lunedì 12 dicembre 2011

Stefan Goldmann: Everything popular is wrong

Stefan Goldmann è un produttore che mi piace, ho diversi dischi suoi e sono tutti di ottimo livello su alcune delle mie etichette preferite, tipo la Perlon o la Ovum.

E' anche un ottimo dj, ricordo di averlo sentito al Gamma al compleanno di Gandalf qualche tempo fa e mi ricordo un set molto molto ben fatto.

Quello che non sapevo è che Stefan Goldmann ha anche delle idee estremamente interessanti sullo stato attuale del music business, che le sa esporre molto bene, e che le si può trovare in questo articolo pubblicato da Littlewhiteearbuds, che lo traduce dall'originale pubblicato in tedesco su Silo.

La sua idea, simile a quella che espone Simon Reynolds in Retromania (di cui ho parlato qui), è che la democratizzazione dell'accesso alla produzione musicale degli ultimi anni abbia abbattuto drasticamente il livello qualitativo della musica, facendo sì che nessuno produca più musica che valga la pena ascoltare ma che la stragrande maggioranza del mercato musicale si riduca a roba valida giusto per il tempo di un "Save as"; secondo lui, la strada da percorrere per uscire da questa spirale è andare intenzionalmente nella direzione opposta a quella del mercato, per esempio musicando i balletti come ha fatto lui, in modo da ottenere molta più soddisfazione artistica e da generare molta più hype che spammando le proprie release su tutti i social network del mondo.

Condivisibile o no, è una lettura estremamente interessante, soprattutto nella parte finale in cui parla della necessità di mantenere un day job per sopravvivere contrapposta al bisogno di dedicarsi fulltime alla musica per riuscire a cavarne qualcosa di interessante; mi piacerebbe molto approfondire il discorso con lui e con chiunque fosse interessato, ed è solo uno dei tantissimi spunti di discussione che si possono ricavare dall'articolo di Stefano Goldmanni.

Buona lettura :)

2 commenti:

Trainspotter ha detto...

"We can’t learn much from studying the careers of Carl Craig or Ricardo Villalobos anymore because the conditions that enabled them don’t exist any more". Niente di più vero. Sai come la penso. Ne abbiamo già discusso tempo fa. E più passano i giorni, più compro dischi - spesso in edizione limitata - su Decks e dintorni, più mi convinco che sto portando a casa frammenti di arte. Incompresi oggi. Chissà domani. Un hard-disk può contenere tutto, ma anche non darti un bel niente. Vibrazioni. Calore. Passione. Idee. Il mercato musicale è cambiato. Io non mi piego e non mi adeguo. La vita è fatta di immagini, suoni... plastica, carta... odori, profumi... cds e, soprattutto, vinili... perché privarcene?!

Raibaz ha detto...

So come la pensi :)

Però il fatto che il mercato musicale sia cambiato non significa per forza che sia cambiato in peggio, e io non me la sento di decidere a priori di non adeguarmi...preferisco aspettare, vedere se il "nuovo mondo" può essere adatto ai miei gusti, e poi decidere :)