venerdì 17 luglio 2009

Italohouse story

Per la serie "non tutti i pacchi delle partite di calcio vengono per nuocere", finalmente ieri ho trovato l'occasione per guardare questo dvd che mi attendeva da mesi ancora nello scatolone di ibs:


L'idea è praticamente quella di fare una versione italiana di Maestro, raccontando gli albori della scena house italiana con contributi di tutti quelli che c'erano all'inizio e che, col tempo, sono diventati famosi in alcuni casi e sono un po' spariti, pur rimanendo in attività, in altri.

Senza che stia a dilungarmi troppo, andiamo al punto della questione: riesce nell'intento di dare alla scena italiana una sua dignità e a elevarla al rango di vera avanguardia musicale come Maestro ha fatto con Chicago o High tech soul con Detroit?

No.

La colpa non è della produzione del dvd, che è effettivamente fatto bene e mostra, pur con una realizzazione tecnica non sempre professionale, che c'è della passione genuina dietro; il motivo per cui l'impressione che si ricava alla fine della visione è l'ennesima conferma della pochezza dell'Itaglia rispetto al resto è legato ai contenuti.

Dove Maestro parla dell'innovazione portata dal gusto musicale di Larry Levan raccontando che al Paradise garage la gente andava per imballarsi di pastiglie ed esprimere la propria omosessualità ballando fino a non reggersi più in piedi e High tech soul racconta la forza dirompente della techno nel contesto sociale disagiato della Detroit di fine anni '80....questo Italohouse story parla di vestiti, stilisti, cubiste e vocalist.

Se uno come Coccoluto, che quando parla di musica c'è solo da levarsi il cappello e ascoltare con attenzione, racconta di come si vestiva la gente per andare ai primi party degli Angels of love già si capisce che c'è qualcosa che non va, se il grosso dei racconti parla di selezione all'ingresso e bella gente comincia a sentirsi puzza, ma l'apice è quando una tipa che penso sia una famosa pr ma che, non essendo pratico del settore, ignoro completamente, dopo essersi bullata di aver inventato le cubiste e i vocalist (invenzioni per cui le saremo per sempre grati, pensavo di proporla per il nobel), ha un dialogo tipo questo con una sua equivalente:

"Se i dj sono diventati famosi, è solo merito nostro"
"Si, ma i dischi li suonavano loro"
"Ma siamo stati noi a dar loro l'immagine e poi loro si sono presi tutto il merito"

Si capisce che il fenomeno per cui qui da noi in Itaglia il dj è solo un po' più costoso di un barista o di una guardarobiera ma importante uguale mentre a comandare sono i pr non è segno dell'impoverimento culturale degli ultimi tempi, è qualcosa di molto più radicato e che, di fatto, ha sempre caratterizzato la scena del nostro ridente paese del sole, del cielo e del mare.

Apprezzo il tentativo di nobilitazione, l'intenzione era davvero lodevole e la realizzazione tutto sommato non è male, visto che bene o male i dj house importanti del periodo compaiono tutti; il problema è che il peso dei loro contributi rispecchia il reale peso delle figure all'interno della scena, per cui a parlare sono per lo più pr, direttori artistici e figure dalla job description bislacca simili, più Ralf che vabbè, è Ralf, (nel bene e nel male :)).

Non si può fare una colpa al povero Maurizio Clemente, autore del dvd, se la scena italiana è questa, anzi c'è da essergli grati per aver esposto, ancora una volta, il male che la affligge; purtroppo il dvd temo se lo cagheranno in 3 e gli altri 2 diranno "che figata, una volta si che si vestivano bene, mica come adesso che c'è gente che va nei club solo per la musica", ma la cosa tutto sommato non mi tange più di tanto.

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