lunedì 25 ottobre 2010

I miei tre giorni all'ADE

Ed eccomi finalmente di ritorno dalla tre giorni nella terra dei mulini a vento, delle patate e dei clubber festosi: dopo l'indispensabile pomeriggio filato di sonno, quindi, siamo pronti a raccontare tutte le (molte) cose vissute in questo weekend per la gioia di grandi e piccini e l'invidia di chi non c'era.

First of all, qualche considerazione sparsa sull'Olanda, che avevo già visto sia da turista che per motivi clubbistici e che è il posto più vicino che riesca a immaginare all'idea di "paradiso del giovine clubber", ed in larghissima misura è merito degli olandesi stessi che riescono a coniugare in maniera perfetta l'ordine e il rigore della popolazione nordica con un'attitudine festosa e sociale che li rende praticamente unici nel panorama europeo.

L'Olanda, storicamente, è terra di mercanti abituati ad essere amichevoli col prossimo e Amsterdam stessa è una città che fonda gran parte delle proprie entrate sul turismo dei ggiòvani, ma a me fa sempre specie il sorriso con cui generalmente l'olandese si approccia allo sconosciuto, sia quando gli rivolgi la parola in una lingua anglofona che non è la sua (e che comunque parla perfettamente, a differenza dell'italico e della sua proverbiale avversione per le lingue straniere) che quando, spontaneamente, ti si avvicina perchè suppone che potresti non essere al 101% della gioia e desidera fare del suo meglio per aiutarti.

E poi, è inutile che stiamo a raccontarcela: mediamente, l'olandese (ma soprattutto l'olandesa) è anche alto, biondo e bello oltre che acculturato,  sorridente e felice di esserti d'aiuto, per cui averci a che fare non può che essere fonte di somma gioia.

Ma non è tutto, perchè i ragazzi qui organizzano anche dei party veramente veramente veramente veramente dellamadonna, ma andiamo con ordine.

Partiamo da giovedì sera, quando tempo di arrivare in hotel e senza neanche cambiarsi nè cenare è già ora di festa, e che festa.

La festa di giovedì sera mi è costata trentacinque euro, un volo aereo, mille corse, mille fatiche fisiche oltre alla cena saltata e all'aver girato mezza Amsterdam a piedi in cerca di una barca che non si sapeva bene dove fosse e che poteva anche aver già salpato abbandonandoci a riva (ovviamente l'abbiamo trovata grazie a un olandese che la cercava anche lui e, ovviamente, è stato felicissimo di aiutarci), ma cazzo, nonostante tutto questo sono ancora convinto che il mio bilancio sia violentissimamente in positivo.

Il party di giovedì sera, senza fare troppe storie, è il migliore del 2010 e uno dei migliori tre a cui sia mai stato.

Raccontandolo in una riga, è stato un party per seicento addetti ai lavori su una barca che girava per i canali di Amsterdam con Sasha, Nick Warren, Danny Howells e qualche altro della cricca GU, e probabilmente solo questo basterebbe a inquadrare che specie di meraviglia sia stato, ma proverò ugualmente ad articolare di più anche se mi rendo conto che in nessun modo potrei raccontarlo facendogli giustizia.

Cominciamo dai primi due set, ad opera di dj sconosciuti (il secondo dei due potrebbe essere uno dei due 16 bit Lolitas, ma non se ne hanno conferme, mentre il primo è proprio ignoto) che aprono le danze con due chicche una meglio dell'altra, suonando rispettivamente:

  • lentoni da preserata di chiaro stampo progressive ma con più di una strizzata d'occhio alla tendenza nudisco prossima big thing
  • un set dellamadonna con evidentissimi richiami alla GU #027 di Danny Howells, forse la più bella della serie con le sue atmosfere houseggianti e quella classe infinita che farebbe muovere pure le pareti, col sorrisone felice stampato in faccia
Morale, già dai primi due set si capisce che il party è di quelli veramente veramente grossi, e deve ancora arrivare il primo dei big, forse quello da cui mi aspetto di più:

Danny Howells in versione "anziano taglialegna"


La camicia da taglialegna per il buon Danny non è una scelta casuale, visto che a differenza dei suoi predecessori e di chi suonerà dopo di lui Daniele di legna ne fa tanta e buona, dedicandosi più di tutti allo studio del gruvo e allo schiaffeggiamento gentile di quello che te la saltelli di gusto e sei felice come la mattina di Pasqua. Un po' meno viaggione di quello che avrei sperato, ma che cazzo, è comunque tanta tanta roba e comunque perfettamente in linea con l'orario e il mood del party, che è "pochi ma buoni, tutti molto amici e molto festosi".

Particolarmente interessante, fra l'altro, il setup usato sia da Howells che dal suo predecessore, che sfrutta al meglio la nuova tecnologia per far sbavare noi giovani apprendisti dj: i quattro cdj 2000 linkati tra loro e al djm 2000 via cavo di rete, in modo che il superstar dj frequent flyer debba portarsi in giro solo una chiavetta usb con le tracce da suonare e, una volta infilatala in uno qualsiasi dei cdj, abbia tutte le tracce a disposizione su tutti e quattro con la magnifica interfaccia di Rekordbox e tutti gli altri giochini che i cdj e il mixer attualmente al top della gamma possono offrire. 

Bava alla bocca di quella veramente pesante.

Dopo Danny Howells, invece, arriva uno che della nuova tecnologia se ne frega completamente, e se ne frega pure della tecnica di mixaggio, visto che fa dj set con Ableton (e già sento arrivare i "buuuuu" dalla platea): il set di Nick Warren è uno di quelli che ti insegnano che un buon 90% della bravura di un dj sta nel saper scegliere il disco giusto al momento giusto.

Nick Warren e una mano gigante
Il set di Nick Warren, a differenza del precedente, è molto più vicino alle aspettative come stile, ma le supera ampiamente come qualità: si sapeva che il ragazzo (oddio, ragazzo, è abbondantemente oltre i quaranta e non li porta troppo bene) è cintura nera di viaggioni, ma non si pensava così tanto.

Nella sua oretta di set gli occhi si chiudono, le mani vanno al cielo e riscendono solo per gli abbraccioni e le lagrime scorrono copiose anche quando Nick suona il secondo Ovum di Loco Dice, non esattamente un progressivone ma comunque perfetto in quel momento e in quel posto che, ricordiamolo, è fatto così:


Insomma Nick Warren ci regala un set della madonna nonostante di fatto scelga solo i dischi e li faccia mettere uno in fila all'altro da Ableton, mentre dopo di lui arriva la dimostrazione vivente che, come si diceva prima, il gusto musicale è il 90% o più dell'abilità di un dj: James Zabiela.

Il simpatico biondino infatti perde una buona mezz'ora a montare tutti i suoi gingilli, tra cui un kaossillator e un  pc controllato un po' con un controller, un po' dal controller sul touch screen del djm-2000 e un po' da un ipad (!), oltre ovviamente ai cdj 2000 e all'efx 1000 già presenti, gingilli che in effetti spremerà al meglio della loro potenza facendo un numero da circo dietro l'altro, ma......su dischi di gusto più che dubbio.

Ok, bellissimo da vedere, spettacolare, fonte continua di "ooooooh" per noi ggiovani che sappiamo cosa si prova a mettere a tempo i dischi, ma da sentire...bah, poca roba. Si salva dagli insulti solo per aver suonato il remix di Alex Kid di "For the time being" dei Phonique feat. Erlend Oye, unico disco bello, ma tutto il resto è fuffa.

Se dopo di lui suona il bruttissimo Robert Babicz, teoricamente del tutto fuori posto in mezzo ai big della progressive house e depositario delle aspettative peggiori, va da sè che il momento sia di mestizia in attesa del set di Sasha, e invece l'orrido Roberto Babizzi sfodera un live davvero coi fiocchi, di progressive trance bella movimentata e viaggiona al punto giusto, per poi infilare, verso la fine del set, una straordinaria "Self control" di Raf (proprio lui, l'italico Raf) sopra una base techneggiantissima che fa saltare tutta la barca, nel frattempo salpata in giro per i canali, al grido di "I, i live among the creatures of the night".

