mercoledì 8 febbraio 2012

John Talabot - ƒin

Il lettore attento e l'ascoltatore affezionato del podcast conoscerà già certamente John Talabot, uno dei miei artisti preferiti di questo ultimo periodo di poppizzazione (ormai il termine è questo, facciamocene una ragione) dell'EDM: i suoi remix sono comparsi spesso e volentieri nei miei set e in generale presto molta attenzione alle sue produzioni, visto che ritengo che il ragazzo abbia del talento.

Va da sè, quindi, che l'uscita del primo full length album del giovine di Barcelona mi abbia riempito di entusiasmo, di aspettative, di speranze e di domande: sarà come la maggior parte degli album d'esordio di produttori emergenti, un'accozzaglia senza senso di cose troppo scarse per finire in un ep? Sarà come la media delle sue produzioni originali, carine ma mezza spanna sotto i remix? Sarà forse il caso di ascoltarlo e poi decidere?


Iniziamo da elementi di contorno di scarso interesse, tipo il titolo, da cui si evince che il giovane ha un coefficiente di nerdità bello alto: nessuna persona normale, in effetti, credo chiamerebbe un album ƒin, che suppongo si legga eff-in, bisogna stare decisamente male.

Per quanto riguarda l'aspetto musicale, il lato positivo è che, in effetti, l'album non è un'accozzaglia di scarti degli ep pubblicati finora ma anzi si vede che c'è del lavoro fattapposta dietro: purtroppo, però, il Giovanni Talabotti qui cade nell'altro errore comune dei giovini produttori EDM alla prima esperienza sulla lunga distanza, quello di voler fare il passo più lungo della gamba e di infilare quindi nell'album un sacco di roba troppo intellettualoide per far vedere che non è il primo stronzo ad aver indovinato due tracce.

E' un vero peccato, in effetti, che loffate inutilmente atmosferiche come "El oeste" intervengano a spezzare l'atmosfera altrimenti molto ben costruita di tracce come "Destiny" (assieme al degno compare Pional) o "Last land", che è forse la traccia più Talabottesca del lotto, coi colpi di cassa messi in ordine interessante e il mood malinconicone da lagrime al tramonto: per via delle - poche, comunque - tracce scarse, infatti, non me la sentirei di consigliare l'album a chi non avesse mai sentito nulla di John Talabot per iniziare ad apprezzarlo, operazione che viene molto meglio ascoltando i suoi remix tipo quello per Shit robot o quello per Teengirl fantasy, questo qui per capirci:


Certo, nell'album c'è una traccia un po' più accessibile, anche perchè in effetti assomiglia molto di più alle altre cose più famose, ed è questa "When the past was present"




Però rispetto al resto dell'album suona abbastanza diversa, questa sì come se fosse una cosa fatta precedentemente e infilata nell'album a forza: è molto carina e probabilmente è l'unica che riuscirò a incastrare in qualche puntata prossima dell'orchestra, ma la sensazione di scollamento col mood del resto dell'album è piuttosto netta.

Morale: io non nego di essere un fan di John Talabot e per questo ho apprezzato non poco quest'album, che rappresenta un approccio leggermente diverso, più ragionato e da ascolto al suo stile classico, ma non so quanto me la sentirei di consigliarlo a chiunque, visto che in alcuni momenti posso capire risulti piuttosto noioso e stucchevole, con questo desiderio di voler dimostrare di essere un buon artista sotteso in un po' tutto l'album.

Un sei emmezzo d'incoraggiamento, via, che comunque il ragazzo è ben capace e non vedo l'ora di vedere cosa fa live sabato prossimo al Tunnel, grazie ai sempre validi amici di Classic, dove non penso potrà indugiare in loffate eccessive.

1 commento:

Uomo Gatto ha detto...

CHEATERS: http://www.youtube.com/watch?v=3YUZlf5gm2Q