lunedì 28 luglio 2008

L'ultimo di Stephen King, Duma Key, ma non solo

E' tempo di letture estive, valide per passare il tempo senza tenere la testa troppo impegnata sotto l'ombrellone in metro andando in ufficio; uno degli autori di questo genere che preferisco è Stephen King, di cui Sperling & Kupfer ha pubblicato il nuovo libro con un tempismo perfetto.



In realtà, rispetto ai libri di King che ho letto in precedenza, c'è una differenza sostanziale: nell'arco di tempo tra il libro precedente e questo, ho letto i 7 libri della Torre Nera.

Lo Stephen King letto pre-torre nera e quello letto conoscendo la vicenda di Roland Deschain sono due scrittori profondamente diversi, tanto che appare evidente perché King stesso consideri La Torre Nera la sua opera più importante, alla quale ha lavorato, a puntate, per tutta la carriera da scrittore fino a pochi anni fa.

King letto dopo la torre nera cambia perché ci si accorge che in realtà quasi tutti i suoi personaggi non sono altro che Roland, Eddie, Susannah e Jake, e King stesso non si sforza più di tanto a nasconderlo, tra nomi simili (il protagonista di Duma Key si chiama Edgar, ma nella sua vita precedente era soprannominato Eddie e il più giovane dei 4 protagonisti si chiama Jack) e indizi evidenti a chi sa, tipo che il saggio dei 4 è quello che sa sparare e l'unica donna è su una sedia a rotelle, ma il recupero dei personaggi, che non è nulla più di un inside joke, non è l'unico valore aggiunto dato alle altre opere dalla lettura della torre nera.

Ce ne sono altri due, molto più rilevanti, e riguardano entrambi la poetica di King in senso lato: il primo è legato a un tema che King tratta spessissimo, se non quasi sempre, quello del potere creatore dell'immaginazione.

In maniera un po' peterpanesca, perché qualcosa esista serve che ci sia qualcuno che ci crede e quindi, per estensione, ciò che esiste è solo ciò che i personaggi vedono esistere: il mondo che li circonda è come loro credono che sia, per cui a far paura è solo ciò che si pensa faccia paura, che può essere sconfitto immaginando che non sia più così spaventoso.

In tutto questo, nei romanzi di King compare sovente un personaggio dall'immaginazione particolarmente potente, un grado di rendere reale ciò che pensa: ne l'acchiappasogni era il bambino ritardato, ma molto più spesso è l'artista, che con la propria creazione artistica vede un mondo diverso e riesce a realizzarlo.

Sia in Duma Key che nel finale de La Torre Nera è il pittore che rende reale ciò che disegna e fa sparire ciò che cancella, ma appare evidente che in tutti questi romanzi King stesso si identifica con l'artista, al punto da includersi personalmente nella vicenda della torre nera: il mondo 'reale' e quello raccontato dall'artista si intersecano fino a diventare una cosa sola, in cui Roland viaggiando tra mondi soccorre Stephen King che è appena stato investito da un camioncino, fatto realmente accaduto, almeno in parte.

Alla luce di questo, King appare non solo un ottimo scrittore di romanzi da ombrellone, ma anche uno scrittore in grado di indagare il misterioso processo che sta dietro ogni creazione artistica, frutto della mente dell'autore ma anche di qualcosa che trascende l'umano sentire, che lo si chiami musa, talento, ispirazione o che altro.

Oltre a questo, aver letto La Torre Nera fino in fondo consente anche di comprendere il motivo del più grande limite di quasi tutti i romanzi di King: ogni volta che si inizia uno dei suoi libri si viene scaraventati per qualche centinaio di pagine in un turbine impazzito di eventi reali, verosimili e completamente immaginari che tengono il lettore incollato alle pagine (anche grazie a un uso sapiente di qualche trucchetto, tipo che ogni volta che due personaggi si salutano non sapevano che quello sarebbe stato il loro ultimo incontro...King è campione mondiale di uso dell'ellissi)...fino alle ultime 30.

Irrimediabilmente, dopo averti tenuto col fiato sospeso per un buon 300 pagine, King fa sempre finire le vicende con un miserrimo 'plof' che lascia l'amaro in bocca: il megacattivone finale di Duma Key viene rinchiuso in una torcia piena d'acqua nel giro di 10 righe, Roland viaggia tra N mondi per 7 libri e risolve lo scontro finale con un colpo di gomma da cancellare, per poi arrivare alla destinazione che agognava da più di 1000 pagine...e ripartire dal via.

Prima di leggere la torre nera ero convinto che fosse un grosso limite, un'incapacità di dare alle vicende un finale degno, con fuochi d'artificio e triccheballacche - d'altronde, gli horror o pseudotali con un buon finale si contano sulle dita di una mano, per cui non ci avevo mai dato troppo peso: in realtà, nella postfazione alla torre nera, King dice esplicitamente che lui dei finali se ne frega intenzionalmente, perchè ciò che conta veramente è il viaggio e non la destinazione.

Sarà paraculaggine per nascondere un proprio limite, sarà una scelta reale e ponderata, fatto sta che King è il mio scrittore da ombrellone preferito, che dopo aver letto la torre nera guadagna un sacco e che sto Duma key non è affatto male, ovviamente fino alle ultime 30 pagine che fanno cagare come al solito ma che rispetto alle altre 400 sono poca cosa.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

beh, posso dirti?
ho letto tutto il leggibile di stephen King, e veramente pochi romanzi mi hanno delusa...pochi pochi...
devo dire in realtà che è l'unico scrittore che da dipendenza...quando attacco uno dei suoi libri dimentico anche di mangiare, non riesco a staccarmi, fino alla fine, e quando finisco vorrei ricominciare daccapo..Duma Key è durato due giorni, e sono ancora qui a rimuginare...il finale?avresti qualcosa di meglio da proporre?sono davvero convinta che "il viaggio" sia più importante della meta..
come il finale della Torre Nera...non avrebbe potuto essere differente!

Raibaz ha detto...

E' vero, i finali dei libri di King non potrebbero essere diversi da come sono in nessun modo...probabilmente sono io che, dopo aver divorato i libri in frettissima per "colpa" dell'abilità incredibile di King a tenerti incollato pagina dopo pagina, mi aspetto sempre un finale pirotecnico e rimango deluso, ma in effetti una volta capito che quello che conta è il viaggio e non la meta si capisce anche che il finale è la parte meno importante :)