Finito il live dell'ottimo Babizzi, quindi, è la volta di "The son of god", ma prima di lui è la volta del suo schiavo & roadie personale, che gli prepara la console come la vuole lui e fa allontanare i fans festanti (ivi compreso il fotografo ufficiale) in attesa dell'uomo con l'atteggiamento più da superstar di tutto il mondo: fosse stato chiunque altro a comportarsi in  maniera così scostante, avrebbe preso fischi e pallonate, ma lui è l'uomo su cui è stata coniata la definizione di "superstar dj" e gli si perdona qualsiasi cosa.

Soprattutto, gli si perdona qualsiasi cosa quando fa dei set così, che anche se suoni dalle tremmezza alle cinque quando finisce sembra siano passati solo dieci minuti, dieci minuti in cui ti ha fatto attraversare tutto lo spettro delle emozioni possibile, dalla gioia alle lagrime al fomento senza soluzione di continuità e con quei passaggi fatti sulle armoniche che lo sai in cuor tuo che sono due dischi diversi, perchè lo vedi coi tuoi occhi che sta cambiando disco, però cazzo lui li accoppia veramente in modo che sembri uno solo.

Mago.

Morale della storia, l'unica critica possibile a un party così è che far suonare gente come Danny Howells, Nick Warren e Sasha un'ora/un'ora e mezza anzichè almeno otto è un crimine contro l'umanità, ma d'altronde da uno showcase di una booking agency non si potevano certo pretendere gli extended set e comunque la critica è solo perchè di musica meravigliosa così ce ne vorrebbe sempre di più.

Passata la mattinata di nanna e il pomeriggio di shopping che frutta la coppia di compilation su Strictly Rhythm "Strictly Todd Terry" e "Strictly M.A.W.", è ora del party più interlocutorio del weekend, posto in mezzo tra due party di grande aspettativa e quindi forse un po' minore, ma rendiamoci conto del fatto che si sta definendo "un po' minore" un party con gli Slam!, The Advent, Steve Rachmad, Joel Mull, Heiko Laux e i Mandy, quindi vabbè chettelodicoaffare.

In realtà prima di questo c'è un party preserale con un'oretta di set di Mark Pritchard, sul quale però cercherò di sorvolare visto il colossale vaffancuore che si meriterebbe uno che per anni è stato metà dei Global Communication e adesso si è ridotto a fare ste cacate di set senza nè capo nè coda in cui mette in fila, senza neanche far la fatica di mixarli, dischi dubstep brutti (come se ne esistessero di belli), dnb brutti, fintohouse brutti e più in generale dischi brutti; si salva solo la splendida cornice del Paradiso, club meraviglioso in un palazzo d'epoca con tanto di parquet & caminetti ma con l'impiantone e il solito mood festoso&gioioso degli olandesi che già da solo è un valore aggiunto allucinante.

Torniamo al party Clik con tutti gli ospitoni di cui sopra, quindi, che si tiene in due megacapannoni industriali da qualche migliaio di persone l'uno con quei laseroni che piacciono tanto al clubber nordeuropeo:


Arriviamo giusto in tempo per sentire l'ultimo quarto d'ora di un Heixo Laux eccezionalmente in versione "schiaffazzi" anzichè il suo solito techno jazzato di classe, e sono schiaffazzi veramente da antologia: l'occhialuto germanico mena veramente come pochi altri, ma con una classe e un'abilità nel costruire atmosfere sopra lo schiaffeggiamento che rendono il suo live un'autentica gemma.

