martedì 13 gennaio 2009

DFW, o del sentirsi soverchiati

Ok, prima di tutto faccio coming out: prima che si suicidasse, non avevo la minima idea di chi fosse David Foster Wallace.

Poi è successo quel che è successo e, grazie alla serie di post in giro per la rete e su FriendFeed che annunciavano l'infausta notizia ho deciso di documentarmi e ho comprato "Considera l'aragosta":



Col senno di poi, forse era meglio prenderlo subito in inglese, ma devo dire che la traduzione, così a naso, mi pare molto ben fatta, anche perchè già leggendolo tradotto, vedendo cosa sa fare con le parole, si prova la stessa sensazione che si avverte vedendo Laurent Garnier accoppiare tra loro i dischi, o Jeff Mills che sembra avere la terza mano nascosta sotto la camicia, o Marco Carola fare cose col soundbite che noi umani non possiamo neanche immaginare, tanto per dirne tre.

E' quella fastidiosa sensazione per cui, una volta che hai rimesso gli occhi al loro posto dentro le orbite e hai raccolto la mascella da terra, pensi "se vabbè, se al mondo c'è gente che sa fare ste cose io cosa ci provo a fare, che non arriverò mai a questi livelli di magnificenza?"

E' quell'ammirazione così potente per qualcosa che hai provato a fare anche tu, ovviamente con risultati molto più scarsi, che si trasforma in un sentimento a metà tra l'invidia e lo sconforto.

Poi il giorno dopo succede che prendi in mano i piatti, o il soundbite, e provi a rifare le stesse cose che hai visto fare la sera precedente a Marco, o a Laurent, e magari in parte ti riescono anche, e lo sconforto è un po' mitigato, ma nemmeno troppo, oppure vedi che proprio non ce la si fa, e allora vabbè, non riuscirò a fare sto circo col soundbite ma almeno i dischi che suono io sono migliori di quelli che suona Carola ultimamente (con Garnier invece non c'è proprio un cazzo da fare, lui è troppo superiore).

Ecco io oggi dopo che ho letto tipo un quarto del libro di DFW sono rimasto un buon 20 minuti a fissare la pagina bianca di blogger, pensando "se vabbè ma quello come cazzo scriveva, io mai nella vita riuscirò a scrivere così bene"; poi ho realizzato che a me di scrivere come scriveva DFW non frega niente, io voglio scrivere come scrive Raibaz e al massimo usare l'esistenza di gemme come gli scritti di DFW come sprone per continuare a migliorare la (pessima) qualità dei miei scritti, magari prendendo ogni tanto un po' di ispirazione che ci può anche stare alla fine, dai.

Comunque, soverchiamento a parte, leggere DFW è veramente una goduria, non ci sono cazzi, è roba che ti vien voglia di chiudere il libro e applaudire.

Nessun commento: