martedì 1 dicembre 2009

I Placebo per la seconda volta in un anno

Dopo il soddisfacentissimo concerto di quest'estate al castello scaligero di Villafranca di Verona mi è parso giusto tornare a vedere Brian e soci, visto anche che il tour invernale passava nella mia ridente cittadina.

Il mood generale del concerto è stato all'incirca lo stesso dell'ultima volta, col nuovo Steven alla batteria che dà una smossa in più al groove del tutto rendendolo meno muraglioni di chitarre e più danzabile, ma con una serie di differenze non da poco, in primis in termini di setlist: se il repertorio delle tracce vecchie è rimasto lo stesso, quindi senza il capolavoro scritto con Bowie ma ovviamente con quella "parappappapparara", quella "ogni me ed ogni te", quella "ero da solo in caduta libera, provando al mio meglio per non dimenticare" etc., quello tratto dall'ultimo album è cambiato sostanzialmente.

Tra le gradite novità che non comparivano nella setlist di Verona, infatti, quella in cui è difficile riconciliare quello che sono diventato col bambino ferito che si nasconde dentro e quella in cui Brian prende atto che il diavolo nei dettagli è lì per restare e ci danza insieme e pure, ovvio, il prossimo singolo già annunciato, quella col cuore che fa male che è un cuore che funziona e che a me non piace mica troppo.

Morale, il concerto è un po' dalla doppia anima, diviso in maniera abbastanza equa tra le bombeammano da pogo e headbanging feroce, tipo quella del perchè che non finisce mai o quella in cui finiscono le alibi il due maggio e gli ricorda dell'estate in questo giorno invernale, e le ballad strappalacrime (in senso letterale) tipo quella dei compagni d'anima che non muoiono mai o, soprattutto, la perla del concerto: da sempre i Placebo live regalano versioni alternative delle proprie canzoni più famose, ma la versione "Placebo lounge" (Brian dixit) di quella in cui lui ha paura di restare da solo e questa casa non è più una casa mi ha fatto piangere come un bambino:



Se dovessi scegliere la traccia più rappresentativa dell'intero show, quindi, direi senza dubbio la versione live di quella in cui i passanti lo guardano come se potessero cancellarlo e lui è confuso dagli uccelli e dalle api, che fa la prima strofa lenta, appena appena sussurrata e poi parte direttissima come un pugno in faccia:



Son sempre splendidi dal vivo, non c'è niente da fare.

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