Dopo di lui suona il pessimo Marko Nastic di cui non ce ne fregancazzo, per cui ci dirigiamo di sopra a sentire i Mandy (o "il" Mandy, visto che di cugino ce n'era uno solo) e la sua ottima miscela di electropop alla Get Physical e techno movimentata ma non troppo da club in grado di soddisfare un po' tutti i palati, ivi compreso il mio, per cui l'ora di set del serbo nell'altra sala passa in fretta ed è ora di tornare di sotto per Joel Mull, che come produttore è sempre stato molto molto eclettico, al punto che non so davvero cosa aspettarmi dal suo set, senonchè il tema della serata è "castagne in faccia" e lui lo interpreta alla perfezione, bastonando gli astanti con della techno come non se ne sentiva da anni, roba che se non sapessi che è impossibile mi aspetterei da un momento all'altro il ritorno dell'hardgroove con conseguente resurrezione di tutti i morti della scena napoletana (i vari Carola, Vigorito, Cerrone, etc.) a cui sono affezionato.

I richiami a Napoli nel set di Joel Mull sono evidenti, al punto che molti dischi mi sembrano proprio del periodo d'oro della Zenit, della Rilis e di quel giro lì, e ovviamente io con un set così vado a nozze.

Oltre ogni più rosea aspettativa.

Tempo di fare un saltino rapido da Rachmad e sentirgli suonare la sua "Virton" nel 2010 come se fossimo nel 2001, ed è già ora degli Slam, il set che attendevo con più ansia della serata: i due glaswegiani sono ovviamente in versione "Paragraph" anzichè in versione "Soma", e proprio come le loro uscite sulla sublabel incazzata menano come degli indemoniati, forse pure troppo: perfetti per il contesto, per carità, e in grado di farti passare la stanchezza delle quattro di mattina del secondo giorno di party consecutivo a suon di sberle, ma forse un po' privi di quell'anima che distingue un set stupendo da uno semplicemente bellino.

Data la fatica e dato che Cisco Ferreira viene comunque in Italia spesso, decidiamo di perdercelo e tornare presto in hotel, visto che il giorno dopo ci aspetta un party lungo e faticoso.

Altra mattinata di nanna e pomeriggio di shopping, stavolta vinilico nel negozio della Rush Hour al quale lascio ovviamente una buona quantità di euro, per poi proseguire nel pop up studio della Red bull music academy radio, in cui ci sono due pischelli completamente sconosciuti che suonano roba di qualità assoluta, spaziando senza soluzione di continuità dalla dub techno alla house allo UK garage con un mood perfetto per l'orario e la modalità "mi siedo sul divanetto, bevo una red bull e leggo un libro".

Pischelli sconosciuti FTW

Una pennichella preserale in hotel, una sistemata alle valigie, un sushi ed è già ora di andare al Trouw, sede dell'ultimo paty del weekend, quello che vede protagoniste la Ostgut ton e la Delsin, etichette di punta del panorama dub techno che attualmente va per la maggiore.

Prima di parlare della musica, però, val la pena di spendere due tre parole per il club, ricavato nell'enorme scantinato dell'ex sede di un quotidiano con tanto di macchine per la stampa residue:

Da fuori

Un particolare dell'interno

Il ristorante
La gigantesca main room
Dopo la coda al guardaroba in cui riesco a sentirmi un famoso dj internazionale perchè un ragazzo italiano mi guarda e mi dice "ma tu sei Raibaz!!?", ad accoglierci c'è Quince nella sala grande che sta facendo un'apertura davvero coi controfiocchi a base di deep house e di traktor usato nella maniera in cui andrebbe usato, con sempre almeno due/tre dischi assieme e un sacco di effettistica e filtristica sempre funzionale all'obiettivo finale, che è spremere a dovere il muraglione di subwoofer funktion one e farci sentire della musica splendida, mentre di sotto c'è un Nick Hoppner solitario e un po' intristito dal vuoto nella sua sala che suona cose malinconiche e troppo troppo raffinate perchè qualcuno riesca anche solo a ballicchiargli davanti.

Bravo bravo Quince
Finiti in contemporanea i set di Quince e Hoppner, è l'ora del primo dilemma: Shed o Newworldaquarium?

