mercoledì 9 luglio 2008

Giovanni Allevi - La musica in testa

Dopo il post-scandalo che ha rivelato al mondo che quando ci si appassiona a qualcosa in adolescenza, la passione non muore neanche davanti all'evidenza (per dire, io adoro i Daft punk nonostante Human after all perché quando è uscito Homework avevo tipo 13 anni), ecco che torno sul luogo del delitto: l'argomento libri.

Il libro del giorno, nonché l'ultimo che ho letto, è l'autobiografia di Allevi:


(Che tra l'altro, sarà stato qualche anno che non leggevo due libri di autori italiani di fila)

Partiamo dalla conclusione: Allevi è un geek nel senso originale del termine, ossia è uno che ha una passione cosi forte e totalizzante che non riesce a pensare ad altro e che quindi influenza pesantemente il suo carattere e la sua vita di relazione...lui poi è uno di quei fortunati che con la propria passione non solo ci campano, ma ci diventano pure famosi, per cui merita stima.

Come tutti i geek famosi e di successo, però, attira gli insulti degli altri geek: lui più volte nel libro parla della pessima accoglienza che gli riserva(va)no i parrucconi accademici a cui dà fastidio il suo modo di ibridare musica classica, jazz e pop, ma io stesso ho sentito gente disprezzarlo perché fa musica troppo facile, con l'atteggiamento schifato di chi ascolta tipo folk kazako suonato in 7/8 contaminato coi violini del sudan e schifa qualunque cosa che si riesca ad ascoltare per più di un minuto senza desiderare di guardare marzullo pur di scappare.

Morale, Allevi ha la grave colpa di aver portato all'attenzione delle masse entità dimenticate o relegate dall'immaginario collettivo nel mondo dei vecchi, tipo il pianoforte o il compositore diplomato al conservatorio, o il concerto in un teatro con la gente seduta, per di più usando come veicolo della musica leggera nel senso etimologico del termine...gravissimo, eh?

Oltretutto, per via di questa sua geekiness esagerata e conseguente timidezza ai limiti del patologico, mi è istintivamente simpatico: mi dà l'idea di quel tipo che magari incontri spesso e con cui non vai mai oltre la conversazione di circostanza, ma che poi appena gli parli di musica si illumina d'immenso e ti attacca una pezza infinita...ok, ammetto che in questo provo dell'empatia nei suoi confronti.

Con un carattere così e una carriera così, era naturale che la sua autobiografia fosse anche la biografia del suo rapporto con la musica: essendo un personaggio pop, però, molti tecnicismi vengono tralasciati e il fulcro del libro, oltre a una serie di aneddoti divertenti su 'come Giovanni Allevi è diventato Giovanni Allevi', è il modo in cui la musica, che Allevi considera un'entità dotata di vita propria, entra quotidianamente nella sua vita e nella sua testa senza che lui faccia alcunché.

Così, nel libro, racconta di come, se gli appaiono in mente due o tre note mentre fa la spesa al supermercato, queste assorbono completamente tutti i suoi pensieri rendendolo una sorta di zombie che, automaticamente, paga la spesa e torna a casa di corsa per scavare come un archeologo attorno a quelle due o tre note e portare allo scoperto il resto della composizione, che esiste già e ha solo bisogno di essere trascritto.

Molto del libro, particolarmente gli aneddoti, è bello romanzato e vorrebbe far apparire Allevi come il miglior musicista italiano in circolazione, o almeno il miglior pianista, oltre che l'unico vero cultore della musica in un mondo di ignoranti, ma da un'autobiografia alla fine ci può anche stare: comunque, la mia idea di come sia veramente Allevi, più che dal libro, è stata forgiata dalla parodia di mai dire martedì, che mi sa di più vero del vero:



Se Allevi dal vero fa ridere anche solo un decimo di questo, non si può non volergli bene :)

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