domenica 16 settembre 2012

Trevor Jackson @ Classic, 15/9/2012

C'è un duplice "finalmente!" in questo post, ma andiamo con ordine.

Il primo è ovviamente per la riapertura del miglior club di Milano (e probabilmente d'Italia), quello in cui puoi tranquillamente andare da solo e trovare un sacco di amici, quello che ormai è diventato casa per il sottoscritto e per un gran numero di altri affezionati del clubbing nella grande metropoli.

Le prime date annunciate per la riapertura fanno sperare davvero benissimo per il resto della stagione: non solo Trevor Jackson all'apertura, ma Floating points e Marshall Jefferson nelle due date successive, per cui il messaggio pare essere, molto chiaramente, "ormai sono quattro anni che facciamo questa cosa (ok, un po' della gente che c'è dietro Classic ben più di quattro, ma ci siamo capiti), potete fidarvi di noi, possiamo osare di più anzichè fare le solite berlinate".

Rifare Floating points dopo il set della primavera scorsa, bellissimo ma non immediato, mi pare un'affermazione piuttosto netta di una volontà di educare il pubblico all'ascolto di qualcosa di un po' diverso e non banale, volontà che ovviamente mi entusiasma e mi riempie di gioia e gratitudine verso chi si prende un impegno così difficile in una città come Milano; ma veniamo alla serata di ieri, in cui la prima nota positiva è l'impianto nuovo che va a migliorare ulteriormente un soundsystem già valido rendendolo eccellente.

Partiamo dall'apertura dei due Electricalz, Vladi e Gero, a cui è legato il secondo "finalmente" del post: finalmente infatti ho l'occasione di fargli una critica costruttiva, così non sembra che visto che li conosco da tanto e siamo amici ne scriva sempre bene a priori.

Il set di apertura è stato bello, eh, chiariamoci, stiamo comunque parlando di due ottimi dj abituati ad aprire i sabati del Tunnel e non solo, ma se volessi fare giusto un appunto di quelli veramente pignoli e scassacazzo e quindi di nessuna rilevanza direi che "Battle for middle you" di Julio Bashmore, "ARP3" di Floating Points e "Found a place" di Tony Lionni (tutti e tre suonati da Vladi, tra l'altro, che non ho mai nascosto essere uno dei miei dj preferiti al di fuori dei grandissimi nomi) sono tre dischi della madonna, e non ci piove, ma forse non proprio originalissimi nè freschi, mi sanno più di "ho finito le idee e butto una hit a caso": non esattamente in linea col messaggio di cui parlavo prima anche se comunque, lo ripeto, sto facendo intenzionalmente il rompiballe perchè parlar bene di Vladi e Gero è troppo facile :)



Alle due, poi, con un'ottima puntualità, prende le redini della situazione Trevor Jackson, o almeno credo, visto che il signore che è salito in console era assolutamente identico a un personaggio storico della clubscene milanese: Stefano Fontana aka Stylophonic.


(La decisione su quale dei due sia Trevor Jackson e quale Stefano Fontana è lasciata al lettore per esercizio)

Al Sonar, l'estate scorsa, ricordo di aver avuto la netta impressione che Trevor fosse un gran dj d'esperienza, di quelli che hanno sempre chiaro in mente dove vogliono portare la pista, e per la prima ora il ricordo è confermatissimo: non dà assolutamente alla pista quello che si aspetterebbe ma anzi non ha paura di far storcere un paio di nasi, buttandola su un'electro piuttosto scura, mentale e ipnoticissima, che richiede una decina di minuti anche a me per entrare nel mood giusto ma poi mi dà grosse soddisfazioni, trasformandosi da "beh dai è qualcosa di diverso, è interessante" a "cazzo figata gran bel set".

Lussuoso nel suo essere ripetitivo e malato, parla alla mente più che al cuore ma dice le parole giuste per rapirti e portarti in un mondo parallelo fatto di macchine, tecnologia, futuro e sudore, in cui il clap della 909 ti schiaffeggia piacevolmente, la 303 è insieme un lamento e un coro angelico e l'insieme è una cosa che non capita spesso di sentire.

Purtroppo però l'idillio dura solo la prima ora, perchè nella seconda metà di set il buon Trevor pare aver un po' perso l'ispirazione e la linea e si mette a mischiare un po' di tutto senza soluzione di continuità e soprattutto senza un gran filo logico, tra acidate, dischi bigroom da mani al cielo, italodisco, missilate e electro spezzata senza cassa, per arrivare a una chiusura assolutamente folle (e non in senso buono) in cui il WTF inizia da questo


(che è quello che Todd Terry ha praticamente coverizzato in "Sunday morning"), per poi passare dal reggae a un viaggione da rave inglese primi anni '90 e chiudere col remix di "Psychokiller" dei Talking heads che suonano cani, porci, conigli e cavalli, e il "meh" arriva a livelli stellari.

Insomma, in generale non posso dire che il set di Trevor Jackson sia stato il migliore dell'anno: almeno per la prima ora è stato piacevole e ricco di idee interessanti, poi meno, ma ho comunque apprezzato molto la volontà sia sua che, soprattutto, dello staff di Classic (molto elegante tra l'altro quasi tutto vestito da matrimonio: auguri Lele!) di azzardare qualcosa di diverso e prendersi dei rischi anzichè fare sempre la solita roba.

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