Di Shed non ho proprio un'opinione elevatissima e l'ho già dichiarato in altre occasioni, per cui istintivamente propenderei per il ragazzo di casa Delsin di sotto, se non che l'antipatico resident del Berghain decide di farmi ricredere con un set dellamadonna che fonde le metriche quadrate e il rigore della dub techno tedesca a un calore e un'anima soul di evidentissima ispirazione houseggiante, mostrando a tutti gli astanti il meraviglioso lato umano della dubtechno berlinese, col quale la classe, gli schiaffazzi e il romanticismo trovano il proprio equilibrio perfetto e diventano l'uno il complemento dell'altro.

Purtroppo, o per fortuna, l'antipaticissimo decide di impostare il proprio set in modo da fare un'ora e mezza di drittoni in modo da fomentarci tutti al meglio delle nostre possibilità e poi, per l'ultima mezz'ora, tagliarci le gambe e spezzarci in gola le grida di gioia a colpi di minchiate spezzate e senza mordente, con quel mood "adesso succede qualcosa, stai attento che adesso faccio il botto, vedrai che adesso succedono cose e ti metti le mani nei capelli - e poi non succede un cazzo" tipico del dubstep e del resto delle degenerazioni spezzate della techno da fintointellettuali, col risultato fortunosissimo che Shed viene prontamente sfanculato per andare a sentire l'ultima, magnifica, mezz'ora di Newworldaquarium, che nel frattempo ha riempito la sala inferiore a colpi di classe e raffinatezze facendo un percorso opposto a quello del suo contemporaneo.

Se Shed infatti parte dal rigore della techno per costruirci sopra il lato romantico, Newworldaquarium fa il contrario: la sua base, è evidente, è la house più sexy e contemplativa, ma dato che  l'obiettivo finale è sempre far muovere il culo dei presenti la cassa si fa più sostenuta e le ripartenze più macellose, col risultato che persino dischi morbidi e sensuali come "Polygons" di David Alvarado diventano sassate senza pietà...chapeau.

Finiti i set di Shed e Newworldaquarium, teoricamente c'è un momento di down dovuto alla presenza nelle due console rispettivamente di Redshape e Prosumer, nessuno dei quali mi fa impazzire e che comunque vengono in Italia spesso e volentieri, per cui la scelta sembrerebbe ostica e comunque di ripiego, e invece.....

E invece Prosumer, che Prosumer.

Brutto ma buono, verrebbe da dire

L'orsacchiottone del Berghain tira fuori un set così gay, ma così gay che in confronto i Village people sono un'icona etero, e si sa che io per la musica gay impazzisco.

Deep house, dub techno, ritmiche dritte, ritmiche spezzate, mani al cielo, lacrimoni, fomento, cantati, pause di riflessione, gioie, dolori: nelle due ore di Prosumer c'è veramente di tutto, con una linea perfetta e tante scelte coraggiose ma dall'effetto devastante, come tanti dischi d'annata, qualche novità interessantissima tipo l'Ovum di KiNk e qualche chicca per noi clubber anziani, tipo questo:



Al di là della bellezza intrinseca del disco, vale la pena di spendere qualche parola sull'atmosfera che Prosumer è riuscito a creare durante il suo set, ovviamente aiutato dal mood degli olandici: completamente perso nella gioia e nel cantato di Robert Owens, mi guardo attorno e vedo:

  • Un signore di mezza età alto quaranta metri, di fianco a me, che canta a squarciagola
  • Una tipa tiratissima come quelle che qui da noi vanno nei locali commerciali e stanno sedute a sentire l'ultima hit di Bob Sinclar che salta come un'ossesso e canta pure lei di gran carriera e mi dice "mi piace un sacco questo disco, mi ricorda gli early days of house music"
  • (Modalità italiano on) Una densità di figa per metro quadro allucinante, di quella che da un momento all'altro ti ritrovi completamente circondato e non sai più dove guardare (Modalità italiano off)
  • Un sacco di gente gioiosa e sorridente, al punto che il ragazzo italiano che mi aveva riconosciuto in coda al guardaroba a un certo punto arriva da me completamente sconvolto e mi dice tipo "non ci credo, qui sono tutti festosi, sono tutti sorridenti, è incredibile!"
E in effetti per noi abituati ai party italiani sembra davvero il paradiso vedere il clima di "facciamo festa e divertiamoci tutti assieme" che anima i party olandesi, al punto che, scena vista coi miei occhi e a cui non avrei creduto se me l'avessero raccontata, un tipo agita la propria bottiglia di birra (sì, danno le bottiglie di birra di vetro, tanto lo sanno che non se le spaccano in testa...se lo facessero in Italia ci sarebbe un morto al minuto) che schizza quasi tutto il proprio contenuto sulle spalle di uno sconosciuto.

