giovedì 23 febbraio 2012

Friendly fires - Pala

C'è qualcosa di sottilmente perverso nel sapere di essere vittima di un'operazione commerciale: vedi un film o una pubblicità, o senti un disco, e istintivamente lo adori al primo impatto, anche se poi, in cuor tuo, lo sai che ti piace solo perchè è fatto apposta per piacerti, che non è niente di eccezionalmente strafigo ma è solo una cosa attentamente confezionata per colpire i tuoi recettori del piacere.



Ammetto, senza alcuna pudicizia, di non aver mai saputo nulla dei Friendly fires fino all'uscita del meraviglioso remix di Tensnake: da Wikipedia apprendo che sono in tre e arrivano dall'Hertfordshire, in mezzo al nulla che costituisce tutto ciò che in Inghilterra non è Londra, Manchester, Bristol o Liverpool, che sono sotto contratto con la XL, forse la più grossa delle etichette indipendenti (tipo che hanno anche Adele, tra gli altri) e che considerano tra le loro più grandi influenze la Kompakt, Carl Craig e Prince.

L'album, in realtà uscito a maggio 2011, è un gran bel dischino di per sè: pare un po' i The Rapture ma più virati verso il revival del post-punk di Madchester, si inserisce insomma in quel filone di pop elettronicheggiante (o di elettronica poppeggiante, dipende da come la guardi) e un po' oldschooleggiante e ricco di richiami agli albori della house e della techno che di recente fa faville, ha tre o quattro tracce veramente notevoli e fin qui tutto ok, ma la cosa interessante è che pone un sacco di interrogativi.

Il primo interrogativo è quello della premessa del post, ossia: è davvero un album figo, oppure mi piace così tanto solo perchè è certosinamente cesellato da produttori d'esperienza in modo da risultare appealing per la mia generazione, quella che per capacità di spesa e facilità di fomento è la più appetita dal mercato discografico in perenne crisi?

Non so rispondere, o forse non voglio: in un angolino della mia coscienza so che "Pala" non è affatto un capolavoro, anzi, non è altro che un bieco scimmiottamento di qualcosa di più di vent'anni fa, una manifestazione di quella Retromania che Simon Reynolds detesta al punto da essersi pubblicamente lamentato, in un post sul suo blog, di questo stesso video: 


(Già il titolo, "Live those days tonight", non è esattamente un proclama di innovazione e dirompenza col passato, ma il testo della canzone e il video sono pure peggio)

Morale, i fuochi amici qui guardano più indietro che avanti, non propongono nulla che ti faccia restare "oooooh" per quanto è nuovo e maisentito, ma anzi puntano dritti ai recettori del comfort, del cullarsi nell'ascolto di cose simili a quello che si sa che ci piace: è forse questo un male?

Sì, in linea di massima lo è, ma una volta tanto si può indulgere, suvvia.

C'è un altra domanda non da poco che sorge spontanea sentendo "Pala", però, ed è "si può apprezzare il revival di un periodo che non si è vissuto?": io nell'89 avevo sei anni, di Madchester e della preistoria della house ho letto solo sui libri e visto nei documentari, che cazzo c'entro con questi che rifanno cose che tutto sommato non mi appartengono?

Di nuovo, non so rispondere, ma se esistono fan degli Oasis sotto i 50 anni allora anche io posso apprezzare gente che copia cose di prima che  io nascessi.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Consiglio vivamente l'ascolto del lavoro precedente uscito nel 2008. Non ci si aspetti una pietra miliare della musica, ma un lavoro un po' più sporco e grezzo (forse anche perché era il loro primo album) di Pala, ma 10 tracce che scivolano via leggere tra testi canticchiabili e melodie fischiettabili e forse anche con un po' più di carattere rispetto a Pala.
Consiglio anche la cover di Strange Love inflazionata l'anno scorso dallo spot di Gucci Guilty con quel gran pezzo di Evan Rachel Wood. Pure questo niente che li possa far eleggere a mostri sacri, ma una reinterpretazione molto carismatica di un gruppo che ormai è stato rivisitato in lungo e in largo

Raibaz ha detto...

Grande, grazie mille dei consigli! :)