martedì 24 luglio 2012

Solomun - Watergate 11

Quando un artista o una scena ha superato il momento di picco creativo e di successo ed è in fase calante, non è affatto detto che non abbia più nulla da dire, a patto di non aspettarsi grosse rivoluzioni: Berlino ormai, diciamocelo, ha ampiamente rottolcà e di nuovo ha da dire ben poco, se pensiamo che i suoi maggiori esponenti ormai suonano della roba che è praticamente la minestra del vecchio Tresor riscaldata in un microonde guasto, ma non per questo bisogna lasciarsi accecare dal pregiudizio e schifare tutto ciò che arriva dalle rive della Sprea.

Nonostante il movimento "let's all be cool and move to Berlin" sia ormai morto e sepolto e si sia in attesa di una next big thing ancora di là da venire (il ritorno di Bristol? naaah, l'est Europa? forse) c'è ancora della vita nella terra dei crauti, vita che arriva da posti inaspettati come il Watergate.


Un po' eclissato dal boom del Berghain e dal costante fiorire di nuove situazioni, in realtà il Watergate ormai non è più uno dei fari dell'avanguardia della club culture mondiale, ma rimane comunque più che rispettabilissimo, soprattutto quando butta fuori delle compilation belle come questa.

Solomun è bbuòno, lo si sa, ma a sto giro si merita un bell'inchino, per il gusto con cui mette assieme cose tutto sommato note; alcune sono anche già sentite spesso, tipo "Typerope" di Mathew Jonson, o riciclano suoni noti, tipo la traccia di Vindahl, ma forse è addirittura una scelta intenzionale, visto che il mood del cd è proprio quello del comfort listening, del non cercare di stupire con effetti speciali ma anzi di dare all'ascoltatore esattamente quello che si aspetta leggendo la tracklist e accompagnarlo per un'oretta o poco meno in un ascolto tranquillo, che viaggia via liscio liscio senza impegnare e senza affaticare, movimentato ma non troppo, da sculetto morbido.

Promosso a pieni voti, foss'anche solo per l'apertura con una perla come questa: