lunedì 17 dicembre 2012

L'obbligatorio post di fine anno

E' arrivato il periodo dell'anno in cui si ascolta Last christmas e Baffo natale, ci si prepara a ingrassare come dei tacchini e, soprattutto, si smadonna sulle classifiche di fine anno dei vari siti, blogghe e simili (in particolare, quest'anno la vittima designata sembra essere ResidentAdvisor, che nelle sue svariate classifiche ha fatto più di una scelta controversa).

Posso forse dunque esimermi dall'offrire una mia personale visione globale e riassuntiva sull'anno che volge al termine?

Ovvio che no.

Detta in sintesi e in parole povere, il duemiladodici credo passerà agli annali come l'anno in cui un sacco di musica "da club" ha fatto il salto verso il pop mainstream e, conseguentemente, in cui il pop mainstream ha largamente aperto le proprie vedute verso la musica da club.

Il crossover tra due mondi precedentemente estranei, quello del clubbing "underground" e quello del pop, delle radio e dei grandi numeri, non è mai stato così evidente, per una serie di motivi anche socioeconomici: sarà che i grandi numeri di cui sopra non sono più così grandi e quelle che una volta erano major ora devono rivolgersi alla coda lunga per riuscire a sopravvivere, sarà che viceversa artisti e situazioni che hanno alle spalle lunghe storie di avanguardia ora probabilmente faticano un po' di più per via della crisi e devono quindi fare un passo in più verso un pubblico generalista, sarà semplicemente per via di un normale ricambio generazionale che ci ha finalmente liberati dal peso morto di un sacco di dinosauri, ma il suono del 2012 è stato di derivazione elettronica e "clubbistica" come non mai.

L'apoteosi di tutto ciò l'ho testimoniata in giugno, al Sonar (di cui ho parlato diffusamente in ben tre post): ridendo e scherzando, l'anno prossimo sono vent'anni che certa gente è in giro e fa cose interessanti e numeri importanti, per cui è evidente che non solo non si può più liquidare questa scena come una cosa per pochi giovani drogati - e fin qui siamo ancora alle banalità - ma soprattutto che i giovani di vent'anni fa ormai sono uomini di mezz'età, ampiamente introdotti nel music business e in grado di dominarlo e piegarlo ai propri gusti, formati a base di house, techno, garage e dnb negli anni '90.

Tanti, se non tutti, i breakthrough artists di quest'anno, infatti, sono quello che potremmo definire dei "nativi del clubbing", gente per cui momenti come l'arrivo della techno di Detroit, la Second Summer of Love o le prime Love parade non sono rivoluzioni che hanno un "prima" e un "dopo", ma ricordi storici che costruiscono il brodo primordiale da cui nascono le influenze dirette di giovani clubber che poi sono diventati i vari XXXY, John Talabot, TEED, Eats Everything e così via.

Quantità, qualità e 808 oldschool a palate.

Tanti, se non tutti, gli artisti che hanno dominato la scena di quest'anno arrivano da un periodo, gli anni '90, in cui quella che all'epoca si chiamava "electronica" era il pop che si sentiva dappertutto, in radio, su MTV e nella colonna sonora di qualunque artefatto culturale che ci fosse in giro, e quindi, com'è logico che sia, hanno cercato - con successo - di ricreare quel suono.

E infatti, la ricerca di un respiro più ampio ha influenzato pesantemente il suono dell'anno, ormai definitivamente uscito dal cupo tunnel minimale e definitivamente instradato verso il ritorno alla forma della canzone: gente come Little boots, o i Friendly fires, o gli Hot chip (ma anche gli Hot natured, o Aeroplane, o lo stesso TEED, e potrei andare avanti all'infinito) fanno cose estremamente danzabili ma che hanno le strofe e i ritornelli, da canticchiare quando le senti in radio e poi da cantare tuttincoro ai festival.

Ovviamente, come tutti i cambiamenti, c'è gente che non ha apprezzato: sono i fan duri e puri della techno, che con spirito di contraddizione si è involuta sempre più virando verso l'industrial e il noise; a me non piacciono nè, soprattutto, li trovo interessanti, ma i vari Silent Servant, Surgeon, Regis e compagnia cantante, Voices from the lake e i soliti Berghaini assortiti hanno il merito di aver centrato un nervo scoperto individuando una sottoscena piuttosto nutrita di gente che ama farsi seppellire sotto una cascata di tenebre e di male di vivere.

Non è il mio caso, ma riconosco comunque il valore di questa scena.

