mercoledì 1 settembre 2010

Matthew Dear - Black City

Il caro Matteo Caro qui lo si apprezza di molto, anche se più che altro di rendita per la roba vecchia: "Leave luck to heaven" è uno dei meglio album techno di tutti i tempi, la roba uscita come Jabberjaw è l'ibridazione di quell'album lì con lo stile Perlon, cioè roba da bava alla bocca e adorazione infinita, quella come False è top class e pure quella come Audion prima di "Mouth to mouth" è di altissimo spessore.

A un certo punto, però, il caro Matteo Caro deve essersi montato la testa.

Sarà stato il successo esagerato di un disco di merda come "Mouth to mouth", sarà stata la troppa vicinanza alla cricca M_nus nel suo periodo di massimo splendore economico e minimo valore artistico, sarà checazzoneso, ma a un certo punto Matteo è uscito con un album discretamente loffo ma con un paio di momenti interessanti come "Asa breed" e ora se ne esce con sto "Black city" che, a volergli essere riconoscenti, è un grosso WTF.



Ok, per la techno tout court non è assolutamente un bel periodo ma anzi sono tempi di rinnovamento e di esplorazione di strade nuove che vanno da Four Tet, al dub/tech/bohstep al recupero di roba vecchia e invecchiata maluccio, ci sta che gli artisti di punta cerchino di cambiare le carte in tavola andando là dove nessun altro è mai andato prima, e in quest'ottica ci sta anche che toppino clamorosamente.

Il caro Matteo a sto giro cerca di puntare al pubblico indieggiante che vuole roba da ascolto, ma purtroppo gli manca il talento per le armonie che ha Kieran Hebden e l'album risulta simile negli intenti ma molto più scarso nella realizzazione: non basta abbattere i bpm e aggiungere qualche chitarrina loffa se sei Matthew Dear e hai più volte dimostrato di riuscire a creare dei groove che spettinano le pareti.

O forse questo "Black city" vuole mettere in mostra l'altro lato di Matteo Caro, quello depresso, povero di verve e felice di esserlo?

Se è così, l'operazione gli riesce perfettamente, peccato che sia un lato di cui si poteva fare a meno.

7 commenti:

fede ha detto...

sembra la stessa cosa successa a kalabrese quando ha voluto suonare con l'orchestra, cmq bravo ing lo riposto subito su freq ;)

jimmy ha detto...

Quanto ho odiato m to m...dio mio..

Metiu ha detto...

Mi chiedo quanti ascolti mi ci vorranno per capirlo bene, e decidere se lo adoro o mi fa cagare...

Raibaz ha detto...

Io l'ho risentito giusto per non voler dare giudizi avventati, e confermo quanto ho scritto: mi fa cagare, e la delusione è doppia perchè arriva da un artista che amo come Matthew Dear.

Sosho ha detto...

secondo me caro Raibaz sbagli prospettiva...il merito di matthew dear a mio parere è proprio quello di riuscire a spaziare tra generi e sottogeneri senza tralasciare la qualità. Quindi il fatto che Dear voglia schiacciare l'occhio al popolo indie non mi pare una brutta cosa o comunque fa parte del trasformismo al quale ci ha abituato.
Personalmente amo Jabberjaw, False, l'audion di suckfish mentre non ho apprezzato i lavori sotto il suo vero nome. Questo lavoro invece mi sembra molto organico, con un filo logico e molto ben fatto.

Raibaz ha detto...

Ciao Ale, che piacere leggerti qui :)

In realtà io apprezzo molto l'intenzione da parte di Matthew Dear di non fossilizzarsi su un unico genere e un unico stile, tant'è che mi piace molto ognuno dei suoi alias...però questo l'ho trovato un'uscita dai canoni fine a sè stessa, un trasformismo fatto tanto per fare e senza una reale idea forte alle spalle, come c'era ad esempio dietro "Leave luck to heaven" che invece secondo me è un paio di spanne sopra (l'idea era "faccio un album di techno come so fare ma ci canto sopra"), tant'è che ha almeno due tracce fenomenali, "Dog days" e "It's over now" mentre in questo "Black city" non sono riuscito a trovare un momento memorabile.

Poi per carità, averne di artisti come Matthew Dear che riescono a reinventarsi così ogni volta, in fondo ci sta anche che cambiando così spesso e così radicalmente direzione non si riesca sempre ad accontentare tutti, è un rischio che fa parte del mestiere di artista eclettico e io stimo infinitamente chi ha il coraggio di farlo :)

sosho ha detto...

heheheh ogni tanto passo!! capisco perfettamente il tuo discorso...semplicemente questione di gusti...a questo punto vediamo questa nuova traccia come Jabberjaw sulla compilation della Perlon

:)