mixato di Marcel Fengler (altro della cricca Berghain) e un remix stratosferico di Onur Ozer uscito solo su white che ho ritrovato facendo ordine sugli scaffali e che, all'acquisto, avevo colpevolmente ignorato ma che invece è una piccola meraviglia, come pure quello sull'altro lato che vi proporrò di certo in una delle prossime puntate.

Morale, la tracklist è così composta:

Mathias Kaden - Kawaba (Dj Koze's kosi san rmx) (Vakant)
Richie Hawtin - Forcept 1 (Akufen rmx) (Minus)
Dewalta - Salgaro (Vakant)
Depeche Mode - Something in your eyes (Onur Ozer rmx) (White)
Anthony Collins - Reeves (Curle)
Onur Ozer - Eclipse (Loco Dice rmx) (Vakant)
X-press 2 - Kill 100 (Carl Craig rmx) (Skint)
Traversable wormhole - Closed timelike curve (Marcel Dettmann rmx) (CLR)
Silent servant - Violencia (Kalon rmx) (Sandwell district)
James Ruskin - Solution (Blueprints)
Aril Brikha - Groove la chord (Fragile)
Slam - City destroyer (Harvey Mckay rmx) (Paragraph)
Traversable wormhole - From 2D to 3D (CLR)
Dot allison - Cry (Slam vocal rmx) (Soma)
Maurizio - Domina (Carl Craig rmx) (M series)

Per chi volesse scaricarsi il set per risentirlo in giro per la città durante i prossimi giorni piovosi, lo si può scaricare da qui, mentre per chi non l'avesse ancora fatto qui c'è il feed RSS del podcast per essere sempre aggiornati quando esce una nuova puntata dello show.

mercoledì 1 settembre 2010

Matthew Dear - Black City

Il caro Matteo Caro qui lo si apprezza di molto, anche se più che altro di rendita per la roba vecchia: "Leave luck to heaven" è uno dei meglio album techno di tutti i tempi, la roba uscita come Jabberjaw è l'ibridazione di quell'album lì con lo stile Perlon, cioè roba da bava alla bocca e adorazione infinita, quella come False è top class e pure quella come Audion prima di "Mouth to mouth" è di altissimo spessore.

A un certo punto, però, il caro Matteo Caro deve essersi montato la testa.

Sarà stato il successo esagerato di un disco di merda come "Mouth to mouth", sarà stata la troppa vicinanza alla cricca M_nus nel suo periodo di massimo splendore economico e minimo valore artistico, sarà checazzoneso, ma a un certo punto Matteo è uscito con un album discretamente loffo ma con un paio di momenti interessanti come "Asa breed" e ora se ne esce con sto "Black city" che, a volergli essere riconoscenti, è un grosso WTF.



Ok, per la techno tout court non è assolutamente un bel periodo ma anzi sono tempi di rinnovamento e di esplorazione di strade nuove che vanno da Four Tet, al dub/tech/bohstep al recupero di roba vecchia e invecchiata maluccio, ci sta che gli artisti di punta cerchino di cambiare le carte in tavola andando là dove nessun altro è mai andato prima, e in quest'ottica ci sta anche che toppino clamorosamente.

Il caro Matteo a sto giro cerca di puntare al pubblico indieggiante che vuole roba da ascolto, ma purtroppo gli manca il talento per le armonie che ha Kieran Hebden e l'album risulta simile negli intenti ma molto più scarso nella realizzazione: non basta abbattere i bpm e aggiungere qualche chitarrina loffa se sei Matthew Dear e hai più volte dimostrato di riuscire a creare dei groove che spettinano le pareti.

O forse questo "Black city" vuole mettere in mostra l'altro lato di Matteo Caro, quello depresso, povero di verve e felice di esserlo?

Se è così, l'operazione gli riesce perfettamente, peccato che sia un lato di cui si poteva fare a meno.