Parlando di cambiamenti e di gente che invece non ha paura di mischiarsi con chi fa cose "altre", il duemiladodici è stato un anno in cui svariati cantanti si sono improvvisati dj, o viceversa: non c'è solo TEED che nasce dj e sa anche cantare, o Joe Goddard che non saprei dire se nasce dj o cantante degli Hot chip, o ancora Jack Savidge dei Friendly fires, ma c'è anche gente come Thom Yorke che ormai pare averci preso gusto e dopo aver fatto dischi con Four Tet e Burial è stato visto mettere dei dischi (con risultati ovviamente piuttosto meh), o letteralmente un sacco di gente che porta in giro dei live con strumenti "analogici".

C'è ovviamente il solito, overhyped, Nicolas Jaar col suo live tarato sul gusto degli indiesnob, ma anche act dichiaratamente clubbistici come quello degli Esperanza con basso ghitarra e batteria (clamoroso) o quello dello stesso John Talabot con Pional hanno dimostrato che nel duemiladodici il live fatto schiacciando play su Ableton e giocando a campo minato per un'ora non ha più ragione di esistere, e non possiamo che gioirne.

Lui poi al live aggiunge una grossa dimensione visiva, coi suoi outfit buffissimi e le coreografie demenziali delle ballerine.

Morale, tanto pop mainstream travestito da musica per i club e tanta musica da club che fa il salto sulle radio, o è in grado di farlo: l'inverno scorso, ricordiamocelo, è stato quello in cui una delle tracce più di successo globale della stagione, "Heaven" di Emeli Sandè, è una traccia con l'amen break.

Succedono cose del genere, che non capitavano (se mai sono capitate) da quando io ero piccino, negli anni '90, e poi c'è chi si stupisce se sente "Benediction" degli Hot natured su Radio Deejay, o TEED e i Metro area nello spot del Nokia Lumia, o Moonlight matters nello spot dell'Adidas?

Il duemiladodici, poi, ha portato anche una grossa innovazione a livello di fruizione della musica, con una nuova tendenza che, potenzialmente, potrebbe cambiare radicalmente il modo di partecipare e vivere il clubbing: non sto parlando della silent disco, ma dello streaming video dei party.

Non c'è solo la Boiler room, che ha ospitato alcuni dei set migliori dell'anno (tipo quello di un redivivo Sven Vath, o un eccellente b2b di uno dei due Disclosure con Skream a colpi di vecchie perle uk garage, o ancora  uno dei due Ame b2b Dixon dopo una battaglia di cuscini, con le piume che ancora svolazzano in giro, ma potrei continuare a oltranza): da più parti si sta affermando la tendenza a organizzare party in location tutto sommato piccole e tendenzialmente alternative, tipo le suite degli hotel o piccoli studios, con un centinaio di persone o poco più, e trasmetterli in streaming audio/video sull'internet.


Ovviamente non è neanche lontanamente paragonabile al clubbing dal vivo e non mi è chiaro il modello di business, ma nel momento in cui scrivo è domenica pomeriggio e l'idea di avere, stasera, Laurent Garnier che mette i dischi per festeggiare i suoi venticinque anni di carriera a casa mia mi entusiasma oltremodo.

Morale, alla faccia di chi dice che non si fa più niente di nuovo e che siamo vittime di un'eccessiva retromania che ci porta a rifare sempre la solita roba, il duemiladodici è stato un anno dellamadonna, almeno musicalmente parlando: molte delle cose nuove risentono di influenze del passato, è vero, ma credo sia inevitabile, e in ogni caso tanti dei migliori artisti di quest'anno sono in grado di rivisitarle aggiornandole ai giorni nostri, tipo i Disclosure o tutta la nuova scena di Bristol, che fanno roba che è uk garage ma allo stesso tempo non è uk garage.

E a proposito di UK, una considerazione finale: che fine ha fatto, in tutto questo, la Germania?

Se ci fate caso, la stragrande maggioranza degli artisti citati in questo post, o comunque che hanno avuto qualcosa da dire nell'anno che volge al termine, sono inglesi, e di tedesco, tolti gli Innervisions, i soliti Ostgut (che ormai però più che altro campano di rendita) e pochi altri, non c'è nessuno: è vero, ancora in tanti vivono a Berlino, ma l'impressione è che, in un anno in cui la Germania pare essersi imposta come il centro di comando dell'Europa a livello economico, a livello musicale la terra dei crauti sia stata, a voler essere benevoli, poco importante.

Come ovvio, un post così non può che concludersi dicendo "vedremo cosa succederà nel 2013", ma se l'andazzo del 2012 dovesse essere confermato, sono certo che ne vedremo delle belle.

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