sabato 19 novembre 2011

Laurent Garnier al Leoncavallo, ieri sera

Mi sento veramente ripetitivo a scrivere meraviglie di Laurent Garnier per la seconda volta in un mese, la terza se contiamo anche la puntata del podcast che gli ho tributato qualche settimana fa, ma non posso farci niente: ieri sera, per l'ennesima volta, ha ribadito di essere il miglior dj del mondo.

(Premessa: la qualifica di "dj", a uno come Laurent Garnier, va più che mai stretta, ma non ho voglia di scrivere ogni volta l'elenco delle mille cose che Lorenzo sa fare, per cui facciamo che ci siamo capiti)

Ieri sera, poi, ho capito qual'è il vero motivo che lo rende il miglior dj del mondo, che lo porta una-due-tre spanne sopra tutti gli altri: ieri sera al Leoncavallo c'erano non meno di duemila persone, tra cui quasi tutti gli amici che ho conosciuto nell'arco di quasi dieci anni di clubbing, e Laurent Garnier ha messo d'accordo tutti.

C'era chi arriva dalla scena dark e alla musica chiede sempre innovazione e stupore, c'erano le signorine che chiedono lo sculettamento e la festosità, c'erano appassionati della techno oldschool senza compromessi e c'erano quelli che non disdegnano le tendenze più recenti del post-dubstep o della nu-disco; c'erano i globetrotter della cassa che non si perdono un party o un festival anche a migliaia di km di distanza da casa e c'erano quelli che mettono il culo fuori di casa una volta l'anno, c'erano gli addetti ai lavori e c'erano quelli che se ne fottono e vengono a ballare e basta, c'erano molti intenditori e almeno altrettanti distrutti, e a ciascuno di loro Lorenzo ha fatto vivere il party dell'anno e uno dei migliori che si siano mai visti.

Nessun altro dj che abbia visto in questi anni, neppure mostri sacri come i vari Hawtin o Sven Vath nè altri tra i miei preferiti come Villalobos o Wink, è in grado di piacere a un pubblico così variegato, che trascende ogni tipo di scena, di moda e di filone per cui, quando c'è Garnier, tutti, nessuno escluso, sono sotto la console con la goduria che sprizza da ogni poro.

E c'è da dire anche, comunque, che avendolo visto due volte in meno di un mese posso dire senza timore che il suo LBS è uno show praticamente perfetto, con alcuni momenti che si ripetono in maniera quasi rituale per soddisfare i fan più sfegatati che se li aspettano e li attendono con ansia, come la sequenza "Gnanmankoudji"-"The man with the red face" che fomenterebbe pure un cadavere, e la naturale improvvisazione di un dj set di un genio assoluto abituato da sempre a suonare qualunque tipo di disco, senza vincoli di genere.

Non mi avventurerò nell'impresa impossibile di classificare in un filone solo le differenze che ho notato tra il set di Amsterdam e quello di ieri sera, ma devo dire che se al Paradiso l'avevo trovato molto ipnotico e viaggione ieri invece l'ha buttata molto di più sull'uplifting, a colpi di pad, violinoni e chords da mani al cielo abbraggiamogi forte e vogliamogi tantobbene, che è uno dei mood che più mi piacciono, e quindi vabbè chettelodicoaffare.

Che poi è anche difficile descrivere un set di Lorenzo, perchè si sa, la sua grande magia è anche che nel giro di un quarto d'ora cambia marcia due-tre-quattro-cinque volte e tu senza accorgertene sei passato da uno sculettamento moderato e sorridente ai salti alti quattro metri a colpi di catenate, da melodie gioiose ad acidate con la 303 che suona come spari di fucili laser in una guerra contro gli alieni, e la cosa si ripete senza soluzione di continuità per l'intera durata dello show.

Ieri sera, poi, vedendo lo show frontalmente anzichè dall'alto, mi sono reso conto anche di un'altra cosa incredibile che rende ancor più magico lo show nelle sue parti live: alla destra di Garnier c'è Scan X, con un portatile su cui gira Ableton, un controller e un atteggiamento che più marziale non si può, completamente immobile e concentratissimo nello sfoderare casse cubiche e bassate e percussioni che ti colpiscono in parti del corpo che non pensavi neanche di avere, mentre alla sua sinistra Benjamin Rippert ha una serie di synth hardware che suona come il più consumato dei jazzisti, sculettando, ballicchiandosela, improvvisando e gigioneggiando.

Al centro tra i due, tra il jazzista e il technohead, tra l'hardware e il software, a fare da ponte tra i due, può esserci solo il migliore del mondo, a dirigerli come un direttore d'orchestra, anzi a suonarli come se fossero dei dischi, e infatti per lui quasi non c'è differenza tra le tracce suonate live e quelle suonate dai cdj, lui ci parla allo stesso modo indipendentemente dallo strumento che usa e ci parla, ovviamente, di un sacco di cose, diverse per ciascun ascoltatore ma ugualmente meravigliose come solo il linguaggio della techno sa fare.

Grazie di cuore Lorenzo, e grazie di cuore anche agli Electricalz e al resto dell'organizzazione per averci regalato (a otto euro, oltretutto, direi che il termine "regalato" è quanto mai appropriato) il party dell'anno.

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