Panico, penso, adesso si legnano.

In Italia sarebbe già arrivata la polizia e i carri funebri per la dozzina di cadaveri prodotti dalla rissa susseguente un affronto del genere.

Il lavato invece si guarda la maglietta fradicia di birra, se ne scrolla un po' di dosso, guarda il lavatore con un sorrisone che dice "cazzo, mi spiace per la tua birra", lo abbraccia e i due se ne vanno sorridenti a bere dell'altra birra insieme, che tanto costa pochissimo (meno della red bull, cazzo).

Prosumer finisce il set tra gli applausi a scena aperta miei e del resto della pista, e dopo di lui inizia Delta funktionen che per carità, bravo, ma dopo un set così dove vuoi andare, per cui decidiamo di sentire una mezz'oretta di Marcel Dettmann prima di tornare in hotel a finire le valigie e riprendere l'aereo per tornare a casa.

Il bel ragazzo del Berghain è l'apoteosi della techno tedesca: metriche squadratissime, cassa scolpita nel granito e clap croccantissimi, se ti piace il genere non puoi chiedere di meglio, solo che a me il genere non piace.

Ci provo a farmelo piacere, per carità, ma i suoni sembrano riciclati dai vecchi Stigmata di Chris Liebing e anche se il ragazzo mena così tanto da farti passare la stanchezza delle cinque di mattina dopo un quarto d'ora le metriche sono davvero troppo semplici e l'andamento dei dischi è così piatto e banale che non si riesce a divertirsi neanche volendo.

Per carità, sound design eccezionale, i suoni non sono niente di nuovo ma acusticamente sono perfetti, peccato però che l'anima sia rimasta a casa.

Non fa per me.

Viaggio in taxi verso l'hotel economico come nelle città civili, valigia, colazione, aereo e siamo di nuovo in Italia, a cercare disperatamente di accontentarci dei nostri festival in cui ci si spara in coda al guardaroba (ogni riferimento al Movement dell'anno scorso e a quello che probabilmente succederà il prossimo weekend è assolutamente voluto) e a prenotare i biglietti aerei per la prossima fuga in qualche territorio più amichevole per i clubber.

Col senno di poi, avrei voluto partecipare a qualcuno degli eventi diurni, tipo la conferenza in cui Plastikman presentava il suo live show, ma il problema classico di eventi grossi come questo è che qualcosa bisogna lasciar fuori per forza.

Comunque, quello che sono riuscito a fare mi ha riempito di gioia per gli anni a venire, per cui direi che può bastare così.

3 commenti:

fede ha detto...

dai direi che ce la siam spassata...per me ormai è una tradizione di cui non posso fare a meno ;)

PS: sul dubstep e l'ultima mezz'ora di shed hai detto delle grandissime minchiate ma ti voglio bene lo stesso :P

Anonimo ha detto...

vai a 1:35 http://www.youtube.com/watch?v=wnemIw4O1lE&feature=related

Raibaz ha detto...

Esattamente :)

Io e Fede eravamo sul balcone di sinistra per cui non ci si vede...ma probabilmente ci si sente cantare :D

Tra l'altro, come si chiama la traccia che si vede all'inizio del video? Sono quasi sicuro di avere il vinile da qualche parte ma mi fa fatica cercarlo...

@Fede: sai come la penso sul dubstep e nel corso del weekend ho avuto solo conferme della mia tesi...speriamo solo che sta moda passi in fretta :)