lunedì 21 dicembre 2009

Ricordi di un clubber quasi anziano: Sven Vath e la neve

Non ricordo bene l'anno, forse fine 2003 o 2004, cose così, non avevo ancora mai messo piede all'estero per motivi musicali e per la prima volta avevo l'occasione di vedere Sven Vath nella mia ridente cittadina

All'epoca nessuno aveva ancora neanche lontanamente iniziato a pensare che papa Sven potessere essere bollito, invecchiato o anche solo all'inizio del viale del tramonto: era ancora il dj che trasformava in hit tutto quello che toccava, quello a cui tutti guardavano per sapere cos'avrebbero suonato tra sei mesi anche quando sembrava completamente fuori da ogni logica, perchè sapevano che tra sei mesi avrebbe avuto senso.

Per capirci, quello Sven Vath è quello che è riuscito a far diventare una hit una porcata come questa:



Che suonata da un dj normale causerebbe all'istante una pioggia di pomodori e che invece, passata per le sue mani (allora) fatate è finita in un sacco di borse dei dischi.

In quel set ai magazzini, lungo come tutti i set di papa Sven e coi dischi lasciati suonare quasi fino alla fine, come in tutti i set di papa Sven, oltre a quel buffissimo terzinato di T Raumschmiere trovarono posto Rocker degli Alter ego, che sentivo per la prima volta e non sapevo che avrei sentito (e suonato) fino allo sfinimento per tutto l'anno successivo e tanta altra electro bella sostenuta; mi ricordo una "Feed the flame" di Richard Bartz, su Gigolo, un devastante Sontec (aka Robert Babicz) su Par, ma soprattutto mi ricordo questo remix di Dave Clarke, che era nel mio primissimo ordine di dischi, appena arrivato fresco fresco:



Mi ricordo anche un sacco di addetti ai lavori presenti e lo stupore per aver preso dentro un tipo che saltava come un indemoniato, per poi scoprire che era Tony H, ma il ricordo più vivido della serata, che mi porto dentro come uno dei più belli della (breve) storia dei party che ho visto è Sven che suona questo disco:



Guardo fuori dalla finestra dei magazzini e incomincia a nevicare, proprio come ora fuori dalla finestra mentre risento Ingo Boss, che per me ora e per sempre sarà "il disco con cui Sven Vath ha fatto nevicare".

Quella è stata la prima volta di una lunga serie di episodi in cui mi è venuto il groppone in gola e mi si sono riempiti gli occhi di lacrime a un party o a un concerto (lo stesso papa Sven è responsabile di un altra, quando ha suonato "Music sounds better with you" alla fine di un Green&Blue) e tuttora, risentendo "Little eternity" vado un po' in difficoltà.

Coincidenza ha voluto che oltre al miracolo della neve, quella notte per un giro strano di perturbazioni incrociate dal freddo nord e dal sabbioso deserto a sud, finita la tempesta di neve il cielo apparisse tinto di un inusualissimo giallo (ne parlarono anche i tg, il giorno dopo) e ricordo chiaramente di aver pensato, tornando a casa, "io non ho preso niente, quindi Sven Vath è veramente allucinogeno di suo".

Morale, bollito o no, c'è stato un periodo in cui papa Sven faceva letteralmente i miracoli coi dischi, facendo nevicare e tingendo il cielo di giallo.

1 commento:

fede ha detto...

era il febbraio del 2004: la terza volta che che sentivo sven...

Cmq tra le altre cose suonò pure diapason di carola, cassy e tonio "her dream", emotional content di fdv, I need your love dei the rapture e mi pare a break in the clouds ma nn son sicuro

serata davvero magica...